sabato, ottobre 31, 2020

LE NUOVE FRONTIERE DELL’APERITIVO. IL DISTANZIAMENTO SOCIALE E LA RAREFATTA SOCIALITÀ, SONO I FRUTTI AVVELENATI PORTATI DELLA PANDEMIA DEL CORONAVIRUS: CI PORTANO A VIVERE IN TRISTE SOLITUDINE.


Oristano 31 ottobre 2020

Cari amici,

Nel post di ieri ho scritto che lo scatenarsi della pandemia causata dal COVID-19 aveva, tra gli altri mali, modificato il nostro modo di vivere anche in maniera forte e traumatica, e che, forse, lo modificherà in modo permanente; insomma, dopo la cessazione della pandemia “nulla tornerà ad essere come prima”. Ieri ho qui riflettuto con Voi sul tema della socialità e dei suoi riti, focalizzando la mia attenzione sulla consolidata usanza della condivisione conviviale, praticata con familiari ed amici gustando aperitivi e stuzzichini.

Ora però, con il divieto di assembramento che ha praticamente messo al bando il classico aperitivo al bar, comunemente consumato come sana abitudine, questo rito consolidato, capace di rinsaldare amicizie e crearne di nuove, ci è venuto a mancare non poco. Si, amici, la perdita del rito dell’aperitivo è una delle cose che ci addolora e che ci crea immensa tristezza. Il piacevole rito, però, non può essere gettato via alle ortiche e considerato un retaggio del passato, ma si fa di tutto per conservarlo almeno nei suoi tratti essenziali, nella speranza che possa essere quanto prima ripristinato alla vecchia maniera.

Ed ecco allora che il precedente rito pubblico consumato con amici, parenti e conoscenti, si trasforma, seppure in forma ridotta, in “Aperitivo casalingo”, dove ognuno di noi può esprimere le sue capacità di BARMAN (o bartender) in grado di stupire familiari e amici. Ieri ho parlato di alcuni degli stuzzichini che fanno parte del rito, oggi invece cercherò di parlarvi dei più importanti aperitivi, che, saggiamente miscelati, danno a questo piacevole rito un tocco di classe. Eccone alcuni particolarmente sfiziosi.

Negroni. È probabilmente il cocktail italiano più diffuso nel mondo. Fu ideato a Firenze nel 1919-20 dal conte Camillo Negroni, appassionato viaggiatore e poliglotta, che proprio in quegli anni era solito frequentare il Caffè Casoni di Firenze. Si prepara con tre parti uguali di gin, vermut rosso e Campari. Si riempie il bicchiere con abbondante ghiaccio, si aggiunge in parti uguali il gin, il vermut rosso e il Campari, si mescola per bene e si completa con una fetta d’arancia intera (non spremuta) incassata sul bordo del bicchiere.

Daiquiri. È l’aperitivo classico amato da Hemingway, che ne lanciò la fama. Si narra che un marine americano scampato al naufragio della sua nave, sia approdato nel villaggio di Daiquiri, oggi Playa Daiquiri e qui, per placare la sete, fece allungare il proprio rum con del lime e dello zucchero, inventando così il daiquiri. Si prepara con i seguenti ingredienti: 4,5 cl Rum bianco, 2,5 cl Succo di lime fresco, 1,5 cl Sciroppo zucchero. Ne esistono due versioni: sia la versione Frozen, ossia frullato con abbondante ghiaccio fino a divenire una sorta di sorbetto spumoso e vellutato, sia quella più semplice Shaken, con le dosi di rum bianco, succo di lime e sciroppo di zucchero.

Dry Martini. Il cocktail martini è nato negli Usa tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento; è tra i drink più semplici, ma anche uno dei più apprezzati. Di tenore alcolico sostenuto e netto al palato, rimane tuttavia elegante; viene preparato miscelando o shakerando, in varie proporzioni in base alle varianti, vermouth dry e gin. Prima del 1914 conteneva parti uguali di gin e vermouth dry. Nel tempo, il dosaggio è variato; la ricetta IBA (International Bartender Association, autorità assoluta quando si tratta di codifica delle ricette in miscelazione) prevede 60 ml di Gin e 10 ml di Vermouth Dry. Si procede miscelando nel Mixing Glass con ghiaccio, poi filtrando nell’iconica coppetta conica ben raffreddata ed infine guarnendo con Lemon twist e/o oliva verde.

