mercoledì, luglio 02, 2025

IL PANE, UNO DEI PIÙ ANTICHI ALIMENTI DELL'UOMO, RESTA BUONO PER GIORNI, ANZI MIGLIORA. ECCO LE PARTICOLARI VIRTÙ DEL PANE RAFFERMO.


Oristano 2 luglio 2025

Cari amici,

Il PANE è uno degli alimenti più antichi consumati dall’uomo. Per secoli fu ritenuto fondamentale in molte culture, in quanto capace di nutrire in modo eccellente la specie umana. Certo, il pane di una volta era alquanto diverso da quello attuale, realizzato con farine integrali ricavate da grani antichi. Un alimento eccellente, dunque, fonte di carboidrati complessi, vitamine del gruppo B e minerali, con un alto valore nutrizionale. La sua storia è di certo antica quasi quanto quella dell’uomo, se pensiamo che già gli antichi Egizi usavano macine e forni e avevano scoperto il lievito); ciò ha fatto sì che il pane, nel tempo, ha sostentato intere popolazioni, costituendone la principale fonte di nutrimento.

Col passare dei secoli e dei millenni, considerata la grande disponibilità di tanti altri alimenti, il pane ha iniziato a passare in secondo piano, vivendo un momento meno glorioso del passato, accusato addirittura di causare obesità. Ciò ha fatto sì che il consumo del pane iniziò ad essere consumato in misura minore, e, soprattutto, utilizzato solo nel giorno dell’acquisto; l’indomani, un po’ indurito, veniva gettato via come pane vecchio, più noto come “PANE RAFFERMO”. Una decisione quest’ultima priva di senso, incosciente, in quanto presa senza conoscere il vero valore di questo alimento.

Il “Pane raffermo”, amici, ha, infatti, delle proprietà benefiche che il “pane fresco” non ha, qualità che possono essere considerate addirittura fantastiche. La trasformazione che avviene nel pane dopo uno o più giorni, è un processo chimico importante: si ha la formazione dell’AMIDO RESISTENTE. Nel pane raffermo, infatti, l’amido si trasforma in quello che gli scienziati chiamano "amido resistente", che è un prebiotico naturale, che nutre i batteri buoni del nostro intestino. Mentre noi digeriamo normalmente gli amidi freschi, questo amido "vecchio" passa indenne, arrivando dritto al colon, dove diventa cibo per la flora batterica intestinale alquanto benefica per il nostro organismo!

A che pro, dunque, gettare via il pane duro, ovvero il pane raffermo, anziché consumarlo, sapendo che, sotto certo aspetti è più salutare del pane di giornata? In passato era diverso, perchè le nostre nonne, pur senza conoscere i segreti della chimica, non l’avevano mai gettato via il pane del giorno prima! Si erano, infatti, accorte che le ricette, confezionate con pane raffermo erano davvero salutari! Amici, non era solo per una questione di risparmio, ma di salute! Non un risparmio casalingo, ma l’utilizzo di un cibo più salutare. Le nostre nonne avevano scoperto un superfood, molto prima che venisse coniata la parola "prebiotico"!

Amici, consumare il pane raffermo significa migliorare la salute del nostro intestino, considerato che avviene la produzione di acidi grassi che lo proteggono, migliorando la nostra salute digestiva. Si tratta di una vera e propria cura di bellezza per il nostro intestino, e un modo per dare una carica positiva al nostro sistema immunitario. L’Amido resistente formatosi nel pane raffermo (AMIDO RETROGRADATO), non venendo assimilato a livello dell’intestino tenue, viene poi fermentato a livello dell’intestino crasso. Un processo chimico davvero straordinario, quello trasforma il pane fresco in pane raffermo, che lo rende alquanto utile al nostro processo di assimilazione. Un processo benefico che lo rende perfetto anche per il controllo della glicemia, oltre che nel conteggio delle calorie e nel raggiungimento della sazietà. Una trasformazione chimica naturale straordinaria, che crea cibo importante per i nostri batteri intestinali, che ne traggono grande giovamento, consentendo ad essi di produrre per noi una sostanza ricca di benefici per la nostra salute: l’acido butirrico.

