Oristano 19 agosto 2019
Cari amici,
Secondo i dati forniti dallo
World Population Prospects 2019 la popolazione mondiale, attualmente
quantificata in 7.5 miliardi di persone, salirà a 9,7 miliardi già nel 2050;
nel 2100, poi, il numero dovrebbe salire ancora fino a raggiungere, secondo le
stime fatte dall’ONU, gli 11 miliardi. Anche lo spostamento nei grandi centri
urbani sarà massiccio: la popolazione urbana passerebbe dai 746 milioni del
1950 a 6 miliardi! Di fronte a questi dati, a dir poco preoccupanti, la domanda
che in tanti si pongono è questa: quali le conseguenze che dovranno essere
affrontate, in particolare quelle alimentari?
La crescita della
popolazione umana, secondo i dati forniti dallo World Population Prospects 2019
in collaborazione con le Nazioni Unite, prosegue a livelli impressionanti (basti
pensare che studi in atto affermano che nel mondo nascono 250 bambini al minuto),
tanto da rappresentare una vera bomba destinata a creare problemi serissimi, in
assenza di una gestione “intelligente” dello sviluppo economico-ambientale,
delle risorse dell’umanità e delle dinamiche geo-politiche. Insomma quanta
popolazione potrà davvero sostenere il pianeta? Sarà necessario approntare, fin
d’ora, delle strategie di lungo periodo, preoccuparsi di programmare il futuro fabbisogno
alimentare, energetico e sanitario derivante dal vertiginoso aumento dell'umanità.
Facendo un’analisi
storica della crescita mondale c’è davvero da sorprendersi, in quanto
l’aumento demografico mondiale si è sviluppato in maniera imprevedibile e sconvolgente.
Basti pensare che intorno al 1750, periodo dell’inizio della Rivoluzione
industriale, si stimava, a livello planetario, un numero complessivo di non più
di 800 milioni di abitanti, mentre la realtà ha più che decuplicato questa
cifra. Come accennato prima anche la popolazione urbana è aumentata in modo
imprevedibile. Oggi oltre la metà della popolazione mondiale (circa il 55%),
risiede nelle metropoli ed il trend è destinato ad aumentare; le stime
prevedono un ulteriore aumento: entro il 2050 si sposteranno altri 2,5 miliardi di persone,
attestandosi intorno ai 6 miliardi. In tal modo la popolazione residente nei
centri urbani equivarrà all’intera popolazione che la Terra aveva nel 2002.
Ma vediamo ora quali le
zone che presenteranno il maggior incremento. In particolare saranno i Paesi
noti come “I big 9”, i nove Paesi che daranno luogo – secondo le
previsioni – a più della metà della popolazione globale entro il 2050; si
tratta, in ordine di incremento decrescente, di India, Nigeria, Pakistan,
Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Repubblica Unita di Tanzania,
Indonesia, Egitto e Stati Uniti d’America. Per quanto riguarda l’Africa
subsahariana, che allo stato attuale conta 1 miliardo e 66 milioni di persone, questa
giungerà a contarne nel 2050 2 miliardi e 118 milioni.
Cari amici, sono dati che
dovrebbero impensierire non poco, tanto che la pericolosa crescita della
popolazione mondiale porta inevitabilmente a ricordare l’allarme lanciato una
cinquantina di anni fa dal fortunato libro di Paul
Ehrlich “The Population Bomb”, che prevedeva un futuro
catastrofico per la nostra Terra, a causa della terrificante crescita
esponenziale del genere umano.
Paul Ehrlich,
insigne studioso dell'Università di Stanford (California), divenuto famoso
proprio grazie a questa sua pubblicazione, riteneva che il mondo fosse alle
soglie di una crisi irreversibile e catastrofica: con la crescita enorme della
popolazione ci si sarebbe trovati, insomma, sull’orlo del baratro perché a un
certo punto non ci sarebbe stato cibo sufficiente per tutti.
Per ora queste previsioni
catastrofiche per fortuna non si sono avverate, ma la preoccupazione resta,
aggravata anche dai cambiamenti climatici, dal surriscaldamento e dall’intervento
deleterio che l’uomo continua a compiere sull’ambiente. A tutto questo bisogna
aggiungere l’egoismo dei Paesi sviluppati, dove vivono le circa 500 mila
persone più ricche (il 7 per cento della popolazione globale). In questi Paesi
si sviluppano oltre la metà delle emissioni di anidride carbonica che mettono in crisi il pianeta; al contrario il 50 per cento della popolazione più povera
contribuisce per il solo 7 per cento a queste emissioni.
Quali dunque i rimedi? Si
potrebbe fare tanto, a partire dall’incremento culturale e dall’educazione
delle popolazioni sottosviluppate che, acquisendo l’indipendenza economica
potrebbero anche arrivare ad un miglior controllo delle nascite, oltre a
favorire la nascita di politiche economico-ambientali di maggior respiro. Ma il
maggior sforzo dovrà essere fatto dai Paesi industrializzati.
Secondo una ricerca della
University of British Columbia (Canada), per ridurre i gas serra nell’atmosfera
basterebbe rinunciare all’uso smodato dell’auto come avviene oggi, passando ad
alimentazioni con energie rinnovabili. In questo modo si eviterebbe
l’immissione di 2,4 tonnellate di anidride carbonica a testa ogni anno;
inoltre, evitando per quanto possibile i viaggi aerei si potrebbero risparmiare
1,6 tonnellate di anidride carbonica per ogni viaggio trans-continentale andata
e ritorno. A tutto questo bisogna aggiungere il passaggio dall’economia dello
spreco a quella del riciclo.
In realtà, amici, la soluzione
del problema non arriverà dall’alto, ma riguarda ciascuno di noi. Tutti dovemmo
avere una maggior attenzione per l’ambiente, e fare un maggiore sforzo per
evitare sprechi e consumi inappropriati, ne va della nostra sopravvivenza, in
particolare di quella delle generazioni future. Ricordiamoci che la terra non è
nostra, ma su questo mondo siamo solo ospiti, cerchiamo di mantenerla vivibile anche
per le generazioni future.
A domani.
Mario
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