16 gennaio 2008
IL MIO PRIMO MARE.
Il recente incontro-dibattito “ Sguardi sul mare da vicino e da lontano. A confronto esperienze e opinioni di tre Sindaci”, predisposto, con noi studenti della Specialistica in Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo, dalla docente del Corso avanzato di Sociologia Urbana, prof. Antonietta Mazzette è stato molto interessante.
La tavola rotonda era la seconda, delle tre fasi previste, di analisi della attuale realtà sarda, alla luce del vivace ed interessante dibattito, innescato dalla recente approvazione del PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE. Il dibattito prevedeva un confronto tra gli studenti e tre rappresentanti delle Istituzioni, i Sindaci di Mamoiada, Orosei e Seulo.
Durante l’incontro ho apprezzato molto la disponibilità al dialogo ed al confronto dei rappresentanti di tre zone della Sardegna molto diverse tra loro: una sul mare, Orosei, angosciata da non comuni problemi di crescita e consumo del suo territorio, le altre due Mamoiada e Seulo, ubicate entrambe nell’interno dell’Isola ma con problematiche diverse per popolazione in calo, distanza dal capoluogo e difficile rilancio delle tradizioni. Diversi i problemi sul tappeto: Orosei cresce, ha una disoccupazione praticamente inesistente, ha nel suo territorio immigrati sardi ed extracomunitari, Mamoiada e Seulo, invece, toccano con mano il lento ed inesorabile spopolamento, derivante dalla mancanza di attività destinate ai giovani che, pur acculturati e preparati, lasciano definitivamente i piccoli centri dell’interno, costringendoli ad un’impari lotta per frenare l’emorragia e garantire la sopravvivenza dei loro antichi centri.
Ognuno di loro ha portato la sua esperienza, la sua visione e le sue ricette per governare e conservare, al meglio, la sua terra. In tutti, comunque, ho visto l’angoscia, la preoccupazione, non solo di costruire un futuro, soprattutto ai giovani, ma anche di creare le condizioni per uno sviluppo capace di salvaguardare e tramandare alle generazioni future il patrimonio non solo tangibile, fisico, quello delle nostre bellezze naturali, ma anche quello culturale, e sociale di cui ognuno è portatore.
Diverso, anche, per tutti e tre il rapporto con il mare.
Ho seguito con vivo interesse tutto il dibattito, anche se un Sindaco, ha, in particolare, catturato la mia attenzione: il Sindaco di Mamoiada, Graziano Deiana. Il suo modo pacato, ma allo stesso tempo fiero, di esporre le sue opinioni mi ha più coinvolto. La sua fierezza di sardo traspariva dal modo lento con cui parlava: si esprimeva, senza toni forti, senza gesticolare, senza alterare il tono della voce. Le sue affermazioni fatte di un’alternanza di buon italiano con espressioni in lingua sarda risultavano, agli ascoltatori, chiare ed efficaci. Nella sua esposizione, pur pacata, non vi era rassegnazione ma determinazione: la consapevolezza sia delle difficoltà che aveva già incontrato che di quelle che avrebbe ancora continuato ad incontrare. Consapevolezza, la sua, che aveva al suo interno una forte certezza: da combattente (13 anni in prima linea, prima da V.Sindaco e poi da Sindaco) avrebbe continuato la lotta per la sua gente.
Credo che Graziano Deiana sia un uomo della mia generazione, quella che ha raccolto i cocci della guerra e lavorato per ricostruire un Paese distrutto.