Cari lettori, la saggezza antica era ben presente nelle nostre nonne, tanto che oggi potremmo considerarle delle “nutrizioniste senza diploma”! Per utilizzare il pane raffermo si erano inventate tante ricette di recupero, basti pensare alla classica pappa al pomodoro: pane raffermo, pomodori e basilico, un piatto sapido, da gustare oggi come ieri! Eppure sono in tanti, oggi, a buttare nel sacco dell’umido il pane del giorno prima senza pensarci due volte! "È solo pane vecchio", dicono, senza sapere ciò che vanno a perdere, sia dal punto di vista economico che salutare.

Cari amici, molti di Voi conoscono la mia età, per cui sanno che ho vissuto, da ragazzo, il triste periodo del “Dopoguerra”, quello successivo alla fine della Seconda guerra mondiale. Un periodo nel quale, anche a livello alimentare, mancava tutto: anche il pane! Pensate, avevo poco più di 12 anni quando mi fu addirittura negato un “pezzo di pane”, che avevo richiesto per fame! In quei tempi le famiglie che riuscivano a procurarsi un po’ di grano panificavano una volta alla settimana, e il pane era più prezioso dell’oro! Quel periodo mi ha segnato: per me il pane, anche oggi, è un alimento sacro: non si butta mai via, nemmeno dopo alcuni giorni! Sono tante le ricette per consumarlo: dall’utilizzo nella prima colazione, bagnato con il latte, ai crostini, oppure bagnato in acqua calda e poi condito col sugo! Il pane, oggi come ieri, è vita e salute, non dimentichiamolo mai!

A domani.

Mario

martedì, luglio 01, 2025

I GIOVANI E LE DIVERSE VISIONI DEL FUTURO. UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI: IL DRASTICO CAMBIO DEGLI OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE.


Oristano 1° luglio 2025

Cari amici,

Inizio i post di luglio riflettendo sulle nuove generazioni. Anche l'ultimo post di giugno l'ho voluto dedicare ai giovani, ipotizzando come sarebbe stata la loro pensione dopo una vita di lavoro. I giovani, sono davvero tanto diversi da noi! Diversità in tanti campi, tant'è che le diverse generazioni, che man mano si avvicendano nel ciclo della vita, apportano cambiamenti anche molto forti, che a noi della generazione precedente appaiono rivoluzionari. Se è pur vero che nessuna "nuova generazione" si è fossilizzata sulla precedente, nel senso che quella successiva ha sempre cercato di apportare adattamenti e novità, spesso rivoluzionarie, la grande meraviglia se non proprio lo sconcerto, rimangono! Succedeva ieri e succede anche oggi, perchè di generazione in generazione gli obiettivi da raggiungere cambiano!

Focalizzando la nostra attenzione sulla “GENERAZIONE Z”, considerato anche che l’accesso al lavoro, sempre più difficile e precario, ha anche diminuito le retribuzioni, questa gestisce il proprio budget in modo ben diverso dalla generazione precedente. La Generazione Z, per esempio, utilizza gli introiti risparmiando meno rispetto ai propri genitori; i loro sono obiettivi diversi e sorprendenti, nel senso che essi, nonostante guadagnino di meno, non rinunciano, comunque, a spendere per il proprio benessere. Si, appagare il proprio benessere è considerato della massima importanza, che si tratti di viaggi, prodotti di cura o cibo (pagando un po’ di più per alimenti “green”, salutari, proteici ed etnici), poco importa!

La conferma di questo diverso atteggiamento ci viene da un’indagine di YouGov (YouGov è un istituto di ricerca che offre soluzioni globali innovative. Fondata a Londra nel 2000, supporta brand, agenzie e organizzazioni pubbliche). La ricerca effettuata, dal titolo “Gen Z & Health, come cambia il carrello della spesa” ha preso in considerazione 15.000 famiglie rappresentative della totalità di quelle italiane (26 milioni). Le prime caratteristiche che sono emerse riguardano le tendenze: la Gen Z è attenta al proprio aspetto e al benessere fisico, che si traducono in più spese per spa & ristoranti, sport, ma anche sostenibilità ambientale, anche quando riguarda il cibo.

