venerdì, aprile 26, 2013

MAGGIO, MESE ROTARY DEDICATO ALLA CULTURA.



Oristano, 27 Aprile 2013
Cari amici,
la gran parte di Voi sa che faccio parte del Rotary (nel club di Oristano) da oltre vent'anni. Nel calendario rotariano il mese di Maggio è dedicato alla "cultura". Sono stati i club della “Vecchia Europa” a dedicare Maggio, il mese del risveglio della natura, alla “Cultura”. L’Europa ha da sempre privilegiato la cultura, la cui nozione appartiene “di diritto” alla storia occidentale. Il termine cultura, di origine latina, proviene dal verbo "coltivare", ma, col tempo, l'utilizzo del termine è stato esteso a quei comportamenti che imponevano una "cura verso gli dei", stavano ad indicare, insomma, quei modi di fare, quei riti, che con un termine derivato venivano definiti "culto".
 
 Il significato di cultura, tralasciando anche il concetto umanistico del “coltivare l’animo umano”, nella sua estensione antropologica moderna risulta essere quel variegato insieme dei costumi, delle credenze, degli atteggiamenti, dei valori, degli ideali e delle abitudini delle diverse popolazioni sparse nel mondo. Usi, costumi ed abitudini che, accettate e rispettate, contribuiscono a creare integrazione e crescita comune. Il concetto rotariano di cultura in sintesi è proprio questo: rispetto ed accettazione di tutte le culture dei popoli della terra che, insieme, possono – nel pieno rispetto l’uno dell’altro – crescere e prosperare, per il raggiungimento di quel desiderato traguardo finale: la pace universale tra tutte le popolazioni della terra.

LASCIATI ABBRACCIARE DALLA CULTURA!
Rileggendo Paul Harris, fondatore del Rotary (parlo del suo libro La mia strada verso il Rotary), potremo ripetere con lui che “Chi contribuisce alla somma totale della conoscenza umana non è solamente un benefattore della propria nazione ma è un benefattore di tutto il mondo”. Da questo lungimirante pensiero del nostro fondatore ne discende l’invito che il Rotary fa a tutti i rotariani del mondo: operare costantemente e con dedizione a migliorare, in se stessi e negli altri, l’umana conoscenza. Tutte le iniziative che i club ritenessero di mettere in atto possono risultare utili, senza limitazione alcuna: un progetto che diminuisce la fame nel mondo, che migliora le condizioni di vita, che mitiga l’analfabetismo, che incrementa l’occupazione, che si occupa di giovani. E’ certamente questo che intendeva Paul Harris con la frase prima riportata.
Tutti possiamo contribuire anche in modo apparentemente poco significativo: quando apriamo le nostre conferenze all’esterno, come con i “Venerdì con il Rotary”, quando parliamo di Rotary ai ragazzi delle scuole, raccontando cosa viene, ogni giorno, realizzato nel mondo, quando attraverso "Media" facciamo parlare di noi sui giornali, alla radio o alla televisione, stiamo applicando concretamente l’invito di Paul Harris. Fare cultura, cari amici, è anche portare avanti quel progetto di “ricostruzione” del Rotaract club di Oristano! Avere con noi un folto gruppo di giovani, impegnati in azioni che rispecchiano la nostra filosofia del “servire” non è, secondo Voi, fare cultura? Anche portare avanti, per il secondo anno, il progetto “Giardini Fioriti”, è fare cultura, cari amici! Cultura del “bene comune”, cultura del rispetto per gli spazi comunitari, cultura dello stare insieme rispettandoci l’un l’altro.
A questo proposito anche quest'anno è stato messo in cantiere il progetto GIARDINI FIORITI, portato avanti come lo scorso anno unitamente agli altri due club di servizio Lions e Soroptimist. La sua finalità, come sappiamo, è quella di “migliorare il decoro dello spazio comune cittadino”. Esso sarà operativo dal 1 Maggio all’8 Giugno e riguarderà “tre categorie” in concorso:
1 -  Davanzali e Balconi;
2 -  Terrazze;
3 -  Giardini.
Le modalità di svolgimento sono molto simili a quelle del precedente anno.
Il successo ottenuto l’anno scorso ci conforta e, oggi, ci supporta la speranza che quest’anno l’apprezzamento sarà anche maggiore. Diffondiamo capillarmente la notizia, pregando tutti i nostri amici di partecipare!

Grazie a tutti Voi dell’attenzione.
Mario

martedì, aprile 23, 2013

ANGELO GIAGU DE MARTINI: IL GRANDE BANCHIERE SARDO DEL SECOLO SCORSO. IL BANCO DI SARDEGNA GLI DEDICA IL GRANDE SALONE DI VIALE UMBERTO.


