sabato, agosto 31, 2019

AD ORISTANO L’E-COMMERCE AVANZA. SECONDO CONFARTIGIANATO, LE AZIENDE DELLA PROVINCIA SONO SEMPRE PIÙ DIGITALI.


Oristano 31 agosto 2019

Cari amici,

Dedico l'ultimo post del mese di Agosto alla nostra Oristano e alla sua economia. Le aziende della provincia di Oristano (cosa molto confortante in questo periodo) dimostrano di essere sempre più digitali. Lo rivela un’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna che, attraverso i dati forniti da Unioncamere-Infocamere (analisi tra il 2015 e 2108), ha messo in luce il “Trend 2018 delle imprese digitali totali e artigiane”. L’analisi dei dati di crescita del periodo 2015/2018, relativamente alla Web economy ed E-commerce delle province sarde, vede Oristano al primo posto, avendo registrato il valore più alto, +8,4 per cento, seguita da Cagliari con un +3,5 per cento, da Sassari con il +3,4 per cento e Nuoro con 1,2 per cento.
Un andamento che in realtà inizia ad essere positivo per l’intera Sardegna, che con il suo +3,5 per cento comincia ed “entrare in gioco”, anche se ancora ben al di sotto della crescita nazionale, che rispetto al 2015 ha registrato un +9,1 per cento. A livello di Regioni, in testa si trova la Campania con un +15,3 per cento, seguita dalla Puglia e dal Molise con +11,8 per cento. In coda la Valle d’Aosta con un recessivo -6 per cento.
L’analisi dei dati, riferiti alle imprese della Sardegna, ha rilevato che gli imprenditori isolani che si sono lanciati nella web economy sono stati 2.822, di cui 442 artigiani. Il settore soddisfa la domanda di servizi Internet, portali web, software e commercio elettronico. Questo dimostra che anche nell’Isola il mercato elettronico continua ad espandersi e che può riservare ampie potenzialità di crescita anche per i piccoli imprenditori.
Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, ha avuto modo di dichiarare: “La rivoluzione digitale interessa orizzontalmente tutte le imprese; nessun settore, nessuna attività dell’artigianato e della piccola impresa ne è escluso. Abbiamo la straordinaria opportunità di coniugare con le tecnologie digitali, la tradizione, il saper fare, la creatività, il gusto, il ‘fatto su misura’, vale a dire le caratteristiche che da sempre fanno grandi nel mondo i prodotti delle imprese italiane a valore artigiano. Il mix che ne esce rappresenta il modello italiano di impresa 4.0, unico nel mondo. E non dimentichiamo mai che i mercati cercano la distintività, l’unicità, non l’omologazione”.
Ovviamente non tutto gira per il verso giusto. La possibile crescita delle imprese digitali nell’Isola risulta frenata dalla bassa digitalizzazione della gran parte del tessuto produttivo. Più di due terzi delle aziende sarde, infatti, manca anche della conoscenza informatica di base. Ad applicare processi produttivi digitalizzati, invece, sono solo l’8 per cento delle aziende, le sole che ricorrono a tecnologie 4.0 nella gestione delle proprie attività. Secondo una recente analisi, ben il 64 per cento delle imprese sarde ha un mediocre livello di informatizzazione dichiarandosi, per questo, “esordiente digitale” o “apprendista”; il 28 per cento ha intrapreso un primo cammino tecnologico qualificandosi “specialista digitale”, mentre solo 8 per cento ha già attuato un importante processo verso la piena digitalizzazione.