Sempre secondo i dati di YouGov, i giovani tengono in considerazione il proprio budget (62%), quindi anche loro devono fare i conti con entrate e uscite, ma certamente hanno anche più difficoltà a risparmiare (30%) se paragonati alle generazioni che li hanno preceduti, quindi genitori e nonni. Ciononostante, hanno una certa propensione all’edonismo: ad esempio, sono più disposti a pagare per cibi etnici (+28%), salutari (+41% gli alto-proteici), per prodotti con packaging green (+24%), equo-solidali (+22%), oppure con referenze nuove (+20%) o alimenti biologici (+16%). In generale, rispetto ai loro genitori, gli shoppers della Gen Z cercano di spendere poco, ma comunque sono più abituati a trascorrere buona parte della loro vita fuori e dunque a dedicarvi buona parte del budget a disposizione. Tutto ciò si traduce anche in spese per divertimento e viaggi: «Quasi due giovani su cinque (38%) viaggiano per svago almeno due-tre volte l’anno sebbene cerchino di far fronte a un budget limitato in più di un caso su due (55)», come spiega l’indagine.

Ma il cambiamento più significativo è che questa generazione non pensa, come in passato, a investire nel mattone, nella casa, come accadeva ai loro nonni: i loro consumi sono orientati al “qui e ora”. «Una delle conseguenze maggiori è che si sta perdendo la propensione al risparmio, che per molto tempo è stata tipica del nostro Paese, che vantava persino un record a livello europeo», come osserva Gian Luigi Paltrinieri, docente di Filosofia teoretica ed Ermeneutica filosofica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. La grande ricchezza italiana, infatti, si è fondata e si fonda tutt’ora sui patrimoni sedimentati di generazione in generazione, ma tutto ciò sta cambiando, anche molto rapidamente.  

Un altro cambio epocale è quello delle modalità di spesa. Non a caso la Gen Z usa maggiormente il mobile banking, i pagamenti tramite carta di credito o tramite app. Molti, però, comprano direttamente da casa, il che presuppone anche una minor socializzazione rispetto a chi si reca in un negozio fisico, magari con gli amici, come accadeva più spesso in passato. «È una conseguenza della diffusione massiva di piattaforme che consentono di acquistare qualunque cosa. Ma anche un tratto di questa società nella quale, ad esempio, la fruizione di libri, film e altri prodotti è individualizzata. La socializzazione, al contrario, avviene con altre modalità e in altri spazi, come l’aperitivo, la cena e altre forme di ritrovo», confermano gli studiosi.

Cari amici, i cambiamenti generazionali fanno parte della realtà consolidata. Un trend, comunque, che non è solo italiano. Viviamo in un mondo globalizzato, per cui i nostri giovani in realtà si comportano in modo analogo ai coetanei europei, anche in fatto di consumi. L’analisi “Young shoppers in FMCG: What’s the deal?”, realizzata sempre da YouGov sulla base dei dati raccolti in 21 Paesi europei, conferma che un maggior ecologismo, attenzione al proprio aspetto e benessere personale, sono tipici di tutti i giovani del Vecchio Continente. Uniformarsi agli altri è una realtà ben consolidata! Che dire...noi della generazione precedente, stiamo a guardare!

A domani.

Mario

lunedì, giugno 30, 2025

QUALE SARÀ IL FUTURO PENSIONISTICO DELLE NUOVE GENERAZIONI? I GIOVANI DELLA GENERAZIONE ZETA, ANDRANNO MAI IN PENSIONE?


Oristano 30 giugno 2025

Cari amici,

Chiudo i post di giugno parlando di futuro: quello delle Nuove generazioni. Il loro futuro, quanto alla previdenza pensionistica, è molto nebuloso. Di recente su questo blog ho affrontato il tempa delle pensioni, mettendo il dito sulla piaga sulla situazione attuale, che vede l’INPS, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, occuparsi non solo di previdenza ma anche di assistenza, quella dovuta dallo Stato. Ebbene, oggi, invece, la mia atternzione è focalizzata proprio sulle “Pensioni future”, quelle che – in teoria – dovrebbero riguardare le nuove generazioni, ovvero Millennials, Generazione Z e quant’altro.

