martedì, ottobre 15, 2024

NUOVE, ECCELLENTI IDEE PER AVERE IN FUTURO ACQUA POTABILE DOVE MANCA. ECCO LA “SPUGNA IPERTECNOLOGICA” INVENTATA DA LAURA GAGLIARDI.


Oristano 15 ottobre 2024

Cari amici,

L’acqua potabile nel mondo non è mai stata eccessiva e, purtroppo da tanto tempo, diverse zone del globo risultano carenti con grande sacrificio e anche causa di mortalità. Si,  oltre 2 miliardi di persone non hanno accesso a fonti di acqua potabile sicura, con conseguenze spesso drammatiche. Inoltre, a seguito anche dei pericolosi cambiamenti climatici, che hanno innalzato le temperature, questo dramma anziché diminuire sembra destinato ad aumentare.

Sicuramente dei notevoli benefici potranno derivare dall’aumento delle energie rinnovabili e della diminuzione e si augura fine in tempi brevi delle energie derivate dal fossile. Solo la disponibilità di  quantità adeguate di energie rinnovabili, accessibili su larga scala, potrà dare luogo all’inversione di questo pericoloso fenomeno dell’aumento della temperatura del pianeta che sta notevolmente aumentando anche la già scarsa disponibilità idrica.

Senza un serio cambiamento di rotta, nei luoghi dove l’acqua è già scarsa oggi un ulteriore peggioramento scatenerà sicuramente un esodo biblico, con orde di rifugiati climatici che si sposteranno alla ricerca di acqua”, bene del quale nessuno può fare a meno. Il problema, purtroppo, sta diventando ogni giorno più serio e gli scienziati sono da tempo alla ricerca di valide soluzioni per cercare di risolvere il terribile problema, o almeno di attenuarlo.

Su questo fronte di ricerca opera con grande interesse e determinazione una ricercatrice italiana, la Dr.ssa Laura Gagliardi, chimica quantistica con formazione accademica in Italia, che da anni lavora negli Stati Uniti, dove dal 2022 dirige il Catalyst Design for Decarbonization Center di Chicago. La studiosa italiana, è membro di diverse Accademie scientifiche prestigiose, tra cui la National Academy of Sciences Usa e l’Accademia Nazionale dei Lincei.

La sua ricerca in questo settore cerca di offrire risposte ai seri problemi di approvvigionamento idrico, ritenuti davvero critici per l’umanità. A Chicago lei sta realizzando un progetto ambizioso, affidatole dall’esercito: catturare l’acqua dall’aria che evapora nelle zone desertiche. Il curioso progetto prevede l’utilizzo di una speciale spugna, realizzata con un particolare materiale alquanto innovativo, capace di estrarre l’acqua dal vapore presente nell’aria delle zone desertiche. Un’invenzione che ha catturato l’attenzione di molti, tanto che di questa invenzione si è parlato a Milano nel XXVIII Congresso Nazionale della Società Chimica Italiana, all’interno di una conferenza dal titolo “Chemistry Elements of Future”.

Come ha avuto modo di spiegare la dr.ssa Gagliardi, “Con il mio gruppo di lavoro mi occupo di fenomeni chimici e di ricerca e sviluppo di nuovi materiali legati ai problemi del clima, dell’ambiente e dell’energia; ma lo studio non avviene in laboratorio come nella chimica tradizionale, piuttosto tramite simulazioni eseguite al computer, sviluppando modelli ispirati alla fisica quantistica: è la disciplina in grado di descrivere il comportamento della materia, a livello di particelle, atomi e molecole, per scoprire o inventare nuovi materiali”.

La scoperta fatta dalla chimica italiana è avvenuta tuttavia negli Stati Uniti; questo perché, se l’Italia può vantare una tradizione eccellente a livello accademico nella chimica teorica, è altrettanto vero che negli Stati Uniti i fondi per la ricerca sono ben più consistenti che da noi, per cui la ricerca di nuove tecnologie, in specie quelle di ultima generazione, possono avere iter ben più brevi e possibili. “Il calcolo computazionale – afferma la dr.ssa Gagliardi - ci permette di fare previsioni più rapidamente rispetto al laboratorio e, anzi, grazie a queste possibilità tecnologiche possiamo fornire indicazioni più precise ai chimici per guidare i loro esperimenti, mentre il lavoro in laboratorio richiede più tempo e non sempre fornisce tutte le risposte, con le simulazioni computazionali; insomma, ci possiamo permettere di essere più creativi e spesso questo apre le porte a scoperte inaspettate”.