Margarita. C’è chi dice che fu inventato nel 1942, in un bar di Juàrez, in Messico, in seguito alla richiesta di una donna che aveva in realtà chiesto un Magnolia a un cameriere che non ne conosceva la ricetta, e che quindi si inventò lì per lì il Margarita. Una certezza c’è: oggi è il classico cocktail da grigliata della domenica per gli statunitensi. Il Margarita è il cocktail a base tequila col posizionamento più alto della classifica Drinks International. Gli ingredienti: 3,5 cl di Tequila, 2 cl di Triple Sec (liquore aromatizzato all’arancia tipo Cointreau), 1,5 cl di succo fresco di limone o lime, Sale. Si prepara versando in uno shaker con ghiaccio cinque parti di tequila puro agave, due di triple sec, una e mezzo di succo di lime appena spremuto; shakerare, versare in coppa cocktail (o nell’apposita e panciuta coppa Margarita) ghiacciata e, a scelta, incrostata di sale sull’orlo. È possibile realizzarlo anche in versione frozen.

Manhattan. Sono in tanti a prediligere il Manhattan, questo classico assoluto, nominato nella top10 dei più venduti. Pare sia stato inventato verso il 1870 al “Manhattan club” di New York, durante un ricevimento organizzato da Jerrie Jerome, madre di Winston Churchill, a favore del candidato alla presidenza Samuel Tilden. Ecco gli ingredienti: 5 cl Rye Whiskey, 2 cl Vermouth rosso, Gocce di Angostura. Si prepara versando in Mixing Glass cinque parti di Rye o bourbon, due di vermouth rosso e l’Angostura o altri bitter, quindi procedere agitando in coppa cocktail gelata e guarnendo con ciliegia sotto spirito.

Mojito. Altra preparazione cubana. Ernest Hemingway nei suoi giorni cubani, era solito ripetere “Mi Daiquiri en El Floridita, mi Mojito en La Bodeguita”. Si riferiva alla celeberrima Bodeguita del Medio, luogo di nascita di questa bevanda successivamente divenuta proprietà esclusiva di pessimi bar della movida e di adolescenti in cerca di modi per darsi un tono. Gli ingredienti: 50 ml. di rum bianco, 6/8 foglie di menta, Acqua gassata, Succo di 1 lime (circa 3 cl), 2 cucchiaini di zucchero di canna bianco, Ghiaccio. Si prepara versando sul fondo di un tumbler alto un cucchiaio di zucchero di canna bianco, si aggiunge succo di lime fino a coprirlo completamente e qualche rametto di menta fresca; si pesta poi delicatamente la menta, si colma con ghiaccio (in cubetti nella versione de La Bodeguita, tritato secondo l’IBA), quindi si aggiunge una parte di rum bianco e due di soda o acqua frizzante. Miscelare e servire.

Aperol Spritz. Riporto per ultimo questo aperitivo. È un prodotto del nostro Nord Italia, nasce infatti nel Triveneto nell’Ottocento, durante la dominazione asburgica, quando i soldati austriaci cominciano a “spruzzare” i robusti vini della zona con il seltz. La sua consacrazione avviene nel 1919, quando alla fiera di Padova, viene presentato per la prima volta l’Aperol dei Fratelli Barbieri. È senza dubbio il più semplice da riprodurre a casa, tra i drink elencati in questa lista. Ecco gli ingredienti: Aperol, Prosecco, Soda. Si procede versando in bicchiere Old Fashioned o capiente calice da vino riempiti di ghiaccio due parti di Aperol, tre di Prosecco e una spruzzata di soda; miscelare delicatamente e guarnire con una fetta d’arancia.