Si, amici, la pensione, per le nuove generazioni corre il rischio di essere proprio “una chimera”, specie per la Gen Z, che vede innalzarsi sempre di più l’età in cui poter uscire dal mercato del lavoro, complice anche il fatto che si entra nel mondo lavorativo sempre più tardi (non più come una volta intorno ai 18/20 anni). L’idea, infatti, di poter andare in pensione, oggi non sfiora nemmeno la maggior parte della Gen Z, per i quali risulta essere proprio un “non pensiero”.

Secondo gli esperti economisti è questa una cruda realtà, tanto che hanno lanciato l'allarme: se ci saranno, le pensioni sono previste alquanto più basse e da percepire in età sempre più avanzata. Che fare, dunque? Quali i correttivi, i provvedimenti per poter tornare a vivere nel giusto equilibrio, ovvero tra lavoro e riposo, al termine dell’attività lavorativa? Indubbiamente qualcosa dovrà essere messa in  pentola! Secondo un’indagine condotta da ANIMA SGR, su un campione di oltre 1000 adulti (oltre 8 italiani su 10, pari all’81%), c'è grande preoccupazione per il futuro pensionistico, in particolare quello delle nuove generazioni, anche se di fatto per ora nulla si intravede all'orizzonte.

Uno dei grandi esperti del settore pensionistico, ovvero l’ex Presidente dell’INPS Tito Boeri, ha avuto modo di riflettere sul problema sul mensile di economia ECO, di cui ora è direttore. Calandosi nei panni dei giovani di oggi, si è posto delle difficili domande: Andremo mai in pensione? Il pensiero di Boeri era diretto proprio ai giovani della Gen Z. Nel corso dell’articolo il grande esperto di previdenza Boeri ha lucidamente fatto la sua analisi. Eccola.

«Le pensioni pubbliche del domani (quelle, per intenderci, erogate dall’INPS) saranno meno generose di quelle attuali. Non tanto perché si andrà in pensione più tardi: questo sarà infatti controbilanciato dalla durata delle prestazioni. Il fatto è che le pensioni non garantiranno più come in passato il mantenimento degli stessi standard di vita che si avevano quando si era al lavoro. Sin ad ora le pensioni mediamente garantiscono circa l’80% del salario percepito sul finire della carriera lavorativa,  per cui la differenza poteva essere colmata da piccoli lavori o da altri redditi, come l’affitto di una casa. È prevedibile, invece, che le pensioni del futuro offriranno attorno al 60% dell’ultimo salario, quindi con un ridimensionamento significativo degli standard di vita dell’età lavorativa», ha concluso Boeri.

Dunque, quale potrà essere il futuro pensionistico per i giovani della Gen Z? Seppure la preoccupazione esista, in realtà questa rimane poco percepita dai più giovani; loro vivono il mondo di oggi non considerando più il lavoro come impegno totale di una giornata, ma solo un mezzo per realizzare i propri sogni! Il lavoro non deve togliere troppo tempo libero e dare maggiore libertà! Si preferisce, infatti, un lavoro precario a uno fisso, purché questo consenta una maggiore libertà e autonomia.  

Amici, la realtà è che anche per loro arriverà l’età della riflessione! Certo, le pensioni cambieranno, perché il sistema pensionistico è già oggi in cambiamento. Una delle ipotesi più probabili è che loro, per affrontare una vecchiaia finanziariamente serena, dovranno integrare l’assegno pensionistico con l’utilizzo della Previdenza complementare. Per fare questo, imitando gli Stati Uniti, i giovani dovranno iniziarla da subito, cominciando a versare già con i primi lavoretti, quelli fatti quando ancora si è agli studi.

