Oristano 31 Luglio 2020
Cari amici,
Chiudo i post di Luglio dedicando l'ultimo ad una bella e antica chiesa sarda:la parrocchiale di Seneghe. Uno degli studiosi di
Seneghe e della sua storia, Mario Cubeddu, afferma che il toponimo
Seneghe, per quanto non si sa quanto attendibile, è quello che lo collega a S’ena,
ovvero la vena d’acqua di cui il territorio è ricco. Un luogo ambito, dunque, abitato
già in epoca lontanissima, tanto che le prime testimonianze archeologiche
risalgono a circa 2.000 anni prima di Cristo, imperante la civiltà nuragica. Nel
territorio infatti sono presenti diverse tombe di giganti e almeno un centinaio
di nuraghi.
Con l’arrivo dei fenici e
dei punici (e poi dei romani) sulla costa occidentale e la nascita di Cornus,
raggiungibile da Seneghe con una strada ancora oggi visibile in quanto segnata
dai solchi profondi dei carri, la storia di questo insediamento umano fa
importanti passi avanti. Ufficialmente il nome di Seneghe lo si trova storicamente
scritto per la prima volta nel XII° secolo, citato nel Condaghe di Santa Maria
di Bonarcado. Seneghe era allora una delle ville (erano sette) che costituivano
la Curatoria di Parte Milis, Distretto amministrativo del Giudicato d’Arborea.
L’importanza di Seneghe
nel Distretto era notevole: era il centro più popoloso, e durante la guerra di
conquista (dopo l’arrivo degli eserciti catalano-aragonesi e la lunga guerra di
conquista tra il XIV° e XV° secolo) le popolazioni che fuggivano dai villaggi
abbandonati e dalla pianura infiammata dalla guerra trovarono rifugio a
Seneghe, favorite anche dalla posizione elevata rispetto alla pianura malarica.
Alla fine del periodo giudicale Seneghe venne incluso nel Campidano di Milis,
territorio del neonato Marchesato di Oristano, composto dalla città e dai tre
Campidani.
Come scrive lo studioso Mario
Cubeddu (nato a Seneghe nel 1947, laureato in lettere classiche a Cagliari
nel 1971, che ha insegnato sino al 2003 nelle scuole superiori), “Nella
struttura sociale seneghese aveva un ruolo fondamentale anche la Chiesa, unico
organismo che consentisse la promozione sociale di un popolo di contadini e
pastori. Fu grazie ad essa che si realizzò l’ascesa al cardinalato di Agostino
Pippia (Seneghe 1660-Roma 1730) nel 1724.
Seneghe alla fine de
Settecento arrivava a contare circa duemila abitanti. Testimoni di quell’epoca importante
sono le due piccole chiese costruite in posizioni dislocate rispetto alla
Parrocchia: la Chiesa di Sant’Antonio, che conserva ancora oggi l’impianto
originario e quella di Sant’Agostino, demolita nell’Ottocento. Proprio nell’Ottocento,
il miglioramento delle condizioni economiche consentì di dare il via alla costruzione
della nuova Chiesa Parrocchiale, il cui arco costruttivo, però, durò quasi un
secolo: fu terminata nel 1898.
La parrocchiale di
Seneghe è situata al centro dell’attuale abitato, ed è dedicata all’Immacolata ed
al patrono San Sebastiano. A costruirla furono capaci maestranze sarde
(capimastri di Cuglieri, Oristano, Santulussurgiu e Seneghe). Nel luogo dove
sorge, vi era preesistente una chiesa più antica, di origini alto-medievali, edificata
a sua volta su un preesistente monumento nuragico. Questa chiesa parrocchiale,
che risulta di notevoli dimensioni, (è considerata appena meno ampia della
Cattedrale di Oristano), fu inaugurata il giorno della festa di S. Giovanni
Battista il 24 giugno 1893, per quanto ancora non del tutto terminata.
Al visitatore oggi la
Chiesa appare in tutta la sua magnificenza. Affrescata in più parti, al suo
interno si possono osservare un crocefisso del XVI secolo, diverse statue
lignee di Santi, affreschi di pittori cagliaritani del XIX e XX secolo; nella
cappella del SS.mo Sacramento, due opere di Giovanni Ciusa Romagna e Carmelo
Floris. Situata in una cappella la vergine dormiente.
Cari amici, la Sardegna
ha una storia millenaria di grande spessore. Seneghe è uno dei paesi che vanta
antiche e pregiate origini, oltre a tesori di eccellente luminosità, che potrebbero
essere meglio valorizzati! E come Seneghe tanti altri centri anche modesti fanno della Sardegna una terra da conoscere e apprezzare. Ai
nostri giovani il compito di valorizzare il nostro immenso patrimonio culturale
che può creare ricchezza e anche dare un concreto aiuto alla disoccupazione, soprattutto
giovanile!
A domani.
Mario