Cari amici, vi ho elencato un “Settebello” di aperitivi, che accompagnano piacevolmente gli stuzzichini di cui abbiamo parlato ieri. È un momento poco piacevole quello che stiamo vivendo, lo sappiamo, ma qualche piccola consolazione non può e non deve mai mancare! Per quanto ovvio, non ho indicato tutte quelle altre bevande analcoliche che accompagnano il rito dell’aperitivo, in particolare quello in famiglia, dove ci sono certamente anziani e bambini (dalla coca cola all’aranciata, dal succo d’arancia al the freddo, etc.).

A domani, amici!

Mario

venerdì, ottobre 30, 2020

IL DISTANZIAMENTO SOCIALE HA GIÀ MODIFICATO LE NOSTRE ABITUDINI: L’APERITIVO È DIVENTATO CASALINGO, CON I CONVIVENTI E POCHI AMICI.

 




Oristano 30 ottobre 2020

Cari amici,

Che lo scatenarsi della pandemia causata dal COVID—19 abbia già modificato il nostro modo di vivere e che ancora lo modificherà (forse per sempre), è da considerarsi praticamente una certezza. In particolare, a noi popolo mediterraneo abituato ad una vita sociale affettuosa e coinvolgente, sia l’iniziale Lockdown che il successivo distanziamento sociale, hanno creato uno shock terribile, quasi impossibile da assorbire. Non potersi salutare affettuosamente, abbracciare amici e conoscenti, stare in dolce e nutrita compagnia al bar o al ristorante, ci crea uno stato di disagio e di tristezza che sarà difficile da metabolizzare.

È stato, per esempio, uno shock che ha spezzato il rito quotidiano del caffè e dell’aperitivo al bar, consumato in precedenza con amici e anche con semplici conoscenti, un rito consolidato, capace di rinsaldare amicizie e crearne di nuove. Si, amici, la perdita del rito dell’aperitivo è una delle cose che ci manca davvero, e che ci fa piangere il cuore. Ora, mancando le occasioni (pausa caffè, pausa pranzo, aperitivo prima della pizza serale, etc.), per poterci almeno consolare, cerchiamo di replicare questo rito all’interno delle nostre case, ovviamente limitato ai nostri conviventi ed eccezionalmente a qualche raro amico.

Ebbene, poiché da che mondo è mondo siamo abituati a fare di necessità virtù, considerato che non possiamo continuare alla vecchia maniera, utilizzando la grande esperienza dei titolari dei locali di ristoro nostri amici, abbiamo pensato al “fai da te”. Ed ecco mettere in atto alcune ricette veloci per gustare in casa un buon aperitivo, realizzabile in pochi minuti. Tra finger food, piccole sfiziosità e cocktail originali, riusciremo comunque ‘a stare bene’ comunque insieme, al caldo del nostro nido domestico, stupendo anche i nostri pochi ospiti, in una serata in compagnia.

Quella dell’aperitivo, amici, è un’arte tutta italiana, tanto che all’estero ce la invidiano in molti; siamo maestri nel consumare un calice di vino o uno spritz, accompagnato da stuzzichini e chiacchiere. La formula è semplice: finger food e piatti monoporzione da mangiare, spesso, senza l’impegno di coltello e forchetta. È pur vero che siamo italiani, abituati ad affidarci alle proposte di bar e bistrot, ma l'aperitivo è facile da preparare anche a casa, per accogliere amici e ospiti nel modo migliore.  Ecco dunque alcuni esempi, con i quali possiamo star bene e fare anche bella figura. Per accompagnare degnamente ciò che si beve (siano miscele acoliche che analcoliche, o bibite), prepareremo degli sfiziosi stuzzichini, meglio se numerosi e variati. Eccome alcuni.

Una bella teglia di bignè caldi alla crema di melanzane, tanto per cominciare. I bignè sono da cuocere in forno o mettere in olio bollente, e sono l’accompagnamento perfetto per creme dolci o salate. La ricetta con la crema di melanzana e basilico va così preparata: 1 melanzana piccola, 250 g di ricotta, basilico, 1 cucchiaio di semi di papavero, olio evo e sale. Procedimento: infornate la melanzana a 200°C e lasciatela abbrustolire. Una volta cotta, rimuovete la pelle e tagliatela finemente. Lasciatela scolare in un colino per 5 minuti. Salatela, aggiungete un filo d’olio e il basilico a pezzetti. Poi la ricotta e i semi di papavero. Amalgamate con cura e lasciate in frigo. Riempite i bignè prima di servirli, passandoli prima al microonde per gustarli caldi.