Cari amici, Gli esperti del settore raccomandano a tutti i giovani di non sottovalutare la previdenza e la sua possibile integrazione: ovvero creare fin da subito una "previdenza complementare". Solo così si potrà vivere dignitosamente dopo i molti anni di lavoro; questa sicurezza dipenderà molto da loro. Gli esperti sottolineano: "La pensione è anche una loro responsabilità e deve sempre essere gestita con preparazione e consapevolezza, fin dal primo giorno di lavoro, come i giovani americani da tempo ci hanno insegnato". Vale sempre il detto "Prevenire è meglio che curare".

A domani.

Mario

 

domenica, giugno 29, 2025

ECCO COME GLI ANTICHI POPOLI RIUSCIVANO A CONSERVARE LA NEVE E IL GHIACCIO NEL PERIODO CALDO. I SARDI E SA CARAPIGNA.


Oristano 29 giugno 2025

Cari amici,

L’astuzia intelligente dell’uomo, ovvero quella sua capacità di utilizzare l'intelligenza in modo efficace e creativo, c’è sempre stata, anche in epoche lontanissime. L’alternarsi delle stagioni, con periodi di grande freddo, neve e ghiaccio, ad altri, invece, con temperature torride, gli fece aguzzare l’ingegno per trovare soluzioni valide sia per la conservazione dei cibi che per trovare rimedio alle alte temperature, rinfrescandosi. Già più di duemila anni fa, in Persia, gli abitanti studiarono un'incredibile sistema, che possiamo chiamare di alta ingegneria, per riuscire a conservare il ghiaccio in mezzo al deserto!

Un gruppo di intelligenti persiani costruì una curiosa struttura di forma conica, chiamata YAKHCHAL (che significa "Pozzo di ghiaccio"), che consentiva di conservare il ghiaccio anche con un caldo torrido. Questa struttura a forma di cupola con cono a punta, spesso realizzata con mattoni di fango, veniva utilizzata per mantenere fresco il ghiaccio attraverso una combinazione di isolamento e design alquanto intelligente. Lo Yakhchal, in realtà, lavorava sfruttando il potere della natura. In che modo, direte Voi? Eccolo.

Questo il procedimento. Durante le fredde notti d'inverno, l'acqua veniva incanalata in piscine poco profonde dove si ghiacciava; il ghiaccio veniva poi tagliato in blocchi e conservato all'interno dello Yakhchal. Le pareti spesse e lo spazio sotterraneo fornivano un ottimo isolamento, evitando che il ghiaccio si sciogliesse anche nei mesi più caldi. Alcuni YAKHCHAL presentavano anche degli “ACCHIAPPAVENTO”, delle particolari fessure che incanalavano aria fresca nella struttura, preservando ulteriormente il ghiaccio.

Amici, questa antica tecnologia risultava davvero valida e intelligente, tant’è che non solo forniva un modo eccellente per conservare il ghiaccio, ma permetteva anche ai persiani di gustare cibi e bevande ben freschi, molto prima della moderna refrigerazione! Lo Yakhchal è una testimonianza dell’intelligenza e dell'ingegno delle civiltà antiche, che mostrava le loro capacità di adattarsi all’ambiente utilizzando soluzioni innovative. Ancora oggi queste strutture rimangono un affascinante esempio di ingegneria precoce, e un promemoria della capacità dell'umanità di superare le sfide con creatività e abilità.

Amici lettori, nei libri di storia troviamo tante notizie sulle civiltà del passato, compresa quella di cui parliamo oggi. Purtroppo, però, c’è una civiltà che, a mio avviso, non è stata ancora studiata a sufficienza, ed è proprio quella della nostra isola: la Civiltà nuragica e pre-nuragica! In Italia i libri di scuola poco o nulla dicono su questo nostro antico popolo che, già molti millenni fa, ha fatto cose eccelse, a partire dalla costruzione dei meravigliosi NURAGHI, che ancora numerosi svettano nelle diverse zone della Sardegna!

Si, amici, anche la civiltà nuragica aveva anch’essa trovato un sistema simile a quello raccontato prima inventato dai persiani. Erano le NEVIERE, o "domos de su nie”, particolari strutture in pietra, alcune delle quali sono ancora oggi presenti. Erano realizzate come pozzi circolari profondi, talvolta sotterranei, rivestiti con dei muretti a secco. All’interno la neve veniva raccolta, costipata, e poi ricoperta con strati di paglia, felci e terra per isolarla dall'aria calda. Ovviamente erano in zone di montagna, come Desulo, Fonni, Aritzo, Tonara, Belvì etc., luoghi dove la neve rimaneva più a lungo nei canaloni.