Amici, per ora il Team della Gagliardi ha realizzato un primo prototipo, per soddisfare le esigenze manifestate dall’esercito americano; esigenza che aveva come obiettivo la messa a disposizione dei soldati di acqua potabile in zone desertiche. La risposta è stata quella di creare un’apparecchiatura, basata su un materiale spugnoso chiamato MOF, (Metal-organic framework), che ha reticoli metallo-organici simili ai Lego. “Il primo prototipo realizzato può produrre fino a 5 litri di acqua al giorno con soli 200 grammi di peso del materiale”, ha affermato la Gagliardi, che ha anche spiegato il funzionamento del dispositivo: “Di notte, nel deserto, assorbe il vapore acqueo nell’aria e, di giorno, lo trasforma in acqua liquida potabile. Per rendere il processo più efficace abbiamo dotato il prototipo di celle fotovoltaiche che catturano l’energia solare e permettono all’apparecchiatura di produrre acqua in modo ciclico, scambiando la temperatura all’interno della spugna”.

Se, come certamente già appare, questa invenzione inizialmente destinata ad un uso militare, verrà diffusa, la Gagliardi non nasconde l’ambizione di applicare l’idea, frutto di lunghi studi, a “spugne di dimensioni più piccole e trasportabili: così che chiunque potrà portarle con sé per produrre acqua potabile. Sarebbe molto utile in zone dove c’è carenza idrica”. E non è tutto, amici, perché il MOF non è legato solo all’acqua na anche ad altro.

Amici, il MOF ideato da Laura Gagliardi potrà avere applicazioni a tutto campo, per esempio anche ripulire l’aria dall’inquinamento; infatti, modificando le componenti chimiche, potrà essere utilizzato per catturare l’anidride carbonica nell’aria all’interno di spazi chiusi non troppo grandi, ma l’idea potrebbe essere estesa all’ambiente esterno e, qui, però – come sostiene la Gagliardi - servirebbero ulteriori ricerche; il cemento, per esempio, contiene molta anidride carbonica e ci sono studi su nuovi materiali da applicare al cemento proprio per catturarne la CO2”.

Cari amici, complimenti a Laura Gagliardi: le straordinarie menti italiane, oggi come ieri, sono sempre al TOP!

A domani.

Mario

lunedì, ottobre 14, 2024

L'ORTORESSIA, UN DISTURBO ALIMENTARE MODERNO, DERIVATO DAL CRESCENTE AUMENTO DELL'USO DEI PESTICIDI, CHE HA PORTATO ALLA CONTINUA RICERCA DI UN’ALIMENTAZIONE DI QUALITÀ.


Oristano 14 ottobre 2024

Cari amici,

Come ben sappiamo, le moderne tecniche di coltivazione in agricoltura utilizzano una serie di prodotti chimici alquanto pericolosi, come ad esempio certi fitofarmaci (pesticidi), che risultano penalizzanti e deleteri per la salute di chi, poi, consumerà quei prodotti. Seppure l’attuale sistema agricolo e alimentare europeo presenti degli standard già piuttosto elevati in termini di sicurezza e qualità, il problema resta sempre di grande rilevanza. Ebbene, per il consumatore il pericolo di utilizzare prodotti che presentano delle pericolosità, continua a creare non pochi timori, spesso eccessivi, tanto da creare non solo diffidenza ma anche una paura diffusa, che ha portato ad un moderno “Disturbo alimentare”,  a cui è stato dato il nome di ORTORESSIA”.

