Oristano 30 Novembre 2015
Cari amici,
Chiudo questo mese di Novembre parlando di “Comunicazione”. Mi è già
capitato di farlo, ma poiché Venerdì 27 ho partecipato alla 3^ giornata del
Corso di introduzione al giornalismo “Impariamo
a comunicare” (3^ Edizione), ho deciso di rendere partecipi anche Voi di
questo incontro. Il Direttore de L’Arborense
Marco Piras ha auspicato che anche nel nuovo anno possa essere avviata la 4^
edizione della bella iniziativa: interessanti e concrete giornate formative, dedicate ai giovani
che vogliono avvicinarsi alla carriera del giornalismo. Scrivere, amici
miei, è un privilegio: arricchisce chi scrive e allo stesso tempo fornisce un
servizio alla Comunità. Certo, scrivere non è facile, presuppone capacità,
coerenza, e mille altre qualità: ecco perché bisogna, con grande umiltà,
“imparare a farlo”.
Dopo
la precedente, interessante giornata trascorsa con Francesco Birocchi,
Presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Sardegna, che ha affrontato il tema
“i giornali e la sfida del Web”, il terzo
appuntamento di Venerdì scorso ha affrontato il tema “Chiesa, Comunicazione e Missione”. Relatore dell’incontro Don Ivan
Maffeis, Direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della
CEI. Don Ivan, Trentino di Pinzolo, classe 1963, prima di arrivare alla CEI è
stato per dieci anni Direttore del settimanale «Vita Trentina», di Radio Studio
Sette in-Blu e responsabile dell’Ufficio stampa e comunicazioni sociali della
sua Diocesi.
L'incontro con Don Maffeis si è svolto, come gli altri, nella sede del
Centro Diocesano di Teologia in via Cagliari, ed è stato seguito con grande
attenzione; pur in presenza di qualche disguido tecnico, che non ha consentito
all’oratore di proiettare dei video che evidenziavano il “nuovo sistema
comunicativo” adottato dal nostro Papa Francesco, l’oratore è riuscito a coinvolgere
non poco la sala. Don Ivan, dopo i saluti e i ringraziamenti al nostro Arcivescovo,
presente in prima fila, ha esordito parlando proprio dell’innovativo metodo di
comunicazione utilizzato dal Papa. Comunicazione sempre lucida, senza
nascondimenti, diretta e non filtrata: come quando in prima persona, ha
ribadito, riferendosi al recente scandalo noto come Vatileaks, che “rubare è un
reato” e che il fatto accaduto, seppur increscioso, non lo distoglierà dal
continuare nella via intrapresa: quella della necessaria e urgente riforma
della Chiesa, che deve tornare all’essenziale, spogliandosi degli orpelli,
delle rendite accumulate, delle sovrapposizioni e incrostazioni che l’hanno
appesantita.
Fin dal primo giorno del Suo insediamento, ha detto Don Ivan, i suoi atti,
anche quelli più ordinari sono stati messi in atto in stile fortemente comunicativo: con parole, gesti e
fatti, esprimeva tutta la Sua semplicità! Dalla scelta di abitare a Santa Marta,
lasciando il prestigioso appartamento papale, a quello di muoversi con i mezzi
ordinari, da quella di vivere in mezzo agli altri, a quella di condividere anche il pasto, mettendosi in fila, come tutti gli altri, alla mensa. Che interpretazione possiamo dare noi a questa Sua costante, semplice
comunicazione quotidiana? Dobbiamo dargli il significato di esempio, di stimolo
al cambiamento, di messaggio destinato a farci abbandonare certi comportamenti
sbagliati? Un po’ di tutto questo.
Certo, inizialmente il Papa ha creato sconcerto, abbandonando l’antico ma freddo comportamento carismatico e cattedratico di tanti suoi predecessori, ma i frutti stanno già iniziando ad arrivare. La Sua comunicazione ha contagiato tutti: credenti e non credenti; il suo dialogo colloquiale, paritario e mai calato dall'alto, che privilegia i poveri, gli emarginati e i derelitti, ha fatto subito centro. Papa Francesco ha continuato ad applicare (mettendola addirittura in evidenza per invitare gli altri a farlo), tutta la sua dedizione nei confronti degli umili, continuando quella sua quotidiana esperienza maturata nelle periferie povere del Sud America. Lo ha fatto fin dai primi giorni, così come lo sta facendo proprio ora, in Uganda, visitando le periferie che affondano nella miseria e vivendo momenti di comunione con gli ultimi, cercando di dare loro una speranza.
