Oristano 31 marzo 2023
Cari amici,
Voglio chiudere i post di marzo con una riflessione sullo spopolamento. La Sardegna, purtroppo, vanta il triste primato di scarsità di nascite in Italia, e questo causerà seri problemi in tutti i campi, compreso quello della cultura. Se l’Italia, da numerosi anni, sta attraversando una fase costante di invecchiamento della popolazione la nostra isola si colloca al primo posto! Si, una triste crisi
demografica che, tra le tante implicazioni, sta mettendo a rischio le
frequenze presso diverse Università italiane, alcune delle quali,
presumibilmente verso il 2040, rischiano addirittura la chiusura. La possibile
estinzione di alcuni atenei è dovuta principalmente all’elevata età media della
popolazione: insomma l’Italia è praticamente diventata un Paese di vecchi. Il
costante calo delle nascite comporterà, presumibilmente nell’arco di vent’anni,
la perdita della maggior parte degli immatricolati.
I dati ISTAT
confermano che il tasso di natalità continua inesorabilmente a diminuire: la
media di figli per donna, calcolato nel periodo 2018 - 2021, è di 1,32 cadauna.
Tale numero risulta, tra l’altro, in continua netta diminuzione fin dal
2008. In contropartita, sono per fortuna
in forte aumento la longevità, i miglioramenti in campo medico e la qualità
della vita. Questa pericolosa situazione sul calo demografico avrà negativi risvolti
in molti campi, da quello del mercato del lavoro alle pensioni ed a quello della
formazione scolastica.
Gli Istituti che si
occupano di ricerca hanno evidenziato, in particolare, che il problema
principale della crisi demografica si ripercuoterà innanzitutto in ambito
educativo. Secondo i dati ISTAT l’effetto del calo demografico avrà conseguenze
pericolose in tempi brevi. Nei prossimi venti anni è previsto che la
popolazione compresa tra i 18 e i 20 anni diminuisca fino a diventare l’85% di
quella del 2021. Inoltre, la quota degli immatricolati a facoltà universitarie
potrebbe ridursi a 260.000 persone. Proseguendo con le previsioni ancora a più
lungo termine, possiamo affermare che entro il 2040 in molte Università potrebbero
non esserci più iscritti!
Amici, nel 2040, tutti i
10 grandi atenei che oggi attraggono il maggior numero di immatricolati da altre
regioni (Bologna, La Sapienza, Ferrara, Politecnico di Milano, Milano
Cattolica, Perugia, Padova, Parma, Torino Politecnico e Trento) potrebbero
registrare contrazioni nelle immatricolazioni di “fuori sede” provenienti da
altre regioni superiori al 20%. In pratica, molti corsi di laurea potrebbero
sparire per l’assenza di un numero sufficiente di alunni, con inevitabili
ripercussioni sul corpo docente e sul livello di competenze tecniche e
professionali disponibili sul mercato del lavoro italiano.
La situazione è critica
nel Sud Italia ma anche nel Nord, l’inverno demografico inizia a farsi sentire.
Gli atenei più esposti al declino demografico nei prossimi anni saranno quelli
le cui sedi didattiche sono situate nel Mezzogiorno. La zona del Sud Italia è indubbiamente
quella più sensibile alla crisi demografica. Già oggi i tassi di
immatricolazione sono minori rispetto al resto dell’Italia. In 20 anni è
stimato che si arriverà ad avere il 77% di calo ulteriore. Sicuramente la crisi
demografica del Sud non è una novità, ma, a maggior ragione, bisogna mettere in
atto delle modifiche al sistema scolastico per disincentivare questo deficit.
Amici, di certo la crisi
demografica, relativamente all’istruzione universitaria, dovrà essere
affrontata oggi, cercando quelle trasformazioni capaci di mettere un freno alla
mancanza di iscrizioni ed alla conseguente possibile chiusura. Trasformazioni
che significano “rinnovamento”, ovvero mettendo in atto dei cambiamenti
assolutamente necessari. Per esempio, pensare al ricorso alla didattica a
distanza potrebbe essere un buon modo per iniziare ad internazionalizzare le
Università. Un modello interessante da adottare potrebbe essere quello misto:
didattica in presenza e didattica a distanza. In questo modo si
raccoglierebbero studenti non solo locali ma anche provenienti dall’estero,
come dalla vicina, confinante Africa.
Un rapporto del “Talents
Venture” (è questa una società di consulenza specializzata in servizi di sviluppo
di soluzioni a sostegno dell'istruzione universitaria), riporta
testualmente che: “Nel 2040 ci saranno circa 190 milioni di giovani africani
in età universitaria. Questo bacino rappresenta un’opportunità per gli atenei
del nostro Paese. Gli atenei italiani infatti – persa la sfida di attrarre le
popolazione in crescita negli anni precedenti (Sud America, Cina ed India) –
possono pensare di attrarre, anche grazie alla vicinanza geografica, i giovani
africani che potrebbero giocare un ruolo cruciale nella composizione degli
atenei italiani dei prossimi anni”.
Cari amici, personalmente
credo che questa via sia quella giusta e fruttuosa da percorrere, una strada
che non può essere ignorata, ma utilizzata come nuovo potenziale per tamponare
l’emorragia di iscritti nelle Università a rischio chiusura per il calo
demografico. L’invito agli atenei è dunque quello di prepararsi subito ad
affrontare il futuro, portando avanti, fin da oggi, un lavoro ben strutturato, capace
di promuovere l’internalizzazione e contribuendo così alla cooperazione
allargata: tutti seri obiettivi che l’università italiana deve darsi.
A domani.
Mario