Frutta secca: Anacardi alla diavola. Gli Anacardi sono da servire croccanti, come le noccioline, e da mangiare con le mani. Con la stessa ricetta, si possono usare anche altri tipi di frutta secca (come mandorle, arachidi e pistacchi). Ingredienti: 250 g di anacardi pelati non tostati, 15 g di albume, 3 cucchiaini di sale fino, 2 cucchiaini di peperoncino piccante in polvere (o quanto preferite). Procedimento: unite tutti gli ingredienti in una ciotola e amalgamate fino a sciogliere il sale. Trasferite in teglia e infornate a 180°C per 15-20 minuti, fino a doratura. Ogni 3-4 minuti girateli per non lasciare che si attacchino l’un l’altro.

Girelle di pancarrè. Il pancarrè deve essere fresco e morbido, altrimenti non appena cercherete di arrotolarlo si spaccherà. È necessario che sia elastico. Ingredienti: 8 fette di pancarrè, 150 g di prosciutto cotto, 2 kiwi, olio evo, pepe, 200 g di burro. Procedimento: eliminate la crosta al pane e schiacciate le fette con il mattarello. Pulite e affettate i kiwi, poi spalmate il burro sul pancarrè e aggiungete le fette di prosciutto e il kiwi. Condite con un filo d’olio e del pepe e arrotolate. Avvolgete con pellicola e lasciate rassodare in frigo. Tagliate i rotolini e servite.

Frittelle zucchine e menta. Le zucchine e menta, un classico che piace sempre, ancora meglio se in forma di frittelle fritte. Ricordatevi però di lasciare sotto sale le zucchine per una decina di minuti prima di iniziare, in modo da evitare il rilascio di acqua in cottura. Ingredienti: 500 g di zucchine, 1 uovo, 50 g di pecorino grattugiato, 1 cucchiaio di lievito per torte salate, 100 g di latte, 100 g di farina, menta fresca, sale, olio per friggere. Procedimento: tagliate le zucchine a julienne e mettetele sotto sale. Risciacquatele e mescolatele all’uovo, alla mente a pezzetti, al formaggio e al sale. Unite poi anche la farina e il lievito e diluite con latte. Sciogliete ogni grumo e friggete piccole quantità di composto poco alla volta in molto olio.

Mozzarella al pesto. Fagottini di mozzarella tra due fette di pane e fritti. Il sapore in più, questa volta, lo dà il pesto e i pinoli a pezzetti. Ingredienti: 8 fette di pancarrè, 2 uova, farina, 200 g di mozzarella asciutta, 50 g di pesto, 20 g di grana grattugiato, 20 g di pinoli e sale. Procedimento: iniziate tostando i pinoli in un tegame. Rimuovete le croste al pane, tritate la mozzarella in un cutter e amalgamatela al pesto. Unite anche grana e pinoli e spalmate il composto sulle fette di pane. Accoppiatele e impanateli in uovo e farina. Friggete e asciugate in carta assorbente.

Palline di riso ai pistacchi. Crocchette raffinate e gustose: le polpettine di riso hanno all’interno una crema di pistacchi. Ingredienti: 500 g di riso da insalata, 2 uova, 100 g di grana grattugiato, 50 g di burro, pangrattato, olio per friggere. Per la crema: 30 g di farina, 30 g di burro, 200 g di latte, 30 g di pistacchi sgusciati, 30 g di grana grattugiato, pinoli e sale. Procedimento: iniziate dalla crema. Sbollentate i pistacchi in acqua per un paio di minuti. Spellateli e frullateli con il latte. Sciogliete il burro in un pentolino e unitelo alla farina per formare una crema soda. Diluitela con il latte ai pistacchi e mescolate. Fate addensare il composto e aggiungete il formaggio grana. Lasciate raffreddare la crema e formate delle palline da mettere in freezer. Cuocete il riso al dente, conditelo poi con burro, uova sbattute e grana. Realizzate poi delle polpettine con cuore di crema al pistacchio. Impanate nel pangrattato le sfere e sfriggete.

