mercoledì, gennaio 31, 2018

L'U.N.U.C.I. DI ORISTANO HA CONSEGNATO LA TESSERA DI "SOCIO D'ONORE” AL DOTTOR ANTONIO CADONI, IL BALDO “GIOVANE UFFICIALE DI 105 ANNI”, CHE HA VOLUTO DARE AI PRESENTI UNA BELLA LEZIONE DI VITA.



Oristano 31 Gennaio 2018
Cari amici,
Dedico l'ultimo post di questo mese di Gennaio ad un amico speciale: il Dottor Antonio CADONI. Ho avuto modo diverse volte di parlare di Lui nelle pagine di questo blog, sempre con grande stima e piacere. Si, la nostra quercia ultra centenaria, è un grande vanto del nostro territorio non solo per la sua longevità ma, soprattutto, per la grandezza dell’uomo. Una vita intera dedicata agli altri: ufficiale medico, prigioniero di guerra, valido dentista per lunghi anni, padre e marito affettuoso e, soprattutto, cristiano a 360 gradi. Proprio per questi suoi meriti la città non solo non lo ha mai dimenticato, ma anzi cerca ogni possibile occasione per dimostrargli tutto il suo affetto e la sua simpatia.
Ho il privilegio di godere della sua amicizia e nel mio blog ho voluto parlare diverse volte di Lui. Per gli amici che avessero piacere riporto qui i link che consentono di andare a leggere le mie riflessioni fatte su quest’uomo straordinario. Eccoli.

L’ultima manifestazione affettuosa che gli è stata tributata in città è quella organizzata dalla Sezione di Oristano dell’UNUCI, l’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo, che lo ha voluto festeggiare consegnandogli la tessera “Ad Honorem” di ufficiale in congedo, in forza alla Sezione di Oristano. Tanti i soci che hanno voluto essere presenti per festeggiarlo e rendere così omaggio al capitano medico Antonio Cadoni, 105 anni orgogliosamente compiuti lo scorso 30 Luglio. A consegnargli la tessera, alla presenza dei soci e di tanti amici, il Presidente della Sezione oristanese Martino Fadda e il capitano in congedo dei lagunari, Vittorio Seu.
Visibile la commozione del Dottor Antonio, che, accompagnato dai figli Agostino ed Elisa, ha espresso sincere parole di ringraziamento, pronunciate con la semplicità e l’umiltà che da sempre lo contraddistinguono. Come ebbe occasione di fare in precedenza per i festeggiamenti in suo onore organizzati dal Comune di Oristano per il 105° compleanno, il Dr. Cadoni si è portato appresso uno scritto, nel quale per non dimenticare nulla, ha voluto non solo porgere il suo ringraziamento, ma anche cogliere l’occasione per una riflessione importante; Egli ha voluto dare ai presenti la sua opinione, fare il punto sul triste decadimento della società contemporanea. Analisi, la sua, fatta dall’alto dell’esperienza vissuta, esistenza che ha avuto il privilegio di attraversare compiutamente ben due secoli.
Amici, ho letto con attenzione questo suo pregevole scritto che Egli ha voluto inviarmi per il tramite di suo figlio Agostino (per impegni precedenti non ho potuto essere presente all’evento), e lo ringrazio ancora una volta della stima che continua a riservarmi. La sua è un’analisi lucida e puntuale sui problemi che oggi assillano l’uomo moderno, sempre più orientato verso un modello di vita che non prevede la presenza di Dio nella propria esistenza. Il suo scrivere, efficace ed appropriato, è un invito quasi sferzante alla coscienza di chi legge, un forte monito che vuole ricordare la pochezza e la fragilità della nostra esistenza terrena. Proprio per questo, cari amici che mi leggete quotidianamente, voglio riportare questa sua riflessione per intero, perché anche Voi possiate meditarla. Eccola.

