domenica, giugno 12, 2011

LUOGHI O NON…LUOGHI….QUESTO E’ IL PROBLEMA!


Oristano 12 Giugno 2011

Cari amici,

l'argomento di oggi è un pò complesso ma credo che ciascuno di noi possa e debba riflettere.

La globalizzazione e la cosi detta "post modernità" stanno modificando il mondo in modo costante e spesso anche scostante.

Ho di recente letto un libro di Marc Augè che se da un lato mi è piaciuto per la sua lucida analisi, dall'altro mi ha turbato non poco. Ciascuno di noi ha in mente i luoghi vissuti e ne serba un ricordo importante dentro di se. La realtà odierna, però, con i suoi ritmi frenetici sta cancellando non poco del passato. Leggete quanto riporto in appresso e ...rifletterete anche Voi.
C’era una volta…» era il modo più semplice per raccontare, ricordare, i tempi andati. Frase che potremo utilizzare anche oggi per ricordare alle generazioni future quelle strutture, quei luoghi, che per le generazioni passate costituivano “spazi comuni”, capaci di creare identificazione, aggregazione e memoria di comunione con il passato. Luoghi che, partendo dal villaggio nella sua interezza, si articolavano nei particolari simboli che lo caratterizzavano come le chiese, i palazzi, le piazze e tutte le strutture che legavano tutto questo sia fisiche che metafisiche, ovvero quella fitta rete di relazioni intercorrenti tra gli individui che abitavano questi spazi.


Erano questi spazi veri, reali, tangibili; spazi che le persone potevano vivere, toccare, carezzare ed amare. Tutto muta, però, inesorabilmente! Tutto è destinato a modificarsi, a cambiare e, se vogliamo dirla tutta, non sempre in meglio. La vita moderna, accelerata e modificata prima dall’industrializzazione e successivamente dalla globalizzazione, ha creato intorno a quegli “spazi” storici, classici, altri spazi, altri luoghi, necessari per il corretto e frenetico ritmo della vita moderna: autostrade, aeroporti, stazioni ferroviarie, ipermercati, oltre che immensi “spazi-luoghi” di svago e di commercio insieme, come le città mercato. Questi “nuovi” spazi, prima inesistenti o appena accennati, vengono correntemente definiti “ Non Luoghi”, quasi a distinguerli da quelli reali, in quanto privi dei requisiti principali dei “luoghi”.
“Non luoghi”, quindi, in quanto privi delle caratteristiche principali che gli spazi preesistenti, i “luoghi”, invece avevano: chiara identificazione, forza e capacità relazionale e memoria storica.
Definizione astratta quella di non luogo che a me ricorda i “buchi neri dello spazio”, dove al posto della materia pare vi sia l’antimateria! Termine non facile da comprendere, tale da suscitare in Voi una difficile domanda: Ma come, potreste dire, se in queste strutture si muove, transita, una grande quantità di persone, come possiamo definire questi spazi “luoghi di solitudine”, luoghi non identitari, non relazionali?
Marc Augé, uno degli antropologi francesi più conosciuti in ambito internazionale, definisce questi “non-luoghi”, in contrapposizione ai luoghi antropologici, degli spazi praticamente neutri, che hanno la prerogativa di non essere ne identitari, ne relazionali e ne storici. Con la mia solita ironia potrei definirli “senza sesso” come normalmente siamo soliti definire gli angeli! Ma non divaghiamo.
Sono spazi senz’anima, questi “non-luoghi”, strutturati per la circolazione accelerata delle persone e dei beni (autostrade, svincoli e aeroporti), spazi grandissimi per lo smistamento dei mezzi di trasporto, per l’ammasso di una montagna di merci, come i grandi centri commerciali, e cosi via. Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione, sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o, infine, come porta di accesso ad un cambiamento (reale o simbolico).
Questi alienanti non-luoghi sono il “geniale” prodotto della società della “surmodernità”, incapace di integrare in sé i luoghi storici, confinandoli e banalizzandoli in posizioni limitate e circoscritte alla stregua di "curiosità" o di "oggetti interessanti". I non-luoghi, a differenza degli spazi-luogo del passato, sono incentrati solamente sul presente, senza legami col passato e, forse, neanche col futuro; essi sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario. Le persone transitano, si muovono freneticamente, nei tanti non-luoghi come quegli individui ben descritti nella “ Folla solitaria” di Riesman. Milioni di persone ansiosamente in transito, incuranti delle tante altre che li sfiorano, li scrutano ma assolutamente estranei. Spazi angoscianti, questi non luoghi, dove abitare è alienante.
Eppure all’apparenza sono spazi perfetti. Sono spazi questi dove tutto è calcolato con precisione millimetrica. Sono spazi dove tutto è standardizzato, in cui nulla è lasciato al caso: tutto al loro interno è di una perfezione unica! Il numero di decibel, la lunghezza dei percorsi, la frequenza dei luoghi di sosta, il tipo e la quantità di informazione, tutto è misurato in anticipo. Sono l'esempio esistente di un luogo in cui si concretizza il sogno della "macchina per abitare", spazi ergonomici efficienti e con un altissimo livello di comodità tecnologica (porte, illuminazione, acqua, temperatura e quant’altro, tutto in versione automatica). Nonostante nulla sia lasciato al caso questi non-luoghi solitamente non sono vissuti con gioia, anche se “comodamente” con una valenza positiva, che ti semplifica la vita. L'esempio di questo successo è il "franchising" ovvero la ripetizione infinita di strutture commerciali simili tra loro. Gli utenti poco si preoccupano del fatto che i centri commerciali siano tutti uguali, godendo della sicurezza prodotta dal poter trovare in qualsiasi angolo del globo la propria catena di ristoranti preferita o la medesima disposizione degli spazi all'interno di un aeroporto. Da qui uno dei paradossi dei non-luoghi: il viaggiatore di passaggio, smarrito in un paese sconosciuto, si ritrova solamente nell'anonimato delle autostrade, delle stazioni di servizio e degli altri non-luoghi.
Il rapporto fra non-luoghi e i suoi abitanti avviene solitamente tramite simboli (parole o voci preregistrate).

