Oristano 24 marzo 2023
Cari amici,
A molti di noi certamente
sfugge un problema che, seppure non visibile ad occhio nudo, comincia ad essere
preoccupante e sicuramente da risolvere. Nell’orbita terrestre girano
intorno a noi oltre 130 milioni gli oggetti abbandonati nello spazio dopo
la loro missione inziale portata avanti dalle varie agenzie spaziali. Tutti
questi rifiuti, in costante crescita, sono un pericolo reale, in quanto
minacciano l’operatività di centinaia di satelliti e sonde spaziali essenziali, per le comunicazioni e le altre attività sia civili che militari.
Questa preoccupazione ha
indotto un team di ricercatori dell’Università del Southampton, a cercare di
trovare una soluzione, ovvero quella di recuperare questi rifiuti, non solo per
cercare di salvaguardare la sicurezza delle future missioni spaziali, ma anche
per riportare a terra materiali preziosissimi che potrebbero costituire una opportunità
economica importante. Questi rifiuti, hanno detto gli scienziati britannici, hanno
un valore molto alto, tanto che le stime da loro elaborate arrivano a valutazioni “tra
i miliardi e i trilioni di dollari”, anche se, come è facile immaginare, il
loro recupero è indubbiamente alquanto rischioso.
Rischioso ma conveniente,
in quanto a detta dei ricercatori, in orbita ci sarebbero molte migliaia di
tonnellate di materiali riciclabili, come sonde, pannelli solari, razzi, e
anche parti di navicelle. L’interesse è alto, considerato anche che i risultati
della ricerca dell’Università del Southampton sono stati pubblicati sulle
pagine della rivista Waste Management. Una piccola parte dei detriti è stata
già riportata sulla Terra, ma il lavoro da fare è immenso e porterà sicuramente
alla nascita di un nuovo settore di recupero e riciclo di questi preziosi
materiali.
Nel gennaio del 2021 la
US Space Surveillance Network ha recuperato e riportato sulla superficie
terrestre 21.901 oggetti artificiali, di cui quasi 4.500 satelliti ancora
funzionanti. Questa missione, benché abbia consentito anche il recupero di un
gran numero di detriti, aveva come obiettivo quello di catturare
prevalentemente gli oggetti di grosse dimensioni. In orbita ci sono circa 128
milioni di frammenti più piccoli di 1 centimetro, quasi 1 milione di dimensioni
comprese tra 1 e 10 centimetri, e poco meno di 34mila più grandi di 10
centimetri. Insomma, un bazar davvero grande e che, dato il valore, sta creando
molto interesse.
Dall’Università del
Southampton è dunque partito uno studio volto a trovare una soluzione sicura,
ambientalmente sostenibile e, possibilmente, anche economicamente redditizia;
il professore di Scienze Ambientali Applicate Ian Williams e il dottore in GIS
Applicato e Telerilevamento Ryan Leonard, hanno stimato il valore della massa
di rifiuti spaziali se fossero inseriti in un sistema di recupero circolare
delle risorse, ritenendo, come ha spiegato Williams, che “Se il valore
finanziario del recupero di detriti spaziali è abbastanza alto, l’investimento
nella tecnologia per farlo è giustificato”.
I ricercatori hanno quantificato
i potenziali ricavi netti del riutilizzo dei detriti tra i 570 miliardi e 1,2
trilioni di dollari. Le cifre si riferiscono alla valorizzazione di una
quantità che va tra i 5.312 e le 19.124 tonnellate di rottami meccanici,
potenzialmente recuperabili con il sistema di rimozione attiva dei detriti
(ADR), ovvero utilizzando il propulsore al plasma inventato dal dottor Kinkwan
Kim dell’Università del Southampton per il deorbit dei satelliti a fine vita.
“Lo sviluppo di servizi
in orbita – ha evidenzia il professor Ian Williams -, come l’estensione della vita
dei satelliti inattivi, o l’avanzamento dell’ADR, sarà cruciale per risolvere
il problema dei detriti orbitali. Ma, con questo, una futura economia circolare
per lo spazio può essere finanziariamente fattibile, con conseguenze
potenzialmente benefiche per la riduzione del rischio, efficienza delle
risorse e occupazione ad alto valore aggiunto; oltre alla conoscenza del cambiamento
climatico, scienza, monitoraggio e dati di allarme precoce”.
Cari amici, certamente è
necessario ed urgente che l’uomo debba intervenire, ove possibile, a rimuovere
i tanti oggetti ormai inutili e pericolosi che in precedenza ha lanciato nello
spazio, non solo per evitare problemi a tutti i satelliti funzionanti ma anche
e soprattutto per salvaguardare l’ecologia dello spazio che circonda la nostra
Terra. Risolvere il problema dei rifiuti spaziali, operando in un’ottica
circolare, potrebbe essere una soluzione non solo per la salvaguardia e la
sicurezza delle future missioni spaziali, ma anche funzionale al recupero e
alla valorizzazione delle risorse disperse in orbita intorno alla Terra.
A domani cari lettori.
Mario
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