L’ortoressia, nota anche come ORTHOREXIA NERVOSA, è un disturbo alimentare relativamente recente, che si manifesta come una fissazione ossessiva verso un’alimentazione non contaminata, ovvero sana e "pura". A differenza di altre patologie alimentari, l'ortoressia non riguarda tanto la quantità di cibo ingerito, quanto la sua qualità percepita. Sebbene sembri un comportamento virtuoso, questa ossessione può avere conseguenze dannose per la salute fisica e mentale, portando chi ne è affetto a soffrire di malnutrizione, isolamento sociale, con la conseguenza di vivere una qualità di vita ansiosa e complicata.

Amici, come ben sappiamo le esagerazioni risultano sempre dannose! Se, scegliere con attenzione i cibi, ovvero ricercare un’alimentazione sana, risulta in genere alquanto positivo, escludere tutto ciò che si pensa sia poco sano non è la soluzione. Evitare i cibi processati, gli zuccheri raffinati e i grassi saturi può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, obesità e altre patologie, tuttavia, cercare il pelo nell'uovo, come nel caso dell'ortoressia, il confine tra un comportamento salutare e una ricerca ossessiva può fare solo danno. L'esagerazione può risultare controproducente, in quanto chi soffre di ortoressia tende a eliminare interi gruppi alimentari o a seguire rigide regole autoimposte, al punto da causare al soggetto ansia e stress.

In sintesi, per le persone senza problemi di salute, è importante ricordare che una dieta equilibrata non necessita della eliminazione di tutti i cibi considerati meno salutari. La flessibilità e la moderazione sono fondamentali per mantenere una relazione sana con il cibo e uno stile di vita sostenibile. Per le persone, invece, che soffrono di diverse patologie, eliminare certi prodotti (in quanto ritenuti poco sani) può essere pericoloso, in quanto l’ortoressia può diventare un serio rischio se l’alimentazione sana si trasforma in un’ossessione rigida.

Amici, alimentarsi con attenzione è una cosa giusta, ma essere estremamente pignoli, scartando tutti i prodotti ritenuti non perfettamente e totalmente sani, può diventare un rischio, in quanto corriamo il rischio di entrare in un campo minato! Si diventa prede di quella forte ansia che presto si trasforma in un’ossessione rigida! Stare attenti alla propria alimentazione è certamente il primo passo per tenersi in salute, ma quando il traguardo di “mangiare sano” diventa un’ossessione, nel nostro organismo possono insorgere complicazioni anche gravi.

Cari amici, l’ORTORESSIA è, purtroppo, un fenomeno in crescita. In Italia soffrono di disturbi alimentari, secondo dati forniti dal Ministero della Salute, oltre 3 milioni di persone; di questi, gli ortoressici sono circa 300.000, e, stranamente, in prevalenza sono uomini; e, purtroppo, il numero è in crescita costante. Pensate che Il 78% di chi soffre di ortoressia pianifica meticolosamente i propri pasti, il 76% diserta gli appuntamenti galanti e il 72% rinuncia alle uscite con gli amici! Questa ossessione porta l’ortoressico a trascorrere il fine settimana cucinando verdure biologiche per la settimana seguente!  Un disastro, insomma. In quanto gli eccessi, come ben sappiamo, non portano mai bene!

A domani.

Mario

 

domenica, ottobre 13, 2024

QUANDO L'EUROPA CERCÒ DI COLONIZZARE IL MONDO: LA NUOVA ZELANDA E I MAORI. ANCORA OGGI QUESTA POPOLAZIONE, NONOSTANTE SIA SOTTO SOVRANITÀ BRITANNICA, HA LA SUA REGINA.


Oristano 13 ottobre 2024

Cari amici,

Che le nazioni europee, fin dalla fine del Millequattrocento, siano andate alla conquista di altre terre, anche oltre oceano. è cosa ben risaputa. Il Nuovo Mondo, dopo Cristoforo Colombo, diventò un’attrattiva alquanto forte e, verso la fine del XVIII secolo, grazie all’utilizzo delle armi da fuoco da parte degli Europei, la conquista di nuove terre proseguì. Nel 1769 fu il capitano James Cook ad avvistare l’isola a nord, che fu chiamata Nuova Zelanda: fu proprio in questo primo viaggio che il capitano ne rivendicò immediatamente il possesso, in nome e per conto della Corona britannica.