L'esempio lampante sono i cartelli affissi negli aeroporti: vietato fumare oppure non superare la linea bianca davanti agli sportelli. L'individuo nel non-luogo perde tutte le sue caratteristiche e i ruoli personali per continuare ad esistere solo ed esclusivamente come cliente o fruitore. Il suo unico ruolo è quello dell'utente, questo ruolo è definito da un contratto più o meno tacito che si firma con l'ingresso nel non-luogo. Non più persone, quindi, ma entità anonime: Il cliente conquista dunque il proprio anonimato solo dopo aver fornito la prova della sua identità, solo dopo aver, in qualche modo, controfirmato il contratto. Non vi è una conoscenza individuale, spontanea ed umana. Non vi è un riconoscimento di un gruppo sociale, come siamo abituati a pensare nel luogo antropologico. Una volta l'uomo aveva un’anima e un corpo, oggi ha bisogno anche di un passaporto, altrimenti non viene trattato da essere umano così scriveva il novelliere e saggista Stefan Zweig: da quel tempo il processo di dis-individualizzazione della persona è andato via via progredendo.
Il non-luogo è l’esatto opposto della residenza, della dimora e del focolare domestico; a differenza delle generazioni precedenti, l’uomo odierno è sempre più a rischio di non lasciare memoria di sé, memoria della propria storia o della propria collettività, in quanto i non-luoghi si rifiutano di farsi testimonianza di quanto è stato e di quanto è e, forse, di quanto sarà.
Le eccezioni a questi modi di concepire i non-luoghi, comunque, non mancano, anche se credo non facciano che confermare la regola! Vi sono dei veri e propri “distinguo”, delle messe a fuoco distinte dai concetti espressi da Marc Augé. Una ricerca effettuata in Italia su un vasto campione di studenti delle scuole superiori (Lazzari & Jacono, 2010) ha mostrato come i centri commerciali siano uno dei punti di ritrovo d'elezione per gli adolescenti, che li pongono al terzo posto delle proprie preferenze d'incontro dopo casa e bar. Secondo Marco Lazzari i "nativi digitali" sono nativi anche rispetto ai centri commerciali, nel senso che non li percepiscono come una cosa altra da sé: sfuggendo la retorica del non-luogo e ogni snobismo intellettuale, i ragazzi sentono il centro commerciale come un luogo vero e proprio, di frequentazione non casuale e non orientata soltanto all'acquisto. Luoghi dove, contrariamente al pensiero comune, si può esprimere la socialità, incontrare gli amici e praticare con loro attività divertenti e interessanti. Lo stesso Augé, in effetti, ha successivamente convenuto che "qualche” forma di legame sociale può emergere ovunque: i giovani che si incontrano regolarmente in un ipermercato, per esempio, possono fare di esso un punto di incontro e inventarsi così un “luogo".
Augè nella sua lucida analisi dei nostri tempi ritiene che la caratteristica principale della contemporaneità (definita da lui “surmodernità“, come “sovra-modernità”) sia caratterizzata dell’ “eccesso”, che si manifesta attraverso differenti forme; l’eccesso di comunicazione, di trasportabilità, di accessibilità ai posti e alle notizie. Tale eccesso cela in realtà una macabra dimensione di solitudine esistenziale. Al “luogo”, concetto appartenuto alla cultura occidentale fino alla modernità novecentesca, subentra il “non-luogo”, posto che non riesce a radicare una istanza spirituale e antropologica. Gli uomini ormai non coesistono più col loro ambiente, e tale ambiente ha perso la sua capacità di fondare dei gruppi sociali definiti e dei valori condivisi da più persone. Questa purtroppo è la triste realtà! Potremo dire che l’uomo moderno ha perso il “luogo” sostituito da un fantomatico, arido e asessuato “non luogo”.
Augé nei suoi percorsi di antropologia del quotidiano si spinge oltre il “solitario e non comunicativo” non luogo.

