Oristano 20 marzo 2023
Cari amici,
Nell’Antica Roma il
Capodanno, fino alla riforma del calendario introdotta da Giulio Cesare, veniva
festeggiato il 1° marzo, in quanto l’anno terminava col mese di febbraio. Febbraio
era infatti l’ultimo mese dell’anno, con agosto che era chiamato Sextilis. I
mesi successivi, da settembre a dicembre, portano ancora oggi l’impronta di
quell’antico calendario nel loro nome: settembre era il settimo, ottobre
l’ottavo, fino ad arrivare a dicembre, che era il decimo mese. Ma perché
proprio marzo come mese iniziale e perché poi c’è stato un cambiamento che è
arrivato fino a noi?
L’inizio dell’anno per i
romani era stabilito a marzo in quanto in quel mese iniziava la primavera, e
questo rappresenta un simbolo di rinascita e rinnovamento anche per la terra.
Marte, da cui deriva il termine marzo, non era solo visto come il dio della
guerra, ma anche come difensore della terra dalle calamità naturali e
soprannaturali. Questo calendario tradizionale rimase in auge fino almeno al II
secolo a. C. dai romani, che lo mantennero assegnando al dio Marte il compito
di aprire ogni nuovo anno. Il 1° marzo, inoltre, veniva rinnovato il fuoco
sacro nel Tempio della dea Vesta. Fu poi nel 191 a.C. che il pontefice massimo
Publio Licinio Crasso con la Lex Acilia de intercalatione spostò la
festa al 1° gennaio, rendendo inevitabile che Giulio Cesare scegliesse questo
come primo mese dell’anno nella sua riforma di poco successiva.
Nella riforma del calendario
apportata da Giulio Cesare (calendario Giuliano) fu inserito anche l’anno bisestile, oltre alla scelta di
gennaio come il primo mese dell’anno. Oltre l'inserimento dell'anno bisestile, il mese di luglio fu così chiamato
in onore proprio di Giulio Cesare, e agosto, il mese successivo, fu così chiamato
in onore dell’imperatore Augusto. Il calendario giuliano fu usato fino al 1582,
quando fu introdotta una nuova riforma: il “Calendario Gregoriano”, così chiamato
in onore del Pontefice Gregorio XIII, che lo introdusse con una bolla papale.
Amici, anche in passato
il passaggio dal vecchio al nuovo anno era festeggiato alla grande. Quando il
Capodanno era fissato al 1° marzo, i festeggiamenti erano chiamati “Terminalia”,
celebrati in onore del dio Termine, quel dio che determinava il confine
di tutte le cose. Festeggiamenti che facevano parte di un antichissimo rituale,
che veniva praticato in onore di questo dio che aveva il compito di stabilire "inizio e termine" per tutto: cose e ovviamente anche persone, che terminavano la vita terrena. I festeggiamenti
si svolgevano durante la giornata del 23 febbraio, allora, come detto, l’ultimo giorno del
mese e dell’anno.
Termine era un dio
potentissimo, che giocava un ruolo importante per la vita degli umani, dato che
poteva decidere quando una stagione doveva terminare oppure quando una vita
poteva spegnersi. Una mitica creatura, quindi, particolarmente temuta, ma anche
venerata, alla quale era stata dedicata l’ultima giornata del mese di febbraio: il 23, appunto. La scelta di decretare il 23 febbraio come la giornata da
dedicare al dio Termine era tutt’altro che casuale, in quanto con la fine del mese di
febbraio terminava un periodo, bello o brutto che fosse stato, e iniziava un nuovo ciclo, con la speranza di un anno migliore.
Amici, come per noi oggi
il 31 dicembre, il 23 febbraio era un giorno particolarmente importante, tanto
che durante quel giorno veniva sospesa qualunque attività all’infuori dei
festeggiamenti in onore del dio, che avvenivano sia sui campi che sull’attuale
via Laurentina, nella quale sorgeva il tempio dedicato al dio Termine. Era un
modo per ingraziarsi il dio per l’anno trascorso, oltre ad auspicare che quello
entrante fosse ugualmente favorevole. Insomma, era un salutare il vecchio anno,
dando il benvenuto al nuovo.
In realtà i Terminalia, nonostante
fossero una festa pagana, non erano una celebrazione violenta come, invece, lo erano molte altre dell’epoca. I suoi rituali, infatti, erano per lo più
pacifici, poiché prevedevano la consacrazione di alcune pietre che
determinavano i confini dei campi e l’incoronazione di una statua, che
rappresentava il dio Termine. Gli unici sacrifici che erano previsti prevedevano
l’uccisione di un agnello oppure di un maialino. Sacrifici che simboleggiavano
la morte dell’anno vecchio; per questo motivo il sangue degli animali doveva
poi essere sparso su un altare insieme a del cibo che sarebbe poi andato
bruciato. Era un rito necessario ad inaugurare l’anno, auspicando un po’ di
fortuna, ma soprattutto chiedendo la benevolenza del temibile dio.
Cari amici, ogni epoca ha
le sue tradizioni, e, se vogliamo dirla tutta, la gran parte delle celebrazioni
che si susseguirono poi nei secoli, hanno sempre affondato le radici proprio in queste
antiche pratiche di ringraziamento alle entità superiori, comunque chiamate, che
l’uomo ha sempre voluto riconoscere come esseri superiori, capaci di regolare la vita, nel bene e nel male.
A domani, amici lettori.
Mario
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