A livello nazionale, nell’anno appena trascorso, sono stati ben 19 milioni 257 mila gli italiani che si sono affidati ad internet per effettuare acquisti online, con un aumento del 10,9 per cento rispetto all’anno precedente. Sempre a livello nazionale, il valore delle vendite tramite e-commerce è salito del 12,1 per cento a fronte di una stazionarietà (+0,2 per cento) del totale delle vendite al dettaglio.
In Sardegna, invece, il 72,6 per cento delle piccole imprese attive sull’e-commerce vende direttamente dal proprio sito web; il 67,5 per cento vende attraverso marketplace, app e siti web di intermediari; va sottolineato, infine, che la quota di vendite tramite marketplace di terzi è salita di 10,7 punti nell’ultimo anno.
Amici, tutto questo conferma che la Sardegna è terra fertile per lo sviluppo delle attività connesse al Web e allo sviluppo della manifattura digitale, anche se il settore si scontra con i problemi infrastrutturali prima evidenziati e presenti anche nel resto del Paese. Secondo Confartigianato, infatti, le imprese italiane connesse alla banda ultra larga sfiorano il 27 per cento, mentre nell’Unione Europea si supera il 40 per cento. Un gap che si riflette sull’attività commerciale delle aziende. 
Secondo recenti dati, questa sfida è stata raccolta dal 14 per cento delle piccole imprese regionali, che nel 2018 hanno realizzato corsi di formazione per i propri collaboratori. Ma quasi un terzo dei piccoli imprenditori continua a denunciare difficoltà di reperimento di manodopera specializzata in tecnologie 4.0 e con capacità matematiche e informatiche. Per correre nell’economia digitale, però, servono competenze specifiche, da acquisire quanto prima. 
“Quello della digitalizzazione delle imprese è un percorso ancora lento soprattutto per le realtà che negli anni hanno costruito solide reti commerciali tradizionali; in futuro la trasformazione andrà gestita soprattutto durante il passaggio generazionale, in quanto rimandare questo salto può significare restare fuori dalle opportunità di crescita”, sostiene ancora con forza il Presidente Matzutzi.
“L’innovazione danneggia chi non la fa ma è necessario farla con l’anima, la passione e la creatività dell’uomo – ha infine concluso Matzutzi – perché non c’è intelligenza artificiale o algoritmo che possa copiare il sapere artigiano, oppure imitare o sostituire le cose belle e ben fatte che nascono nelle nostre imprese”.
Si, amici, saranno i giovani, quelli che raccoglieranno prossimamente il testimone, a modernizzare sul serio le nostre imprese artigiane, perché il futuro sono loro e certamente lo sapranno cavalcare meglio di noi!
A domani.
Mario