Oristano 23 Aprile 2013
Cari amici,
oggi la mia riflessione torna sul mio passato: la mia ultratrentennale vita bancaria trascorsa al Banco di Sardegna. L’occasione che ha riaperto il file dei ricordi mi è stata data dall’Unione Sarda che, con un bell’articolo di Paolo Fadda, riportava la notizia che il grande salotto libery del palazzo di Viale Umberto a Sassari, sede della Direzione Generale del Banco di Sardegna, era stato dedicato al suo indimenticato direttore generale: Angelo Giagu De Martini.
Io l’ho conosciuto la prima volta negli anni ’70, poco tempo dopo il mio ingresso al Banco. Figura carismatica di banchiere vecchio stampo il Dr. Giagu diresse l’Istituto sardo dal 1969 al 1991. Anni particolari quelli, un ventennio che vide il Banco crescere in modo incredibile, aumentando la presenza sul territorio (fu raddoppiata la rete degli sportelli) e facendo crescere non solo gli affari ma, in maniera esponenziale, anche il personale che passò da circa 600 addetti a oltre 2.500. Angelo Giagu può essere considerato, senza ombra di dubbio, il banchiere simbolo della rinascita economica di quegli anni, insomma, uno dei massimi protagonisti della storia economica della Sardegna del secolo scorso.
Quando nel luglio del 1969 avvicendò Sergio Puritz nella carica di direttore generale, il Banco era ancora “Istituto di Credito di Diritto Pubblico”: l’ultimo nato ma anche il più piccolo e fragile. Fu la legge 588 del 1962 a crearlo attraverso la fusione per incorporazione dell’Istituto di Credito Agrario per la Sardegna, ICAS - di cui ereditava il patrimonio e l’organizzazione - ed il Banco di Sardegna di Cagliari, mai diventato operativo per carenza di capitale. Giagu ereditò una banca arcaica, molto vicina al settore agricolo e diffusa capillarmente in tutto il territorio regionale. Era necessario, però, per farla crescere, aprirla all’esterno: l’economia dell’Isola doveva dialogare con il “Continente”, doveva “sprovincializzarsi”, perdere quella connotazione di banca arcaica di periferia e, attraversato il mare,  lanciarsi verso i mercati d’oltre tirreno. Fu un’operazione intelligente che trasformò in modo radicale il Banco: nacquero le sedi di Roma, Genova e Milano. Il Banco perdeva, in parte, la sua provincialità.

Agli inizi degli anni Novanta il Banco, completata la trasformazione delle Casse Comunali di Credito Agrario in dipendenze dirette del Banco, diede attuazione all’importante legge “ Amato-Carli” (legge n. 218 del luglio del 1990), che imponeva agli Istituti di credito di diritto pubblico ed alle Casse di risparmio di trasformarsi in Società per Azioni. Questa importante trasformazione, però, ha riguardato soprattutto il “dopo Giagu”, il lavoro dei suoi successori, che il vecchio banchiere visse più da spettatore che da primo interprete: Lui la sua parte l’aveva già fatta, alla grande! Oggi nel salone libery della storica Sede di Viale Umberto che porta il Suo nome, sembra ancora aggirarsi quella Sua felpata figura di uomo d’altri tempi, con quel suo sguardo curioso e indagatore, che, a ben pensarci, ti mette ancora in soggezione.
La saggia idea dell’attuale presidente del Banco di dedicargli il grande salone di Viale Umberto è un doveroso omaggio ad uno degli uomini migliori del Banco e della Sardegna. Paolo Baffi, Governatore della Banca d’Italia in quegli anni, di Lui disse: “Giagu mostra la discrezione e la prudenza di un Cuccia e la cultura e la creatività di un Mattioli”. Questo era il Dotto Angelo Giagu De Martini!
Cari amici, ho voluto ricordare con questa mi riflessione un uomo che per molti anni ho apprezzato ed ammirato per la Sua coerenza. Negli incontri, pur brevi, che ho avuto con Lui per ragioni di lavoro, ho sempre visto l’uomo “giusto”, capace di ascoltare e sensibile alle istanze di tutto il personale. Nelle mie prossime riflessioni, se avrete la pazienza di leggermi, vorrei ricordare con Voi la lunga storia del sistema creditizio sardo, che parte dalla prima metà del 1600, durante la dominazione spagnola, con la costituzione anche in Sardegna dei Monti frumentari.
Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario

lunedì, aprile 22, 2013

DEMOCRAZIA MALATA. PER GUARIRE L’ITALIA HA BISOGNO DI FORZE FRESCHE E NUOVE. I SAGGI, PUR CAPACI, DEBBONO STARE NELLE RETROVIE NON IN PRIMA LINEA!