Egli sostiene, considerato che la tecnologia oggi costruisce iper-luoghi virtuali e avatar-utenti che «…Nell’estensione degli spazi virtuali c’è il segno di un rapido progresso della «surmodernità», intesa come la combinazione di tre fenomeni: il restringimento dello spazio, l'accelerazione del tempo e l'individualizzazione dei destini…». Continua poi Augè, sostenendo che «…se davanti al computer ho l'impressione di essere padrone della mia comunicazione, soprattutto se firmo con un nome inventato e comunico in modo quasi istantaneo con individui che vivono dall'altra parte del mondo, rimane da capire quale tipo di relazione si stabilisce in questo modo e qual è la natura della libertà che mi trovo a esercitare in quanto soggetto «comunicante»; il passaggio su Internet può essere preliminare alla costruzione di una relazione nel senso comune del termine, come accade con gli annunci economici sui giornali. In questo caso il «virtuale» è una promessa di «attuale», un mezzo, un mediatore. Ma non si tratta di questo nelle pratiche del «social networking», finalizzate alla costruzione di relazioni che ambiscono alla creazione di un'altra realtà a se stante: una realtà effimera, virtuale... ».
A me personalmente questo mondo virtuale, fatto di non luoghi e di realtà effimere e virtuali, un po’ preoccupa. Mi chiedo se la nostra società non stia distruggendo il concetto di luogo, così come, di conseguenza, vengono distrutte le discendenti relazioni sociali.
Il luogo infatti, ricordiamocelo, ha dentro di se le tre insostituibili caratteristiche: è identitario e cioè tale da contrassegnare l’ identità di chi ci abita; è relazionale nel senso che individua i rapporti reciproci tra i soggetti in funzione di una loro comune appartenenza; è storico perché rammenta all’ individuo le proprie radici. I non luoghi, purtroppo, non hanno nessuna di queste caratteristiche che nulla e nessuno potranno validamente sostituire.
Esiste una soluzione a tutto questo, o siamo destinati a farci risucchiare, come in un "buco nero", dal forte vortice della “sovra- modernità ?

La risposta io non ce l’ho……e Voi?

Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario