giovedì, maggio 26, 2022

LO SMART WORKING, TANTO UTILIZZATO NEL PERIODO DELLA PANDEMIA, AVRÀ UN FUTURO E RIVOLUZIONERÀ L’ATTUALE ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO?


Oristano 26 maggio 2022

Cari amici,

C’è un dilemma che circola con sempre maggiore insistenza: lo “Smart working”, il lavoro da remoto che rapidamente si è diffuso per necessità durante il periodo della pandemia, riuscirà davvero a insediarsi stabilmente, cambiando le attuali regole del lavoro, nel senso di azzerare la presenza fisica dei lavoratori negli uffici e nelle aziende? Il dilemma non è di poco conto, tanto che analisti e aziende stanno cercando di entrare nel cuore del problema nell’intento di risolvere, nel modo migliore, il futuro svolgimento del lavoro. Per sapere cosa succederà nel prossimo futuro, sono in corso diverse indagini, tutte orientate a risolvere il serio problema.
Un’indagine promossa da Istituto Toniolo, Università Cattolica e Acli milanesi, realizzata da IPSOS in oltre 400 aziende lombarde circa il gradimento espresso da datori di lavoro e dipendenti, ha evidenziato che nel corso del 2021 le aziende della provincia di Milano che non ritenevano possibile l’applicazione ai dipendenti del lavoro da remoto erano il 43% circa, mentre per quanto riguardava i lavoratori dipendenti lo Smart working aveva ottenuto la piena promozione da parte di oltre il 50 per cento.

Ciò sta a significare che lo Smart working prenderà sempre più piede, anche se le modalità di lavoro da remoto, per un periodo abbastanza lungo saranno ibride, ovvero con periodi da trascorrere in azienda e altri fuori, nella ricerca di un miglior equilibrio fra lavoro in sede e a distanza; nelle grandi imprese sarà possibile lavorare a distanza mediamente per tre giorni a settimana, due giorni nelle PA. In realtà gli studi in corso evidenziano che tra gli aspetti più penalizzati dal lavoro da remoto c'è la mancanza dei rapporti interpersonali; in particolar modo i lavoratori più giovani sono quelli che dichiarano di privilegiare i rapporti personali con i propri colleghi e superiori, dai quali ricercano direttamente indicazioni e direttive sul lavoro da svolgere.

Tra favorevoli e contrari, tra ricerche e sondaggi, oggi c'è un fatto nuovo. quasi all’improvviso un’azienda importante ha lanciato una specie di “guanto di sfida” a tutti, anche se diretto in particolare a quelle aziende e a quei lavoratori refrattari all’utilizzo dello Smart working. I Media hanno rilanciato con grande evidenza l’incredibile decisione presa dal CEO di AIRBNB (la grande società di intermediazione immobiliare che si occupa di affitti) che ha sorpreso innanzitutto i dipendenti. Con una apposita lettera ha comunicato a tutti i dipendenti che essi potevano lavorare (per sempre) da dove volevano, e, ovviamente, senza riduzione dello stipendio. 

Nella lunga e-mail inviata allo staff aziendale giovedì 28 aprile, il CEO di Airbnb ha dichiarato ai suoi dipendenti che potranno lavorare per sempre da remoto e che potranno, se lo vogliono, trasferirsi ovunque all’interno del Paese in cui lavorano. Ciò, ha affermato la società, non avrà conseguenze sugli stipendi. Qualora un dipendente scegliesse di lavorare per sempre da remoto, il suo contratto non subirebbe modifiche e nemmeno la sua retribuzione. Come appare ovvio, ha sottolineato che per alcuni ruoli (“un piccolo numero”, però), vi era la necessità di rimanere “in ufficio o in un luogo apposito, per svolgere le proprie mansioni lavorative principali”.

Il CEO Brian Chesky, 40 anni, amministratore delegato e cofondatore di Airbnb, nelle nuove linee guida dell’azienda sullo Smart working ha sottolineato che concedere una permanente flessibilità ai suoi dipendenti permetterà all’azienda di “assumere e trattenere le persone migliori del mondo”, piuttosto che solamente quelle che si trovano nel “raggio di pendolarismo intorno ai nostri uffici”. Airbnb ha circa 6 mila dipendenti in tutto il mondo, oltre 3mila negli Stati Uniti.

Secondo Brian Chesky, a partire da quest’anno le persone non avranno più un posto fisso dove vivere, ma si sposteranno continuamente tra città e Stati, rimanendoci per settimane, mesi o anche intere stagioni. “Più persone – ha scritto su Twitter – inizieranno a vivere all’estero, altri viaggeranno per l’intera estate e alcuni rinunceranno persino ai contratti di locazione e diventeranno nomadi digitali”. Secondo il CEO di AIRBNB le città e gli Stati “si sfideranno per attrarre questi lavoratori a distanza e ciò porterà a una redistribuzione di dove le persone viaggeranno e vivranno”. “Questa tendenza – ha concluso Chesky – è una specie di decentramento della vita e sta cambiando la stessa identità dei viaggi”.

Cari amici, è indubbio che la pandemia ha accelerato l’evoluzione di nuovi modelli di lavoro, orientati verso forme di organizzazione più flessibili e intelligenti, cambiando le aspettative di imprese e lavoratori; tuttavia nella nostra bella Italia, provare a cambiare sul serio le attuali regole non sarà certo facile, legati come siamo all’antico detto del Gattopardo “Cambiare tutto per non cambiare niente”.

A domani.

Mario 

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