venerdì, agosto 30, 2019

OGNUNO DI NOI PUO' FARE QUALCOSA PER SALVARE IL PIANETA DAI DISASTRI CAUSATI DALL’UOMO, A PARTIRE DALL’INVASIONE DELLA PLASTICA, ADOTTANDO COMPORTAMENTI ECOLOGICI. L’ESEMPIO DEL SIGNOR FRANCO.


Oristano 30 agosto 2019

Cari amici,

Che all’anagrafe risulti registrato come Franco, Claudio e con qualsiasi altro nome poco importa; in Sardegna questo signore di cui voglio parlarvi oggi è noto come Lobo. Ebbene, la cosa straordinaria è che da ben 13 anni il Signor Franco, arrivata l’estate, parte da Bologna diretto in Sardegna, per raggiungere la pineta di Is Arenas che, con la sua immensa spiaggia e il grande campeggio (il Nurapolis) posto sotto numerosi, grandi alberi, raccoglie una folta schiera di vacanzieri che amano trascorrere le vacanze a stretto contatto con la natura.
L’uomo è ben noto ai villeggianti che lo chiamano affettuosamente Lobo. C’è un motivo particolare, però, che spinge questo signore a trasferirsi di anno in anno, di estate in estate, a Is Arenas e non è certo il semplice desiderio di una vacanza in mezzo alla natura.  Lobo ha un pallino radicato, derivato dal suo grande animo ecologico: quello di mettere rimedio ai tanti maleducati che utilizzano la pineta e la spiaggia come una pattumiera.
Si, amici, il suo scopo principale, perseguito da ormai ben 13 anni, è quello di utilizzare le sue vacanze per aiutare a ripulire la spiaggia dai tanti residui (plastici in particolare) che un esercito di incivili lascia con tanta disinvoltura per terra, in pineta o sulla spiaggia. Per lui, ormai, è quasi una missione: di primo mattino, armato di buona volontà e di un capiente sacco per la raccolta del secco, inizia il suo giro di raccolta, pattugliando, come un soldato ecologico l’arenile, dove il giorno prima hanno soggiornato (e gozzovigliato) senza rispetto alcuno, orde di incivili, lasciando dietro di loro le tracce indelebili della loro inciviltà.
Cari amici, ci vuole davvero una grande passione per l’ecologia per adottare un comportamento così esemplare! Trascorrerendo anni ed anni con quel chiodo fisso, quello di dare una mano a ripulire il mondo, Lobo dimostra davvero di avere nel proprio DNA un amore davvero forte per la bellezza del mondo, per la sua conservazione e per la sua salvaguardia. Lobo è convinto, in cuor suo, che anche se lentamente il suo esempio possa diventare contagioso, che il desiderio di difendere il mondo dalle innumerevoli offese che riceve ogni giorno, si trasmetta a tanti altri.
Il Signor Franco (se realmente si chiami così, poco importa) o meglio Lobo, è persona molto riservata che evita le esibizioni, i proclami; Egli spera che sia la sua opera il suo esempio a trasmettere agli altri quello che lui ritiene un dovere di tutti: lasciare il mondo in condizioni tali che possa essere trasmesso alle nuove generazioni sano e non inquinato dal nostro egoismo e dal nostro menefreghismo. La sua, amici, è proprio una ‘missione’, che lo spinge fin dal 2006 a trasferirsi ogni anno da Bologna in Sardegna per svolgere un compito che ritiene utile e necessario.
Si, dal 2006 l’uomo trascorre nell’oristanese le sue “vacanze speciali”. Ogni giorno, sistematicamente, ama prendersi cura della spiaggia, e, come accennato prima, armato di sacchetto del secco, passeggia tra gli ombrelloni, salutando sempre con un sorriso e liberando l’ampio litorale inondato dalla sporcizia lasciata dagli incivili. Quest’estate, particolarmente calda e afosa, non ha diminuito il suo impegno; in tanti, anche nei giorni più caldi, lo hanno notato “in servizio”, nonostante il sole cocente di mezzogiorno.
Amici, quando ho appreso la notizia di questo “benefattore dell’umanità” mi sono anche commosso, considerato che le bellezze della nostra isola vengono considerate tali (e da difendere) anche da quei ‘continentali’ che spesso noi pensiamo che vengano in Sardegna solo per divertirsi. Credo che anche noi sardi abbiamo molto da imparare da lui, perché se tutti noi, abitanti della Sardegna, avessimo il suo “Senso civico” il nostro territorio ed in particolare “le nostre spiagge” (e il nostro mare) sarebbero certamente in condizioni di pulizia migliori!
Amici, un sincero “GRAZIE” a quest’uomo, che dimostra tanto altruismo, che ci insegna che si possono fare tante cose, senza chiedere niente in cambio! Il suo esempio può migliorare anche il comportamento degli altri turisti, quelli poco rispettosi dell’ambiente, ma può migliorare molto anche noi, che dovremmo difendere la nostra terra con maggior forza e determinazione. Credo che esempi come quello portato dal signor Franco (o Lobo, poco importa), meritino di essere non solo fatti conoscere, esaltati, ma anche premiati, istituendo per esempio un premio al turista ecologico. 
Grazie caro turista ecologico bolognese, grazie Lobo, per il tuo grande amore per la natura, per il rispetto che hai per l’ambiente, che non solo rispetti ma insegni a rispettare! Per me meriti già il titolo di “Cittadino ecologico onorario della nostra amata Sardegna!
A domani, amici.
Mario
Foto aerea della pineta di Is Arenas

giovedì, agosto 29, 2019

SMARTPHONE E CAMPI ELETTROMAGNETICI. GIOIE E DOLORI DEI CELLULARI DI ULTIMA GENERAZIONE.