Certo, inizialmente il Papa ha creato sconcerto, abbandonando l’antico ma freddo comportamento carismatico e cattedratico di tanti suoi predecessori, ma i frutti stanno già iniziando ad arrivare. La Sua comunicazione ha contagiato tutti: credenti e non credenti; il suo dialogo colloquiale, paritario e mai calato dall'alto, che privilegia i poveri, gli emarginati e i derelitti, ha fatto subito centro. Papa Francesco ha continuato ad applicare (mettendola addirittura in evidenza per invitare gli altri a farlo), tutta la sua dedizione nei confronti degli umili, continuando quella sua quotidiana esperienza maturata nelle periferie povere del Sud America. Lo ha fatto fin dai primi giorni, così come lo sta facendo proprio ora, in Uganda, visitando le periferie che affondano nella miseria e vivendo momenti di comunione con gli ultimi, cercando di dare loro una speranza.
Don Maffeis nella sua lucida analisi ha detto che quello applicato dal Papa
è il modo giusto di comunicare: perché quando noi comunichiamo, qualsiasi sia
il mezzo utilizzato, chi ci ascolta “ci pesa”, ci analizza, si rende conto se
quello che noi sosteniamo è proprio vero, oppure è solo apparenza, finzione. La
comunicazione del Santo Padre, ha detto, è stata sempre cruda, impietosa, anche
nei confronti dei suoi primi collaboratori; Don Ivan ha ricordato “le 15
malattie della Curia”, che il Papa ha evidenziato fin dai primi tempi del Suo
Pontificato, esternate senza giri di parole, proprio per cercare di curarle. Il
motto di Papa Francesco è, in primis, “Semplicità”: nei gesti, nelle parole,
nei rapporti personali. La Sua è una comunicazione costante, senza filtri, fatta
a braccio, come si può constatare dalle sue quotidiane omelie, sempre tenute
senza scritti preparatori.
Passando poi agli attuali mezzi di comunicazione Don Ivan ha confermato,
come già detto la volta precedente da Francesco Birocchi, che la carta stampata
continua ad essere in piena crisi: e di questa crisi non ne risentono solo i
settimanali diocesani. Oggi i mezzi di comunicazione sono tantissimi e immediati:
tutto si muove in tempo reale e i giornali debbono cercare “di riportare”, al meglio, ai loro lettori le notizie già note. Per
fare vera comunicazione, però, non basta l’immediatezza: serve sicura e attenta
riflessione, perché i fatti vanno analizzati e metabolizzati; solo così gli
eventi, buoni o cattivi che siano, possono servire a trasmetterci il loro
effettivo valore.
Il Papa, ha detto Don Maffeis al termine della Sua rflessione, fin dai primi giorni dopo la Sua elezione, ha
indicato ai Media la strada da seguire: 3 punti i fermi, Studio, Coraggio, Esperienza. Studio anche nella cura delle
relazioni sociali, coraggio nell’affrontare le difficoltà e i rischi senza
timore, esperienza che significa anche sensibilità nel calarsi nella realtà
delle cose. E’ necessario saper ascoltare, in modo da usare il giusto
linguaggio in ogni circostanza. In sintesi quella indicataci da Papa Francesco
è una “nuova via”, un percorso dove, dopo aver abbandonato denaro, onori,
potere, possiamo riscoprire la semplicità, il valore del lavoro, della famiglia,
dell’amore sincero per l’altro che ha bisogno di noi.
Sta a chi fa comunicazione discernere nell’immenso bombardamento di notizie, “quelle giuste da riportare nel modo giusto”: solo così la comunicazione sarà efficace, sarà una comunicazione di qualità.
Sta a chi fa comunicazione discernere nell’immenso bombardamento di notizie, “quelle giuste da riportare nel modo giusto”: solo così la comunicazione sarà efficace, sarà una comunicazione di qualità.
Cari amici, per me comunicare, nonostante la mia non più verde età, è
qualcosa di essenziale: se non lo facessi mi mancherebbe qualcosa, e spero di
continuare a farlo! Spero anche che qualcosa di quello che scrivo sia utile a
Voi che leggete: se lo fosse, questa sarebbe la mia più grande gioia.
Grazie, amici, a domani.
Mario