GIORGIO CANNAS
L’autista di pullman con la passione per il Neolitico.
Dalle strade in asfalto alle”strade” dell’ossidiana.
Il percorso di ognuno di noi è davvero lungo e tortuoso. Quello di Giorgio Cannas addirittura fantastico. Ho rivisto Giorgio pochi giorni fa in "Via Dritta" ad Oristano. Mi ha riconosciuto Lui, vispo come sempre e ci siamo abbracciati.
Avevo conosciuto Giorgio Cannas molti anni fa. Io dirigevo la filiale del Banco di Sardegna a Terralba e lui era ancora un giovane di belle speranze. Il suo estro, le sue capacità erano, però, già in buona evidenza. Il lavoro lo trova come autista dei pullman dell’Azienda Regionale Sarda Trasporti. E’ l’inizio di un lungo viaggio.
Una vita intera passata a guidare i pullman, stranamente ed inesorabilmente cambiata da due grandi sogni, due grandi amori: Il tiro con l'arco e le ricerche sulle frecce preistoriche. Per fare questo ha dovuto lottare, molto; a partire dalla sua voglia di tornare a scuole per completare un percorso culturale non avvenuto a tempo e luogo.
Una vita intera passata a guidare i pullman, stranamente ed inesorabilmente cambiata da due grandi sogni, due grandi amori: Il tiro con l'arco e le ricerche sulle frecce preistoriche. Per fare questo ha dovuto lottare, molto; a partire dalla sua voglia di tornare a scuole per completare un percorso culturale non avvenuto a tempo e luogo.
Ecco la Sua storia che ha interessato anche i giornali.
“ Torna a scuola a cinquant'anni ma l'Arst gli nega l'autorizzazione. Un autista scrive al presidente Ciampi: voglio la maturità classica “.
“ Torna a scuola a cinquant'anni ma l'Arst gli nega l'autorizzazione. Un autista scrive al presidente Ciampi: voglio la maturità classica “.
Titola cosi, Mercoledì 24 novembre 2004, l’Unione Sarda, che, con un articolo di Nanni Di Cesare, riporta la curiosa storia di Giorgio. Ecco una sintesi.
Giorgio Cannas abita a Terralba e all'inizio dell'anno scolastico in corso, così come prevede il decreto presidenziale che garantisce il diritto allo studio dei lavoratori nel caso che questo non rechi danni all'azienda, ha deciso di iscriversi e frequentare i corsi di studio al Ginnasio De Castro di Oristano. «La mia iniziativa è stata accolta con entusiasmo dal preside dell'istituto, dai giovani colleghi di studio,” racconta con amarezza Giorgio Cannas, “ e anche dai miei familiari. Devo dire, a onor del vero, che anche alcuni dirigenti della sede Arst di Oristano, hanno avuto parole d'elogio».
Giorgio Cannas abita a Terralba e all'inizio dell'anno scolastico in corso, così come prevede il decreto presidenziale che garantisce il diritto allo studio dei lavoratori nel caso che questo non rechi danni all'azienda, ha deciso di iscriversi e frequentare i corsi di studio al Ginnasio De Castro di Oristano. «La mia iniziativa è stata accolta con entusiasmo dal preside dell'istituto, dai giovani colleghi di studio,” racconta con amarezza Giorgio Cannas, “ e anche dai miei familiari. Devo dire, a onor del vero, che anche alcuni dirigenti della sede Arst di Oristano, hanno avuto parole d'elogio».