Signor Presidente illustrissimo,
La ringrazio con commozione per le espressioni benevole che mi ha rivolto. Con pari sentimento ringrazio lei e l’intera U.N.U.C.I. di Oristano per aver voluto concedermi l’alto onore di una iscrizione “AD HONOREM”. Questo fatto, secondo me, dona a questo incontro un carattere fraterno, spirituale, di uno slancio dell’UNUCI di Oristano verso la verità.
Il filosofo inglese Bertrand Russel ha definito la verità quale dea luminosa, sempre velata, ma degna di tutta devozione, di cui lo spirito umano è capace. Io intendo associarmi a questa devozione con l’offerta a Voi presenti del frutto di mie meditazioni senili, che mi sono care e potrebbero, in un giorno futuro, essere utili a chi, attualmente, è giovane. M’incoraggia questa sentenza di Socrate: “Certe cose si vedono con la vista della mente solo quando è scomparsa quella degli occhi”. Sarà questo un mio modo di glorificare l’UNUCI di Oristano.
Spesso mi viene rivolta questa domanda: “Che cosa pensa dell’attuale società, lei che ha accumulato tanta esperienza di vita?” Ecco la mia risposta.
Io sono un modesto cultore di storia e filosofia e della filosofia della storia. Pertanto indirizzerò la vostra attenzione alla vita sociale attuale. Di essa siamo insoddisfatti, perché, come ha scritto tempo fa, un giornalista italiano, vi rimaniamo in superficie e anche perché, erratamente, pensiamo che le generazioni a noi precedenti abbiano trascorso vite migliori. Dimentichiamo che l’età dell’oro resta una favola, uguale a quella di Biancaneve. Dimentichiamo soprattutto che il Padre Eterno disse ad Adamo: “Con il sudore della tua faccia mangerai il pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei tratto; polvere sei e in polvere devi tornare”. Dimentichiamo, inoltre, che siamo figli di Caino e non di Abele, carichi di miseria e di fragilità.
Dalla storia sappiamo come si è proceduto negli ultimi secoli. L’uomo, dotato d’intelligenza e portato all’azione, ha formulato i dettami della Rivoluzione Francese: “LEBERTA’, UGUAGLIANZA, FRATERNITA’”. Sennonché, e diciamo purtroppo, i proclamatori di sì nobili principi, compreso Robespierre, non ne capirono la fragilità. La stessa impetuosità della Rivoluzione impedì che maturassero e fruttificassero. La rapacità umana provvide, poi, a trasformarli in schemi concettuali, in ideologie deleterie, che portarono allo scoppio di due Guerre Mondiali, divoratrici di ogni tradizionale valore morale e sociale. Purtroppo si materializzò questo famoso verso di Dante: “A retro va chi più di gir s’affanna”.
Avide di perfezionamento, le ultime generazioni hanno trasformato la libertà in libertinaggio. L’uguaglianza in false identità, arrivando ad equiparare i padri ai pargoletti, vietando di dispensare uno scapaccione correggitore. E che cosa si è ottenuto?  Il filosofo Benedetto Croce, allorché nel secolo scorso veniva informato di qualche smargiassata, compiuta dai giovani, era solito esclamare: “Lasciateli arrivare a ventotto anni”. Oggi, al contrario, esistono legioni di quarantenni-bambocci, irrecuperabili, i quali, della scrittura, ignorano la punteggiatura, che conversano usando non più di cinquanta parole.
È chiaro che siamo giunti a un’epoca strana, come se il mondo si fosse invecchiato. In Francia l’ha illustrata di recente lo scrittore Michele Onfray, con queste espressioni: “Noi viviamo, io vivo, voi vivete nell’articolazione tra due mondi, tra la fine della civiltà giudaico-cristiana e l’avvento di qualcosa che ancora è vago. La morte di ciò che fu è certa; la rivelazione di ciò che avverrà rimane incerta, anche se le bozze danno un’idea dell’opera futura.