Oristano 29 agosto 2019

Cari amici,

Che la telefonia mobile stia continuando a fare passi da gigante non vi è ombra di dubbio, considerato anche il crescente interesse che essa riveste in tutti gli strati della popolazione, dalla più alta alla più bassa; il cellulare è diventato ormai un oggetto ritenuto assolutamente indispensabile di cui proprio non si può fare a meno. L’innovazione tecnologica però, come ben sappiamo, non porta solo vantaggi ma anche problematiche, in quanto ogni mezzo a tecnologia avanzata utilizza materiali e strumenti di moderna concezione, capaci di anche di ricadute preoccupanti. Dico questo riferendomi in particolare ai cellulari di nuova generazione, gli smartphone, che per il funzionamento si avvalgono di collegamenti che utilizzano per la trasmissione/ricezione campi magnetici di grande pericolosità. 
La verità è che le “radiazioni” emesse da queste apparecchiature, hanno creato e continuano a creare grande preoccupazione, stando ai molteplici studi condotti nel mondo, la cui risultante è alquanto controversa, anche se ufficialmente si continua a sostenere che non rappresenterebbero pericolo alcuno per la salute umana.
Cellulari, smartphone e tablet, insomma, inutile negarlo, sono fonte di rischio e pericolo, per i campi elettromagnetici a bassa frequenza che essi creano; chiunque usi questi marchingegni dovrebbe essere perfettamente conscio del rischio che corre, e non limitarsi a nascondere la testa sotto la sabbia! Allora, come è sempre avvenuto per gli strumenti pericolosi, è necessario utilizzarli con saggezza ed intelligenza, imparando ad astenersi da quegli usi che, seppure pratici e confortevoli, che ci fanno correre i rischi maggiori. Il consiglio è quello di utilizzare delle precauzioni, mettendo in atto di regole che, quelli più esperti di noi, consigliano di adottare.
La prima regola da rispettare è certamente quella della distanza di sicurezza. Lo smartphone acceso, per quanto non in collegamento con altro utente e quindi in trasmissione, emette comunque le sue belle radiazioni. Allora, tenere il proprio cellulare in tasca o comunque a contatto con il corpo è un comportamento, se possibile, da evitare. La stessa cosa andrebbe fatta la notte: lo smartphone andrebbe spento, o messo in modalità aerea, e messo a debita distanza dal corpo (almeno 1 metro).
Altra cosa importante di cui è necessario prendere atto (contrariamente a quanto viene con faciloneria sostenuto) è il fatto che i campi magnetici generati dall’antenna diventano più intensi alla diminuzione del segnale: quando c'è poco campo, infatti, le “radiazioni” aumentano, perché il cellulare deve aumentare la sua potenza per garantire ugualmente il servizio. Gli smartphone, inoltre, emettono un forte campo magnetico durante il tentativo di connessione: meglio pertanto tenerlo lontano dalla testa fino alla risposta. 
Sulle radiazioni emesse dal cellulare che molti di noi portano per lungo tempo all’orecchio, c’è da sapere che, seppure ufficialmente non sia stato dimostrato, pare esista un nesso causale tra insorgenza di tumori e uso intenso degli smartphone; un effetto ben conosciuto è il riscaldamento dei tessuti a contatto o nelle immediate vicinanze del cellulare. Anche l'uso delle cuffie può essere d'aiuto.
La Dottoressa Emma Bagnato, medico del lavoro e medico autorizzato Gruppo Asa, che ha collaborato con il gruppo Arpa del Friuli Venezia Giulia, ha avuto modo di dichiarare, relativamente al frequente contatto tra cellulare e tessuti del nostro corpo: "Cosa significa? Nulla se il tessuto vicino è un osso, molto se il tessuto è posto in zone dove sono presenti ghiandole molto superficiali come gonadi maschili e tiroide, quindi molto esposte eventualmente a un campo elettromagnetico generato da un cellulare". 
Cari amici, seppure tutte le apparecchiature circolanti rispettano la normativa europea (nessuno smartphone immesso sul mercato europeo deve superare il valore soglia di 2 W/kg), è senz’altro necessario usare la massima cautela nel loro uso, in particolare se si protrae per molte ore al giorno. Ora, poi, con l’arrivo della tecnologia 5G il pericolo non può che aumentare, nonostante la Federal Communications Commission (FCC), l’agenzia governativa statunitense che si occupa di telecomunicazioni abbia affermato che non esiste pericolo. 
Sulla presunta pericolosità del 5G si dibatte da tempo, da quando i principali operatori telefonici del mondo hanno cominciato a installare le nuove reti che consentono di scambiare dati con maggiore velocità e minore latenza di quanto sia possibile ora; sono sempre più numerosi i gruppi e le associazioni che ne sostengono la pericolosità, seppure contestino su basi non dimostrate scientificamente. I Governi di Belgio, Paesi Bassi e Svizzera, intanto, stanno indagando su questi timori, e vi sono state proteste contro il dispiegamento del 5G in varie parti del mondo, tanto che anche alcune autorità municipali negli Stati Uniti hanno bloccato le celle radio 5G.
Credo, amici, che il problema sia serio e che ogni possibile cautela messa in atto nell'uso di questi nuovi strumenti porterà sicuramente maggiore sicurezza!
A domani. 
Mario