La vera colonizzazione dell’isola, però, iniziò a partire dal 1830, quando gli inglesi si dichiarano realmente intenzionati al loro possesso per evitare che l’isola venisse occupata dalle flotte francesi; sette anni dopo, William Hobson vi giunse con l’intento di sottomettere i Maori alla legge inglese e vi riuscì, contribuendo alla stipula del Trattato di Waitangi. Il 6 febbraio 1840 il Trattato di Waitangi, come prima accennato, segnò la fine della sovranità dei Maori e la loro resa alla Regina d’Inghilterra. Tale documento, in effetti, aprì la strada alla totale colonizzazione etno-giuridica e culturale della popolazione autoctona.

Tanta acqua è passata sotto i ponti da quel trattato firmato nel 1840, in quanto gli inglesi si guardarono bene dal rispettarlo integralmente, arrivando a spogliare i Maori della gran parte delle loro terre. Solo oltre un secolo dopo, nel 1985, la protesta silenziosa dei Maori, sempre sviluppatasi con dignità e fermezza, portò ad ottenere una consistente “riparazione” finanziaria per le terre ingiustamente sottratte. Oggi le terre di proprietà dei Maori sono molto povere; essi vivono in uno spazio, il Maoridom, che non è più del 4% del territorio neozelandese. Attraverso politiche di dichiarato, quanto disatteso, Legal Pluralism, i governi succedutisi hanno voluto trasmettere un’idea di rispetto culturale e politico verso gli autoctoni, ma in realtà hanno semplicemente tentato di nascondere spoliazioni e soprusi d’ogni genere.

Amici, nonostante la prevaricazione inglese, la società maori ha lottato per mantenere la loro antichissima tradizione culturale; la loro economia è costituita di pesca-caccia-raccolta, e, oggi come ieri, segue uno schema sociale rigidamente gerarchico. Una società suddivisa in ampie famiglie, le whanau, facenti capo ad unità sociali chiamate hapu (clan), guidate dal kaumatua, capo anziano appartenente alle famiglie nobili, le rangatira. Seppure ufficialmente venga riconosciuto, come Capo dello Stato il Re inglese, loro hanno continuato a mantenere in vita il “Loro Re o la loro Regina”.

A differenza di molti altri regni, il trono Maori non è ereditario. Il Re o la Regina vengono scelti dal Consiglio consultivo di Kiingitanga, il movimento nato nel 1858 con l'obiettivo di preservare la cultura e le tradizioni indigene e combattere la perdita di territori a favore dei colonizzatori britannici. Una scelta, quella del Consiglio, per nulla scontata. Infatti, anche di recente, i dodici anziani capi tribù nell’ultima elezione hanno preferito la 27enne NGA WAI HONO I TE PO PAKI ai suoi due fratelli maggiori maschi.

La nuova regina, NGA WAI HONO I TE PO PAKI ho solo 27 anni, ed è la sovrana più giovane a sedere sul trono. Ha ereditato la corona del padre giovedì 5 settembre, durante una cerimonia solenne svoltasi poco prima dei funerali del re Tuheitia Pootatau Te Wherowhero VII, morto venerdì 30 agosto, a 69 anni, dopo 18 anni di regno. Era stato recentemente operato al cuore e si trovava in ospedale per la convalescenza, soffriva di cancro e diabete.

Seduta su un trono di legno intagliato e circondata da un trionfo di danze e lance, la nuova regina dei Maori è stata annunciata durante un raduno al Tûrangawaewae Marae, la sede del movimento Kiingitanga, cioè il Movimento reale Maori. Durante il rituale, Nga Wai vestita da cerimonia è stata unta con oli sacri e benedetta con la stessa Bibbia utilizzata per proclamare il primo dei re Maori nel 1858. La sovrana si è poi seduta davanti alla bara del padre per assistere a preghiere e canti prima che venisse trasportata dai guerrieri su una piroga (piccola imbarcazione simile ad una canoa), lungo il fiume Waikato fino alla sacra montagna Taupiri per la sepoltura.