Cari amici, con questo accompagnamento farete certamente una gran bella figura! Per non annoiarvi troppo, per oggi vi accontentate degli stuzzichini, domani troverete invece qualche ricetta per preparare degli sfiziosi cocktail che li accompagnano!

A domani.

Mario

giovedì, ottobre 29, 2020

ANCHE IL PICCOLO PUÒ ESSERE IMMENSO. AL MUSEO DIOCESANO ARBORENSE, “L'IMMENSO MINUSCOLO” DI PAOLA MINELLO. LE OPERE ULTIME DELL’ARTISTA, IMPREGNATE DI GRANDE SACRALITÀ.

 


Oristano 29 ottobre 2020

Cari amici,

Nonostante il triste periodo che stiamo attraversando, impregnato di paure e in particolare del triste distanziamento sociale, il Museo Diocesano Arborense prosegue caparbiamente nella sua attività culturale, seppure obbligatoriamente limitata dalle normative anti-contagio. La ripresa, dopo il periodo estivo, è ripartita con una particolare mostra d’arte: l’esposizione di 30 tele dell’artista Paola Minello, incentrate sul tema del Sacro. A partire dal 16 novembre (purtroppo senza la classica presentazione al pubblico), la mostra, che ha per titolo “L'immenso minuscolo”, e che è costituita dalle particolari opere che l’artista ha realizzato nell’ultimo periodo della sua vita, sarà aperta al pubblico. Un percorso artistico davvero particolare, quello della Minello, artista a tutto tondo, che ha dedicato all’arte pittorica il periodo finale della sua vita. Un periodo nel quale l’artista si è cimentata in una approfondita ricerca spirituale personale, che lo spettatore potrà toccare con mano osservando con attenzione le sue opere. Sono trenta le tele esposte al Museo Diocesano, tra le quali cinque, rimaste incompiute, e che il suo compagno di vita, l’artista Salvatore Garau, ha completato.

Paola Minello, nata a Roma nel 1955 e scomparsa nel 2013, ha nel sangue la vocazione artistica fin dalla nascita. Dotata di una voce importante, entra giovanissima a far parte del coro delle voci bianche della Rai. Diploma in canto al conservatorio di Santa Cecilia, diventa un’apprezzata cantante a soli diciassette anni. Successivamente si cimenta sia in opere liriche che nelle colonne sonore di film importanti, come quelli di Ennio Morricone. La sua vita sembra ormai dedicata al canto a tempo pieno, costantemente partecipe in veste di corista dell’orchestra Rai impegnata in innumerevoli trasmissioni televisive, ed anche come solista in trasmissioni di grande ascolto, come “Pronto Raffaella”, “I migliori anni” e altre.

Oramai cantante affermata, utilizza la sua voce anche in molte pubblicità nazionali. Nel 1974, grazie alla musica, conosce l’artista Salvatore Garau che incomincia a frequentare e al quale si legherà nel 1991. Poi la sua vita cambia, e per Lei inizia un percorso artistico alquanto diverso. Dal 2002 decide di dedicarsi esclusivamente alla pittura, utilizzando quest’arte per soddisfare un suo particolare bisogno interiore: una profonda ricerca spirituale che la accompagnerà fino alla fine.

Lo spettatore che visita la mostra oristanese della Minello, curata dal marito Salvatore Garau, troverà traccia di questa sua costante ricerca spirituale nell’osservazione attenta delle trenta tele esposte, frutto del lavoro artistico degli ultimi anni della sua vita. Opere dipinte anche nell’ultimissimo periodo, tanto che alcune sono rimaste incompiute, poi completate dallo stesso Garau, che così ricorda il lavoro artistico della sua compagna di vita: “Paola è riuscita, pur nella piccola dimensione, a creare un immenso spazio dove abitano, quasi nascoste, o appena rivelate (forse impaurite dalla forza del colore e del gesto che le circonda), minuscole figure rubate dai grandi classici e rimpicciolite così tanto da destare umile tenerezza, quasi suggerissero Io sono, non ho bisogno di farmi notare. Una pittura che tiene nella propria culla quei minuscoli angeli e santi di tante sacralità, che altro non sono che cellule viventi dentro ognuno di noi, sono memoria silente che appartiene alla sensibilità e alla cultura di ciascuno, accentuando il loro (il nostro) essere parte dell'universo, quell'universo meraviglioso senza fine che ci circonda e del quale spesso ce ne scordiamo”. Diverse, importanti opere della Minello sono presenti in collezioni private e alla Fondazione di Sardegna.