mercoledì, agosto 28, 2019

IL MODENO BIGLIETTO DA VISITA? UNA STRETTA DI MANO!


Oristano 28 agosto 2019

Cari amici,

L’evoluzione non risparmia nessuno degli strumenti del passato, nemmeno i più gloriosi. Le nuove tecnologie, che hanno rivoluzionato in lungo e in largo abitudini consolidate addirittura ne secoli, hanno spazzato via un’infinità di strumenti senza alcuna pietà. Ebbene, di recente si è riusciti a far diventare obsoleto anche un mezzo di comunicazione efficacissimo, in particolare nel mondo degli affari: il biglietto da visita. 
Il prestigioso cartoncino con i dati personali e aziendali, elaborato spesso con grande fantasia, pare diventato antiquato, retaggio di un passato che con l’elettronica non ha proprio niente da spartire. Si, amici, a breve (si parla di un mese circa), sta per invadere il mercato italiano un dispositivo destinato a mandare in pensione i classici biglietti da visita. Sarà sostituito da un semplice braccialetto elettronico, che trasmetterà a chi di dovere i dati necessari; la cosa, poi, davvero importante è che questo nuovo strumento di alta tecnologia è nata in Italia!
Si, al posto del classico cartoncino, sarà un braccialetto indossato con disinvoltura a dare al nostro interlocutore tutti i dati necessari per conoscere chi siamo e cosa facciamo come professione. Sicuramente una rivoluzione, quella di scambiarsi in un istante i numeri di telefono e tutte le altre informazioni personali. A presentare il nuovo strumento sul mercato (si parla di settembre) sarà la Airbusinesscard, una moderna start up innovativa, fondata e amministrata da un trentacinquenne, Mauro Lafico, originario di Salice Salentino (Lecce) e specializzatosi in mercati finanziari a Londra, dove ha trascorso 10 anni della sua vita, prima di tornare a Milano per avviare il suo progetto d’impresa. 
Basterà una sola stretta di mano per scambiarsi i nuovi contatti e averli direttamente memorizzati in rubrica. Tramite l’Airbusinesscard, un elegante braccialetto elettronico apparentemente simile ai tanti da tempo in uso, vengono scambiati automaticamente i contatti, quando si incontra, ad un evento o a un incontro d’affari, una persona che ci interessa conoscere (ovviamente dotata della stessa tecnologia indossabile). I dati scambiati con la stretta di mano vengono subito inviati, in modo sicuro, all’indirizzo e-mail e memorizzati sulla app in modo da poter poi esser consultati agevolmente.
L’Airbusinesscard è alimentato elettricamente da una mini batteria ricaricabile tramite porta Usb, è dotato di un trasmettitore Bluetooth con un raggio d’azione limitato, da un sensore di movimento e da una memoria di raccolta dati molto capiente.  Il bracciale sembra destinato a conquistare una moltitudine di utenti, in particolare tutti quei professionisti che hanno la necessità di lasciare ad un potenziale cliente i propri dati e, nel contempo, raccogliere quelli della controparte per un successivo contatto. 
Le informazioni, raccolte all’interno dei nuovi “biglietti da visita virtuali”, confluiscono - come detto - dai bracciali a un database, consultabile via email o anche tramite App. Il bracciale verrà fornito, in una prima fase di test, a partire dal mese di settembre 2019; la formula utilizzata è quella del noleggio temporaneo, destinato a chi opera in realtà con ampia partecipazione, come le organizzazioni fieristiche oppure partecipate conferenze, workshop o eventi di networking. Ma vediamo come è nata e si è sviluppata questa innovativa idea. 
Il nostro Mauro Lafico, mentre operava a Londra, aveva già maturato l’idea di rivoluzionare il sistema di scambio dei dati tra persone oltre due anni fa, anche se non aveva ben chiaro il sistema complesso per il suo funzionamento, che sarebbe andato a sostituire il classico biglietto da visita. All’inizio non sono mancate le difficoltà, ma alla fine Lafico ha finalmente trovato la tecnologia necessaria all'estero. Insieme ai soci Vito Perrone e Lahkim Bennani ha messo in piedi la Start Up che ha realizzato il braccialetto elettronico, riservandosi il diritto di diventare licenziatario esclusivo per l'Italia, Paese dove ora si appresta al lancio del dispositivo. 
Cari amici, con l'autunno 2019, dunque, inizia in Italia una piccola rivoluzione, capace di coinvolgere una grande massa di utenti, ovvero quelli che oggi utilizzano i biglietti da visita cartacei per lavoro e per gli scambi di natura personale e commerciale. Con i crescenti ritmi della vita moderna, l’avere subito pronto a disposizione il proprio biglietto da visita è diventato un onere, e spesso il cartoncino ci manca proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno! Anche ritrovare il bigliettino ricevuto dalla controparte, spesso in un contesto un po’ caotico, diventa problematico e capita di non ritrovarlo!
Sarà proprio Airbusinesscard a risolverci, velocemente e con sicurezza, questo piccolo ma importante problema!
A domani, amici.
Mario

