Oristano 12 dicembre 2021
Cari amici,
Che il mare stia subendo,
ormai da parecchio tempo, l’assalto degli scriteriati comportamenti dell’uomo è
cosa ben nota. Prima l’assalto fuori misura della pesca intensiva, che ha
iniziato ad impoverire le specie senza tener conto del necessario rinnovo, a
cui si è poi aggiunta l’invasione della terribile plastica che ha inquinato
fortemente i mari mandando a morte intere specie ittiche e creando addirittura “isole
di plastica”. Insomma, l’uomo distruttore, se non porrà rimedio al suo insulso
comportamento, si troverà davvero in seria difficoltà, in particolare quella
alimentare.
Un problema davvero serio,
perché l’umanità continua a crescere e fra non molti anni sulla terra la popolazione mondiale (secondo
le previsioni delle Nazioni Unite) conterà nel 2050 circa 9 miliardi di
individui (dai 7,7 miliardi attuali), e nel 2100 toccherà gli 11,2 miliardi,
per poi cominciare a declinare. Gli studi messi in cantiere per ipotizzare
comme sovvenire alle necessità di una popolazione così cresciuta, hanno pensato
alla soluzione drastica di produrre alimenti in laboratorio, anziché limitarsi all’approvvigionamento
proveniente da allevamenti di terra e di mare.
Quanto alla carne, cosiddetta
“sintetica” ho già riportato su questo blog alcune considerazioni; chi mi legge
potrà, volendo, andare a leggere quanto scrissi nel post del 6 maggio 2021 cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2021/05/la-carne-sintetica-e-una-realta-sara.html
, mentre oggi voglio parlare con Voi della novità del pesce “prodotto in
laboratorio”. Si, amici, dopo la carne sintetica stanno per arrivare sulle nostre
tavole anche le alternative culinarie a
base di “pesce sintetico”, ovvero prodotto utilizzando le biotecnologie.
Non sarà certo un
problema “facile da digerire”, in particolare per noi italiani, che della cucina
sana e naturale abbiamo fatto una Bibbia, ma le proteine animali prodotte in
laboratorio diventeranno di uso corrente, per amore o per forza, diventando piatti
da portare a tavola. È questo un business che la scienza considera più
sostenibile, ed è già in corso. Una startup americana, per esempio, sta
implementando un sistema per produrre in laboratorio pesce da cellule
staminali. Una soluzione ritenuta necessaria, considerato l’inarrestabile
impoverimento dei mari oltre all’alta concentrazione di mercurio e di altri
inquinanti ormai sempre più presenti in pesci come il tonno e il pesce spada.
L’azienda che sta facendo
i maggiori progressi nel campo è la Finless Foods, start up fondata a
San Francisco da Brian Wyrwass e Mike Selden, due giovani biologi che stanno
velocemente portando avanti gli esperimenti con le staminali di specie come
branzino, carpa, tilapia e sardina, oltre ad effettuare prove sul tonno rosso. In
una nota all’interno del sito web dell’azienda si legge: “Il nostro metodo è
semplice. Invece di pescare pesce e frutti di mare viventi, produciamo le
stesse proteine del pesce fresco coltivando cellule animali marine di alta
qualità. Non è un sostituto vegetariano. È vero pesce fresco”.
Altra azienda che ha
deciso di entrare nel settore è la BlueNalu, con sede a San Diego, che,
grazie alla collaborazione con il distributore britannico di alimenti surgelati
Nomad Foods, introdurrà in Europa una serie di alternative ittiche prodotte in
laboratorio. Ormai appare crescente l’interesse per le alternative culinarie a
base di pesce derivato da biotecnologie, interesse dovuto in gran parte alla
necessità di promuovere la sostenibilità della produzione ittica. “È
necessario individuare delle strategie per rispondere alla crescente domanda di
questi prodotti – osserva Kevan Main, vicepresidente associato per la
ricerca presso il Mote Marine Laboratory and Aquarium di Sarasota, in Florida
– dobbiamo utilizzare nuovi approcci per affrontare queste sfide”.
Ma come avviene questa “produzione
in laboratorio”? I prodotti ittici a base di cellule, derivati da pesce
comunemente consumato, come salmone e tonno, o crostacei, come gamberetti e
granchi, non discendono direttamente da esseri viventi, per cui non prevedono
l’abbattimento di animali. La carne viene prodotta in laboratorio raccogliendo
cellule da un campione prelevato da pesci o crostacei donatori, che vengono poi
coltivate in un bioreattore. Il mix risultante contiene muscoli e cellule
adipose e, secondo le dichiarazioni dei vertici delle società produttrici, ha
un sapore simile alla controparte naturale, anche se è privo di spine, squame,
bulbi oculari e tutti i vari fastidiosi scarti che caratterizzano i prodotti
ittici acquistati in pescheria.
Cari amici, quale sarà il
futuro alimentare dell’uomo? La scienza, dopo gli innumerevoli danni creati al
nostro pianeta, dovrà trovare le alternative ai problemi ambientali ed etici
che oggi ci affliggono, e quella degli alimenti costruiti in laboratorio appare
una valida alternativa per la salvezza nostra e del pianeta che ci ospita e
che, invece, abbiamo trattato e violato come dei veri padroni. Chissà se in futuro, quando saremo
riusciti a curarlo questo pianeta, non potremo riprendere a gustare i saporiti cibi
di una volta!
A domani.
Mario
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