Parlando del suo primo rapporto con il mare, avvenuto all’età di circa sei anni, e delle sue prime bellissime esperienze di fronte ad un elemento, il mare, fino ad allora per lui sconosciuto, mi ha riportato indietro nel tempo. Le sue scorribande sul litorale, il suo giocattolo vivente, la tartaruga, e gli altri giochi, fatti di niente, hanno riaperto, nella mia memoria, la scatola (oggi diremo il file) dei ricordi. Anch’io ho visto il mare “da grande”. Avevo otto anni e, complice un inverno particolarmente umido che aveva più volte attentato alle mie tonsille, la mia salute cagionevole convinse i miei ad accogliere il consiglio del medico di far “cambiare aria” al bambino. La cosa non era, però, facile. Gli anni ’50 scontavano ancora le ferite della guerra e la vita, il lavoro, erano di grande precarietà. Il mare distava dal mio paese, Bauladu (in provincia di Oristano), poco più di 20 chilometri, ma non vi erano mezzi di trasporto, né locali dove soggiornare. Inoltre, il reddito della mia famiglia non poteva certo consentire il noleggio di una carrozza o l’affitto di uno dei pochi appartamenti che si affacciavano sul mare a Torregrande, allora piccola frazione di Oristano. Una soluzione, però, doveva assolutamente essere trovata. L’unico mezzo, prezioso, di locomozione era allora la bicicletta. Mio padre, una sera, parlando con un amico, padre di un bambino della mia età, anche lui bisognoso di un soggiorno al mare, mise in piedi, con lui, un progetto: trasferimento al mare, a Torregrande, con viaggio in bicicletta e soggiorno in “tenda”, costruita con un’impalcatura di canne e chiusa con lenzuola e coperte. L’arredamento della “casa al mare” sarebbe stato spartano: una “stuoia” a testa, cucina all’aperto e…vacanze tutto mare!
L’idea sembrava pazzesca, ma non vi erano alternative. Dopo alcuni giorni di preparazione logistica iniziò il grande viaggio. La mia famiglia, composta di quattro persone (oltre i miei genitori e me, mio fratello un po’ più grande), si trasferì al mare viaggiando, in quattro, sull’unica bicicletta: mio padre alla guida, mia madre sul telaio, io sul portabagagli anteriore e mio fratello sul portabagagli posteriore.
Lentamente, le due biciclette (l’altra era quella del padre del mio amico) presero la via del mare. Le strade allora erano molto diverse: lo stretto nastro d’asfalto fino alle porte di Oristano (era la vecchia SS. 131) era pieno di buche, il resto, fino al mare, era strada in terra battuta. Il viaggio, iniziato alle prime luci del giorno, si concluse in alcune ore. L’arrivo al mare, in pieno sole, fu una cosa scioccante e meravigliosa. Una lunga distesa di sabbia, piena di conchiglie, di alghe e di palline, di tutte le dimensioni, che il mare preparava dopo aver a lungo arrotolato le alghe secche, separava la terraferma dalla grande distesa liquida, il mare. Rimasi a lungo a guardare il movimento delle onde con un misto di meraviglia e timore insieme.
Il resto della prima giornata fu dedicato alla preparazione della “tenda”. Mio padre e l’amico a tagliare le canne nel vicino canneto, e noi tutti a pulirle e mondarle dal fogliame. Dopo ore di preparazione l’intelaiatura era pronta. Le due tende affiancate, una per noi ed una per l’altra famiglia, furono completate a sera inoltrata. All’interno, come nei racconti, una candela di cera era l’intero impianto elettrico. Era tutto bello e selvaggio allo steso tempo.
Questo soggiorno marino durò una decina di giorni. Furono giorni bellissimi: il bagno, i giochi al sole anche con altri bambini, la raccolta delle piccole arselle sul bagnasciuga (ottimo ingrediente per la pasta alle telline), i giocattoli fatti con le canne prese nel vicino canneto.
L’effetto benefico del mare fu positivo anche per la mia salute. Gli anni successivi ci furono altre vacanze al mare che trascorsi, però, a Giorgino, in colonia con altre decine di bambini di tutta la Sardegna.
Come il primo amore, si sa, la prima vacanza non si scorda mai. Anche per me i ricordi del “mio primo mare” sono unici ed irripetibili. Sono stampati nella mia mente in maniera indelebile, come i paesaggi di allora, la lunga spiaggia quasi deserta, il canneto, fabbrica dei miei giochi, i pesci che ci giravano intorno, quasi a chiederci una carezza. Grazie caro amico, Sindaco di Mamoiada; grazie, caro Graziano, per aver riaperto uno dei miei più bei “file” della mia fanciullezza! Grazie anche per l’impegno e la determinazione che ho letto nel Tuo volto e nelle Tue parole: credo che non riuscirò a dimenticare mai una frase che, hai sapientemente miscelato nel tuo saggio discorso di pubblico amministratore, quella di avere timore di usare nel Tuo parlare “ Sas paraulas de pazza”, le parole “leggere”, vuote, senza peso. Continua la Tua lotta civile, il Tuo impegno e le Tue parole “di peso” per far sì che anche le generazioni future possano ancora godere di quel patrimonio che noi abbiamo conosciuto.
Grazie per la Tua bella lezione di impegno civile.
