sabato, aprile 19, 2025

LA FUGA DEI NOSTRI PENSIONATI ALL'ESTERO: AI CERTI VANTAGGI FISCALI, SI AGGIUNGONO, PERÒ, PESANTI RISVOLTI NEGATIVI, COME LA SOLITUDINE.


Oristano 19 aprile 2025

Cari amici,

C’è un antico detto che ci ha sempre invitato alla cautela: “NON È TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA”, a significare che ai visibili vantaggi immediati che ci attirano, ci sono, spesso, dei nascosti, e spesso ignorati SVANTAGGI, poco visibili, ma che a tempo debito saltano fuori con tutta la loro potenza deflagrante. Uso oggi questo detto per riflettere con Voi su un problema che troviamo sempre più spesso nelle cronache quotidiane: l'esodo di numerosi pensionati, che, vedendo la loro pensione terribilmente falcidiata dalle tasse, decidono di trasferirsi all'estero, in un Paese dove la tassazione non esiste o è modesta; lo fanno nella speranza di vivere gli anni della pensione in luoghi ameni e senza l’incubo del caro vita, ma la realtà, spesso, è ben diversa dal sogno!

Si, amici lettori, a fronte dell’indubbio vantaggio dal punto di vista fiscale, i pensionati che si trasferiscono all’estero, tra l’altro in un’età che più di quella giovanile, abbisognano di una confortevole socializzazione, cosa difficile in un Paese dove non contano conoscenze e amicizie, e potrebbero trovarsi, quindi, a fare i conti proprio con la SOLITUDINE, un’insidia sottile, che condiziona non poco la vita! Quando ci si trova catapultati in un mondo apparentemente bello e gradevole, ma privo di quello stare insieme agli affetti di una vita, ovvero lontani dai parenti, dagli amici, dagli ascendenti e discendenti del proprio ceppo familiare, la vita cambia aspetto! Si, lasciare in senilità la propria terra, crea una nuova “Solitudine”, non certo mitigata dalla possibili nuove conoscenze, con le quali risulterà alquanto difficile costruire nuove, solide amicizie e relazioni.

Indubbiamente è questo un problema molto serio, che tocca diversi Paesi non solo dell’Europa, e che gli studiosi stanno cercando di comprendere meglio. Su questo fronte, nei Paesi Bassi, un team di ricerca guidato da Esma Betül Savaş del Netherlands Interdisciplinary Demographics Institute Università di Groninga, ha condotto uno studio che ha esaminato la differenza, nei livelli di solitudine, tra i migranti in pensione e i pensionati rimasti nel loro Paese di origine; l’indagine intendeva accertare quali sono i principali fattori che possono rendere i pensionati trasferitisi per ragioni fiscali in altro Paese, più vulnerabili alla solitudine.

La Dr.ssa Savaş, coordinatrice dello studio, si è così espressa: “Anche se i migranti in pensione solitamente dicono di essere felici, affrontano diverse difficoltà nel ricostruire la loro vita in un nuovo Paese. Età e migrazione sono entrambi pericolosi fattori di rischio per la solitudine nei pensionati all’estero”. Gli importanti risultati ottenuti da questo studio sono stati pubblicati sulla rivista Psychology and Aging. Ecco quanto è emerso dalla minuziosa indagine. Lo studio ha messo in luce, innanzitutto, che per il soggetto che decide di lasciare il proprio Paese per trascorrere l’età della pensione trasferendosi all’estero, aumenta seriamente il rischio di soffrire di solitudine. Eppure il fenomeno dei pensionati che lasciano il proprio Paese, nel nostro caso l’Italia, per trasferirsi all’estero, sta risultando sempre più popolare, e non solo in Europa. “Sui social, si vedono tanti pensionati europei che prendono il sole in Spagna, ma anche pensionati americani che si trasferiscono in Messico e pensionati giapponesi che migrano in Malesia” – ha ben evidenziato la dott.ssa Savaş - che, per comprendere meglio le esperienze dei migranti in pensione, insieme ai suoi colleghi ha intervistato 4.995 pensionati olandesi residenti all’estero e un gruppo di confronto di 1.338 pensionati olandesi rimasti invece nei Paesi Bassi.