Oristano 22 Aprile 2013
Cari amici,
l’indecoroso spettacolo a cui tutti abbiamo assistito in questi ultimi giorni ci pone, davvero, in una situazione che se non fosse particolarmente drammatica costituirebbe la trama di una tragicommedia. Non è mio intenzione, in questa riflessione, parteggiare per nessuna delle tre parti in causa che hanno dato luogo a questo “siparietto”, degno della peggiore scena di avanspettacolo.  Anche perché, ne sono convinto, pur in maniera diversa e con differenze significative, tutti hanno contribuito a costruire uno spettacolo pessimo sotto ogni punti di vista.
L’Italia è da tempo malata, anche in modo grave. I vari dottori che si sono alternati al suo capezzale non hanno fatto altro che “suggerire” soluzioni, mai applicando, però, quelle necessarie anche se amare misure per rimettere in piedi il malato. Lo sappiamo tutti che, anche in presenza di diagnosi ben centrate, il malato guarisce solo se effettuerà puntualmente la cura necessaria. Come succede anche nelle famiglie: se nessuno è disposto a “comprare le medicine” ed a somministrarle con rigore al paziente, questo muore.
Da quanti anni si parla di “lotta all’evasione”, di “ razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica”, di “moralizzazione della vita pubblica”, con pesante penalizzazione della corruzione, che ha raggiunto oramai livelli mai toccati prima? Perché non è mai stato portato concretamente avanti un progetto per “l’incentivazione del lavoro giovanile”, con “sgravi fiscali alle imprese”, facilitando quindi l’avvio di nuove iniziative e, conseguentemente l’aumento della produzione e dell’occupazione? Le colpe, come ben sappiamo non stanno da una parte sola. Tutti quelli che hanno governato in questi ultimi vent’anni sono colpevoli! Ognuno, pensando al proprio giardinetto, ha coltivato il benessere della propria parte politica, aggravando, spesso in modo pesantissimo, categorie di persone già ai limiti della resistenza. Il pesante debito pubblico, in Europa secondo solo a quello della Grecia, ne è la dimostrazione più lampante: è pari al 127% del PIL.

Oggi, con le casse vuote, sembriamo incapaci di portare avanti quelle misure che, certamente, non potranno gravare su quelle categorie ormai esauste e dovranno rivolgersi a quelle classi sociali che finora sono state solo sfiorate dalla crisi, a partire proprio da quelle “élite politiche” che, nonostante tutto, finora sono state incapaci di autoridursi anche simbolicamente i lauti emolumenti. Ebbene, nonostante la drammatica situazione continuiamo solo a fare diagnosi, a dire che il malato è grave, ma nessuno vorrebbe mettere la mano in tasca per contribuire a comprare le medicine! Sembriamo, agli occhi dell’Europa e del mondo, una nazione in preda ad una sindrome invalidante, colpita da una sclerosi che, lentamente ma inesorabilmente, la sta paralizzando.
Che dire poi del necessario ricambio generazionale? Una volta candidarsi alle cariche pubbliche era sentito come un preciso dovere dei cittadini che, ben convinti dell’interesse pubblico superiore, abbandonavano per un breve periodo il proprio lavoro professionale per dedicarsi al servizio alla Nazione. A termine del mandato ognuno tornava alla sua professione, convinto di aver contribuito con la sua opera al bene comune. Oggi, però, non è più cosi. Proviamo a leggere i curricula degli attuali esponenti della “casta”: essi sono in gran parte professionisti della politica, da 25 se non trent’anni, impegnati a ricoprire cariche pubbliche sempre più pregnanti e largamente retribuite. Il balletto ed i giochini che hanno impedito a validi giovani di avanzare e sostituire i “vecchi” dinosauri lo dimostra in maniera incontrovertibile.
Lo scontro in atto sia a destra che a sinistra ha raggiunto, ormai dimensioni più che allarmanti. La nascita di un nuovo populismo, incarnato dalla terza forza in campo che ha calamitato oltre 8 milioni di voti, ne è la dimostrazione pratica. In queste condizioni l’Italia è allo sbando. La forzata riconferma del Presidente Napolitano, che ha dimostrato di essere un vero uomo “super partes”, potrà lenire il dolore causato da una classe politica inefficiente ma non risolverà il problema. La sua forza è limitata e non durerà a lungo: sarà necessario, davvero, ricostruire in fretta, con forze fresche e capaci, una struttura “nuova”, in grado di affrontare i terribili giorni che ci aspettano. I mercati, vera eminenza grigia che oggi conta più dei governi, aspettano solo, seduti sulla riva del fiume, che passino i cadaveri delle nazioni dissanguate.
Credo che tutti debbano dire e fare quanto è necessario, non nascondere la testa sotto la sabbia come fa lo struzzo. Sbaglia chi egoisticamente impedisce il rinnovamento, come sbaglia che si rassegna, chi per stanchezza non reagisce, non esprimendo il suo voto nella competizione elettorale, favorendo, così, le lobby.
Stasera Napolitano, il primo dei nostri presidenti della Repubblica rieletto per necessità alla veneranda età di 88 anni, inizierà il suo secondo mandato. Spero non dia l’incarico di formare il nuovo governo ad un altro “vecchio”, per quanto saggio. Spero, considerata la sua lungimiranza, che lo darà ad un elemento giovane. E’ l’augurio che in tanti si fanno. La politica fatta da una classe gerontologa non credo possa portare lontano.
Auguri Italia!
Mario