Amici, Nga Wai è l'ottava monarca del popolo Maori e la seconda regina donna. A precederla sua nonna, Te Arikinui Dame Te Atairangikaahu, in carica per quarant’anni, fino alla sua morte nel 2006, all'età di 75 anni. Possiede una laurea magistrale in studi culturali Maori, conseguita presso l'Università di Waikato; ha insegnato il kapa haka, ovvero le arti performative Maori ed è considerata una grande fautrice della causa del Kiingitanga. Già nel 2022, durante un incontro con l'allora principe Carlo a Londra, aveva dichiarato pubblicamente di aver intrapreso quel viaggio per onorare i suoi antenati e portare a una riflessione sulle brutalità della colonizzazione britannica in Nuova Zelanda.

Cari amici, credo di non dover aggiungere nulla sugli immensi danni, sociali e culturali, creati dalla colonizzazione, spesso brutale, portata avanti nei secoli dalle nazioni europee.

A domani.

Mario

sabato, ottobre 12, 2024

LE PENSIONI IN ATTO E LA LORO COSTANTE EROSIONE. ANCHE NEL 2025, È PREVISTO UN ULTERIORE TAGLIO ALLA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI MEDIE.


Oristano 12 ottobre 2024

Cari amici,

Come molti di noi sanno il Governo sta preparando la manovra finanziaria, che, come afferma il Ministro dell'economia Giorgetti, comporterà per i cittadini ulteriori sacrifici. Fermo restando che in Italia si predica bene e si razzola male, in quanto "a pagare è sempre la classe medio-bassa", mentre i grandi pagano meno di un operaio o un pensionato. Si, in Italia il problema pensioni sta diventando un puzzle che risulta sempre più difficile da sbrogliare! Nonostante nel tempo, con mille sotterfugi, siano stati accorpati praticamente tutti i precedenti “Fondi Pensione” in capo ai vari Enti, i pensionati, dopo anni di godimento della loro rendita “Da loro costituita con versamenti spesso di circa 40 anni”, vedono ogni anno che passa diminuire il loro potere d'acquisto, mancando la necessaria rivalutazione Istat, legata alla variazione del costo della vita. Faccio un esempio pratico, seppure senza indicare importi: sono in pensione dal 1° gennaio del 2003 e – oggi – la mia pensione è esattamente quella di quell’anno, avendo perso oltre la metà del suo valore!

Per chi si intende di STATISTICA, ciò significa che, considerato l’aumento ISTAT del costo della vita, io oggi – con il valore nominale invariato della pensione percepita – posso comprare la metà di quanto potevo comprare nel 2003! Eppure la mia pensione è stata costruita con i miei contributi di quasi 40 anni di lavoro! Credo che tutto questo sia assolutamente fuori luogo, oserei dire addirittura truffaldino, in quanto la pensione è frutto dei contributi da me versati e regolarmente introitati, acquisizione che godeva di regolamenti, ora gettati alle ortiche!

Si, amici, con il contentino di voler dare un aumento alle pensioni minime (ovvero quelle che lo Stato eroga in gran parte alle persone che non hanno lavorato), si cerca di continuare a diminuire il valore reale delle pensioni in essere! Si, se è pur vero che risulta giustificato l’adeguamento delle pensioni minime, non è altrettanto giustificato che questo maggior esborso dello Stato venga coperto con la mancata rivalutazione delle pensioni in essere, se superiori ad un certo importo. Il taglio alla perequazione delle pensioni, è iniziato anni fa, e – a quanto pare - continuerà anche sulle erogazioni del prossimo anno.

Amici, anche nel 2025, dunque, per molti pensionati italiani scatterà un ridimensionamento dei loro assegni. Ancora tagli alle pensioni, insomma, dovuti al fatto che il sistema di rivalutazione parziale sembra destinato a rimanere in vigore, penalizzando non solo i pensionati con i redditi più alti, ma anche quelli di fascia media. Nonostante le richieste dei sindacati e le proteste già in corso, la situazione economica generale rende improbabile un ritorno all'indicizzazione piena, come era originariamente previsto.

Come accennato “i tagli” alla rivalutazione ISTAT sul costo della vita sono iniziati tempo fa. I tagli prevedevano che coloro che percepivano un assegno superiore a quattro volte il minimo stabilito, non avrebbero più beneficiato del pieno adeguamento al costo della vita. Da lì i tagli non sono mai cessati e ora arriveranno a tagliare anche le pensioni medie, generando preoccupazione e scontento, e sollevando molte critiche, a partire quelle dei sindacati, che hanno rimarcato l'iniquità di un sistema che penalizza coloro che hanno contribuito per anni al sistema previdenziale.