Con queste premesse il conducente di autobus ha avviato la sua pratica di iscrizione ai corsi. Ma i problemi sono arrivati al momento di ottenere l'autorizzazione dalla direzione dell'Azienda regionale dei trasporti. «Come previsto dai regolamenti “, prosegue Cannas, “ ho inviato la richiesta per ottenere l'approvazione da parte dell'azienda. L'ho fatto circa tre mesi fa, ma a tutt'oggi non ho ottenuto ancora nessuna risposta. E questo mi preoccupa non poco». Silenzio assenso? Non proprio. Ripetute volte Giorgio Cannas ha provato a contattare telefonicamente i responsabili della società di trasporti con sede a Cagliari, ma in tutte le occasioni ha ottenuto solo risposte vaghe, che terminavano con la solita frase: «Le faremo sapere quanto prima». Quanto? Chissà. Il rispetto dei diritti sanciti dalle leggi italiane ha animato lo spirito del lavoratore, che stufo di attendere una risposta che non arrivava mai, ha deciso di intraprendere la via legale. «Mi sono rivolto a un avvocato “, conferma, “ e così è partita una lettera ufficiale nella quale esprimo all'Arst la mia ferma intenzione di procedere nel progetto scolastico». Ma Giorgio Cannas non si è limitato a questo e anzi ha rincarato la dose, ha scritto di proprio pugno una lettera indirizzata al Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, nella quale spiega la situazione in cui si trova da ormai tre lunghi mesi. «Non capisco il perché dell'atteggiamento assunto dai dirigenti dell'azienda “, precisa ancora Giorgio Cannas, “ visto che la mia richiesta, di fatto non implica alcun disservizio ai danni dell'azienda. Nelle ore che dovrei frequentare le lezioni ”, aggiunge, “ nessuno mi deve sostituire, visto che una volta conclusa la corsa che deposita gli studenti nelle scuole, rimango inoperoso sino all'ora di uscita dei ragazzi». Adesso il conducente con il sogno di ottenere un diploma di scuola superiore, spera che qualcuno si interessi al suo caso e che i suoi diritti vengano tutelati. Intanto non abbandona i libri: sta seguendo il programma alla lettera. Il suo impegno scolastico continua, comunque.
La cultura, lo sappiamo è contagiosa. Per Giorgio quasi una seria malattia, ma necessaria per concretizzare il suo grande sogno.
Il suo sogno globale è chiaro anche nei particolari: ricostruire un villaggio neolitico com'era migliaia di anni fa. Nei minimi dettagli. Per realizzarlo Giorgio Cannas, over 50, dopo i lunghi anni di guida ai pullman di mezza Sardegna, ha messo a disposizione un suo terreno a Sa Cora,alla periferia di Terralba.
"Da piccolo ho sempre lavorato in campagna, provengo da una famiglia di agricoltori"; “ ho sempre amato la campagna “ dice, raccontando il suo sogno agli amici. Ma le sue campagne non erano come quelle che vediamo normalmente in giro, erano diverse; "La maggior parte dei nostri terreni traboccava di ossidiana", ricorda Giorgio. Facile per un ragazzo incuriosirsi con una pietra più simile al vetro che ai normali sassi che in Sardegna abbondano. "Noi la chiamiamo pedra de pistoni, pietra di bottiglione, pietra di vetro. Su pistoni è il bottiglione da due litri che si usa per il vino. Altrove la chiamano pedra corbina, pietra corvina, per la sua colorazione nera come il piumaggio dei corvi “.
La vita lavorativa ti porta lontano dai sogni, però questi non muoiono, restano dentro di Te. “Quando iniziai a praticare il tiro con l’arco, leggendo una rivista della federazione che si occupava di ricerche storiche sugli archi di tutto il mondo, pensai a come potevano essere stati concepiti gli archi degli antichi sardi. Speravo di trovare notizie su questo aspetto ma invano: forse uno studio sulla nostra Isola non era stato mai realizzato".
Giorgio Cannas, però, non si arrende. Inizia a studiare nelle fotografie dei bronzetti la tipologia degli archi rappresentati e quella delle punte di freccia. All'Università non c'era nulla di specifico ma attraverso le foto dei bronzetti pubblicate dal professor Lilliu e da altri inizia a capire qualcosa di più. Non si accontenta delle foto. Raggiunge Torino dove riesce ad incontrare l'archeologo autore degli articoli della rivista prima citata. Apprende i sistemi di lavorazione dell’ossidiana: gli attrezzi neolitici usati per lavorare l'ossidiana erano di legno, pietra e osso. Una pietra per scheggiare, oppure un osso di bue o un corno di cervo o un punteruolo d'osso. Grande difficoltà quella di lavorarla, ma l’uomo non si è mai arreso. Le difficoltà, però, aguzzano l’ingegno. “ Per me ormai era diventata una specie di malattia “, continua Giorgio, “ L'ossidiana ti affascina forse proprio per la grande difficoltà a lavorarla. L'oro nero della preistoria è una magia “. Continua, poi, durante la lunga chiacchierata . ” Me l'hanno trasmessa due grandi spiriti della nostra civiltà: Giovanni Lilliu e Costantino Nivola".
