Oristano 30 settembre 2024
Cari amici,
Voglio chiudere con Voi i post di settembre parlando di DE-NATALITA' e di SPOPOLAMENTO. Se è pur vero che in Italia si fanno sempre
meno figli, la nostra Sardegna è proprio il fanalino di coda! Nella classifica mondiale della natalità oggi l'Italia è al
quart'ultimo posto. Le ragioni sono molteplici, alcune di queste hanno origini lontane, affondando le radici in ritardi sociali e culturali, riferiti alla
mancanza di “parità di genere”, oltre che a ragioni economiche più ampie. La
risultante è che la denatalità in Italia continua a crescere: gli ultimi dati ISTAT,
relativi all’anno 2023, parlano di 379mila nuovi nati, ovvero soltanto 1,20
figli per donna, i numeri più bassi di sempre!
Di fronte alla disastrosa
situazione italiana, la Sardegna risulta, tra l’altro, collocata agli ultimi
posti: praticamente la “maglia nera” delle Regioni. Si, le donne sarde non fanno più figli: la nostra si
conferma come la regione italiana con la natalità più bassa in assoluto, oltre
che e la seconda regione più colpita (dopo la Basilicata) dallo spopolamento. L'impietosa statistica dichiara in Sardegna un valore di fecondità per donna, pari a 0,95: la nostra isola è l’unica regione
italiana con una fecondità al di sotto dell'unità!
Amici, questo calo
demografico sempre più accentuato sta avendo un impatto devastante su diversi
fronti, che vanno dallo spopolamento, in particolare dei centri minori dell’interno,
al ridimensionamento del “sistema scolastico”, con soppressioni di classi ed accorpamenti che, anno dopo anno, stanno mettendo in pericolo il nostro livello
culturale. L’isola perde circa 5.000 studenti ad ogni apertura di anno
scolastico! Un vero disastro che, senza urgenti interventi tampone, effettuati
dalla politica per garantire il sacrosanto diritto allo studio, sta causando danni
irreversibili. La scuola è un diritto inalienabile, per cui è evidente
l’urgenza di una legge specifica sul diritto allo studio che possa
salvaguardare il diritto dei sardi all’istruzione.
Il problema del calo
demografico nell’isola è particolarmente acuto nel centro della Sardegna, dove
si registra anche un tasso di diplomati significativamente più basso rispetto
alla Città Metropolitana di Cagliari ed agli altri centri costieri come Olbia. Cinquemila
iscritti in meno ogni anno, con le aule sempre più vuote, fanno tremare in
particolare i piccoli centri, che ogni anno temono che la loro scuola possa
essere chiusa. È la tragica conseguenza dello spopolamento, che aggredisce in
particolare le zone interne dell’isola, dove interi paesi sono abitati solo da pochi
anziani.
Negli ultimi quattro anni
le scuole dell’isola, dalla materna alle Superiori di secondo grado, hanno
visto sparire ventimila iscritti. E se prima il segno meno riguardava
prevalentemente la fascia 3-11 anni, a causa del baby boom che si è interrotto
drasticamente intorno al 2010, ora anche le Medie e le Superiori patiscono la
carenza di new entry. Un quadro molto grave, che per ora appare inarrestabile,
che impone una urgente revisione del sistema scolastico e indubbiamente delle
scelte politiche importanti da fare!
All’entrata in vigore del
Decreto Ministeriale sul dimensionamento scolastico, concepito in linea con gli
obiettivi richiesti dall’Europa, l’Italia ha provveduto a ridurre il numero di
autonomie; in Sardegna queste sono state ridotte da 270 a 228, seppure senza
tagli e chiusure, almeno per ora. Il piano messo in atto ha suscitato
discussioni e contrapposizioni fortissime: è stata sottolineata la specificità
della Sardegna e l’opportunità di legiferare sulla scuola in maniera autonoma
tenendo conto delle caratteristiche della nostra regione, sia in termini linguistico-culturali,
che demografici e orografici. Ma non è questo l’unico problema che affligge il
sistema scolastico isolano.
Amici, chi governa
l’isola, dovrà intervenire con forza per invertire la rotta. Dovrà cercare di frenare
l’emorragia scolastica, che di fatto rischia di portare all’assenza di una
nuova, futura classe dirigente nell’isola. Il numero di ragazzi che non
arrivano al diploma o che non vengono ammessi all’esame di maturità (per due
anni il dato sardo è stato il peggiore d’Italia) si accompagna alla percentuale
di NEET (ragazzi tra i 15 e i 29 anni) che non studiano, non lavorano e
non frequentano corsi di formazione: sono il 25% del totale. Quelli evidenziati
sono dati alquanto allarmanti.
Cari amici, indubbiamente
il problema in Italia della crescente DE-NATALITÀ è serissimo, ma in Sardegna
ha implicanze, sotto certi aspetti, ancora più pericolose: il gravissimo
rischio dello spopolamento, con conseguente abbandono dei piccoli centri, specie
quelli dell’interno. Quando in un piccolo centro spariscono la Banca, l’Ufficio
Postale, la Farmacia, i negozi e la scuola, che senso avrebbe per i pochi
rimasti continuare a restare? La risposta la dovrebbero dare i politici che ci
governano, in particolare quelli della nostra SARDEGNA!
A domani.
Mario