Cari amici, a mio avviso quella della Minello, ubicata presso il Museo Diocesano, è una mostra interessante, davvero da visitare, perché farà riflettere non poco ciascuno di noi visitatori. A causa delle restrizioni dovute al Covid non si è potuto tenere, come detto, il classico vernissage, ma la mostra rimarrà aperta al pubblico (con ingresso gratuito) fino al 22 novembre, con i seguenti orari: il giovedì e il venerdì dalle 17 alle 20, il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.

Grazie, amici, della Vostra sempre gradita attenzione.

Mario

mercoledì, ottobre 28, 2020

LA SFIDA LANCIATA DAI COLOSSI DEL WEB ALL'UNIVERSITÀ. GIGANTI COME GOOGLE E MICROSOFT, CON L’USO DELLA TECNOLOGIA VOGLIONO RENDERE OBSOLETO L’INSEGNAMENTO TRADIZIONALE UNIVERSITARIO.

 


Oristano 28 ottobre 2020

Cari amici,

Quella che appare all’orizzonte è una sfida titanica: sostituire con la tecnologia la precedente formazione universitaria. Su questo versante sia Google che Microsoft hanno lanciato alle Università tradizionali un vero “guanto di sfida”, che potrebbe avere effetti devastanti. Microsoft, per esempio, nel giugno scorso ha messo in piedi un corso on line (Global skills initiative), che fornirà, entro quest’anno, “nuove abilità digitali” a venticinque milioni di americani per consentire loro di superare la crisi da Covid–19; Google, sulla stessa lunghezza d’onda, nel luglio scorso ha messo in piedi un corso di formazione online (Google Career Certificates), della durata di 3– 6 mesi, al termine dei quali viene rilasciato un “certificato”, considerato dai reclutatori di Google equivalente ad un “tradizionale” corso di studi universitario di quattro anni.

Apparentemente entrambe le iniziative appaiono un’interessante innovazione: i due grandi della tecnologia si sono impegnati a fornire nuova formazione (meglio dire abilità digitali), in particolare a chi ha perso il lavoro, anche se ai più esperti appare, più che altro, come un cavallo di Troia. Come ha avuto modo di affermare lucidamente David Leibowitz, riportando il suo pensiero sulle pagine di Medium.com, dove ha scritto un pezzo intitolato “You Don’t Need College Anymore, Says Google” (Non hai più bisogno dell’università, dice Google), le due iniziative potrebbero assestare un “colpo mortale” all’attuale sistema universitario, già da tempo in crisi. Secondo il National Student Clearinghouse Research Center, per le Università degli USA si parla di declino ininterrotto negli ultimi otto anni, con l’11% di studenti in meno.

Passando dagli USA all’Europa, le cose non cambiano di molto e il briefing dell’Economist dello scorso 8 Agosto, ha dichiarato che è già suonato l’allarme per i college inglesi, che devono fronteggiare la diserzione degli studenti stranieri a motivo delle limitazioni di viaggio: fino a cinquantamila dollari persi per ogni studente. Se il resto del mondo piange, l’Italia certo non ride. L’attesa sui dati delle immatricolazioni è caratterizzata da un generale pessimismo, che prevede fino ad un possibile 20% di calo. Quasi tutti gli atenei, complice la pandemia del COVID-19, si stanno dotando di infrastrutture per mettere sul tappeto anche corsi online. Ora, però, la sfida lanciata dai colossi dell’informatica complica ancora di più la situazione precedente.