Mario Virdis
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Il recente incontro-dibattito “ Sguardi sul mare da vicino e da lontano. A confronto esperienze e opinioni di tre Sindaci”, predisposto, con noi studenti della Specialistica in Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo, dalla docente del Corso avanzato di Sociologia Urbana, prof. Antonietta Mazzette è stato molto interessante.
La tavola rotonda era la seconda, delle tre fasi previste, di analisi della attuale realtà sarda, alla luce del vivace ed interessante dibattito, innescato dalla recente approvazione del PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE. Il dibattito prevedeva un confronto tra gli studenti e tre rappresentanti delle Istituzioni, i Sindaci di Mamoiada, Orosei e Seulo.
Durante l’incontro ho apprezzato molto la disponibilità al dialogo ed al confronto dei rappresentanti di tre zone della Sardegna molto diverse tra loro: una sul mare, Orosei, angosciata da non comuni problemi di crescita e consumo del suo territorio, le altre due Mamoiada e Seulo, ubicate entrambe nell’interno dell’Isola ma con problematiche diverse per popolazione in calo, distanza dal capoluogo e difficile rilancio delle tradizioni. Diversi i problemi sul tappeto: Orosei cresce, ha una disoccupazione praticamente inesistente, ha nel suo territorio immigrati sardi ed extracomunitari, Mamoiada e Seulo, invece, toccano con mano il lento ed inesorabile spopolamento, derivante dalla mancanza di attività destinate ai giovani che, pur acculturati e preparati, lasciano definitivamente i piccoli centri dell’interno, costringendoli ad un’impari lotta per frenare l’emorragia e garantire la sopravvivenza dei loro antichi centri.
Ognuno di loro ha portato la sua esperienza, la sua visione e le sue ricette per governare e conservare, al meglio, la sua terra. In tutti, comunque, ho visto l’angoscia, la preoccupazione, non solo di costruire un futuro, soprattutto ai giovani, ma anche di creare le condizioni per uno sviluppo capace di salvaguardare e tramandare alle generazioni future il patrimonio non solo tangibile, fisico, quello delle nostre bellezze naturali, ma anche quello culturale, e sociale di cui ognuno è portatore.
Diverso, anche, per tutti e tre il rapporto con il mare.
Ho seguito con vivo interesse tutto il dibattito, anche se un Sindaco, ha, in particolare, catturato la mia attenzione: il Sindaco di Mamoiada, Graziano Deiana. Il suo modo pacato, ma allo stesso tempo fiero, di esporre le sue opinioni mi ha più coinvolto. La sua fierezza di sardo traspariva dal modo lento con cui parlava: si esprimeva, senza toni forti, senza gesticolare, senza alterare il tono della voce. Le sue affermazioni fatte di un’alternanza di buon italiano con espressioni in lingua sarda risultavano, agli ascoltatori, chiare ed efficaci. Nella sua esposizione, pur pacata, non vi era rassegnazione ma determinazione: la consapevolezza sia delle difficoltà che aveva già incontrato che di quelle che avrebbe ancora continuato ad incontrare. Consapevolezza, la sua, che aveva al suo interno una forte certezza: da combattente (13 anni in prima linea, prima da V.Sindaco e poi da Sindaco) avrebbe continuato la lotta per la sua gente.
Credo che Graziano Deiana sia un uomo della mia generazione, quella che ha raccolto i cocci della guerra e lavorato per ricostruire un Paese distrutto.
Parlando del suo primo rapporto con il mare, avvenuto all’età di circa sei anni, e delle sue prime bellissime esperienze di fronte ad un elemento, il mare, fino ad allora per lui sconosciuto, mi ha riportato indietro nel tempo. Le sue scorribande sul litorale, il suo giocattolo vivente, la tartaruga, e gli altri giochi, fatti di niente, hanno riaperto, nella mia memoria, la scatola (oggi diremo il file) dei ricordi. Anch’io ho visto il mare “da grande”. Avevo otto anni e, complice un inverno particolarmente umido che aveva più volte attentato alle mie tonsille, la mia salute cagionevole convinse i miei ad accogliere il consiglio del medico di far “cambiare aria” al bambino. La cosa non era, però, facile. Gli anni ’50 scontavano ancora le ferite della guerra e la vita, il lavoro, erano di grande precarietà. Il mare distava dal mio paese, Bauladu (in provincia di Oristano), poco più di 20 chilometri, ma non vi erano mezzi di trasporto, né locali dove soggiornare. Inoltre, il reddito della mia famiglia non poteva certo consentire il noleggio di una carrozza o l’affitto di uno dei pochi appartamenti che si affacciavano sul mare a Torregrande, allora piccola frazione di Oristano. Una soluzione, però, doveva assolutamente essere trovata. L’unico mezzo, prezioso, di locomozione era allora la bicicletta. Mio padre, una sera, parlando con un amico, padre di un bambino della mia età, anche lui bisognoso di un soggiorno al mare, mise in piedi, con lui, un progetto: trasferimento al mare, a Torregrande, con viaggio in bicicletta e soggiorno in “tenda”, costruita con un’impalcatura di canne e chiusa con lenzuola e coperte. L’arredamento della “casa al mare” sarebbe stato spartano: una “stuoia” a testa, cucina all’aperto e…vacanze tutto mare!