I ricercatori autori dello studio hanno chiesto ai partecipanti di parlare dei loro sentimenti di solitudine e dei loro rapporti con familiari, amici e vicini di casa vecchi e nuovi. In particolare, gli studiosi hanno esaminato due tipi di solitudine: la solitudine cosiddetta emotiva, che può derivare dalla mancanza di amici intimi o di un partner, e la solitudine sociale, quale possibile conseguenza della mancanza di una cerchia di conoscenze più ampia o di un senso di Comunità. Dalle risposte ricevute è emerso che, i pensionati che emigrano si sentono socialmente più soli dei loro colleghi rimasti in patria, nonostante godessero di una disponibilità economica maggiore, quindi di uno status socioeconomico più elevato. Insomma: più economicamente benestanti, ma angustiati dalla solitudine, familiare e sociale.

Secondo gli studiosi, a pesare di più è la solitudine sociale, in quanto quella familiare può risultare, a volte, mitigata dal fatto di essersi trasferiti con il coniuge. Per i pensionati trasferitisi all’estero, il pericolo maggiore è quello di trovarsi ad affrontare i mali della Terza Età (sia di natura fisica che psicologica) senza la presenza ed il conforto non solo dei familiari ma degli amici; ad una certa età si diventa alquanto vulnerabili, e queste sono difficoltà che comportano seri rischi  per la salute.

Cari amici, come dice la Dr.ssa Savaş: “È importante che le persone che stanno prendendo in considerazione di trasferirsi all’estero per la pensione pensino a come mantenere i propri legami sociali nel Paese di origine e crearne di nuovi nel Paese di destinazione”. Le sue sono "Parole sante", ma credo, però, che metterle in pratica sia un risultato alquanto difficile da raggiungere!

A domani.

Mario

venerdì, aprile 18, 2025

LA STRENUA, CORAGGIOSA DIFESA PER LA SOPRAVVIVENZA DELLE API GIAPPONESI: LA TECNICA PER UCCIDERE IL CALABRONE INVASORE PER ARROSTIMENTO.


Oristano 18 aprile 2025

Cari amici,

Che il mondo delle api sia davvero straordinario, dal quale l’uomo potrebbe ricavare innumerevoli esempi da imitare, è una realtà davvero nota e importante. Su questo fantastico e organizzatissimo mondo ha avuto occasione di scrivere diverse volte su questo blog, e chi vuole può andare a leggere le tante curiosità che lo riguardano. Questo il post di novembre 2012, accessibile cliccando sul seguente link http://amicomario.blogspot.com/2012/11/lo-straordinario-mondo-delle-api.html, questo invece, il mio post del 30 aprile 2021, visionabile e scaricabile cliccando sul seguente link http://amicomario.blogspot.com/2021/04/le-api-la-natura-e-la-riproduzione.html.

Tuttavia oggi riprendo l’argomento per parlarvi di una particolare curiosità che finora non conoscevo: un particolarissimo modo inventato e messo in atto dalle “API GIAPPONESI” per difendersi da un loro pericolosissimo nemico: il CALABRONE GIGANTE, che fa strage quando assale un loro alveare. Si, amici, l’APE GIAPPONESE (Apis Cerana Japonica) ha elaborato una strategia di sopravvivenza basata sul lavoro di squadra. Più piccola e debole, del calabrone gigante, essa cerca di vincere la sua battaglia contro l’intruso forte e potente accerchiandolo in modo massiccio; centinaia di api si precipitano si du lue, iniziando a far vibrare all’unisono le loro ali, e, in questo modo, facendo aumentare la temperatura intorno all’insetto, lo rinchiudono in una sorta di palla rovente. Ma vediamo meglio come viene messa in atto questa azione difensiva.

Quando un CALABRONE GIGANTE GIAPPONESE (Vespa mandarinia), un temibile predatore capace di decimare un intero alveare in poche ore, si avvicina troppo all’alveare, scatta un meccanismo difensivo straordinario: Invece di attaccare individualmente l’intruso, centinaia di api operaie si coordinano in un'azione collettiva perfettamente sincronizzata. Quasi obbedendo a un comando in un’azione di guerra, oltre 500 api si ammassano rapidamente attorno ad esso, formando una densa sfera vivente. Una volta intrappolato il predatore, le api iniziano a vibrare freneticamente i potenti muscoli toracici - gli stessi che normalmente utilizzano per il volo. Questa intensa attività muscolare produce un forte calore, che si rivela letale per l’invasore!