Uno dei problemi più spinosi è costituito dalle differenze sia di costi che di tempo. Tra la formazione culturale universitaria e la formazione informatica on line, ci sono differenze abissali. Google, che con i corsi prospettati intende formare figure di alto livello in molteplici settori tecnologici tra i più richiesti oggi (con il progetto, che si chiama Google Career Certificate), offre la possibilità di prendere una laurea in soli 6 mesi, che viene dichiarata con lo stesso valore di una qualsiasi laurea tradizionale, ma con un costo a dir poco irrisorio: di soli 300 euro. Costo modesto, che credo possa essere applicato anche ai corsi firmati Microsoft, quindi di assoluta convenienza rispetto ai costi delle lauree tradizionali.

Eppure, questa novità appare poco convincente: anzi, addirittura scioccante. Sebbene l’acculturamento fatto on-line appaia interessante, investire troppo su questo tipo di formazione, a detta degli esperti, rappresenta una mossa sbagliata. Innanzitutto, per quanto ci si possa attrezzare, non si raggiungerà mai il grado di professionalità dei corsi Universitari veri e propri offerti dalle Università tradizionali; sarebbero insomma un prodotto da considerare solo una pallida imitazione dei regolari corsi universitari.

C’è poi un secondo e più importante motivo che differenzia incredibilmente i due tipi di formazione. Passare tout court ai corsi on-line sarebbe proprio sbagliato, in quanto in questo modo si avvalorerebbe l’idea che l’Università attuale sia soltanto un sistema obsoleto, capace di fornire cultura solo agli utenti paganti, ribadendo e confermando la passata convinzione dell’Università riservata alle sole Élite.

Luca Gammaitoni, fisico, ricercatore e saggista italiano, direttore del Noise in Physical System Laboratory presso il Dipartimento di Fisica dell'Università di Perugia, intervistato sui nuovi programmi on-line di cui parliamo, ha dichiarato che “…la nuova strada che si presenta davanti a noi appare molto rischiosa”. “Me ne sono convinto - ha continuato - mentre camminando nella galleria del Rettorato dell’Università di Perugia, osservavo le splendide iscrizioni etrusche inglobate nel muro; Istituzioni universitarie come quella di Perugia, sia in Italia che in Europa, negli ultimi settecento anni hanno costituito i pilastri della civiltà, formando le classi dirigenti e orientando le politiche di sviluppo del pianeta”.

Cari amici, i due modelli di acculturamento, quello tradizionale e quello moderno oggi proposto, sono due modelli decisamente incompatibili tra loro. Secondo Google, i corsi universitari tradizionali sono ritenuti superati perché non in linea con il cambiamento dell’economia, che si evolve e può modificarsi anche in un breve periodo, come ad esempio in sei mesi; si sta, però, sottovalutando un problema di fondo. Una cosa deve restare sempre chiara e irrinunciabile: la severa e completa preparazione di base. Scopo dell’Università non è la fornitura di aggiornate competenze (digital skills), ma la creazione nello studente di una eccellente, nuova conoscenza. Basta un semplice esempio per capire. Il compito principale svolto dall’Università non è tanto quello di insegnare agli studenti ad usare i computer esistenti, quanto quello di creare in loro la capacità di progettare i computer del futuro!

A domani.

Mario
                         



 

martedì, ottobre 27, 2020

SCEGLIERE IL GIUSTO FITNESS: CONOSCI QUELLO METABOLICO? OGNUNO DI NOI DOVREBBE SCEGLIERE IL FITNESS PIÙ CONSONO AL SUO METABOLISMO.

 




Oristano 27 ottobre 2020

Cari amici,

Fitness è un termine inglese, usato e abusato, che definisce la ginnastica a noi necessaria per tenere in esercizio il nostro corpo, indispensabile ad ogni età. Al giorno d’oggi è l’attività sportiva, la ginnastica che ha la funzione prevalente, quella di tenere in esercizio il proprio corpo per migliorare in particolare non solo l’aspetto fisico ma anche il nostro benessere; attività che, se svolta nei dovuti modi, si ripercuote positivamente in tutte le funzioni del nostro organismo. Certo la cura del nostro corpo è sempre molto importante, ma non può essere fine a sé stessa. Il giusto movimento deve sempre rappresentare un utile strumento, capace di farci ritrovare un positivo equilibrio psico-fisico, essendo il movimento in grado anche di curare, in modo naturale, molti dei disturbi che la vita moderna, in particolare quella di città, ci crea.