In un vangelo sta scritto che, un giorno, Gesù chiese ai suoi Apostoli: “Pensate che alla fine del mondo ci sarà qualche uomo che, ancora, crederà in me?” Nessuna risposta diedero gli Apostoli e neppure Gesù si pronunciò. Effettivamente siamo incastrati tra due oscurità e, giunti a questo punto, siamo costretti a formulare questa domanda: “Siamo capaci di creare, con l’illuminazione ovviamente della Santissima Trinità, un cristianesimo diverso da quello attuale?”.
Poiché la storia attesta che, in tutte le ere, le religioni si affiancano sempre alla civiltà, riuscendo a plasmarle, è nostro compito neutralizzare ogni apatia e riavvicinarci all'Eterno, ravvivando quel fattore di spiritualità profonda, sempre in noi presente, inconsciamente ricevuto per eredità. Secondo la mia pochezza, sarebbe per esempio utili ripartire dal cristianesimo bonario del nostro Silvio Pellico: cristianesimo fortemente orientato all’osservanza pura di due norme semplici, accessibili alla comprensione di qualsiasi analfabeta: “Ama Dio e il tuo prossimo come te stesso; dà a Cesare quel che è di Cesare”.
Su queste due rotaie il treno socio-religioso potrebbe sicuramente continuare la sua corsa. Naturalmente occorrerebbero nuove stazioni, velocità differenziate, grande vigilanza, onde evitare deragliamenti, simili a quello verificatosi ai tempi di Lutero. Avremo, in tal modo, un cristianesimo privo d’incrostazioni, diafano, trasparente e più celestiale.
Il Padre Eterno, dal canto Suo, ci aiuterebbe senza dubbio alcuno. Per quanto sembri strano, Dio ha bisogno della collaborazione dell’uomo per la realizzazione del Suo regno in questa terra. È, a questo fine, che ci ha dotati, misericordioso, di un ricettacolo per la fede: era indispensabile, perché il mondo ha un fine di carattere spirituale. Illustro questo carattere spirituale con gli scritti di due filosofi moderni, che l’hanno studiato a fondo. L’americano Heschel ha scritto: “L’umanità non ha scelta tra religione e neutralità. L’irreligione non è un oppio, è un veleno. Siamo o i ministri del sacro o gli schiavi del male”.  
Gli fa eco, dalla Germania, il filosofo Carlo Jaspers con le seguenti, sublimi, espressioni: “L’umanità odierna, bizzarramente, si è inventata e adora vitelli d’oro, come ai tempi di Mosè. Con ciò dimenticando che l’esistenza umana scorre verso un unico Padre Eterno; dimenticando pure che è proprio questa prossimità al divino autentico quella che conferisce alla vita di ognuno, credente o miscredente, un significato supremo”.
Cari ascoltatori, la mia esposizione è finita. Che Dio vi benedica tutti e vi accompagni sempre!!!
Dalla sede dell’UNUCI di Oristano, il 27 o1 2018.
Antonio Cadoni
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Cari amici, non voglio aggiungere ulteriori parole (non servirebbero) per esternare tutta la mia gioia per il piacere di godere dell’amicizia di un grande uomo qual'è il Dottor Antonio Cadoni! La sera del 27 Gennaio a festeggiarlo e rendergli omaggio erano in tanti, tra i quali c’erano anche Giampiero Angotzi, che gli ha dedicato una poesia in “limba” e Giorgio Pani, quest’ultimo autore di diverse pubblicazioni.
Ad maiora, Dottor Cadoni, ci auguriamo tutti che Dio voglia conservarla ancora per lungo tempo!
A domani.
Mario