Tutte addossate al calabrone, queste api formano una caldissima palla, al cui interno la temperatura sale rapidamente fino a raggiungere, e a volte superare, i 47°C. Un vero e proprio forno biologico che sfrutta una differenza cruciale tra i due insetti: mentre le api giapponesi possono sopravvivere fino a temperature di 50°C, il calabrone muore quando la temperatura supera i 45°C. In appena 30-60 minuti, il predatore viene letteralmente cotto vivo. Indubbiamente una straordinaria tecnica di termoregolazione, che evidenzia in questo mondo delle api una capacità straordinaria di “intelligenza collettiva”, messa al servizio del bene comune, ovvero la salvezza dell’alveare e dei suoi abitanti.

Amici, che le api siano insetti straordinariamente sociali è noto, anche se non tutte le strategie che loro mettono in atto sono note! Le api, tra l’altro, non sono tutte uguali! Le api europee, per esempio, sono prive della capacità prima evidenziata di “arrostire” il proprio nemico, come fanno, invece, le api asiatiche. Un piano di attacco per difesa che, tra l’altro, non è scevro di pericoli. La brillante tattica, infatti, se da un lato annienta il nemico cuocendolo, non solo è defatigante per le api operaie coinvolte nell’attacco, ma ne accorcia la vita.

Queste api orientali, amici, hanno scritto nel loro DNA un grande altruismo nei confronti della collettività: difendere l’alveare a costo della vita! Nella stagione autunnale, infatti, un singolo alveare può subire fino a 30 attacchi alla settimana da questo calabrone invasore, che aggredisce l’alveare per predare le larve, arrivando a sterminare anche 40 api al minuto. Il pungiglione delle api, infatti, non può nulla sul rigido esoscheletro dell'invasore, per cui loro hanno sviluppato l’alternativa strategia prima evidenziata.

Una strategia, come accennato, nota fin dal 1995, ma che ora, con un nuovo studio, ha rivelato anche l'alto costo pagato dalle api operaie che si sono battute in difesa dell’alveare.  L’entomologo Atsushi Ugajin, operativo presso la Tamagawa University (Giappone), si è chiesto, infatti, quali fossero i costi di questa tattica difensiva. Per scoprirlo ha diviso uno sciame di api operaie di 15-20 giorni di vita in due gruppi, uno solo dei quali ha partecipato all’uccisione del calabrone. L'altro gruppo è stato tenuto alla temperatura costante di 32°C.

Il risultato? Le api partecipanti all’intervento di difesa, quasi certamente a causa dell’intenso calore, hanno visto la loro vita accorciarsi! Si, sono vissute meno, morte dopo una decina di giorni, mentre quelle non coinvolte nelle formazioni sono vissute in media 16 giorni (una differenza non da poco, sul loro tipico arco di vita, che dura solo poche settimane). Un costo alquanto alto, quello pagato per il loro encomiabile spirito di sacrificio. Questa nuova ricerca è stata pubblicata sulla rivista Behavioral Ecology and Sociobiology.

Cari amici, se l’uomo conoscesse e applicasse a fondo i numerosi esempi che la natura ci offre, probabilmente vivremo tutti in un mondo migliore, più altruista e meno egoista!

A domani.

Mario

giovedì, aprile 17, 2025

L'EGOISMO DELLA SOCIETÀ DELL'ABBONDANZA! IN CRESCITA LE POVERTÀ ESTREME NEL MONDO, CON CIRCA 700 MILIONI DI PERSONE COLPITE: L’8,5 PER CENTO DELLA POPOLAZIONE.


Oristano 17 aprile 2025

Cari amici,

Oggi è Giovedì Santo, giornata che dovrebbe vedere, noi cristiani, tutti più buoni e caritatevoli! Eppure l'egoismo nel mondo non solo non diminuisce ma continua a crescere! Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Banca Mondiale, quasi 700 milioni di persone soffrono la fame, vivendo con meno di 2,15 dollari al giorno. Una cifra che non permette nemmeno il minimo indispensabile per la sopravvivenza, ovvero quel minimo di condizioni che possano garantire l’accesso a quei bisogni riconosciuti come essenziali. In questa terrificante situazione quelli che pagano il prezzo più alto sono i bambini, la categoria più fragile, nella fase più delicata: quella della crescita, che matura in un ambiente privo delle seppur minime condizioni di vita.