L’ANSIA DELLA PERFEZIONE. COSA SPINGE LE PERSONE (IN PARTICOLARE LE DONNE) A NON ACCONTENTARSI MAI?

Oristano 22 Aprile 2013
Cari amici,
la recente lettura di una storiella (riportata qui sotto per soddisfare la Vostra curiosità), che nell’apparenza mi ha fatto sorridere, mi ha però aperto l’animo ad una riflessione. Perché nella gran parte di noi il quieto vivere è cosi poco apprezzato? Perché non ci accontentiamo di quello che abbiamo o che, comunque, è a portata di mano? Perché raggiunto un traguardo riprendiamo subito a cercarne un altro? Perché, pur in maniera abbastanza diversa, siamo un po’ tutti dominati dall’ansia di continuare la “ricerca” della perfezione? La risposta credo sia abbastanza complessa.

Accontentarsi non è ne semplice ne facile. Pur in presenza di tante Cassandre che predicano che “chi si contenta gode”, che “chi troppo vuole nulla stringe”, accontentarsi è ritenuto non da saggi ma da pavidi, da vigliacchi. Eppure sapersi accontentare potrebbe essere una “buona ricetta” per essere felici. E’ molto importante avere un “atteggiamento positivo”, di gratitudine, verso la vita. E’ opportuno pensare che quello che abbiamo, spesso, è abbastanza e che molti altri sono stati meno fortunati di noi. Se, invece di continuare a desiderare quello che non abbiamo, apprezzassimo di più ciò che abbiamo già realizzato, se fossimo fieri ed entusiasti, insomma contenti e grati del nostro patrimonio, anche se piccolo, forse saremo più vicini alla felicità.
L’infelicità, lo sappiamo, è sempre in agguato! E’ quel sentimento negativo che ci avviluppa e che ci nega quella sensazione di gioia e di contentezza e di gratitudine che dovremo avere verso la vita; in sintesi quel sentimento capace di regalarci emozioni positive e non negative, come gelosia, invidia, ansia e insicurezza. Soltanto la contentezza, la gioia di essere e la gratitudine sono capaci di prevenire l’angosciante conflitto tra “ciò che siamo (la nostra realtà)” e “ciò che vorremmo essere (ossia il nostro io ideale)”, portatore di quel disagio esistenziale fonte prima della nostra infelicità.
Come suggerisce Marianne Williamson nel libro di spiritualità “The Shadow effect“ (Editore Sperling Paperback, Mar.2012), “per non aver paura dobbiamo imparare a pensare con amore e gratitudine”, perché non appena pensiamo senza provare amore cadiamo nella paura e quindi nella debolezza, nell’odio, nella gelosia, nell’invidia, nell’aggressività, nella collera, nella cattiveria, nell’orgoglio ferito, nell’avidità e nell’assenza di autostima; non appena pensiamo senza amore l’effetto-ombra (the Shadow effect, appunto), il nostro lato oscuro, si impossessa dei nostri pensieri! La positività deve sempre vincere sulla negatività!
Questo, cari amici, non significa però “accontentarsi”, rinunciare a migliorarsi, smettere di desiderare o cessare di porsi obbiettivi! Anzi, proprio quando si è grati e contenti per ciò che già si ha, non ci si fa prendere dalla fretta spasmodica di arrivare, che trasforma ogni nuovo desiderio in un angosciante nuovo traguardo da raggiungere! Per vivere in armonia bisogna dunque essere più razionali, concentrarsi su “ciò che abbiamo già”, non su “quello che ci manca”! Questo atteggiamento mentale ci rende gratificati, contenti ed entusiasti della vita! E con questo atteggiamento mentale di gratitudine/contentezza/entusiasmo che siamo in grado di gestire al meglio le  emozioni negative che ci derivano proprio dall’ansia della perfezione.
Se l’atteggiamento mentale positivo è auspicabile per tutti i soggetti e per tutte le azioni della nostra vita, immaginatevi quanto è “particolarmente importante” nel difficile percorso della scelta del partner, nella ricerca del compagno/compagna della nostra vita. Difficile per entrambi, ma in modo particolare per una donna quando deve fare la scelta della sua vita! Accontentarsi in amore? Qualsiasi donna risponderebbe: MAI! Quando si parla di amore una donna ha aspettative semplicemente enormi. Il suo desiderio è quello di incontrare la persona giusta, angosciata dal possibile errore di valutazione. Proprio per questo “gira intorno al problema” continuamente e, spesso, ritorna al punto di partenza. Ha paura di accontentarsi, di fermarsi, continuando a cercare il meglio. Quest’ansia, pur con differenti gradualità, non è solo una questione di età: è presente in tutto l’arco temporale della vita di qualsiasi donna.
Cari amici, come dicevo all’inizio, questa mia riflessione è frutto della lettura di una storiella che incarna perfettamente questo modo comportamentale della specie umana. L’essere umano ha nel suo DNA l’angoscia della perfezione, ma deve imparare a dominarla. Solo così potrà, davvero, vivere la propria esistenza in maniera positiva. Ecco la storiella (reperita nell’immenso web).