Tra i vari tipi di fitness, il Fitness Metabolico costituisce una possibile risposta alle manifestazioni di disagio che il nostro corpo presenta, specie dopo una certa età. Cito ad esempio ipertensione, diabete, sovrappeso, ipercolesterolemia, tutte sintomatologie che spesso hanno origini comuni. Ebbene, tramite l’utilizzo di particolari attività fisiche, è possibile trovare un giusto equilibrio e una accettabile convivenza con queste nostre patologie, riuscendo addirittura non solo a migliorarle ma anche a debellarle, soprattutto quelle di origine metabolica. Vediamo allora, insieme, i particolari di questo “Fitness metabolico”.

Il fitness metabolico è costituito da una serie di esercizi molto vicini al fitness sportivo, ma rivolti e particolarmente correlati al benessere metabolico. Si tratta quindi di un fitness classico ma abbastanza soft, che si pone l’obiettivo di ridurre il rischio di diabete e delle malattie cardiache, tramite programmi di esercizio fisico di moderata intensità. Insomma ‘esercizi dolci’, che rappresentano un nuovo approccio alla salute, con lo scopo di migliorarla, senza partire dal chiodo fisso della perdita di peso. Questi esercizi, infatti, non richiedono il raggiungimento di una consistente perdita dei chili in eccesso, ma sono rivolti a migliorare il benessere generale dell’organismo.

Partendo dal presupposto che uno stile di vita sedentario risulta negativo per la salute metabolica dei soggetti obesi, risulta quindi essenziale fare dell’allenamento dolce, non tanto focalizzando l’attenzione sulla riduzione del peso corporeo, ma miscelando l’esercizio ad una dieta sana e bilanciata, con meno grassi e carboidrati raffinati e un aumento dell’attività fisica quotidiana. Il fitness metabolico è legato all’insulina e più specificatamente all’insulino-resistenza, un problema associato spesso al diabete. Non a caso, proprio come il sovrappeso, anche questa condizione può essere migliorata dal consumo di cibi sani e attività fisica regolare.

I risultati si possono ottenere in poco tempo, tanto che nel giro di pochi giorni o settimane si possono sentire già i primi miglioramenti sulla salute. Chi inizia a praticare il fitness metabolico si accorge piacevolmente dei risultati, e questo concetto di fitness sta prendendo sempre più piede negli ultimi anni. Questo mette in risalto i benefici legati proprio al metabolismo, come il miglioramento del profilo lipidico, con la riduzione dei livelli lipidici e del colesterolo LDL nel sangue. Offre inoltre anche un considerevole miglioramento del profilo glicemico, grazie a un aumento della sensibilità insulinica e della tolleranza al glucosio.

Il Fitness Metabolico, insomma, appare come un ‘modo nuovo’ di fare fitness, che, diversamente dal fitness sportivo (finalizzato al miglioramento del benessere cardio-respiratorio), si preoccupa, invece, del miglioramento della componente metabolica del soggetto che lo pratica, in una logica di prevenzione e/o cura delle patologie metaboliche prima evidenziate. Uno sport davvero sano, che sarebbe opportuno praticare sempre dopo una certa età.

Cari amici, Il fitness metabolico, tra l’altro, ha sul nostro organismo ulteriori effetti benefici, in quanto aiuta anche a perdere peso, grazie alla riduzione della massa grassa legata allo sforzo fatto e migliora il controllo dello stress in maniera del tutto naturale. Praticare questo genere di allenamento garantisce inoltre, come accennato, la diminuzione del rischio di diabete, portando alla riduzione del rischio patologico e di morte prematura. Uno sport, insomma, certamente da praticare, perché la sedentarietà non abbia a vincere, col passare degli anni, in particolare dopo l’arrivo degli “ANTA” …

A domani.

Mario