Oristano 1 maggio 2022
Cari amici,
Inizio i post di maggio parlando di crisi e caro-prezzi. L’Europa, dopo circa 70 anni
si ritrova in guerra. In realtà i venti di guerra che soffiano sull’Ucraina, invasa
dalla Russia di Vladimir Putin, sono già volati oltre i confini di questo Stato
e si fanno sentire anche sul resto dell’Europa. La reazione, al momento
compatta, degli Stati che compongono l’UE, ha risposto con pesanti “sanzioni”
nei confronti della Russia, provvedimenti che però hanno fatto infiammare i prezzi delle
materie prime: da quelle energetiche come gas e petrolio, che alimentano il
“caro bollette” e il “caro benzina”, fino a quelle alimentari, che rendono più
oneroso l’acquisto di beni di prima necessità come olio, pane e pasta.
Per quanto riguarda l’Italia,
lo studio portato avanti dalla Coldiretti ha documentato l'impennata dei costi
delle materie prime e dei prezzi sui prodotti alimentari, subito diventati più
salati per i consumatori. Tutto, come appare ovvio, è derivato dal caro energia,
che, alimentato dalla guerra, ha contagiato i prezzi di tutta la filiera alimentare,
con pesanti conseguenze nel carrello della spesa. Gli aumenti di prezzo, in
realtà, stanno colpendo duramente sia le imprese che le tavole dei consumatori.
Ci sono percentuali di aumento che sono già di altissimo livello, come quello
dell’olio di semi, cresciuto del 63,5%, oltretutto diventato praticamente
introvabile.
La “Black list”
degli aumenti sullo scaffale, fatta dalla Coldiretti e stilata sulla base
delle rilevazioni Istat sull’inflazione ad aprile 2022, vede in cima alla
classifica, dopo l’olio di semi, la farina, con i prezzi in salita del 17,2%
trainati dagli aumenti del grano, al terzo il burro (+15,7%). Rincari a doppia
cifra anche per la pasta (+14,1%), seguita dalla carne di pollo (+12,2%) e dalla
verdura fresca (+12%). A seguire nella graduatoria dei rincari ci sono frutti
di mare con +10,2%, gelati a +9,5%, uova con +9,3%, mentre chiude la classifica
il pane, che costa l’8,4% in più rispetto allo scorso anno.
Se le famiglie per gli
aumenti piangono, le aziende produttrici di certo non ridono. L’aumento dei
costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare, a partire dalle
campagne dove si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi
al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio, con incrementi dei costi correnti
di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da
latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo
studio del Crea.
Amici, davvero un vero e
proprio “Tsunami” quello che si è abbattuto a valanga sulle aziende agricole,
con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e
macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle aziende agricole. “Occorre
lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali
con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano
mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle
pratiche sleali e alle speculazioni” – ha affermato il Presidente della
Coldiretti Ettore Prandini, che ha anche sottolineato che “nell’immediato
bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con
interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare
il futuro”.
In difficoltà – ha confermato
la Coldiretti – anche i produttori di olio extravergine d’oliva sui quali si
abbatte la scure dei rincari con un aumento complessivo del 12% dei costi medi
di produzione, secondo Unaprol – Consorzio Olivicolo Italiano. Ad
incidere sono il prezzo del carburante, praticamente raddoppiato nel giro di
pochi mesi, il costo dell’energia e i rincari di vetro (+15%) e carta (+70%)
necessari per imbottigliamento e confezionamento.
Cari amici, questa guerra
credo che faccia riflettere non poco anche noi italiani, considerato il passato
abbandono delle campagne per approvvigionarci a prezzi più convenienti all’estero.
Ciò è successo anche per le materie prime come gas e petrolio, in quanto la
dipendenza estera poteva essere non solo limitata ma soprattutto diversificata,
ovvero mai concentrata, per percentuali importanti, con un unico Paese estero. Il
professor Mauro Agnoletti, docente associato dell’Università di Firenze e
coordinatore scientifico dell’Osservatorio nazionale sul paesaggio rurale (Ministero
delle Politiche agricole alimentari e forestali, Mipaaf), ha confermato che andava
ricercata una maggiore indipendenza alimentare esattamente come una maggiore
indipendenza energetica.
“La guerra – ha
osservato Agnoletti – incidendo sulle notevoli importazioni di cereali da
Russia e Ucraina ha portato a una riduzione degli approvvigionamenti e a un
aumento dei prezzi e suggerisce una riflessione sulla necessità diventare più
autosufficienti da questo punto di vista, dato che i terreni agricoli per
coltivare cereali certo non ci mancano. Ciò non solo per non dipendere
dall’estero, almeno dal punto di vista alimentare, ma anche per produrre
prodotti tipici realmente italiani e non solo ‘lavorati’ in Italia, con la
pretesa paradossale poi di proteggere il Made in Italy”.
Credo che il professore
abbia ragione da vendere!
A domani.
Mario
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