martedì, agosto 27, 2019

CABRAS PER PROTEGGERE LE SUE SPIAGGE DAI CONTINUI FURTI DEI MERAVIGLIOSI CHICCHI COLORATI, HA MESSO IN CAMPO I “GUARDIANI DELLA SABBIA”.


Oristano 27 agosto 2019

Cari amici,

“à la guerre comme à la guerre”, recita il motto di origine francese che sta a significare che ogni situazione va accettata per ciò che essa è e quindi va affrontata nel modo migliore. Credo che anche il Sindaco di Cabras Andrea Abis, nell’ideare il nuovo sistema per poter affrontare al meglio gli innumerevoli furti di sabbia che continuano a verificarsi nelle magnifiche spiagge del suo territorio, abbia pensato più o meno la stessa cosa.
Ed ecco allora l’idea di mettere in campo una pattuglia di ‘controllori’, per ora piccola ma destinata in futuro ad essere ulteriormente potenziata, che ha preso il nome di “Guardiani della sabbia”, con il compito di vigilare con attenzione i litorali più a rischio, cercando di scoraggiare (e ovviamente di sanzionare) chi, incurante dei cartelli, continua a fare razzia dei preziosi chicchi di quarzo colorati che abbelliscono in modo unico le spiagge della penisola del Sinis; merce preziosa, che ha impiegato millenni a formarsi e che oggi costituisce un bene davvero unico e dunque da proteggere.
In questo mese di agosto le spiagge della marina cabrarese sono dunque pattugliate dai nuovi guardiani, che, autorizzati dal Comune (operano in sintonia con la Direzione dell’Area Marina Protetta), fanno la ronda con la funzione di severi “Guardiani della sabbia”, con l’oneroso compito di vigilare sulla salvaguardia dei preziosi chicchi di quarzo, vigilando anche sul rispetto delle recenti norme antifumo, ripulendo le passerelle posizionate sulla sabbia che consentono di far arrivare al mare chi ha qualche difficoltà e vuotando i posacenere dislocati nei punti riservati ai fumatori, oltre che vigilare sull’abbandono dei rifiuti lasciati sull’arenile.
Ai “Guardiani della sabbia” dunque, è affidato un compito certamente non facile, a partire da quello principale: recuperare i preziosi granelli di quarzo, costante ‘oggetto del desiderio’ di numerosi turisti che, incuranti dei divieti non riescono a trattenersi dal portare a casa questi particolarissimi ricordi, frutto dell’incessante lavoro millenario che le onde operano sulle rocce e sui fondali.
Il sindaco di Cabras, Andrea Abis, annunciando l’attivazione di questo nuovo servizio, ha detto: “Molti utenti virtuosi presenti nelle nostre spiagge hanno segnalato come non sempre sia facile effettuare la chiamata per segnalare i furti di sabbia o la presenza di fumatori sotto l’ombrellone, così come non sempre è facile, per chi interviene, individuare la posizione di chi effettua una segnalazione dalle spiagge”. “Per questo motivo”, ha aggiunto ancora il Sindaco della cittadina lagunare, “abbiamo pensato che autorizzare uno specifico gruppo di persone ad operare direttamente sull’arenile a livello preventivo, poteva essere una buona ed efficace soluzione”.