Cari amici, questo meccanismo di ridotto o mancato adeguamento ISTAT per le pensioni in essere ha già avuto un impatto negativo sul potere d’acquisto dei pensionati con redditi medi e alti, falcidiati dall'INFLAZIONE, creando una sorta di “doppia penalizzazione”: non solo queste persone non hanno beneficiato di aumenti adeguati, ma hanno visto il loro reddito reale ridursi, nonostante i costi della vita siano in costante aumento. Le stime per il 2025 non sono dunque incoraggianti. Pensate che, anche nel caso in cui si applichi una rivalutazione al 100%, l'incremento previsto è solo dell'1,5%. Questo dato è inferiore rispetto agli aumenti registrati negli anni precedenti, segnalando un'ulteriore erosione del potere d'acquisto per i pensionati.

Credo ci sia poco da aggiungere…

A domani.

Mario

venerdì, ottobre 11, 2024

L'AVVENIRISTICO PROGETTO DI TRASFORMARE IL SINAI IN UNA VALLE VERDE: I PARTICOLARI, GRANDI RISCHI DI CUI TENER CONTO.

IL SINAI PRIMA E DOPO

Oristano 11 ottobre 2024

Cari amici,

Che nei secoli e nei millenni il clima nel mondo abbia avuto cambiamenti anche epocali è cosa accertata. Dove oggi ci sono grandi deserti, in passato c'era un fiorire di vegetazione e uno scorrere della vita piena di animali e piante. Ebbene, l'uomo sta pensando di riuscire a RI-TRASFORMARE ciò che la natura ha cambiato. Sta infatti per nascere una sfida ciclopica: “Trasformare il SINAI",  oggi immensa landa desertica, in una valle verde. Gli scienziati del team di Weather Makers intendono portare avanti questa sfida ciclopica, incuranti delle numerose critiche; "Anche portare l’uomo sulla Luna sembrava un progetto irrealistico, eppure poi si è realizzato". Anche il il titolo dato al progetto suona avveniristico: “Weather Makers”, che tradotto alla lettera significa “i creatori del tempo”, inteso ovviamente come condizioni atmosferiche.

Il Team, composto da un ingegnere olandese, un ecologista cinese naturalizzato americano e un meteorologo spagnolo, risulta già operativo nella penisola egiziana del  SINAI, cercando il modo migliore per far rifiorire il grande deserto. I tre scienziati, Ties van der Hoeven, John Liu e Millàn Millàn, portano caparbiamente avanti un progetto che ai più appare fantascienza, ma appaiono decisi a non mollare. Essi cercano, invece, di convincere gli scettici, riferendosi proprio al famoso sbarco sulla luna.

“Se qualcuno dubita che sia possibile fare diventare verde il Sinai, dovrebbe ricordarsi che anche portare l’uomo sulla Luna sembrava un progetto irrealistico”, dice Van der Hoeven al Guardian, che dedica un lungo servizio all’iniziativa. “All’inizio c’era soltanto una visione di quello che voleva la Nasa e poi si è trovato il modo di realizzarla. Lo stesso vale per il nostro piano e in generale per ogni programma rivoluzionario: la sfida da cui partire è la mancanza di immaginazione”.

Il loro caparbio progetto, in realtà, potrebbe essere considerato un “RITORNO AL FUTURO”, perché in passato il Sinai verde lo è già stato! Si, un passato verde, perché tempo fa, l’arido triangolo di terra che collega l’Africa all’Asia era un giardino verdeggiante: ci sono prove che in un periodo compreso tra 8 mila e 4500 anni fa la penisola del Sinis non era proprio desertica! Dai disegni ritrovati in caverne della zona si rilevano immagini di alberi e piante. Gli archivi dell’antico monastero di Santa Caterina, situato nella regione, registrano annuali raccolti di legna. E anche recenti immagini via satellite rivelano una rete di fiumi sotterranei che dalle brulle montagne di quest’area scendevano verso il Mediterraneo.