Non avere almeno le “minime risorse economiche”, per poter provvedere ai bisogni essenziali, significa soffrire e far soffrire innanzitutto la fame. Il diritto al cibo, almeno quello minimo necessario alla sopravvivenza, risulta negato a circa 181 milioni di bambini sotto i 5 anni, che vivono in condizioni di povertà alimentare grave. Questi bambini stanno subendo una violazione inaccettabile del loro diritto al cibo e alla nutrizione. E non è tutto. Oltre alla mancanza di cibo, la povertà estrema in diversi Paesi del Sud del Mondo spesso non garantisce nemmeno l’immediato accesso all’acqua potabile.

L’acqua, come ben sappiamo, è assolutamente indispensabile alla vita. Il consumo di acque non sicure, causa l’insorgenza di malattie o epidemie che, soprattutto nei più piccoli, hanno spesso conseguenze fatali. Per poter sopravvivere, nelle Comunità sono proprio i bambini quelli che vengono incaricati di intraprendere i lunghi cammini, talvolta di 4-5 ore, necessari per raggiungere le fonti di acqua potabile più vicine! Un compito gravoso dal punto di vista fisico, tra l’altro svolto da giovanissimi anche denutriti!

Vivere nell’indigenza ha molti altri effetti negativi collaterali: uno dei più importanti è il mancato accesso alle cure mediche: una situazione che di frequente comporta l’insorgenza di complicazioni, di diversa entità, in particolare quando ad insorgere sono malattie facilmente curabili. Senza alimentazione adeguata, senza acqua potabile e senza cure mediche, la vita diventa solo sofferenza, a cui si aggiunge l’impossibilità di potersi migliorare, mancando anche la possibilità di avere un minimo di istruzione, cosa che mina ancora di più il loro futuro.

Come accennato prima, il dramma più grande è vissuto dai bambini, che sono costretti a fare i lavori pesanti fin da piccolissimi. Il lavoro minorile, oggi, nel mondo riguarda circa 160 milioni di bambini, costretti, per esempio, a stare nei campi, nelle miniere o nelle fabbriche in condizioni disumane. Molto spesso, lo sfruttamento minorile va di pari passo con l’abbandono scolastico, un’altra conseguenza della povertà estrema particolarmente avvertita in Paesi come Bangladesh, Cambogia, Nepal, ma anche Ruanda, Zimbabwe e Kenya.

A causa dell’indigenza, inoltre, in molti Paesi è particolarmente diffuso il fenomeno dei matrimoni precoci: ogni anno, per non gravare sulle famiglie, più di 12 milioni di bambine sono costrette ad abbandonare gli studi per sposarsi contro la loro volontà con uomini molto più grandi. Vincolate a una vita di abusi, alcune sono sottoposte anche alle mutilazioni genitali, una pratica lesiva, devastante per la salute fisica e mentale, che molto spesso può condurre alla morte.

Amici, ci può essere un rimedio a tanta indifferenza ed egoismo? Difficile ipotizzare in che modo invertire questo tristissimo fenomeno che ancora oggi, nel Terzo Millennio, qualifica in negativo quella parte della Società attuale - nota come quella dell’abbondanza - come quella alquanto egoista e per nulla disposta ad aiutare gli altri. Una società intrisa di egoismo, volutamente indisponibile a cercare di contrastare la povertà estrema, che non consente di poter così garantire un futuro migliore ai moltissimi bambini che crescono in un mondo dove sono privi ti tutto, compreso il minimo vitale.

Eppure cercare di eliminare le condizioni di indigenza presente in molti Paesi del Mondo, situazione che al giorno d’oggi è considerata una vera e propria priorità, è il primo obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta nel 2015 dai Paesi membri dell’ONU. Un impegno portato avanti anche da altre organizzazioni internazionali indipendenti, che dovrebbero contribuire concretamente con una serie di iniziative, programmi di sostegno e progetti. Una delle realtà maggiormente impegnate nel contrastare gli effetti della povertà estrema sui bambini è ActionAid, attiva da oltre 35 anni in 71 Paesi del mondo. ma a tutt'oggi poco è stato realizzato!