Con questa passione, con questo fuoco interiore comincia, così, a lavorarla. Inizia ricreando oggettini della cultura neolitica e nuragica, attingendo anche dalle rielaborazioni artistiche di Nivola. Realizza, poi, oggetti di sua invenzione come la pintadera o il falcetto, per scoprire appieno i segreti della lavorazione di questa pietra di origine vulcanica. “ Mi sono munito di attrezzi diamantati: dischetti e punte di trapano", dice, “ per superare le prime difficoltà” . Subito dopo cerca di “tornare al passato “ usando gli stessi strumenti del Neolitico: ovvero fare prove di “Archeologia sperimentale “. Cosa significa, Giorgio, questo termine?, chiedo. “ Rifare gli oggetti che i nostri antenati costruivano migliaia di anni fa utilizzando gli stessi, identici loro attrezzi", risponde. Come può il legno spezzare una pietra dura?, continuo io. " L'ossidiana è durissima ma nello stesso tempo fragile, essendo un vetro. Quando riceve un colpo si scheggia, proprio come il vetro. Puoi realizzare un coltellino, un raschiatoio o una punta di freccia, la cosa più difficile". Altre sperimentazioni?, chiedo ancora. " Per sperimentare l'effetto delle frecce nella caccia ai volatili compravamo polli in macelleria e li mettevamo come bersaglio per verificare che cosa succedeva quando venivano colpiti da punte di ossidiana. Teniamo presente che alla mummia di Bolzano hanno trovato addosso l'attrezzatura per scheggiare la selce e ritoccarla, con un pugnale e un arco fatto con un legno che abbiamo anche noi: il tasso". A che punto siamo nell'archeologia sperimentale?, domando. " In Sardegna e nel resto d'Italia siamo solo agli inizi, ma in Francia è una disciplina coltivata anche a livello di divulgazione dei risultati raggiunti negli esperimenti. Loro parlano di archeologia cognitiva ". L'uomo neolitico aveva già molte cognizioni, si dice. Tu personalmente cosa ne pensi? " Ho preso parte a un convegno a Montale, zona di Modena, sulle palafitte dell'età del bronzo. Hanno ricostruito il villaggio. Noi siamo pieni di testimonianze neolitiche, questa bellissima disciplina potrebbe essere coltivata con profitto anche in Sardegna. Il nucleo più bello di ossidiana l'ho visto al museo Sanna di Sassari. Nel museo di Perfugas ci sono due lame di selce di una trentina di centimetri l'una, bellissime".
Il grande sogno di Giorgio Cannas è quello di ricreare, ricostruire, un villaggio neolitico com'era migliaia di anni fa. Nei minimi dettagli. Credo che la Sardegna meriti questa attenzione di un suo figlio, cresciuto nella modernità, tra pullman, asfalto e smog, ma mai dimentico, da sardo autentico, delle Sue, delle nostre origini.
La cultura, lo sappiamo è contagiosa. Per Giorgio quasi una seria malattia, ma necessaria per concretizzare il suo grande sogno.
Il suo sogno globale è chiaro anche nei particolari: ricostruire un villaggio neolitico com'era migliaia di anni fa. Nei minimi dettagli. Per realizzarlo Giorgio Cannas, over 50, dopo i lunghi anni di guida ai pullman di mezza Sardegna, ha messo a disposizione un suo terreno a Sa Cora,alla periferia di Terralba.
"Da piccolo ho sempre lavorato in campagna, provengo da una famiglia di agricoltori"; “ ho sempre amato la campagna “ dice, raccontando il suo sogno agli amici. Ma le sue campagne non erano come quelle che vediamo normalmente in giro, erano diverse; "La maggior parte dei nostri terreni traboccava di ossidiana", ricorda Giorgio. Facile per un ragazzo incuriosirsi con una pietra più simile al vetro che ai normali sassi che in Sardegna abbondano. "Noi la chiamiamo pedra de pistoni, pietra di bottiglione, pietra di vetro. Su pistoni è il bottiglione da due litri che si usa per il vino. Altrove la chiamano pedra corbina, pietra corvina, per la sua colorazione nera come il piumaggio dei corvi “.
La vita lavorativa ti porta lontano dai sogni, però questi non muoiono, restano dentro di Te. “Quando iniziai a praticare il tiro con l’arco, leggendo una rivista della federazione che si occupava di ricerche storiche sugli archi di tutto il mondo, pensai a come potevano essere stati concepiti gli archi degli antichi sardi. Speravo di trovare notizie su questo aspetto ma invano: forse uno studio sulla nostra Isola non era stato mai realizzato".
