mercoledì, dicembre 15, 2021

STUDI SCIENTIFICI AVANZATI CERCANO DI COMBATTERE I CAMBIAMENTI CLIMATICI MODIFICANDO LE PIANTE, IN MODO CHE POSSANO ASSSORBIRE PIU' CO2.


Oristano 15 dicembre 2021

Cari amici,

Gli scienziati le stanno provando tutte per contrastare i pericolosi fenomeni che sulla terra stanno modificando il clima. Una delle vie che si sta tentando di percorrere è quella di cercare di modificare geneticamente le piante, per far assorbire loro una maggiore quantità di CO2, così da combattere meglio gli effetti del cambiamento climatico. Di recente un gruppo di scienziati sta provando a potenziare la capacità delle piante di conservare una maggiore quantità di CO2, cosa  che consentirebbe loro anche di resistere meglio ai fenomeni atmosferici estremi.

I ricercatori del Salk Institute for Biological Studies, sono al lavoro per creare delle super piante in grado di “divorare” l’anidride carbonica. Gli scienziati sono alla ricerca di metodi per migliorare la capacità di assorbimento di gas serra da parte delle piante; l’idea è quella di modificarle per far loro assorbire una maggiore quantità di anidride carbonica, in modo da contribuire ad ammortizzare gli effetti della crisi climatica. Nel corso dei millenni, l’essere umano ha selezionato, coltivato e modificato le piante per migliorare la produzione di cibo e assicurarsi la sopravvivenza, mentre ora vuole migliorare le stesse piante in modo tale da darci una mano per proteggerci meglio dai cambiamenti climatici.

L’ambizioso progetto, ribattezzato “Ideal Plant”, è curato dalla biologa Joanne Chory, scienziata che vanta moltissimi riconoscimenti inerenti scoperte effettuate nel mondo delle piante. Lo studio in corso analizza l'importantissima funzione vitale svolta dalle piante:  la fotosintesi, cercando di apportare dei miglioramenti tali da incrementarne la funzione. Oggi ci troviamo di fronte alla piaga delle emissioni di gas serra che conducono all’innalzamento delle temperature, e per questo gli scienziati di tutto il mondo sono a lavoro per comprendere meglio i meccanismi alla base della fotosintesi: migliorarla significherebbe rendere le piante in grado di assorbire maggiori quantità di CO2.

Arabetta comune

In questo nuovo studio, i ricercatori dell’Università di Copenaghen hanno appena scoperto che un gruppo di proteine presenti nelle foglie delle piante – il CURT1 – svolge un ruolo importantissimo nel processo di fotosintesi: queste proteine controllerebbero lo sviluppo delle foglie verdi delle piante quando queste sono ancora semi. Utilizzando potenti fotocamere, i ricercatori hanno ingrandito di 30.000 volte le immagini della crescita di alcune piante di Arabetta comune (Arabidopsis thaliana -L.- Heynh.), che è una piccola pianta annuale o biennale appartenente alla Famiglia delle Brassicacee, e hanno potuto così studiare la pianta a livello molecolare; grazie a questa osservazione così dettagliata, è stato possibile individuare la presenza delle proteine CURT1 già nei primissimi stadi di vita della pianta.

La fotosintesi ha luogo nei cloroplasti, minuscoli corpuscoli ellittici presenti nelle cellule delle piante: all’interno di ogni cloroplasto, una membrana protegge le proteine del gruppo CURT1 e gli altri meccanismi che rendono possibile la fotosintesi. Le proteine in questione controllano la forma di questa membrana, rendendo più semplice per le altre proteine presenti nella cellula di svolgere altre importanti funzioni ancillari alla fotosintesi, come per esempio riparare la membrana quando la luce solare è troppo forte oppure stimolare l’abilità del cloroplasto di conservare energia luminosa quando la luce solare è invece troppo debole.

I ricercatori del Salk Institute, durante lo studio, hanno anche accertato che quando le radici di una pianta si sviluppano di più, esse contribuiscono a conservare la CO2 più in profondità, dove il terreno è più stabile. Gli scienziati sapevano da tempo che l'ormone auxina è il responsabile del processo, ma, finora non erano certi di come condizionasse precisamente la forma del sistema di radici. Lo studio in questione, ha permesso di identificare un gene specifico—EXOCYST70A3—che controlla il modo in cui le radici crescono, alterando quanta auxina arriva alle estremità. Questo gene, o un suo simile, è presente in tutte le piante, il che permetterebbe ai ricercatori di manipolare (quasi) qualsiasi pianta e munirla di radici più estese.

Lavorando su questo fronte e operando in modo che le radici vadano in profondità il più possibile, si riuscirebbe a far trattenere nel sottosuolo più a lungo la CO2, riducendo le probabilità che essa riesca a tornare in atmosfera. Inoltre, far arrivare le radici delle piante più in profondità, porterebbe ulteriori, notevoli vantaggi. Con un sistema radicale più profondo, molte piante potrebbero sopravvivere con meno acqua, perché anche se il sole brucia la parte più esterna del terreno, le radici possono raggiungere i depositi di acqua più sotterranei. A sua volta, una quantità maggiore di CO2 nel suolo, può aiutare un terreno a trattenere l'acqua, ha detto con convinzione Wolfgang Busch, uno dei principali autori dello studio. "Cambiare la biochimica, aumentare la stabilità", ha sostenuto Busch, in quanto può rendere il terreno più stabile, proteggendolo dall'erosione causata dalle alluvioni.

Cari amici, personalmente credo che l’interessante studio dimostri che le piante possono davvero aiutarci a rallentare il cambiamento climatico. I ricercatori, dopo le numerose prove effettuate sull’Arabetta comune, intendono testare presto le nuove tecniche di editing genetico su altre piante, con la speranza che sempre più specie possano catturare e conservare meglio la CO2. Il futuro vedrà le piante sempre più protagoniste!

A domani.

Mario

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