Cari amici lettori, credo che ci vorrà ancora molto tempo prima di veder realizzato un mondo di pace, di altruismo e di pacifica convivenza, senza guerre, egoismi e prevaricazioni, finora portate avanti dai Paesi più forti!

A domani.

Mario

mercoledì, aprile 16, 2025

IL DIVERSO CARICO MENTALE DEGLI UOMINI E DELLE DONNE. TRA I DUE SESSI È DIVERSO LO “SFORZO COGNITIVO” NECESSARIO PER GESTIRE E ORGANIZZARE LE ATTIVITÀ QUOTIDIANE.


Oristano 16 aprile 2025

Cari amici,

Personalmente, pur essendo sempre stato convinto che tra gli uomini e le donne ci debba essere una “reale, concreta parità”, certe differenze esistono. Sono differenze sia fisiche che intellettuali, quelle tra i due sessi, oltre a quelle specifiche necessarie per la riproduzione. Ebbene, oggi voglio riflettere con Voi sulle particolari differenze intellettuali, che ritengo di grande interesse: quelle sulla diversità di “Carico Mentale” tra i due sessi. Sono differenze che rappresentano un elemento chiave dell’analisi della psicologia umana, considerati soprattutto i diversi contesti operativi dell’uno e dell’altro sesso nello svolgimento della vita quotidiana.

L’analisi del così detto “Carico Mentale”, ovvero dello “Sforzo cognitivo” necessario, messo in atto sia per gestire che per organizzare mentalmente le numerose attività da portare avanti nella giornata, a prescindere dal fatto che siano svolte personalmente oppure delegate ad altri. Sforzo cognitivo che evidenzia differenze importanti. Come ben sappiamo, nella vita di oggi uomini e donne, di  norma, svolgono e affrontano ruoli e responsabilità diverse, e, in particolare per le donne, si arriva ad un eccessivo cumulo di azioni da portare avanti, capaci di creare un pesante sovraccarico mentale, che influisce notevolmente sul loro benessere psicologico.

Si amici, nella società contemporanea, in particolare quella occidentale,  le donne, spesso, si trovano ad affrontare una molteplicità di ruoli e responsabilità difficili da gestire, in quanto tenute a farsi carico della quasi completa gestione delle faccende domestiche, dei figli e dei rapporti interpersonali con familiari ed amici. Tutti ruoli che implicano un forte impegno, con un pesante carico di compiti e di decisioni che richiedono un notevole sforzo cognitivo per essere gestite in modo efficace. Quando poi, la donna, oltre alla responsabilità della pianificazione delle attività familiari e in gran parte della loro esecuzione, deve anche affrontare le sfide della carriera professionale, si arriva al burnout!

Le donne, spesso, si sentono sopraffatte dalla costante necessità di bilanciare le diverse responsabilità che pesano su di loro, avendo difficoltà a trovare il tempo per il riposo e il recupero emotivo, trovandosi spesso a cercare appoggio presso le amiche o  i servizi esterni come la psicoterapia. Nella gran parte dei casi, in particolare nelle coppie dove entrambi svolgono un lavoro esterno, la distribuzione del lavoro domestico non è quasi mai equa, in quanto grava nella gran parte sulle donne. Questo fenomeno è stato ampiamente dimostrato nelle ricerche, evidenziando lo squilibrio esistente e certamente da sanare.

Si, la realtà è che la distribuzione del lavoro domestico nelle coppie non è quasi mai equa, confermando e rimarcando  la presenza di una “moderna versione di Patriarcato”, non molto dissimile da quello del passato, seppure si sostenga che le donne, rispetto ai secoli scorsi, hanno guadagnato maggiori diritti legali e l’accesso al mercato del lavoro! Nella realtà, invece,  permangono forti disparità di genere, messe in atto attraverso meccanismi più sottili e talvolta mascherati da una certa, presunta, scelta individuale. Da ciò ne deriva che è importante che le donne sviluppino ulteriori, efficaci strategie, in grado di alleggerire il proprio Carico Mentale, nell’intento di preservare il proprio benessere psicologico.

Amici, l’equa ripartizione dei carichi, nella coppia potrà essere paritario, solo in presenza di un effettivo sostegno sociale, oltre che di un vero  supporto emotivo da parte dli proprio partner, dei familiari e delle reti di supporto esterne. In una giusta ripartizione dei compiti, anche gli uomini potrebbero trarne beneficio, in termini di indipendenza e socializzazione. Un loro maggiore coinvolgimento apporterebbe  un miglioramento emotivo nella vita familiare e sociale. Ciò porta a pensare che promuovere un cambiamento culturale, può condurre a condizioni di equità di genere e condivisione delle responsabilità all’interno della famiglia e della società.