Per poter agevolare il lavoro di questi nuovi “agenti”, essi saranno muniti di una particolare maglietta che li renderà subito riconoscibili, ed ai quali i cittadini onesti potranno rivolgersi per le dovute segnalazioni. Il servizio istituito dal Comune di Cabras è stato reso operativo con la collaborazione della direzione dell’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola di mal di Ventre”, il cui Direttore, Massimo Marras, ha incaricato una ditta specializzata che ha reclutato i primi 10 operatori, che, operando direttamente in spiaggia, potevano agevolare e potenziare il lavoro svolto in precedenza dai barracelli e dal Corpo di polizia di Cabras. 
Cari amici, una decisione certamente saggia quella messa in atto, considerato che i furti continuano; nei giorni scorsi si è appreso che ben 200 chili della preziosa sabbia di quarzo erano stati asportati nelle ultime settimane dai turisti negli arenili di Maimone e di Is Arutas, fortunatamente individuati e sequestrati grazie ai controlli effettuati all’aeroporto di Elmas dagli addetti ai controlli di sicurezza. 
Questa continua spoliazione, che non pare intenzionata ad interrompersi, come può rilevarsi dalle notizie apparse sui social, ha fatto ipotizzare la richiesta di applicazione del “numero chiuso”, a partire dalla spiaggia di Is Arutas, anche se l’ipotesi ha alimentato anche forti polemiche. Contrario alla proposta è apparso anche il sindaco di Cabras Andrea Abis, che, dichiarando di non condividere la proposta, ha sostenuto che la chiusura della spiaggia a un numero ristretto di bagnanti sarebbe stata più un danno che un guadagno.
Cari amici, la maleducazione sempre più imperante richiede, purtroppo, anche l’emanazione di provvedimenti restrittivi che, anche se a prima vista possono apparire poco democratici, sarebbero comunque da attuare per il bene del territorio. Credo, però, che si debba partire dall’educazione, ad iniziare dalle fasce più giovani. Ci vorrà sicuramente del tempo (anche molto), ma credo che questa sarà l’unica via per raggiungere in futuro il risultato di acquisire una maggiore consapevolezza, con comportamenti positivi di civiltà e di rispetto, verso una natura sempre più sfregiata e malridotta, che, continuando di questo passo, andrà persa per sempre. Siamo tutti sulla stessa barca!
A domani, amici.
Mario
Spiaggia di San Giovanni di Sinis



lunedì, agosto 26, 2019

IL BADGE DI PLASTICA? UNO STRUMENTO DAVVERO OBSOLETO DI IDENTIFICAZIONE! ORA LA PRESENZA AL LAVORO LA SI ACCERTA ANCHE COL BATTITO CARDIACO.


