venerdì, gennaio 05, 2018

“LA BUONA SCUOLA ITALIANA”. SENZA LAUREA NON SI PUÒ INSEGNARE (NEANCHE NELLA SCUOLA PRIMARIA), MA DIVENTARE MINISTRI SI.



Oristano 5 Gennaio 2018
Cari amici,
Quelli della mia generazione hanno conosciuto il “maestro o la maestra”, allora primo e 'unico' insegnante deputato alla formazione dei ragazzi della scuola primaria. Fino all’anno 2001 il “Diploma Magistrale” era considerato abilitante all’insegnamento nelle scuole elementari e tanti ragazzi sono stati certamente preparati a dovere, nella prima fase della loro formazione scolastica. Poi è arrivata la riforma, così detta della “Buona Scuola”, ed è partita una rivoluzione senza precedenti. Ora, questi diplomati all’istituto magistrale (sono circa 50mila i maestri e le maestre che insegnano nella scuola italiana con il vecchio titolo preso entro il 2001), non saranno assunti in pianta stabile, come in precedenza era stato previsto, in quanto il Consiglio di Stato ha stabilito che non hanno diritto ad entrare nelle GAE (Graduatorie ad Esaurimento). E chi c’era in precedenza entrato con riserva, ora con buona probabilità, sarà espulso.
Mercoledì 20 Dicembre scorso il Consiglio di Stato a sezioni riunite, presieduto da Alessandro Pajno, ha deciso in via definitiva che gli insegnanti in possesso di un diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002 saranno esclusi dalle Graduatorie a Esaurimento, cioè le graduatorie a cui sono iscritti i docenti in possesso di abilitazione all’insegnamento e che sono utilizzate per l’assunzione in ruolo. La sentenza ha stabilito che chi ha il diploma magistrale dovrà essere inserito solo nelle Graduatorie d’istituto, quelle che vengono utilizzate per le supplenze annuali e temporanee. In precedenza altre cinque sentenze, sempre del Consiglio di Stato, avevano invece inserito i diplomati nelle GaE; la sentenza definitiva smentisce queste decisioni precedenti.
Si è provvisoriamente chiuso, dunque, il ricorso ed il relativo contenzioso portato avanti dai quasi 50 mila insegnanti della scuola primaria, quelli in possesso di un titolo in precedenza ritenuto valido, mentre ora, invece, è obbligatoria la laurea. Eppure nel 2014 una storica sentenza degli stessi giudici aveva dato ragione a tutti questi docenti: dal momento che il titolo all’epoca consentiva l’accesso all’insegnamento, doveva essere considerato abilitante anche oggi. Così decine di migliaia di insegnanti diplomati avevano potuto accedere alla seconda fascia delle graduatorie d’istituto, le liste che assegnano ogni anno le supplenze. Un trionfo. Ma l’obiettivo grosso era quello di entrare nelle cosiddette Gae, le graduatorie che danno diritto all’assunzione. Così invece non è stato.
Nella sentenza i giudici hanno anche scritto che le decisioni prese dovranno essere eseguite «dall’autorità amministrativa», cioè dal Ministero dell’Istruzione, ma la faccenda sembra complicata e non è chiaro che cosa succederà concretamente. Le associazioni che difendono i precari diplomati magistrali hanno annunciato una manifestazione in piazza per il prossimo 8 Gennaio; il sindacato Anief, Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori, ha fatto sapere che contro la sentenza del Consiglio di Stato presenterà appello alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la CEDU.
Uno degli avvocati in difesa dei docenti con diploma magistrale ha spiegato: «Quello che si profila è un licenziamento di massa, il più grande della storia italiana. A noi risultano 55 mila iscritti con riserva nelle GaE e dopo che per oltre due anni la giurisprudenza ha ritenuto questo titolo utile anche a ottenere il ruolo, oggi si fa un passo indietro e si dice che è buono solo per le supplenze. I numeri sono enormi e di difficile quantificazione e il Miur ha giustificato scelte politiche senza dare mai la possibilità di un vero riscontro. Parliamo di precari che da numerosi anni permettono al servizio scolastico di funzionare».
Cari amici, una volta il mondo (anche quello della scuola) si muoveva certamente con maggiore correttezza. I precedenti diritti guridicamente acquisiti sono sempre stati considerati validi, a prescindere dalle normative successivamente emanate, che dovrebbero sempre valere “a partire da quel momento”, non certo applicate con effetto retroattivo. Decisioni di questo tipo contribuiscono certamente ad affermare che i benefici, strombazzati in ‘pompa magna’, derivanti dalla riforma della così detta “Buona Scuola”, altro non siano che dei pastrocchi, dei peggioramenti, in quanto carichi di serie problematiche.
Amici, a me personalmente non sembra che questa sentenza, applicando decisioni poco condivisibili, sia giusta nei confronti di quegli insegnanti che, ne sono convinto, hanno ragione a pretendere i loro diritti, e molto probabilmente la questione non finirà come sentenziato. In Italia purtroppo succedono cose a dir poco inique, perché non si possono, per ragioni di colore, di appartenenza o di convenienza cancellare diritti prima esistenti. Mi dispiace fare affermazioni cattive, ma mi viene spontaneo sbottare, dicendo che da noi in Italia un diplomato non può insegnare nella scuola primaria ma può, invece, fare il Ministro della Pubblica Istruzione. 
Il nostro è il Paese delle meraviglie.
A domani.
Mario

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