Cari amici, solo una reale presa di coscienza da parte degli uomini potrà realmente consentire un’equa distribuzione del pesante “Carico Mentale” in capo alle donne. Solo la consapevolezza, da parte degli uomini, della mole di sfide, spesso invisibili, che le donne affrontano ogni giorno, potrà portarli ad una concreta presa di coscienza e ad un vero cambiamento, accettando la condivisione quotidiana delle responsabilità. Una consapevolezza che si concretizzerà con una maggiore partecipazione degli uomini nelle attività domestiche e nella cura dei figli, nonché con l’adozione di politiche organizzative che supportino il bilanciamento tra lavoro e vita privata per entrambi i sessi. 

A domani amici lettori.

Mario

 

martedì, aprile 15, 2025

LA “PORTULACA”: IN TANTI LA CONSIDERANO, A TORTO, UN'ERBA INFESTANTE. È, INVECE, UNO SCRIGNO DI SOSTANZE BENEFICHE E SALUTARI!


Oristano 15 aprile 2025

Cari amici,

La PORTULACA OLERACEA (Portulaca L., 1753) è una pianta succulenta presente e diffusa in tanti Continenti, unica appartenente alla famiglia delle Portulacaceae Juss., 1789. Molto più nota con i nomi volgari di Porcellana, Porcacchia, Erba grassa ed altre, è una pianta annuale carnosa di media taglia (10 – 30 cm), con fusto rossiccio, alquanto strisciante al suolo. Fiorisce tra giugno e settembre, con dei curiosi, piccoli, fiori, in gran parte gialli. È abbastanza comune negli orti, ma anche nei campi, in terreni incolti, umidi e sabbiosi, sia in pianura che in collina, arrivando anche a sopportare un’altitudine di oltre 1.500 metri.

Questa pianta, grassottella  e succulenta, che cresce spontanea utilizzando i suoi semi senza bisogno di assistenza da parte dell’uomo, si diffonde rapidamente tra le coltivazioni dell’orto, con un portamento strisciante che limita le altre colture; un motivo per cui viene guardata con fastidio da chi coltiva l’orto e considerata una pianta infestante. Per questo viene costantemente estirpata, ignorando, in questo modo, le sue eccellenti proprietà benefiche per il nostro organismo, e gettando, quindi, alle ortiche le sostanze salutari contenute.

La PORTULACA, amici, è un’erba davvero salutare, con eccellenti proprietà antiscorbutiche, depurative e diuretiche. Vengono utilizzate in particolare le foglie, in quanto è stata accertata la presenza di acidi grassi omega-3, utili per prevenire attacchi cardiaci e aumentare le difese immunitarie. Il suo utilizzo nelle diete è caldeggiato dai nutrizionisti per le particolari caratteristiche degli acidi grassi che contiene. La portulaca, infatti, è ricchissima, come detto, di acidi omega-3, particolarmente adatti alla dieta di persone, come diabetici e cardiopatici.

Utilizzata anche per uso esterno, la portulaca risulta utile per curare dermatiti, orticarie, foruncoli, punture di api ed eczema. Sono le mucillagini contenute nelle foglie, che, applicate direttamente sulla pelle, leniscono il dolore di punture di insetti e delle piccole ferite, o il prurito da foruncoli. Ma le virtù benefiche e nutrizionali della portulaca non finisco qui. La pianta è anche ricca di vitamine, di flavonoidi, e di betalaine, una classe di pigmenti che, con gli antocianosidi, danno alla pianta il colore rosso dei fusti e il giallo dei fiori.

Amici, la Portulaca (o porcellana) ha una particolarissima “efficienza fotosintetica”, che viene esplicata con due meccanismi diversi: col risultato che ha un sapore diverso al mattino rispetto alla sera, soprattutto quando il tempo è secco! La pianta del mattino è, effettivamente, molto più acidula di quella raccolta alla sera, per via del dualismo fotosintetico particolare della pianta: questa di notte immagazzina anidride carbonica sotto forma di acido malico (l’acido che dà il sapore asprigno alla mela renetta), e di giorno lo trasforma poi in glucosio. La differenza di concentrazione di acido malico fra la pianta raccolta al mattino e quella raccolta alla sera è di circa 10 volte, per cui il sapore acidulo della porcellana ricorda una mela renetta al mattino, ed una mela golden alla sera!