L’idea sembrava pazzesca, ma non vi erano alternative. Dopo alcuni giorni di preparazione logistica iniziò il grande viaggio. La mia famiglia, composta di quattro persone (oltre i miei genitori e me, mio fratello un po’ più grande), si trasferì al mare viaggiando, in quattro, sull’unica bicicletta: mio padre alla guida, mia madre sul telaio, io sul portabagagli anteriore e mio fratello sul portabagagli posteriore.
Lentamente, le due biciclette (l’altra era quella del padre del mio amico) presero la via del mare. Le strade allora erano molto diverse: lo stretto nastro d’asfalto fino alle porte di Oristano (era la vecchia SS. 131) era pieno di buche, il resto, fino al mare, era strada in terra battuta. Il viaggio, iniziato alle prime luci del giorno, si concluse in alcune ore. L’arrivo al mare, in pieno sole, fu una cosa scioccante e meravigliosa. Una lunga distesa di sabbia, piena di conchiglie, di alghe e di palline, di tutte le dimensioni, che il mare preparava dopo aver a lungo arrotolato le alghe secche, separava la terraferma dalla grande distesa liquida, il mare. Rimasi a lungo a guardare il movimento delle onde con un misto di meraviglia e timore insieme.
Il resto della prima giornata fu dedicato alla preparazione della “tenda”. Mio padre e l’amico a tagliare le canne nel vicino canneto, e noi tutti a pulirle e mondarle dal fogliame. Dopo ore di preparazione l’intelaiatura era pronta. Le due tende affiancate, una per noi ed una per l’altra famiglia, furono completate a sera inoltrata. All’interno, come nei racconti, una candela di cera era l’intero impianto elettrico. Era tutto bello e selvaggio allo steso tempo.
Questo soggiorno marino durò una decina di giorni. Furono giorni bellissimi: il bagno, i giochi al sole anche con altri bambini, la raccolta delle piccole arselle sul bagnasciuga (ottimo ingrediente per la pasta alle telline), i giocattoli fatti con le canne prese nel vicino canneto.
L’effetto benefico del mare fu positivo anche per la mia salute. Gli anni successivi ci furono altre vacanze al mare che trascorsi, però, a Giorgino, in colonia con altre decine di bambini di tutta la Sardegna.
Come il primo amore, si sa, la prima vacanza non si scorda mai. Anche per me i ricordi del “mio primo mare” sono unici ed irripetibili. Sono stampati nella mia mente in maniera indelebile, come i paesaggi di allora, la lunga spiaggia quasi deserta, il canneto, fabbrica dei miei giochi, i pesci che ci giravano intorno, quasi a chiederci una carezza. Grazie caro amico, Sindaco di Mamoiada; grazie, caro Graziano, per aver riaperto uno dei miei più bei “file” della mia fanciullezza! Grazie anche per l’impegno e la determinazione che ho letto nel Tuo volto e nelle Tue parole: credo che non riuscirò a dimenticare mai una frase che, hai sapientemente miscelato nel tuo saggio discorso di pubblico amministratore, quella di avere timore di usare nel Tuo parlare “ Sas paraulas de pazza”, le parole “leggere”, vuote, senza peso. Continua la Tua lotta civile, il Tuo impegno e le Tue parole “di peso” per far sì che anche le generazioni future possano ancora godere di quel patrimonio che noi abbiamo conosciuto.
Grazie per la Tua bella lezione di impegno civile.
Mario Virdis
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