venerdì, settembre 30, 2016

BAYER E MONSANTO: UN’UNIONE CHE, A DIRLA COL MANZONI, E’ UN: “MATRIMONIO NON S'HA DA FARE, NÉ DOMANI, NÉ MAI”!



Oristano 30 Settembre 2016
Cari amici,
Che la globalizzazione sarà sempre più invasiva, che inghiottirà fasce sempre più grandi di produzioni (alimentari e non) e che ridurrà il mondo ad un unico “Villaggio Globale”, governato in modo oligarchico sotto la potente supervisione di pochissime multinazionali, è cosa ormai nota, anche se in molti ancora non se ne sono resi perfettamente conto. I termini “fusione” e “concentrazione” sono diventati talmente di moda che a livello economico (industriale, commerciale e dei servizi) tutto si sta concentrando su “pochi colossi”, in grado prima di pilotare il settore di appartenenza, e poi andando anche ben più avanti, “mettendo insieme” settori anche strutturalmente molto diversi.
È quello che sta succedendo proprio in questi giorni: i giornali hanno dato a caratteri cubitali la notizia del matrimonio tra Bayer e Monsanto, due grandi aziende tanto diverse tra loro, in considerazione che la prima si occupa di chimica in tutti i suoi aspetti e l’altra, invece, di agricoltura.  
“Pesticidi e sementi insieme”, questo è quanto affermato da qualcuno, preoccupato delle future conseguenze che questa strana unione potrà comportare. In particolare questo significa, considerato che è la Bayer la società che ha inglobato l’altra , che la politica alimentare mondiale sarà decisa non più dal settore agricolo (Monsanto) ma dal colosso mondiale della chimica.
La multinazionale tedesca covava da tempo il sogno di accedere alla leadership agricola del controllo mondiale delle sementi, considerato che essendo leader nel campo dei pesticidi, avrebbe di conseguenza potuto indirizzare in questo campo i propri prodotti in via esclusiva. In quest’ottica l’acquisizione della Monsanto, la casa di Saint Louis in Missouri leader mondiale nel campo delle sementi, era assolutamente prioritaria. Per farlo ha giocato come al gatto col topo, ovvero stando in osservazione in attesa del momento propizio. Appena verficatesi le condizioni ha tolto fuori l’asso dalla manica, effettuando l'agognata acquisizione con il rilascio di un assegno da 66 miliardi di dollari. Una cifra pazzesca, la più alta mai pagata da una società tedesca.
A questo punto, salvo improbabili prese di posizione da parte dell’Anti Trust, Bayer e Monsanto costituiranno il più grande gruppo industriale dell’agroalimentare nel mondo, in un mercato che globalmente fa girare la bellezza di settanta miliardi di dollari l’anno. Dal matrimonio (2 miliardi di dollari la penale nel caso in cui dall’antitrust arrivasse lo stop) è nata una superpotenza mondiale, in grado di controllare secondo le stime più accreditate circa il trenta per cento delle quote di mercato del settore; colosso, dunque, in grado non solo di influenzare ma di indirizzare a proprio piacimento la futura politica alimentare nel mondo. 
Insomma, cari amici, senza nascondersi dietro un dito, una colossale e pericolosa politica da “Grande Fratello”.
I timori del mondo agricolo mondiale non sono pochi. Anche in Italia il presidente nazionale della Cia-Agricoltori, Dino Scanavino, ha detto: “…Prendiamo atto della fusione tra due colossi del settore, che sposterà sicuramente gli equilibri di mercato; stiamo procedendo con un'attenta e più compiuta analisi del reale impatto che tale operazione avrà sull'agricoltura italiana; quello che ci sta a cuore è la difesa della biodiversità. A oggi sono tante le entità, soprattutto piccole, che lavorano per garantirne la difesa. Manca però una strategia univoca, una regia, e qui la politica deve venir fuori: il Governo dovrebbe adottare un ruolo da coordinatore…”.
Chi all’inizio pensava che globalizzazione avrebbe significato un miglioramento collettivo ed un’equità di prezzi e di mercato, si è presto dovuto ricredere. Anche in campo agricolo le multinazionali detteranno sempre più legge, uniformando e gettando alle ortiche la biodiversità, se questa non risulterà conveniente. 
Tornando per un attimo a "casa nostra", vi ricordate che qualche anno fa bussò alle porte della Regione Sardegna la società olandese Rijk Zwaan, che voleva carpire i segreti degli antichi semi della nostra Sardegna? La richiesta fortunatamente fu rispedita al mittente, ma l’assalto alla terra e ai suoi prodotti sembra essere appena cominciato. Per questo è necessario ed urgente attivare percorsi di tutela legale delle sementi doc e costruire le condizioni per la loro tutela e diffusione, pena la scomparsa della biodiversità, della nostra autonomia alimentare e della nostra memoria.
Il colosso chimico-agroalimentare appena nato certamente sferrerà un attacco ancora più pesante ad ambiente e persone, travolgendo i piccoli e cancellando i prodotti di nicchia e le specificità locali. La mostruosa forza di questo nuovo colosso, in grado di controllare tutto (politici, giornali, televisioni etc.), rende tutti impotenti, incapaci di avviare qualsiasi azione di contrasto. Le campagne martellanti già messe in atto vogliono far credere alla gente l’impossibile: che i diabolici OGM sono cosa buona e giusta, che produrre sementi morte (quelle incapaci di riprodursi negli anni successivi), che purtroppo lasciano in balia della miseria un'infinità di contadini, sono il futuro e il progresso, mentre invece servono solo ad arricchire loro e ad asservire i coltivatori.
Cari amici, in tanti ci chiediamo: come potranno essere fermati questi colossi apparentemente inarrestabili e dalle forze economiche stratosferiche, superiori a quelle di qualsiasi grande Stato nazionale nel mondo? Le soluzioni non sono né semplici né facili, ma vanno, comunque, cercate e messe in atto, con pazienza e determinazione, partendo proprio dal basso, da chi coltiva la terra. Certo, sarebbe un reagire ad armi impari, come fece Davide contro Golia, ma da tentare. Intanto iniziando a comprare biologico, direttamente dai produttori, poi, quando possibile, autoproducendo il cibo e l’energia, entrando nell'ordine di idee che la prima prevenzione dalla malattie è una vita sana, il più possibile a contatto con la natura, e nutrendosi con una sana alimentazione; a questo aggiungerei quello di “fare squadra”: uniti si vince, perchè non è isolandosi ma riunendosi in gruppi, creando aggregazione, costruendo alternative reali dal basso, che le battaglie possono essere vinte. E' in questo modo che si rafforzano la vita comunitaria e le tradizioni locali.
Laddove le Comunità si ritroveranno unite, perseguendo modelli alternativi di produzione e di lavoro, per i gruppi multinazionali, veri e propri Terminator, la vita diventerà più dura.  E' dal basso che la rivoluzione potrà essere portata avanti: creando orti comunitari, piantando alberi, proteggendo varietà antiche, salvaguardando e scambiando sementi. In questo modo le comunità saranno sempre meno ricattabili e rimarranno più forti. Sembra una strada lunga e difficile ma è necessario percorrerla per poter raggiungere risultati concreti e duraturi. Proviamoci: ne va del benessere dell’intero pianeta e dell’avvenire dei nostri figli e nipoti, che sono convinto ce ne saranno immensamente grati!
Ciao, a domani.
Mario