Da questi canaloni la neve veniva raccolta con secchi e cestini, e poi stivata nei pozzi delle neviere. La neve raccolta, ricoperta, come anticipato prima, con un isolante naturale come paglia, felci e terra si conservava a lungo, rallentando il processo di fusione. La neve così conservata veniva poi venduta nei mesi estivi, utilizzata in particolare per la preparazione del "sorbetto" (in sardo "SA CARAPIGNA"). Per diversi paesi di montagna il commercio della neve era molto importante per l'economia, in particolare nella Barbagia e nell'area del Gennargentu.

Cari amici, con il crescere dell’inurbamento, si svilupparono città come Cagliari, dove i montagnini realizzarono (con la neve trasportata dalla montagna, dei depositi sotterranei ("SAS NIERAS"), dove la neve veniva conservata in modo simile. SA CARAPIGNA, insomma, funzionava alla grande! Cari lettori, anche in Sardegna funzionò in passato un’antica e redditizia catena del freddo, che funzionava senza frigoriferi! Basti pensare che interessò anche il fisco: dalla metà del Seicento, la vendita della neve aveva fatto drizzare le orecchie al fisco spagnolo, che impose delle tasse anche su questa attività!

A domani, amici lettori.

Mario

sabato, giugno 28, 2025

NOVITÀ NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI: ECCO LE NUOVE BARRE D'ARMATURA DEL CEMENTO ARMATO, COSTITUITE DA UN POLIMERO PIÙ FORTE DELL'ACCIAIO.


Oristano 28 giugno 2025

Cari amici,

Un interessante, nuovo materiale è entrato prepotentemente nel settore delle costruzioni: il GFRP. È questo un polimero rinforzato con fibra di vetro (GFRP significa "Glass Fiber Reinforced Polymer", Polimero Rinforzato con Fibra di Vetro), che rappresenta una rivoluzione nel settore delle costruzioni, in quanto offre soluzioni più leggere, resistenti e sostenibili, rispetto addirittura all’acciaio tradizionalmente usato. Questo nuovo materiale potrebbe rivoluzionare il settore delle costruzioni a livello globale, in quanto costituisce un’alternativa avanzata all’attuale materiale usato.

L’analisi di questo nuovo materiale ha dimostrato grandi pregi: una resistenza alla trazione doppia rispetto a quella dell’acciaio, una leggerezza fino a quattro volte superiore rispetto al ferro, immunità totale alla corrosione, la non conducibilità elettrica, oltre ad un’elevata efficienza economica, con un costo fino al 30% inferiore nei progetti edilizi. Attualmente, queste barre vengono già utilizzate in tetti, colonne, solai continui, pavimentazioni, garage, porti e ambienti marini, dimostrando una grande versatilità e una lunga durata nel tempo.

Indubbiamente è un prodotto di grande interesse, se si pensa che con solo 130 kg di fibra si è in grado di sostituire una tonnellata di acciaio rinforzato, e grazie alle certificazioni internazionali e all’approvazione del Centro di Ricerca per l’Edilizia, questa tecnologia rappresenta un passo fondamentale nella realizzazione di costruzioni più resistenti, leggere e sostenibili. Inoltre, la leggerezza del nuovo materiale e la facilità di lavorazione, consentono una riduzione dei tempi di costruzione e dei costi associati.

Amici, l’utilizzo di questo nuovo materiale apporta anche notevoli vantaggi ambientali e di sostenibilità. L’uso delle barre in GFRP contribuisce ad una significativa riduzione delle emissioni di CO₂, grazie alla minore energia richiesta per la produzione e alla maggiore durata delle strutture. Essendo riciclabili, rappresentano una scelta ecologica per l’edilizia moderna, allineandosi con le crescenti esigenze di sostenibilità nel settore. Insomma, le barre in GFRP rappresentano il futuro dell’edilizia, combinando innovazione tecnologica e rispetto per l’ambiente.