IL NEGOZIO DEI MARITI.
A New York è stato di recente aperto un nuovo negozio dove le donne possono scegliere e comprare un marito. All'entrata sono esposte le istruzioni su come funziona il negozio:
-          Puoi visitare il negozio solo una volta;
-          Ci sono 6 piani e le caratteristiche degli uomini migliorano salendo;
-          Puoi scegliere qualsiasi uomo ad un piano oppure salire al piano superiore;
-          Non si può ritornare al piano inferiore.
Una donna decide di andare a visitare il Negozio di Mariti per trovare un compagno. Al primo piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro". La donna non sta nemmeno a pensarci su, e decide di salire al piano successivo. Al secondo piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro e amano i bambini". La donna pensa "beh, siamo proprio al minimo sindacale" e sale al successivo. Al terzo piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro, amano i bambini e sono estremamente belli". "Wow" pensa la donna, ma si sente di salire ancora. Al quarto piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro, amano i bambini, sono belli da morire e aiutano nei mestieri di casa". "Incredibile", esclama la donna, "posso difficilmente resistere!" Ma sale ancora. Al quinto piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro, amano i bambini, sono belli da morire, aiutano nei mestieri di casa e sono estremamente romantici".
La donna è tentata di restare e sceglierne uno, ma alla fine decide di salire ancora e andare all'ultimo piano. Arriva quindi al sesto piano. Qui c'è solo un monitor, che ha questa scritta: "Benvenuta! Sei la visitatrice N° 31.415.926 di questo piano. Qui non ci sono uomini: questo piano esiste infatti solamente per dimostrare quanto sia impossibile accontentare una donna. Grazie per aver scelto il nostro negozio"!
Essendo la pubblicità l’anima del commercio,  poco tempo dopo viene aperto, di fronte a questo negozio, un altro identico, ma destinato agli uomini: un negozio di mogli.
Anche qui all'entrata sono esposte le istruzioni su come funziona il negozio (visitabile una sola volta, 6 piani con le caratteristiche delle mogli, libertà di salire in tutti i 6 piani, impossibilità di tornare indietro):
-          Al primo piano ci sono donne che amano fare sesso;
-          Al secondo piano ci sono donne che amano fare sesso e sono ricche.
Contrariamente al negozio riservato alle mogli  la stragrande maggioranza dei mariti a caccia di mogli si è fermata al secondo piano! I piani dal terzo al sesto non sono stati praticamente oggetto di visita!
Credo che, a parte le storielle che ci consentono di pensare un attimo con umorismo, dovremo fare sul serio un’attenta riflessione sulla nostra inestinguibile ansia di perfezione!
Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario

martedì, aprile 16, 2013

LA PROSTITUZIONE, UN PROBLEMA CHE IN ITALIA LA LEGGE CHE HA CHIUSO “LE CASE DI TOLLERANZA” NON SOLO NON HA RISOLTO MA ADDIRITTURA INGIGANTITO.