Ciò che ha trasformato il Sinai in un deserto è stata probabilmente, come altrove sulla Terra, l’attività umana. I tre studiosi credono che una diversa attività umana possa ora rigenerarlo. Ecco il loro piano. In circa un decennio,  il Sinai da deserto ridiventerebbe un’oasi verde. Ties Van der Hoeven dichiara di voler trasformare circa 35.000 km² del Sinai in terra fertile! Per dare un’idea, è come se decidessimo di piantare alberi su tutta la Sicilia, e poi aggiungere qualche alberello anche in Calabria, giusto per non farci mancare nulla. Il suo piano? Iniziare dal Lago Bardawil, una laguna salata nel nord del Sinai, e poi espandersi verso l’interno.

Asse portante dell’idea del Team è che aggiungendo vegetazione, aumenterà l’evaporazione, si formeranno più nuvole e pioverà di più. Van der Hoeven è convinto che questo potrebbe addirittura cambiare i modelli meteorologici della regione. Può sorprendere, ma progetti simili sono già stati realizzati. In Cina, l’altopiano del Loess, un’area grande quasi quanto la California, è passato dall’essere un deserto giallo a un tappeto verde. Ma attenzione: ciò che funziona in Cina, ovviamente, potrebbe non funzionare nel Sinai. Gli “ingredienti” sono simili, ma il risultato non è scontato. E in effetti i dubbi ci sono.

Gli scettici, come sempre non mancano. Alcuni esperti, per esempio, avvertono dei possibili effetti collaterali. Cambiare un ecosistema è complicato. Alice Hughes, dell’Università di Hong Kong, avverte che potremmo finire per piantare specie invasive o assetate d’acqua, creando più problemi di quanti ne risolviamo. I deserti, infatti, hanno un ruolo importante nel raffreddare il pianeta. Il professor Raymond Pierrehumbert dell’Università di Oxford spiega che le superfici chiare dei deserti riflettono più energia solare nello spazio rispetto alla vegetazione scura. Quindi, rendere verde il Sinai potrebbe paradossalmente finire per riscaldare il resto del pianeta. Un po’ come mettere l’aria condizionata in una stanza e scoprire di aver acceso il riscaldamento in tutte le altre.

Cari amici, Ties Van der Hoeven, comunque, resta ottimista, affermando anche che per lui non c’è tempo da perdere: “Dobbiamo agire ora, anche se non abbiamo tutte le risposte. Audace? Sì. Rischioso? Anche. Necessario? Comunque, assolutamente da portare avanti”. Insomma, in un mondo alle prese con il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, forse anche un po’ di follia non guasta! Non troppa, però. Magari tra qualche decennio, quando prenoteremo le nostre vacanze, invece di “Sharm el-Sheikh” cercheremo “Foresta pluviale del Sinai”. Stranamente affascinante, no?

A domani amici lettori!

Mario

giovedì, ottobre 10, 2024

QUANDO IL NOSTRO CERVELLO PENSA TROPPO, ANSIA E STRESS CI SCONVOLGONO L’ESISTENZA. LA “RUMINAZIONE MENTALE” COLPISCE 8 PERSONE SU 10.


Oristano 10 ottobre 2024

Cari amici,

Il nostro cervello è uno straordinario computer, capace di elaborare tutto in continuazione, di immergersi in mille riflessioni! Si, l’uomo è un essere pensante, ma, a volte, se il cervello si ostina a pensare troppo, e, anziché produrre risultati positivi, crea delle negatività che si estrinsecano con attacchi di ansia e di stress. Gli esperti della nostra mente, psicologi e psico-analisti, definiscono questo eccesso di attività “RUMINAZIONE MENTALE”, considerata il nemico principale della nostra felicità. Questa esagerata elaborazione mentale non è una rarità, perché è accertato che, purtroppo, più di 8 persone su 10 ne soffrono, con attacchi di ansia e stress.