Ovviamente, amici, come in tanti altri vegetali, anche la Portulaca immagazzina in sé qualcosa di negativo; il primo motivo è dato dalla sua capacità di accumulare metalli pesanti, per cui non va mai raccolta in ambiente antropizzato, dove il suolo è contaminato, il secondo motivo è il suo alto contenuto in acido ossalico, per cui non è indicata, almeno in grandi quantità, per chi soffre di problemi ai reni. La Portulaca, comunque, rimane a tutti gli effetti una grande pianta benefica! Vediamo ora il suo uso in cucina.

Il suo uso in cucina è alquanto vario: può essere consumata cruda, sola o assieme a pomodori e porri, come insalata, o cotta per preparare frittate. I rametti tagliati a pezzettini possono essere conservati sottaceto o in salamoia e usati al pari dei capperi. Alcuni non amano la consistenza mucillaginosa della portulaca, ma questa sua proprietà può tornare vantaggiosa per fare raddensare minestre e stufati. La portulaca risulta essere un ingrediente fondamentale di piatti tipici, soprattutto in Messico e Giappone, e non può mancare nella classica insalata greca. La si può consumare in tanti modi, con una versatilità culinaria notevole, anche se da noi, invece, continua ad essere considerata una erbaccia infestante!

Cari amici, la Portulaca andrebbe davvero riscoperta e finalmente potremmo utilizzare una pianta che ha tante sostanze benefiche, utili al nostro organismo! Chiudo il post chiarendo che anche i piccoli semi della portulaca possono essere proficuamente utilizzati. Possiamo aggiungerli all’impasto del pane, o anche mischiarli con altri cereali da consumare nello yogurt, sia a colazione che per spuntini golosi e sani. Sono semi ottimi, ricchi di olii buoni e proteine. Come averli? Semplice, sradicare la pianta, appenderla all’aria aperta in luogo ombreggiato, e lasciarla seccare: mettendo sotto un recipiente, lì si raccoglieranno i semi, che si staccheranno da soli, e poi si possono raccogliere in un vaso di vetro.  Provare per credere!

A domani.

Mario

lunedì, aprile 14, 2025

LE NUOVE GENERAZIONI E LE "COMUNITÀ CREATIVE", UN RINNOVATO MODO DI RITORNARE A VIVERE LA "SOCIALITÀ FISICA" DEL PASSATO.


Oristano 14 aprile 2025

Cari amici,

Che l’uomo, nel suo millenario percorso di vita, sia stato protagonista non solo di cambiamenti ma anche di "ritorni al passato", è una certezza evidenziata anche nel famoso detto i “CORSI E I RICORSI NELLA STORIA”. Tuttavia, questi particolari “ritorni” a certi comportamenti in auge nel passato non sono mai del tutto “uguali” a quelli precedenti, nel senso che sì, possono ripetersi, ma aggiornati, rivisitati, in relazione alle nuove esigenze successivamente maturate. Con l’avvento di Internet, come ben sappiamo, in conseguenza delle numerose attività ora svolta non più in presenza, la relazione fisica è andata scemando, superata in larga misura dalle relazioni e dai contatti virtuali on-line.

Questo straordinario aumento delle relazioni sociali virtuali ha fatto diventare superflue quelle fisiche, accantonate come obsolete. Quelle virtuali, di conseguenza, hanno prepotentemente preso il posto di quelle reali. Come possiamo constatare, sono praticamente scomparsi gli incontri sociali fisici, prima svolti nelle piazze o nei ritrovi collettivi, sostituiti dagli incontri in rete, in particolare nei social, diventati delle vere e proprie, moderne “Piazze virtuali”. I principali protagonisti di questo cambiamento, che in realtà, ha tristemente contribuito ad inaridire fortemente la relazione sociale fisica, sono in particolare i Millennials e i giovani della Generazione Z.