Gli ambiti di applicazione delle barre d'armatura in fibra di vetro sono davvero numerosi! Essi spaziano dall’Edilizia industriale, ad una numerosa schiera di altri scopi. Per esempio, queste barre possono essere presenti per scopi speciali come utilizzo nella realizzazione di traversine ferroviarie per treni ad alta velocità e metropolitane; nel campo dell’Edilizia civile, possono essere utilizzate nelle Costruzioni stradali (costruzione e consolidamento di strade, costruzione e ricostruzione di ponti); nelle strutture marittime e portuali, l’utilizzo riguarda la sicurezza della costa, con il rinforzo di strutture in calcestruzzo e di strutture miste in calcestruzzo armato. L’utilizzo delle barre riguarda anche la costruzione di strutture agricole.

I vantaggi dell’utilizzo di barre d’armatura in GFRP sono indubbiamente numerosi. Scegliere il nuovo sistema risulta una scelta economicamente valida per tutto il settore edile. La leggerezza delle barre d'armatura in fibra di vetro consente agli appaltatori di portare a termine i progetti in tempi più rapidi. Inoltre, le strutture rinforzate con GFRP non necessitano di manutenzione né di importanti interventi di ristrutturazione. Il loro utilizzo in diversi progetti edilizi non solo migliora l'integrità strutturale, ma crea anche nuove opportunità per una progettazione innovativa di costruzioni più efficienti.

Cari amici, l’innovazione ha sempre consentito sicuri miglioramenti. Il crollo di diverse infrastrutture, fra cui quello del ponte in Lunigiana fino all’eclatante e catastrofico collasso del ponte Morandi a Genova, hanno dimostrato come certe nostre infrastrutture datate siano facilmente deteriorabili, per cui i materiali innovativi, che garantiscono una più lunga durata e una minore manutenzione, sono di certo da adottare. Credo che il nuovo prodotto entrerà presto in modo forte e deciso nelle nuove costruzioni.

A domani.

Mario

venerdì, giugno 27, 2025

LA CURIOSA STORIA DI UN BIMBO MAI NATO, RIMASTO PER 30 ANNI NEL VENTRE MATERNO. IL RARO FENOMENO DEL LITHOPEDION.


Oristano 27 giugno 2025

Cari amici,

La gravidanza è un fenomeno straordinario, quasi incredibile! Nel corpo della donna si crea una particolarissima trasformazione nel corpo, tutta una serie di modifiche che predispongono la donna a creare una nuova vita! È un processo non certo semplice, anzi particolarissimo, e, quando una donna scopre di aspettare un bambino, di norma scoppia in una grande gioia, mista però anche a preoccupazione, perché la sua vita da quel momento cambierà in modo profondo. Per una donna, l’idea di portare dentro di se una nuova vita crea un turbinio di sentimenti incredibili che solo lei, destinata a costruire una nuova vita, prova e conosce.

Amici, ho fatto questa premessa per parlare con Voi oggi di un particolarissimo fenomeno, legato proprio ad una inusuale gravidanza, quella extrauterina addominale; è questo un raro fenomeno chiamato LITHOPEDION (il termine lithopedion deriva dal greco antico líthos=pietra e paidion=bambino), detto anche litopedio, che definisce la particolare morte del feto, che non fuoriesce spontaneamente ma resta incistidato nel ventre della madre. Una volta che ha cessato di vivere, il materiale di cui è costituito il feto viene riassorbito dalle strutture circostanti, e, in assenza di complicanze nel feto, si depositano dei sali di calcio, progredendo in un processo di mummificazione, che dà origine al lithopedion.

I numerosi studi medici hanno appurato che non è raro che un lithopedion rimanga non diagnosticato per molto tempo; solo quando la madre, colpita da altre patologie, avrà necessita di una radiografia o di una ecografia,  o di un possibile intervento chirurgico, verrà scoperto il Lithopedion. Il permanere di un Lithopedion per anni nel ventre di una donna è un evento raro, ma tuttavia possibile. Un fenomeno rilevato anche nell’antichità, se pensiamo che  la prima descrizione scientifica si trova in un trattato del fisiologo Albucasis nel X secolo d.C.; un litopedio ancora più antico fu ritrovato durante alcuni scavi archeologici, con datazione intorno all'XI secolo a.C.