giovedì, settembre 29, 2016

SU SAUCCU: LO STRAORDINARIO SAMBUCO SARDO, ANCORA OGGI RINOMATO PER LE SUE SETTE VIRTU’.



Oristano 29 Settembre 2016
Cari amici,
Quand’ero ragazzo anche nel cortile di casa mia, poco lontano dalla casetta dove era ubicato il forno (allora strumento indispensabile per cuocere settimanalmente pane e dolci), vi era un albero di “SAUCCU” (il sambuco), una pianta che in quegli anni la gran parte delle famiglie faceva crescere nel proprio orto. Credo che lo avesse piantato mio padre (o, forse mio nonno) per la grande fama e l’utilità che in quei tempi poteva fornire alla famiglia. Dai suoi giovani rami noi ragazzi ricavavamo anche piccoli strumenti di gioco (allora i giocattoli erano solo "fai da te"): considerato il suo interno cavo, con un bastoncino a pressione era possibile lanciare a distanza una leggera pallina (sa laddara, la galla della quercia) che veniva "sparata" lontano.
Il sambuco (il cui nome scientifico è Sambucus nigra L.), appartiene alla famiglia delle Caprifoliaceae, e, più che un vero albero, è un arbusto di media grandezza, presente in tutto il continente euroasiatico dove cresce fino a circa 1400 metri di quota; in Sardegna questa pianta, forse per il clima mite, ha trovato un suo habitat ideale e un’ampia diffusione. Ma perché questa pianta, direte Voi, dai tempi più remoti e fino a quelli più recenti della civiltà contadina, era considerata utile, anzi indispensabile in casa, fino ad essere ricercata e venerata?
Perché a quest’albero, seppur velenoso in gran parte per la presenza di cianuro e vari altri alcaloidi (fatti salvi i fiori ed i frutti), venivano attribuiti fin dall’antichità grandi poteri magici! I nostri antenati nei loro riti pagani veneravano questa pianta, ritenuta capace di proteggere dai malefici di demoni e streghe; strettamente legata ai riti funebri, proprio per le sua capacità di tenere lontano il diavolo, ogni famiglia cercava di possedere almeno un albero di sambuco, che risultava sempre presente anche in più esemplari sia presso le case contadine che nei monasteri. L'importanza di questa pianta, inoltre, era data non solo dai suoi poteri scaramantici ma anche per le sue riconosciute proprietà medicinali.
Nella nostra Isola, dove le tradizioni millenarie sono state, tempo per tempo, in gran parte fagocitate dal cristianesimo, in onore di questa pianta viene addirittura venerata una Madonna, detta proprio de “SU SAUCCU”. La festa de Santa Maria de Sauccu è celebrata a Bortigali tra il 7 e il 17 Settembre, nel Santuario campestre posto nel grande bosco di Badde Salighes. La scelta del luogo, come racconta una leggenda, fu attribuita al ritrovamento del simulacro della Vergine da parte di tre fanciulle nubili, allertate in sogno da un angelo. Il punto indicato dal celeste messaggero era un folto cespuglio dove al centro si ergeva maestoso un sambuco. In quel luogo (siamo nel '500) successivamente fu edificato il santuario campestre a Lei dedicato.
In Sardegna, dunque, anche dopo l’avvento del cristianesimo, si continuarono a praticare i precedenti riti scaramantici pagani: per esempio rimase viva l’antica usanza di mettere in tasca delle bacche di sambuco per proteggersi dagli attacchi del diavolo, per contrastare l’invidia umana e per difendersi dal colpo d’occhio dei malefici portatori. Anche appendere un ramoscello di sambuco dietro la porta di casa era considerato particolarmente utile. In effetti, tenere sulla porta di casa un ramo con i frutti maturi del sambuco era come avere appesa all'uscio una specie di icona, capace di proteggere in quella dimora persone, animale e cose.
