Oristano 27 dicembre 2021
Cari amici,
La notizia che sto per commentare
mi ha creato un piacere talmente grande da farmi tornare in mente un detto
alquanto famoso, anche se in questo caso poco ci appiccica: “Nulla si crea,
nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. In Sardegna sta per riprendere vita
l’ultimo sito carbonifero d'Italia, quello di Nuraxi Figus, nella
Sardegna Sud Occidentale. Ovviamente non più per estrarre carbone, ma energia
verde e ricerca. Su questo antico sito minerario si fanno progetti che valgono
ben 210 milioni di euro, provenienti dal PNRR e JTF. Il JTF (Just Transition Fund) è un nuovo
strumento finanziario, nel quadro della politica di coesione, nato per fornire
sostegno ai territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche
derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica.
Il piano per il recupero
delle miniera di Nuraxi Figus, che ha già mosso i primi passi con il “Progetto
Aria”, mira a produrre gas rari (ossigeno 18 e argon 40 e isotopi stabili), e l’iniziativa
è portata avanti dall'INFN (Istituto nazionale di fisica nucleare), dalla
Carbosulcis, azienda controllata dalla Regione e titolare della concessione
mineraria, unitamente all'Università di Cagliari. L’idea della possibile
riconversione di questa miniera l’hanno avuta per primi gli americani, ma
subito dopo si sono aggiunti gli olandesi, interessati alla torre criogenica e
al progetto di ricerca sugli isotopi.
L’amministratore unico di
Carbosulcis, Francesco Lippi, ha subito diffuso la bella notizia, annunciato
soddisfatto che nel sito sono già in corso visite e sopralluoghi dei tecnici,
sia nelle pertinenze minerarie che nelle aree attrezzate. L’area mineraria è un
vero e proprio microcosmo, composto da pozzi che si spingono sino a mezzo
chilometro di profondità e gallerie carrabili lunghe una trentina di chilometri,
già attrezzate con sensori e impianti di controllo in superficie. Il progetto Aria, in
questi spazi da tempo dormienti, prevede la costruzione di una torre criogenica
lungo la verticale di un pozzo che si spinge sino a mezzo chilometri di
profondità, e non è, comunque, l’unico progetto che riguarda il futuro del sito
minerario. Da qualche tempo l'azienda porta avanti una serie di iniziative per
«assicurare un futuro e un nuovo orizzonte» al compendio industriale in cui
sono presenti infrastrutture «che valgono centinaia di milioni di euro».
«Basti pensare ai pozzi e
alle rampe, – ha affermato Francesco Lippi –
immaginare di realizzare una struttura del genere ex novo per poter installare
una torre criogenica è letteralmente impossibile; ecco questa è una grande
occasione e noi stiamo cercando di sfruttarla». Nel programma dell'azienda
controllata dalla Regione ci sono anche altri programmi. Uno su tutti, quello
per la realizzazione di un Hub energetico regionale che, come ha sottolineato
il manager, prevedrebbe la «produzione in superficie da fonti rinnovabili di
35 MWp (fotovoltaico e eolico), un potenziale stoccaggio in sottosuolo di
almeno altrettanta potenza e la gestione intelligente per smart greed,
guardando alle potenzialità aggiuntive sulla produzione di idrogeno verde».
Tutto questo in aggiunta
agli altri progetti in cui la società mineraria è ancora impegnata: dalla
ricerca per la produzione di fertilizzanti derivanti dalla lavorazione dei
residui delle lavorazioni minerarie, alla coltivazione dell’alga spirulina,
utilizzando l'acqua che risale dalla falda, oltre alle diverse collaborazioni con
le Università. «L’insieme dei programmi che intendiamo portare avanti – argomenta
ancora il manager – ha come obiettivo quello di dare un nuovo corso al sito
minerario industriale all'insegna della sostenibilità».
Insomma, un recupero di
una grande struttura del passato quasi rivoluzionario, che per il momento è solo
in attesa delle risorse, tanto che, per ora, vanno avanti tutte
l'attività di studio, ricerca e progettazione. Quanto al passaggio dal piano
progettuale a quello attuativo, conclude l’Amministratore della Carbosulcis
Francesco Lippi, «Tutto è legato alle risorse previste dal Just transition
fund e dal PNRR; i nostri progetti, che valgono complessivamente 210 milioni di
euro, sono in grado di dare una svolta epocale a questo territorio».
Cari amici, credo che la
Sardegna meriti senza se e senza ma questo
importante recupero di un impianto che non è da considerarsi “obsoleta archeologia industriale”,
utile solo a ricordare le immense fatiche del passato, ma struttura importante
di base per l’avvio delle nuove tecnologie, capaci di dare un futuro green
alla nostra isola, purtroppo ancora “Cenerentola”. Che gli immani sforzi di
ieri, quelli delle generazioni precedenti, siano la giusta e orgogliosa base
per dare un futuro alle nuove generazioni!
A domani.
Mario
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