domenica, maggio 22, 2022

L’AVARIZIA, UN MALE CONSIDERATO UNO DEI 7 VIZI CAPITALI. L’AVARO? UN SOGGETTO OSSESSIONATO DALLA POSSIBILE SCARSITÀ DI BENI, PUR POSSEDUTI IN ABBONDANZA.


Oristano 22 maggio 2022

Cari amici,

L'avarizia è un male antico, con risvolti alquanto negativi anche di carattere sociale, tanto che la dottrina cattolica lo annovera tra i “Sette vizi capitali”. L’avaro, infatti, manifesta una tendenza irragionevole e ostinata, ad accumulare in continuazione denaro e beni di ogni tipo, ma rifiutandosi sempre condividere, in maniera più o meno esplicita, con gli altri quanto da lui posseduto. Questo eccessivo attaccamento al possesso, evitando di spendere o donare, è stato sempre condannato, in quanto considerato un vero peccato sociale.

L’avarizia può essere considerata una forma estrema e immorale di egoismo a scapito degli altri, ma la domanda che ci si pone è: da cosa può nascere nell’individuo questo bisogno di accumulare e tenere solo per sé quanto raccolto? Pare che alla base di un simile comportamento ci sia una distorsione del normale "desiderio di possesso”, che diventa eccessivo e incontrollato. L’avaro, secondo alcuni studi, è tormentato dallo spettro della scarsità. Non vuole arricchirsi alle spalle degli altri ma, piuttosto, teme che il dare qualcosa a qualcuno possa rovinarlo, possa turbare il fragile equilibrio psicologico su cui basa la sua idea della realtà. Così, chi vive nell’avarizia vede il male dove non c’è alcun male, travisa la generosità con la stupidità, scambia la disponibilità con l’opportunismo e vede il successo altrui come il risultato di illeciti e di macchinazioni.

All’avidità e all’avarizia sono state dedicate non poche ricerche, tra cui quella effettuata da un gruppo di psicologi sociali olandesi e russi; i risultati dello studio sono stati pubblicati sul British Journal of Psychology. In questo studio l’avarizia è stata definita un prodotto dell’avidità, ovvero come un “forte desiderio di più ricchezze, possedimenti, potere, eccetera, rispetto ai bisogni di un individuo”; sull’avidità si sono interrogati psicologi, scrittori e religiosi, dandone più spesso interpretazioni negative, perché è considerata la fonte dell’avarizia, della frode, della corruzione e perfino la vera causa scatenante delle guerre!

Anche secondo il gruppo di ricerca guidato dalla dottoressa Terri Seuntjens, del Department of Social Psychology dell’Università olandese di Tilburg, «L’avidità è un inarrestabile desiderio non solo per il denaro, ma anche per altri beni e risorse. A seconda dell’oggetto di interesse l’avidità si può manifestare sotto forma di avarizia, cupidigia, ambizione sfrenata, lussuria o ingordigia». Tutte le religioni ne hanno dato un giudizio pessimo: per i cristiani l’avarizia è uno dei sette peccati capitali e San Paolo affermava che l’amore per il denaro è la radice di tutto il male. Per il buddismo l’avidità è uno dei tre veleni che creano il cattivo karma.

Ciò nonostante, diverse scuole psicologiche ritengono che l’avarizia è insita nella natura umana, tanto che più o meno tutti, anche se fino a un certo punto, possiedono il germe dell’avidità. «Alcuni autori hanno affermato che essere avidi è vitale per il benessere dell’uomo e che l’avidità è un importante tratto evolutivo, che promuove l’auto-conservazione — come hanno ribadito la dottoressa Seuntjens e i suoi collaboratori —. Le persone più predisposte verso il guadagno e l’accumulo di quante più risorse possibili potrebbero essere in teoria quelle che se la passano meglio e che quindi hanno un vantaggio evolutivo».

Anche la psicoanalisi ha spesso affrontato il tema dell’avarizia e dell’avidità. «Ma è difficile che qualcuno si rivolga a uno psicoanalista perché si sente avaro», come ha dichiarato il dottor Walter Bruno, della Società Italiana di Psicoanalisi«È invece facile che, nel corso di un trattamento richiesto per altre ragioni, emergano tratti di carattere, o meglio, comportamenti che, dagli altri, vengono etichettati come avidità o avarizia». È difficile, cioè, che Re Mida, o Arpagone, si rivolgano a uno psicoterapeuta, dal momento che questo assetto del carattere è da loro vissuto come un magico talismano, un irrinunciabile salvagente, con il quale far fronte a un mondo senza scrupoli.

Cari amici, come sostiene il dottor Walter Bruno, psicoterapeuta e studioso dei comportamenti umani, «Il fatto è che in ognuno di noi ci vorrebbe un po’ di Re Mida, la fantasia magica di trasformare in oro ciò che si tocca, una certa fiducia, cioè, nella propria capacità di realizzare i sogni, e ci vorrebbe però anche un po’ di Arpagone, cioè la capacità di risparmiare, di ben amministrare e difendere non solo ciò che si ha, ma anche ciò che si è, in altri termini, una certa dose di sana parsimonia. Il problema sta nella misura: è la dose che fa di una stessa sostanza un medicinale o un veleno». 
Parole sante, amici lettori!

A domani.

Mario

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