Oristano 16 Aprile 2013
Cari amici,
oggi vorrei tornare su un argomento che tratta il mestiere più antico del mondo: la prostituzione. Non è un argomento facile, lo so, ma ignorarlo, tenerlo sotto traccia, corrisponde a quel “tenere la testa sotto la sabbia”, come fa lo struzzo, anziché affrontare una volta per tutte il problema.
La prostituzione è sempre esistita, basta rileggere i libri di storia, dove si potrà verificare che è nata con l’uomo. Allora, se il male è cosi diffuso, se eliminarlo è certamente impossibile, l’unica soluzione valida resta quella di regolamentarlo, nel modo migliore possibile. Nel mondo ci hanno provato un po’ tutti ed in modi e maniere tanto diverse. Rivediamo brevemente la storia del “meretricio”, con particolare riferimento alla nostra Italia, prima di riflettere seriamente su una nuova e, forse, migliore ipotesi di soluzione, rispetto a quella attualmente in essere.
Il fenomeno della prostituzione era già diffuso al tempo della civiltà Egizia, della civiltà Greca e di quella Romana. Un affresco rinvenuto in un lupanare - antesignano delle case di tolleranza - negli scavi archeologici di Pompei, lo dimostra senza dubbio alcuno. In Italia la prostituzione è stata regolamentata dallo Stato fin dai tempi antichi. Nel Regno delle Due Sicilie, già nel 1432, era stata rilasciata una “reale patente” per l'apertura di un lupanare pubblico. Anche nella Serenissima Repubblica di Venezia esistevano numerose case di prostituzione. Case di tolleranza, nonostante il Governo del territorio da parte della Chiesa, erano presenti anche nello Stato pontificio. Il Regno di Sardegna introdusse il meretricio di stato (pensato, voluto e realizzato da Cavour), anche e soprattutto per motivi igienici, lungo il percorso delle truppe di Napoleone III nella seconda guerra di indipendenza italiana, sul modello di quanto già esisteva in Francia dai tempi di Napoleone Bonaparte.
Con l'unità d'Italia, una legge del 1860, che riprendeva quella del Regno di Sardegna, estendeva questa pratica a tutto il paese, dove peraltro esisteva già una ricca tradizione di tolleranza in varie regioni. Lo Stato italiano si faceva carico di fissare anche i prezzi degli incontri a seconda della categoria dei bordelli, adeguandoli al tasso d’inflazione. I prezzi, in realtà, erano popolari: ogni prestazione costava da un minimo di 200 lire (5 minuti in una "casa" di terza categoria) fino a 4.000 (un'ora in una "casa" di lusso), cioè in moneta attuale da 2,4 a 48 euro. Detto così sembra pochissimo, ma contando che ogni ragazza "serviva" da 30 a 50 clienti al giorno, il totale che si ottiene è di tutto rispetto. Ampi consensi popolari erano andati, ad esempio, al ministro degli Interni Giovanni Nicotera quando, nel 1891, aveva dimezzato il prezzo di un semplice intrattenimento in una casa di terza classe, con ulteriori sconti per soldati e sottufficiali. Una nota curiosa riporta che Urbano Rattazzi, aveva persino stabilito con un decreto ministeriale anche i “tempi standard” della prestazione basilare: doveva durare venti minuti!
Il regime fascista, con il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1931, aveva imposto misure restrittive nei confronti delle prostitute, obbligate a essere schedate dalle autorità di pubblica sicurezza e sottoposte a esami medici obbligatori. La frequentazione di case di tolleranza era, prima della loro chiusura, una pratica abbastanza consueta presso la popolazione maschile, mentre le donne che entravano a far parte della schiera delle prostitute avevano poche possibilità di affrancarsi da un mestiere che spesso era fonte di malattie veneree e quindi di una minore aspettativa di vita. Anche dopo la fine della seconda guerra mondiale l'opinione pubblica era in buona parte favorevole alla prostituzione legalizzata, sia per ragioni di igiene pubblica, sia per la volontà di porre un divario con le ragazze destinate a diventare spose e madri e per garantire alla popolazione maschile una valvola di sfogo per i propri istinti sessuali.
L’idea che la prostituzione legalizzata andasse abolita veniva coltivata fin dai primi anni di vita della nostra Repubblica. La senatrice socialista Lina Merlin presentò un suo disegno di legge per l’abolizione delle case fin dall’agosto del 1948 (anno in cui si calcola fossero attivi oltre settecento casini, con tremila donne registrate, che risulteranno ridotte a circa duemilacinquecento al momento dell'entrata in vigore della legge dieci anni dopo, nel 1958). La legge italiana in vigore fino ad allora prevedeva che venissero periodicamente messi in atto controlli sanitari sulle prostitute, anche se in realtà i controlli erano sporadici e soggetti a pressioni di ogni genere da parte dei tenutari, specialmente al fine di impedire di vedersi ritirata la licenza per la gestione dell'attività. Il disegno di legge non ebbe vita facile. Troppe le resistenze da parte di schieramenti anche contrastanti, perché tanti erano gli interessi in gioco, non ultimo il fatto che le entrate derivanti per lo Stato non erano modeste. Ci vollero circa dieci anni di “tira e molla” ma alla fine la legge fu approvata, con il parere contrario dei monarchici e missini: era il 20 febbraio del 1958. Con la nuova legge veniva abolita la regolamentazione statale della prostituzione e si disponevano sanzioni nei confronti dello sfruttamento della prostituzione. Sei mesi dopo la pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana - avvenuta sul numero 55 del 4 marzo - alla mezzanotte del 20 settembre di quell'anno, vennero chiusi oltre 560 postriboli su tutto il territorio nazionale. Molti di questi luoghi furono riconvertiti in enti di patronato per l'accoglienza e il ricovero delle ex-prostitute.