A noi Senior, invece, in quanto nati nel secolo scorso e protagonisti di un’altra epoca, questa rivoluzione ci ha turbato non poco, reagendo con un misto di fastidio e commiserazione, nell'osservare questi giovani allampanati, seduti in una panchina incuranti degli altri seduti a fianco, impegnati a dialogare ognuno con il proprio smartphone, senza quasi rivolgersi la parola tra di loro! Scene che, a noi, creano un misto di rabbia e commiserazione! Si, amici, questa moderna, arida, giovanile “Folla solitaria”, ben descritta nel libro di David Riesman, vive questa strana vita di certo inappagante. Lo dimostra il fatto che, a quanto pare, però, questi baldi giovani si sono ben presto già stancati di vivere questa triste vita virtuale, priva di dialogo e di contatto fisico, andando alla cerca delle possibili soluzioni.

Gli appartenenti a queste Nuove Generazioni, sicuramente, grazie magari a qualche mente giovanile illuminata, da qualche tempo hanno pensato di "tornare indietro". E, di conseguenza, stanno iniziando a rinascere (e continuando a crescere…) dei “gruppi di giovani” che si riuniscono nuovamente insieme “di persona”, ovvero fisicamente, con lo scopo di svolgere, insieme, delle attività creative; incontri che, oltre alla possibilità di fare delle nuove conoscenze, consentono di discutere di problemi e di esigenze comuni. Un’idea, quella di svolgere insieme delle attività creative, utilizzata in particolare dai giovanissimi della Generazione Z, desiderosa finalmente di riprendere a dialogare fisicamente con gli altri, nell’intento di condividere alcune delle esperienze vissute e praticate di persona, e non attraverso i social! Insomma, amici, una specie di ritorno ai dialoghi del passato!

Amici lettori, come ho accennato prima, ritrovarsi in compagnia, seduti “Insieme” su una piazza o un semplice luogo di ritrovo come avveniva una volta, oggi non è certo possibile, ma l’importante è "ritrovarsi in gruppo fisicamente", avendo trovato un valido motivo per farlo! Si, con gioia di tutti è arrivata la riscoperta di questo nuovo stare insieme! Come? Con “Le community creative”, che sono diventate il nuovo punto d’incontro della Generazione Z. Questo stare insieme in modo “creativo” è davvero un intelligente modo per stare insieme, magari per praticare gli stessi hobby, ovvero riunirsi con quelli che condividono gli stessi interessi. Che si abbia la passione per il disegno o per la scrittura, per la pittura o la scultura, per lo sport preferito o per le camminate in campagna o al mare, tutto può essere vissuto insieme scambiandosi opinioni ed esperienze.

Amici, il disagio più forte, oggi vissuto dalla Gen Z, è proprio “il senso di solitudine”. Trascorrere tante ore immersi nel mondo virtuale e fittizio dei social network, ha fatto perdere loro la capacità di vivere il resto della giornata nella vita reale; dopo ore di vita apparente, tra like e commenti scontati, rientrare nella vita reale appare un salto nel buio. L'essersi abituati a vivere in quella “la campana di vetro” virtuale che li isola dal mondo reale, che li separa dagli altri, ne fa degli zombies, incapaci, poi, di costruire rapporti veri con gli altri. Credo che proprio da questa solitudine sia nata l’esigenza di riunirsi di nuovo, "FISICAMENTE", dando vita a queste “Community creative”.

Si, cari lettori, è certamente il rinnovato bisogno di vivere momenti di vita reale, che li ha spinti a rimettersi fisicamente insieme, in modo da potersi confrontare con le idee e i progetti degli altri. È un rinnovato, moderno bisogno di condivisione: meno social e più vita sociale reale. Si, amici, nelle Community creative, a prescindere dagli argomenti trattati, quello che più conta è lo stare insieme, è l'incontro, lo scambio di idee e di esperienze, quello che conta davvero. Insomma, le Community creative sono quello strumento (in gran parte riscoperto dal passato, seppure alquanto aggiornato) che regala alla Gen Z del prezioso tempo da condividere!

Cari amici, plaudo a questa nuova iniziativa che ha consentito di rimettere insieme, fisicamente, tanti giovani, in particolare quelli dell’ultima generazione. È un felice modo di riscoprire e riprendere a vivere quella vita autentica, quella che sembrava perduta! Insomma, non perdiamo le speranze: quella “vita vera”, fisica, autentica, esiste ancora, anche al tempo dei social!

A domani.

Mario