martedì, gennaio 30, 2018

LE DONNE E LA PARITÀ NEGATA. ANCHE NEL 3° MILLENNIO LE RETRIBUZIONI CONTINUANO AD ESSERE INFERIORI DI QUASI UN QUARTO.



Differenze di genere: a parità di lavoro stipendi diversi...
Oristano 30 Gennaio 2018
Cari amici,
Il tempo passa inesorabile, senza mai fermarsi, senza mai rallentare o accelerare, scrutando inesorabile gli avvenimenti e i cambiamenti che giorno dopo giorno scrivono la storia di questo nostro mondo. Cambiamenti, quelli succedutisi nel tempo, a volte epocali; cambiamenti anche brutali, che hanno visto guerre, rivoluzioni, cambi di fronte, crisi economiche e sociali, ricerca di uguaglianza e di parità; quest'ultima, però, troppo spesso negata.
Una delle battaglie più combattute nella storia dell’umanità è quella dell'uguaglianza di genere: la ricerca della parità tra uomini e donne. Ricerca di uguaglianza che ha visto vittorie parziali e sconfitte cocenti. La donna, sempre succube dell’uomo fin dai tempi della Bibbia, ha sempre lottato per ottenere giorno dopo giorno piccole vittorie, ma le concessioni fatte (spesso pagate a prezzo altissimo) non hanno mai raggiunto la reale, concreta parità con l’uomo. Si, amici, siamo arrivati al Terzo Millennio e la tanto agognata parità di genere ancora non è arrivata. In tutti i campi: in famiglia, nella società e in particolare nel lavoro.
Secondo il recente rapporto delle Nazioni Unite (ONU), le donne, a parità di mansioni, continuano a guadagnare meno dei colleghi maschi: la retribuzione risulta inferiore di circa il 23 per cento! Si, amici, secondo l'Onu questo è da considerarsi "il più grande furto della storia"; il fenomeno, più noto come il gender pay gap, è generalizzato, quasi a dimostrare la minore validità del lavoro delle donne rispetto a quello degli uomini. Il triste fenomeno non è concentrato solo in determinate zone ma risulta ampiamente diffuso in tutto il mondo. La differenza retributiva risulta evidente in tutte le mansioni e qualifiche, senza distinzioni di aree, comparti, età o adibizioni. I dati rilevati dall’OCSE evidenziano che in Giappone il gap è al 25,7 per cento, negli USA al 18,9 per cento, in Gran Bretagna al 17.1 per cento, in Germania al 15,7 per cento.
"Non esiste un solo Paese, né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini", ha detto il consigliere dell'ONU, Anuradha Seth. Il divario salariale è dovuto alla sommatoria di numerosi fattori: dalla sottovalutazione del lavoro delle donne alla mancata remunerazione del lavoro domestico, dalla minore partecipazione femminile al mercato del lavoro al livello delle qualifiche assunte. Secondo le stime, con ogni nuova nascita le donne perdono in media il 4% del loro stipendio rispetto a un uomo, mentre per il padre il reddito aumenta invece di circa il 6%. Ciò testimonia, afferma Seth, che buona parte del problema è il lavoro familiare non retribuito che le donne continuano a svolgere in modo sproporzionato.
Col tempo e con le lotte portate avanti le donne hanno continuato a combattere per l’uguaglianza e la parità, ma nonostante il maggior inserimento femminile verificatosi negli ultimi decenni, il numero di donne presenti nel mercato del lavoro resta di molto inferiore a quello degli uomini. Al ritmo attuale, avverte l'ONU, ci vorranno più di 70 anni per porre fine al divario salariale tra i due sessi.
L’allarme lanciato dal rapporto ONU non è il certo il primo di questo tenore sul tema della disuguaglianza salariale. Già l’8 Marzo dello scorso anno, in occasione della Giornata internazionale della donna, un report di Oxfam aveva evidenziato il divario retributivo esistente tra uomini e donne, calcolato sempre intorno al 23 per cento. Oxfam aveva calcolato che sarebbero serviti 170 anni per colmare il gap retributivo a livello globale: 52 anni di più di un anno prima, a significare che il divario anziché diminuire continuava ad allargarsi.
L’allargamento della forbice, reso con maggiore evidenza negli ultimi anni, incide sempre di più sulla vita di milioni di donne soprattutto nei Paesi poveri. Molti dei diritti acquisiti dalle donne infatti sono costantemente messi in discussione e le disparità anziché diminuire sono in crescita; la quota di lavoro non retribuito, soprattutto nel settore della cura delle persone, viene svolto da 2 a 10 volte in più dalle donne rispetto agli uomini.
E l’Italia non resta certo fuori da questa situazione di disagio femminile. Secondo il rapporto presentato a Ottobre dall’OCSE sulle competenze dei lavoratori italiani, nonostante i piccoli progressi degli ultimi mesi, il nostro Paese resta al quartultimo posto tra i 35 Paesi sviluppati per percentuale di donne occupate. 
Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani internazionalmente riconosciuti, nel 2015 risultava impegnato nel lavoro il 76,1 per cento da uomini, mentre per le donne la percentuale scendeva al 49,6 per cento. Le donne, pensate, guadagnando di meno dovrebbero lavorare tre mesi in più rispetto agli uomini per colmare il differenziale!
Cari amici, sono davvero situazioni di grande tristezza, e credo che sia giunto il tempo di dire BASTA! Non sembra anche a Voi che sia arrivato il tempo di cambiare?
A domani.
Mario