Se lo spirito della legge, inteso a proteggere la donna, può essere ritenuto pienamente ammissibile e condivisibile, come per molte altre questioni di principio il risultato è stato deludente. Ed è il risultato, purtroppo, quello che conta. Credo, pertanto che a distanza, ormai, di oltre 55 anni dall’entrata in vigore di questa legge poco o niente sia cambiato in meglio, rispetto alla situazione precedente. La svolta creata dalla legge modificò sia il costume che la cultura dell'Italia degli anni ’60: alcuni ambienti la considerarono una svolta positiva, altri, per il timore delle conseguenze derivanti dal mancato controllo medico, paventarono gravi epidemie di malattie veneree e, soprattutto, il dilagare delle prostituzione nelle strade delle città, cosa che in effetti avvenne. Dagli anni ottanta, visto il deludente risultato ottenuto dalla chiusura delle “case”,  nel dibattito politico italiano hanno preso corpo numerose richieste per l'abrogazione - in tutto o in parte - della Legge Merlin, giudicata non più al passo con i tempi. La legge è da molti ritenuta non idonea a gestire il fenomeno della prostituzione in Italia che, di fatto, rimane una realtà inestinguibile. In Italia, infatti, non è considerato reato la vendita del proprio corpo, mentre lo è lo sfruttamento del corpo altrui anche se in ambiente organizzato. Ciò ha permesso il proseguire, di fatto, della mercificazione corporale nelle strade oltre che nelle case, ancorché nella clandestinità.
I dati statistici odierni sono preoccupanti. Il traffico di donne, talvolta anche minorenni, è vastissimo. La prostituzione genera in Italia un notevole indotto: sono stimate in 50.000 -70.000 le prostitute esercitanti (di cui non poche extra comunitarie), che coinvolgono oltre 9 milioni di clienti e con un giro d’affari stimato in  19-25 miliardi di euro, sottratto, tra l’altro, all'imposizione fiscale. I lauti guadagni dello sfruttamento di questo esercito di donne è ora sotto il controllo delle mafie italiane e dei Paesi dell’Est europeo, oltre che della mafia mondiale. Questa situazione non credo possa essere ulteriormente tollerata, senza interventi radicali. E’ pertanto necessario riproporre con urgenza il ripensamento di tutte le leggi in questo campo, a cominciare dalla stessa legge Merlin. Tutti i tentativi fatti finora hanno dato esito negativo, dato che attualmente la normativa in materia è la stessa del 1958, nonostante le numerose proposte di modifica presentate dai politici dei vari schieramenti.
Personalmente credo che una regolamentazione sia non solo utile ma anche necessaria. E’ di grande tristezza la visione di un esercito di donne che vendono il loro corpo per strada alle mercé di sfruttatori e sotto gli occhi di grandi e minori. E’ una cosa aberrante che, in assenza di una regolamentazione, frotte di uomini delle varie mafie si arricchiscano con lo sfruttamento coinvolgendo minori, anche di età sempre più bassa. E’, poi, assolutamente inconcepibile che questo “inestinguibile” bisogno dell’uomo (che, credo, nessuno potrà mai eliminare) debba non solo essere causa di sfruttamento per la donna, ma anche una perdita per lo Stato che, invece, deve continuare a garantire salute e assistenza alle donne coinvolte. La soluzione non sarà facile ma dovrà contenere almeno due punti essenziali:
-libertà per la donna che, di sua spontanea volontà, decide di vendere il proprio corpo, assoggettandola a rigorose norme di natura igienica e sanitaria, con obbligo, inoltre, di svolgimento dell’attività in luoghi assolutamente riservati, e soggetti a tutte le normative sul lavoro.
-severe punizioni per le organizzazioni che schiavizzando le donne, in particolare quelle minorenni, volessero lucrare sui loro guadagni.
Solo cosi, il fenomeno potrebbe tornare sotto controllo, considerato il fatto, accertato, che non è possibile eliminarlo.
Chiudo con una ironica riflessione. Gli insuccessi fino ad oggi delle varie proposte di modifica della legge, rafforzano l’ipotesi che l’argomento è cosi delicato che…”porta sfiga”. Lina Merlin, la senatrice che ha dato il nome alla contestata legge, non ebbe molta fortuna politica. Pochi anni dopo l'entrata in vigore della famosa legge, il Psi decise di escludere la "maestrina veneta" dalle liste dei candidati alle elezioni del 1963. Lei stracciò la tessera del partito, polemizzò aspramente sia con la destra che con la sinistra, attaccando indistintamente tutti e definendoli: "fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinisimo". Poi si ritirò a vita privata a Milano, dove scrisse le sue memorie, pubblicate postume. Morì a Padova nel 1979.
Adesso comprendete il perché? Grazie a tutti dell’attenzione!
Mario