Per ottenere il massimo risultato protettivo era necessario, però, utilizzare dei particolari accorgimenti. I rami della pianta impiegati a questo scopo dovevano esser recisi in un luogo e in un'ora particolari, in assoluto silenzio, soprattutto lontano dal canto del gallo; successivamente, anche dopo essere appassiti, i rami di sambuco utilizzati non dovevano essere bruciati per nessuna ragione. Cari amici, pensate che al sambuco venissero attribuite solo le proprietà che vi ho appena raccontato? Assolutamente no, perché il sambuco possiede ancora non poche altre virtù ed eccellenti proprietà.
Oltre che scaramantiche, infatti, le proprietà del sambuco erano (e sono) di natura curativa. Queste, in passato, erano così apprezzate che in Austria questo piccolo albero veniva chiamato addirittura “Farmacia degli Dei”. La tradizione contadina imponeva addirittura di inchinarsi 7 volte al cospetto di una pianta di sambuco, perché sette erano le parti della pianta da cui si potevano estrarre dei potenti medicamenti: i fiori, che possedevano la funzione depurante, i frutti, utilizzati contro bronchiti e mali da raffreddamento, le foglie, per effettuare impacchi sulla pelle, la corteccia, usata come riequilibrante intestinale, le radici, usate come decotto contro la gotta, la resina, efficace contro le lussazioni ed infine i germogli, utili contro le nevralgie. Le virtù decantate dall’antica medicina popolare, pensate, si sono rivelate valide anche in epoca moderna: le proprietà del sambuco sono state convalidate dalla Commissione E della Sanità tedesca e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
Le proprietà del sambuco non finiscono qui: ne possiede ancora delle altre, essendo una pianta dalle mille risorse! Il suo nome, pensate, deriva dal greco sambuché, che significa strumento musicale, proprio perchè dai suoi rami cavi si ricavavano particolari strumenti a fiato. Dal legno soffice dei giovani rami svuotati del midollo si ottenevano fischietti o flauti, ai quali si attribuivano grandi poteri magici, capaci di proteggere da sortilegi e magie. Le antiche popolazioni, inoltre, usavano la pianta per tingere i tessuti. A questo proposito Giovanna Rau (Rau G., Piante tintorie della Sardegna, Villanova Monteleone, Soter editrice, 2004), nel suo libro scrive: “Le parti utilizzate per tingere sono le bacche mature di 5-8 mm (…) da cui si possono ottenere colori violetto, rosa, malva, grigio, blu lavanda. Con le foglie invece si ottengono varie tonalità dal giallo al verde-limone, oro e verde. Per la tintura si usano anche i fiori e i giovani rami. Questi colori, conosciuti dai Galli e dai Romani, erano delicatissimi per le sfumature, ma purtroppo poco resistenti”.
Anche in cucina e liquoreria i fiori e le bacche di sambuco (giunte a piena maturazione) sono una bella risorsa. Le bacche risultano ottime per preparare il rosolio di sambuco o la squisita sambuca, liquore diffuso in tutta la Sardegna, preparato a base di anice ed estratto di fiori di sambuco. Con i fiori del sambuco si possono preparare anche delle ottime frittelle; nel periodo primaverile, quando i fiori sbocciano, si raccolgono le infiorescenze: si preparano con una delicata pastella leggera, preparata con acqua e farina e si friggono. Niente sale nella pastella: così, una volta fritte, chi le preferisce dolci le può spolverarle di zucchero; anche a chi le preferisce salate, queste fritelle risultano particolarmente gustose.
Cari amici, che dirvi ancora? Solo che il Sambuco, pur essendo potenzialmente una pianta velenosa, sapientemente utilizzata è invece ricca di innumerevoli virtù benefiche! Se in Sardegna abbiamo dedicato a questa pianta anche un Santuario Mariano…un buon motivo ci doveva pur essere…!
Ciao, a domani.
Mario