Amici, viviamo in una società iperattiva, che corre all’impazzata, e, a volte, risulta facile rimuginare a lungo i pensieri negativi o le preoccupazioni inerenti il nostro futuro. Questo processo di pensiero che continua a tormentarci, influisce negativamente sulle nostre abitudini, che ne risultano sconvolte. È questo il risultato della Ruminazione mentale. Una ruminazione continua, che non ci porta da nessuna parte, che non ci fornisce soluzioni, anzi creandoci maggiori probabilità di soffrire di disturbi come la depressione o l'ansia.

La Ruminazione mentale, amici, è difficile da controllare, non rallentando la sua attività nemmeno di notte, stritolando in una morsa la persona e e togliendole il sonno. Tra gli studiosi di questo fenomeno c’è la dottoressa Nancy Colier, una delle più celebri psicoterapeute statunitensi, docente universitaria e collaboratrice di testate prestigiose come Psychology Today e Discover; la Colier, con i suoi studi, è diventata una delle maggiori esperte di “overthinking” a livello internazionale, oltre che consulente di importanti atleti professionisti.

Questa eccellente professionista, in oltre venticinque anni di attività come psicoterapeuta”, ha avuto occasione di analizzare uomini e donne di ogni età ed estrazione sociale, con problemi, situazioni e storie differenti. Certo, i problemi di ognuno sono diversi, strutturati su più livelli di gravità, ma alla base di ogni ruminazione, che causa dell’insoddisfazione, c’è il modo in cui noi ci relazioniamo con i pensieri nella nostra mente. È la relazione che intratteniamo con i nostri pensieri, in realtà, a farci più soffrire”.

Per venire incontro ai tanti afflitti, Nancy Colier ha scritto un libro: “Dannazione, penso troppo!”, presto diventato un bestseller, che, dopo aver conquistato la vetta delle classifiche Usa è uscito ora in Italia per Libreria Pienogiorno; il libro affronta, con un percorso concreto e collaudato il tema caldissimo della nostra ansiogena contemporaneità. “Pensare troppo costituisce senza ombra di dubbio una forma di dipendenza – dice la Colier -  l’unica differenza sta nel fatto che noi fatichiamo a riconoscerla come tale. Inoltre, a differenza dalla dipendenza dalle sostanze, dalla droga o dal cibo, che concede generalmente pause tra un’assunzione e l’altra, la dipendenza dal pensiero ossessivo si manifesta incessantemente, senza interruzioni”.

Il problema è serio. “L’aspetto incredibile della questione – continua la Colier - è che non importa quanta sofferenza ci infliggiamo rimuginando: noi continuiamo a farlo nell’assoluta convinzione che, prima o poi, questo ci porterà alla soluzione di qualsiasi problema ci tormenti. Perseveriamo, nonostante la prova tangibile da una parte dell’inefficacia della ruminazione e dall’altra della capacità dei pensieri ossessivi di renderci più ansiosi, più stressati e infelici. Continuiamo a credere, o a sperare, che comportarci sempre allo stesso modo possa condurci prima o poi a un risultato diverso. Ma facendo quello che abbiamo sempre fatto, otteniamo quello che abbiamo sempre ottenuto: niente”.

Nel suo libro, la dottoressa Colier suggerisce, tra i molti, un piccolo esercizio che può rivelarsi indicativo ed estremamente liberatorio: vivere un giorno come se non avessimo una storia. “Noi viviamo ogni istante con una stessa idea di noi stessi. Tutto gira intorno al nostro passato, a cosa abbiamo vissuto, a ciò di cui pensiamo di essere capaci e incapaci, al bagaglio che ci portiamo sulle spalle. Molto spesso tutto questo rappresenta non solo una limitazione ma anche un’illusione. Se invece riusciamo a mettere per un po’ da parte la nostra storia, è come se ci immergessimo nell’esistenza senza muta. E così viviamo l’esperienza di ciò che sta accadendo senza che sia corrotta da ciò che immaginiamo, da ricordi, condizionamenti, pensieri, idee e tutto quanto. È allora che cominciamo a sperimentare quanto può essere liberatorio, e anche proficuo, il potere di vivere il momento presente”.

Cari amici, apprezzo il pensiero della dottoressa Colier, ma credo che convincere ciascuno di noi a dimenticare, anche per un momento, il passato, il vissuto, sia più semplice a dirsi che a farsi!

A domani.

Mario