Oristano 26 agosto 2019

Cari amici,

Di recente, parlando dei nuovi sistemi anti “furbetti del cartellino”, ho parlato dell’utilizzo delle impronte digitali (al posto del cartellino di plastica ora in uso) come soluzione identificativa di presenza al lavoro, proposta dal Ministro Bongiorno ed in corso di approvazione da parte del Parlamento (chi di Voi fosse interessato a leggere la mia riflessione postata il 21 luglio scorso, può andare a vedere cliccando sul seguente link  https://amicomario.blogspot.com/2019/07/impronte-digitali-come-badge-ovvero.html). 
Le impronte digitali, infatti, sono solo una delle tante, nuove proposte che nel mondo sono in corso di elaborazione per garantire, nel modo più certo possibile, non solo la presenza al lavoro (sia nelle aziende pubbliche che private), ma anche la presenza, nei luoghi affollati e sensibili di persone non gradite e pericolose, in particolare quelle affiliate ad organizzazioni terroristiche (per garantire la sicurezza nazionale). I moderni accertamenti della presenza nei luoghi pubblici o di lavoro, spaziano in un ampio ventaglio: da possibili inserimenti di microchip da mettere sotto pelle, alle analisi dell’iride o addirittura dell’intero volto, e anche, udite udite, di utilizzare un sistema ben più complesso, addirittura rivoluzionario: accertare la presenza fisica delle persone mediante l’analisi dei battiti del cuore.
A lanciare il nuovo sistema di rilevazione è una struttura importante e ben nota: il Pentagono, cuore del sistema di difesa degli Stati Uniti. Il rivoluzionario sistema, da tempo in studio (i documenti del Combating Terrorism Technical Support Office, a cui si fa riferimento sono del 2017), è un metodo che sfrutta il principio alla base della vibrometria laser, che analizza i micro-movimenti della pelle causati dal battito del cuore, che sono unici per ognuno di noi. Il cuore, dunque, potrebbe presto soppiantare non solo il vecchio e ormai obsoleto badge, ma anche gli altri nuovi sistemi prima indicati, ben più severi del semplice cartoncino di plastica. 
Il prototipo relativo all'analisi cardiaca, recentemente testato ed a cui è stato dato il nome di Jetson, sfrutta i raggi infrarossi per fare le analisi. In questo caso, però, il laser non viene utilizzato per monitorare il flusso sanguigno (e quindi desumere l’attività del cuore), ma lavora e si basa come detto sulla vibrometria, tecnica che permette di percepire anche i più piccoli spostamenti delle superfici dei vestiti dovute proprio al battito cardiaco. Il dispositivo su cui lavora la Difesa americana sarebbe così in grado di identificare questo particolare pattern fino a una distanza di 200 metri; con la possibilità di andare anche oltre, con sensori più potenti in futuro.
Il rivoluzionario Jetson risulta interessante anche per il fatto che permetterà di fare analisi senza avere alcun contatto con la persona da identificare, che verrà così monitorata a distanza. Messo a punto dal gruppo di ricerca del noto MIT (Massachusetts Institute of Technology), che ha sviluppato un interessante software che permette di ricavare la firma cardiaca dai segnali laser, viene dichiarato in grado di accertare la ‘conoscenza’ della persona con una sicurezza di oltre il 95 per cento. 
Rispetto agli altri metodi in corso di realizzazione, Jetson ha un grande vantaggio che altri non hanno: il fatto che è impossibile alterare la propria attività cardiaca: non c'è scampo, quindi, per i latitanti o i criminali che intendono passare inosservati. Jetson, ancora in fase sperimentale, presenta ancora diversi punti deboli, tra i quali il fatto che i laser a infrarossi non sono in grado di ricavare il battito cardiaco sotto i vestiti molto spessi, per cui questa tecnologia resterebbe inutilizzata in inverno.
Certamente Jetson appare come uno straordinario strumento innovativo, che però, per la sua realizzazione pratica, avrà bisogno di ulteriori, lunghe verifiche; uno dei problemi da superare, per esempio è che il sistema funziona solo se il soggetto resta fermo per almeno 30 secondi perché l’elaborazione dei dati possa andare a buon fine; inoltre sarà necessario disporre di un database (che oggi non esiste) con il quale effettuare il confronto: in altre parole, se il battito cardiaco di un soggetto non è stato già analizzato in precedenza, la tecnologia non può effettuarne il riconoscimento.
Cari amici, per ora non sono ancora note le intenzioni del Pentagono circa l’impiego di Jetson, ma si presume, con buona probabilità, che verrà destinato a garantire la sicurezza pubblica. Secondo il MIT, oltre che per la sicurezza nazionale (combattere il terrorismo), Jetson potrà costituire un punto di partenza per lo sviluppo di apparecchiature da utilizzare in diversi altri ambiti; in quello sanitario, per esempio, consentendo di rilevare il battito cardiaco e verificare eventuali anomalie senza bisogno di mettere a contatto il paziente con la macchina, oltre che in ambito lavorativo, sostituendo in modo eccellente gli attuali sistemi di rilevazione delle presenze nei luoghi di lavoro.
Insomma, il futuro appare sempre più denso di sorprese…
A domani.
Mario