giovedì, aprile 04, 2013

ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. QUANDO GLI INTRIGHI DI PALAZZO ORIENTANO LA SCELTA NON SULL’ITALIANO MIGLIORE MA SU QUELLO PIU’ ACCOMODANTE!

Oristano 4 Aprile 2013

Chissà cosa ci riserva “L’Uovo di Pasqua” …in ritardo, che contiene il nuovo Presidente della Repubblica! E’ un “continuum” di notti insonni da parte dei responsabili degli schieramenti che, in perenne lotta fratricida, cercano, in tutti i modi possibili, di conservare i privilegi acquisiti nel tempo e, tutti, fermamente decisi a non cederli per nessuna ragione al mondo.

La situazione di stallo in atto per la formazione di un governo, anche di natura temporanea, sembra confermare che i “giochi di potere” non si fermano al solo governo ma interessano un “sottostante” di ben più alto spessore che comprende la scelta del nuovo Presidente della Repubblica. Chi uscirà vincitore dalla strenua lotta per avvicendare “Re Giorgio” alla presidenza della nostra Repubblica?
Nessuno, neanche i numerosi eletti del Movimento 5 Stelle, frutto di quella oceanica protesta che ha portato, ben oltre ogni più rosea previsione, un 25% di nuovi parlamentari, ha portato quella seria e sana politica di moralizzazione per cui, ne sono certo, sono stati eletti. Il caos sembra regnare sovrano nei palazzi della politica mentre da un lato i partner europei ci osservano con malcelata diffidenza e preoccupazione e una schiera, sempre più numerosa, di italiani si ritrova sempre più povera ed incapace di far vivere dignitosamente la famiglia.

Sono situazioni, quelle che stiamo vivendo, che in altri tempi avrebbero già fatto nascere una rivoluzione alla vecchia maniera: sullo stile della rivoluzione francese, per intenderci! Oggi, forse, non siamo più capaci neanche di questi atti violenti, quasi purificatori, pur avendo raggiunto – a livello di Nazione - un cosi alto livello di corruzione che  ha contagiato tutto e tutti.
Mentre per 10 giorni i cosi detti “Saggi”, cercheranno di tessere una nuova tela, mettendo insieme i pezzi strappati e cercando di ricucire il ricucibile, gli intrighi di palazzo continuano. Si mormora di incontri quasi satanici, ai limiti della umana decenza, per trovare quelle soluzioni di “compromesso” che possano consentire, anche dopo, il proseguire delle scorribande socio-economico-finanziarie, a tutti ben note. Si cerca di trovare un nome che, insediato al vertice del Paese, non sia espressione dell’Italia migliore ma di quella che intende portare avanti, “gattopardescascamente”, quella subdola attuale triste “continuità”, per far si che all’apparenza tutto cambi ma, in realtà, nulla cambi!

Mi auguro solo che un barlume di lucidità attraversi la mente dei nostri attuali eletti in Parlamento. Tra pochi giorni, il 18 di Aprile, il “Conclave” laico dell’Italia cercherà di eleggere il nuovo Presidente. E’ una scelta importante e tutti sperano in un miracolo. Poco tempo fa questo è avvenuto, nel mondo Cristiano, con l’elezione del nuovo Pontefice, Papa Francesco.

                            
Nei pochi giorni di pontificato ha già tracciato le sue vie prioritarie: Camminare, Costruire, Confessare. Invitando con forza anche i giovani a non perdere la speranza! L’augurio è che anche per il nostro Presidente la scelta sia la più razionale possibile. Con una straordinaria differenza, però: nella scelta del Pontefice c’era lo “Spirito Santo” a guidare i cardinali elettori, in quella del nostro nuovo Presidente……chissà!

In bocca al lupo, cari amici, ne abbiamo proprio bisogno!

Mario