Amici lettori, ecco oggi per Voi la curiosa storia di un recente, particolarissimo caso di Lithopedion, una notizia da me rinvenuta On line durante le mie quotidiane scorribande in rete. Il racconto ha per titolo “IL FIGLIO CHE NON È MAI NATO… MA NON SE N’È MAI ANDATO. La protagonista è Rosa, che lo ha scoperto all’età di 74 anni quando entrò in ospedale. Rosa veniva da un piccolo villaggio di campagna, un luogo dove il tempo scorre lento e le donne imparano a stringere i denti, a non lamentarsi mai troppo. Si presentò in ospedale a causa di un forte dolore addominale presente da tempo ma non così forte; un dolore antico, dunque, ostinato, che lei aveva imparato ad ignorare. Era un peso che lei portava dentro di sé da oltre trent’anni. Dopo che i medici iniziarono gli esami, fecero sia un’ecografia che una TAC. La meraviglia non era di poco conto: nel suo addome c’era un feto! Restarono ammutoliti! Nell’addome della donna, pietrificato da tempo, c’era un bambino, avvolto dal suo stesso corpo in una sottile armatura di calcio.

Era da anni dentro la sua mamma, immobile, pietrificato come una statua, da più di tre decenni. Si era proprio un Lithopedion, il frutto di una delle più rare e difficili gestazioni conosciute: quando un feto muore fuori dall’utero e non può essere espulso, il corpo lo avvolge nel calcio per proteggersi, creando una particolare “tomba silenziosa” nel ventre materno. Si, una specie di sepoltura biologica! Finiti gli accertamenti i medici comunicarono la notizia a Rosa; lei ascoltò la diagnosi con calma, come se già la conoscesse. Dopo aver abbassato gli occhi,  disse soltanto: "Lo sapevo. Ho sempre saputo che qualcosa era rimasto dentro di me."

Raccontò loro la sua storia. A quarant’anni aveva sentito i segni: la nausea, il gonfiore, quei piccoli movimenti che solo una madre riconosce. Capì di essere rimasta incinta. Ne era certa. Anche senza visite, anche senza ecografie. Ma poi tutto si spense. Non ebbe perdite, tutto si fermò senza spiegazioni di sorta. In lei solo un vuoto crescente, e un senso di pesantezza che non riuscì a comprendere. I medici la ascoltarono attenti, muti, capirono che la donna viveva un momento particolare, che l’aveva riportata indietro nel tempo. Silenzio che rispettarono.

Eseguirono l’intervento, rimuovendo quei resti con una cura rispettosa. Erano visibili ancora le ossa, il profilo fragile di un cranio, una mano minuscola, come in attesa di essere stretta. Anche i medici erano sconvolti. Rosa, invece, dopo aver saputo restò serena, pensando che il suo piccolo era voluto restare con lei! Quello stranissimo concepimento, seppure l’aveva privata della gioia di vedere nascere e crescere un figlio, non lo viveva come un’anomalia: era un suo figlio particolare che era voluto restare sempre con lei! Un suo bambino che non aveva mai respirato, che non aveva mai pianto, ma che, silenziosamente, era rimasto con lei per oltre trent’anni.

Per i medici, invece, era un caso raro da studiare. Un caso che viene analizzato nelle aule universitarie, che viene citato nei libri di medicina come un evento eccezionale. Nessun manuale di medicina, però, potrà mai descrivere, raccontare, cosa prova una madre che per decenni ha custodito nel suo grembo un frutto mai sbocciato, che ha conservato un amore mai vissuto, un legame che ha resistito nel tempo, all’assenza di una vita desiata, sfidando anche la morte. Il bambino di pietra custodito nel grembo di Rosa non è mai nato, ma per lei non ha mai smesso di esistere.

A domani.

Mario