lunedì, luglio 20, 2020

LA VITE, LA SARDEGNA E I FENICI. ORA SAPPIAMO CHE LA VITE ESISTEVA IN SARDEGNA OLTRE 3MILA ANNI FA, GIÀ NEL PERIODO NURAGICO, E CHE NON FURONO I FENICI A PORTARLA NELL’ISOLA.


Splendido esemplare di Vitis Sylvestris (“Sandalu”). 
Oristano 20 luglio 2020
Cari amici,
Che la vite, la “Vitis Vinifera” e la conseguente produzione del vino, fosse arrivata nell’Isola portata dai commercianti navali cretesi, ciprioti e fenici, all’incirca nel 1° millennio a.C., o anche nel periodo successivo, nel VI secolo, sempre da commercianti punici e cartaginesi, è stato un luogo comune per molto tempo. Ma oggi sappiamo che la storia del Mediterraneo dovrà presto o tardi essere riscritta, in quanto molte credenze sono state lentamente ma inesorabilmente cancellate dalla moderna scienza. Storia, quella inerente alla civiltà mediterranea, che, come dimostrano anche i più recenti studi sui “Giganti di Mont’e Prama” (la cui statuaria risulterebbe anteriore anche alle più antiche statue greche), dovrà essere davvero ampiamente rivista, dando finalmente ai sardi il loro giusto valore.
Tornando alla vite e al vino, la produzione, il consumo e l’esportazione dei vini sardi in epoca protostorica, sono stati documentati dal rinvenimento all’interno di caratteristiche brocche nuragiche di ceramica, datate tra IX e VIII sec. a.C., avvenuto nei centri dell’Etruria mineraria quali Vetulonia e Populonia, un territorio dove iniziò ad  essere prodotto soltanto nel VII sec. a.C. Il vino nell’antichità aveva un grande valore, in quanto l’ebbrezza da esso prodotta era particolarmente apprezzata, in quanto si riteneva che tale stato avvicinasse in qualche modo gli uomini agli dei.
Quanto alle origini del vitigno che ha dato poi vita alla Vitis Vinifera, dopo che l'équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità (CCB), guidata dal professor Gianluigi Bacchetta, ha rinvenuto semi di vite di epoca Nuragica, risalenti a circa 3000 anni fa nel sito nuragico di Sa Osa, nel territorio di Cabras, nell'Oristanese (non lontano dal luogo del ritrovamento dei Giganti di Mont'e Prama), la squadra ha evidenziato che la coltivazione della vite in Sardegna non fu un fenomeno d'importazione, bensì autoctono. Ciò ha certamente smentito quanto fino ad oggi ritenuto, ovvero che furono i Fenici, che colonizzarono l'isola attorno all'800 a.C., ad introdurre la vite domestica nel Mediterraneo occidentale.
Nel sito di “Sa Osa” l'équipe archeobotanica ha trovato oltre 15.000 semi di vite, perfettamente conservati in fondo a un pozzo che fungeva da 'paleo-frigorifero' per gli alimenti. "Si tratta di vinaccioli non carbonizzati, di consistenza molto vicina a quelli 'freschi' reperibili da acini raccolti da piante odierne – ha spiegato il prof. Bacchetta -. Grazie alla prova del Carbonio 14 i semi sono stati datati intorno a 3000 anni fa (all'incirca dal 1300 al 1100 a. C.), età del bronzo medio e periodo di massimo splendore della civiltà Nuragica". "Adesso abbiamo la prova scientifica che i Nuragici conoscessero la vite domestica e la coltivassero - spiega Andreino Addis, Presidente di Asso-enologi Sardegna - Una buona occasione per rilanciare in grande stile la viticoltura sarda, che pesa ancora troppo poco sul piano nazionale".
L’analisi effettuata(con l’utilizzo di particolari funzioni matematiche che analizzano le forme e le dimensioni dei vinaccioli (semi di vite), mettendo a confronto i dati morfometrici dei semi archeologici con le attuali cultivar e le popolazioni selvatiche della Sardegna, ha permesso di scoprire che questi antichissimi semi erano appartenuti alle varietà coltivate, ma non solo: i semi archeologici hanno mostrato una relazione parentale anche con la vite selvatica (Vitis Sylvestris) che cresce spontanea nell’Isola.
Risulta così chiaro ed evidente che è stata quasi certamente la vite selvatica, che in sardo viene chiamata “Sandalu”, a dare origine a tutti i vitigni delle Vitis Vinifera oggi presenti in Sardegna. 
Su Sandalu è ancora vivo e vegeto in Sardegna, precisamente in Ogliastra, dove recentemente nel territorio comunale di Urzulei, nella zona denominata Bacu e Biladesti, è stato rinvenuto un esemplare la cui circonferenza è pari a 134 cm e i cui rami misurano oltre 40 metri. È un’antica vite arcaica la cui età è stimata in circa mille anni, età che la pone in prima posizione tra le viti più vecchie del mondo. Da notare che non si tratta di un esemplare unico: nella zona tra Codula e il Monte Bidicolai si trovano numerosi esemplari di questa antica vite selvatica.
L'Ogliastra, dunque, si conferma terra di vino e viti e non solo perché, con i suoi 2.000 ettari di vitigni rappresenta il 10% della superficie viticola totale della Sardegna, ma anche perché, in un angolo sperduto del Supramonte di Urzulei sopravvivono testimonianze di un passato che ha pochi rivali al mondo. L'imponente “Sandalu”, studiato adeguatamente, potrebbe contribuire alla conoscenza del percorso che, partendo dalle forme di vite selvatica, ha portato sino alla grande varietas dei vitigni dei nostri giorni.
Cari amici, credo che la storia vera, reale della Sardegna, quando sarà conosciuta in tutte le sue specificità, potrà finalmente contribuire a rivalutare un popolo che per mille ragioni è stato sempre ritenuto poco acculturato (sardi pelliti), un popolo vissuto in sudditanza, nei confronti dei numerosi popoli che l’hanno dominato. 
Un giorno verrà dimostrato che la civiltà nuragica era per quei tempi così culturalmente avanzata, da competere con le migliori dell’epoca! La storia, nei confronti della nostra isola, è stata sempre avara di riconoscimenti, che però, ne sono convinto, un giorno verranno!
A domani.
Mario



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