Giorgio Cannas, però, non si arrende. Inizia a studiare nelle fotografie dei bronzetti la tipologia degli archi rappresentati e quella delle punte di freccia. All'Università non c'era nulla di specifico ma attraverso le foto dei bronzetti pubblicate dal professor Lilliu e da altri inizia a capire qualcosa di più. Non si accontenta delle foto. Raggiunge Torino dove riesce ad incontrare l'archeologo autore degli articoli della rivista prima citata. Apprende i sistemi di lavorazione dell’ossidiana: gli attrezzi neolitici usati per lavorare l'ossidiana erano di legno, pietra e osso. Una pietra per scheggiare, oppure un osso di bue o un corno di cervo o un punteruolo d'osso. Grande difficoltà quella di lavorarla, ma l’uomo non si è mai arreso. Le difficoltà, però, aguzzano l’ingegno. “ Per me ormai era diventata una specie di malattia “, continua Giorgio, “ L'ossidiana ti affascina forse proprio per la grande difficoltà a lavorarla. L'oro nero della preistoria è una magia “. Continua, poi, durante la lunga chiacchierata . ” Me l'hanno trasmessa due grandi spiriti della nostra civiltà: Giovanni Lilliu e Costantino Nivola".
Con questa passione, con questo fuoco interiore comincia, così, a lavorarla. Inizia ricreando oggettini della cultura neolitica e nuragica, attingendo anche dalle rielaborazioni artistiche di Nivola. Realizza, poi, oggetti di sua invenzione come la pintadera o il falcetto, per scoprire appieno i segreti della lavorazione di questa pietra di origine vulcanica. “ Mi sono munito di attrezzi diamantati: dischetti e punte di trapano", dice, “ per superare le prime difficoltà” . Subito dopo cerca di “tornare al passato “ usando gli stessi strumenti del Neolitico: ovvero fare prove di “Archeologia sperimentale “. Cosa significa, Giorgio, questo termine?, chiedo. “ Rifare gli oggetti che i nostri antenati costruivano migliaia di anni fa utilizzando gli stessi, identici loro attrezzi", risponde. Come può il legno spezzare una pietra dura?, continuo io. " L'ossidiana è durissima ma nello stesso tempo fragile, essendo un vetro. Quando riceve un colpo si scheggia, proprio come il vetro. Puoi realizzare un coltellino, un raschiatoio o una punta di freccia, la cosa più difficile". Altre sperimentazioni?, chiedo ancora. " Per sperimentare l'effetto delle frecce nella caccia ai volatili compravamo polli in macelleria e li mettevamo come bersaglio per verificare che cosa succedeva quando venivano colpiti da punte di ossidiana. Teniamo presente che alla mummia di Bolzano hanno trovato addosso l'attrezzatura per scheggiare la selce e ritoccarla, con un pugnale e un arco fatto con un legno che abbiamo anche noi: il tasso". A che punto siamo nell'archeologia sperimentale?, domando. " In Sardegna e nel resto d'Italia siamo solo agli inizi, ma in Francia è una disciplina coltivata anche a livello di divulgazione dei risultati raggiunti negli esperimenti. Loro parlano di archeologia cognitiva ". L'uomo neolitico aveva già molte cognizioni, si dice. Tu personalmente cosa ne pensi? " Ho preso parte a un convegno a Montale, zona di Modena, sulle palafitte dell'età del bronzo. Hanno ricostruito il villaggio. Noi siamo pieni di testimonianze neolitiche, questa bellissima disciplina potrebbe essere coltivata con profitto anche in Sardegna. Il nucleo più bello di ossidiana l'ho visto al museo Sanna di Sassari. Nel museo di Perfugas ci sono due lame di selce di una trentina di centimetri l'una, bellissime".
Il grande sogno di Giorgio Cannas è quello di ricreare, ricostruire, un villaggio neolitico com'era migliaia di anni fa. Nei minimi dettagli. Credo che la Sardegna meriti questa attenzione di un suo figlio, cresciuto nella modernità, tra pullman, asfalto e smog, ma mai dimentico, da sardo autentico, delle Sue, delle nostre origini.
Mario Virdis