sabato, aprile 18, 2020

LA MILLENARIA CULTURA DELLA COSMESI NEL LONTANO ORIENTE. FU MARCO POLO IL PRIMO A PORTARE IN EUROPA I SEGRETI DELLA BELLEZZA DAGLI OCCHI A MANDORLA.


Oristano 18 aprile 2020

Cari amici,

L’Estremo Oriente, soprattutto la Cina e il Giappone, per molti secoli rimasero per i popoli europei un grande mistero. Un mondo praticamente quasi sconosciuto, che solo l'avventuroso viaggio di Marco Polo aveva appena fatto conoscere, restando tuttavia un luogo misterioso e affascinante, con particolari usanze, costumi, credenze, tanto diverse dalle nostre, con riti e tradizioni da osservare meravigliati, a volte, con estremo stupore: dal mondo delle Gheisce al rito del the, dai particolari aromi al culto dei fiori, dalla particolare bellezza delle sete alle merci più preziose.
Sino a tutto il Medioevo le conoscenze che si avevano in Europa del lontano Catai (l’odierna Cina), si basavano solo sulle memorie di Marco Polo, raccolte in un libro intitolato Il Milione. In questo libro, che a molti appariva come un compendio di favole, venivano descritte civiltà sconosciute, in possesso di tesori favolosi, ricche di prodotti ricercatissimi dai mercanti occidentali, come aromi e spezie. Il libro circolò per secoli copiato a mano, e successivamente, dopo l’invenzione della stampa, stampato in molte lingue, tanto che la sua fama alimentò talmente la leggenda del favoloso Oriente, da convincere Colombo a partire alla ricerca di una nuova via per raggiungere questo sconosciuto e favoloso mondo orientale.
In questo mondo misterioso, così diverso dal nostro, il culto della bellezza femminile prevedeva canoni molto diversi dai nostri. L'idea della bellezza nel mondo orientale venerava la pelle bianca delle donne; candore che rivestiva un ruolo di grande importanza all'interno della loro cultura e del gradimento riconosciuto ai canoni di questo tipo di bellezza. In questa millenaria cultura il candore della pelle rappresentava (e rappresenta anche oggi) un canone estetico d’eccellenza, da sempre associato ai concetti di bellezza e nobiltà, e per questa ragione contrapposto alla carnagione scura, vista invece come sinonimo di basso ceto sociale, poiché accostata alle professioni più umili svolte all'aperto.
In Giappone un antico proverbio afferma che «la pelle bianca copre sette difetti», e proprio le donne giapponesi, su tutte, compiono numerosi sforzi nel cercare di mantenere la qualità della loro pelle sotto certi standard, evitando di esporsi sotto la luce diretta del Sole e ricorrendo a prodotti estetici specializzati per tenere la pelle assolutamente bianca. Le donne giapponesi, quando escono fuori al sole, portano spesso un ombrello parasole per proteggere la loro pelle bianca dai raggi solari che potrebbero scurirla.
Questo ideale particolare di bellezza si diffuse in Oriente, ed in particolare in Giappone, sin dal periodo Nara (710-733), quando le donne di corte facevano ampio uso di prodotti di bellezza per la salute della pelle (come crusca di riso e polvere di perle macinate), oltre ad applicare cipria bianca al viso in modo da ottenere l'effetto pallore. Con il passare degli anni la pelle bianca si è trasformata, da simbolo di innocenza e femminilità, a emblema di giovinezza e attrazione per il sesso opposto, in conseguenza dell'aggressivo marketing delle grandi aziende cosmetiche giapponesi. Anche le industrie internazionali del cinema e della pubblicità hanno avuto un ruolo chiave nel riproporre fortemente questo canone di bellezza, attraverso la promozione di modelle dalla pelle chiara.
Una delle particolarità orientali più note in Occidente, è costituita dalla figura della Geisha.  Le Geishe sono delle particolari figure femminili che hanno il compito di intrattenere in maniera artistica la clientela maschile. Lungi dall’essere considerate prostitute, come spesso vengono additate, sono invece donne dalla grande cultura, che amano danzare, parlare, recitare e cantare e lo fanno intrattenendo con garbo e capacità gli ospiti di sesso maschile. Il trucco delle geishe è totalmente tradizionale: viso pallido, bocca rossa e ben delineata, sopracciglia scure e sottili. 
La storia del Make Up orientale è lunga e plasmata dal tempo. Fin dall’antichità sia le donne giapponesi che cinesi usavano curare la propria bellezza con prodotti naturali che, a volte, ritroviamo anche oggi. Partendo dalla sempre dominante chiarezza del volto, sia in Cina che in Giappone le donne usavano ed usano schiarirsi il viso con una particolare cipria bianca. In passato, questa cipria veniva fabbricata con la polvere di riso, che abbonda in tutta la regione. La pelle del viso veniva (e viene ancora) sfumata delicatamente con la cipria bianca, che copre ogni imperfezione e dona uniformità alla pelle.
Le guance, al contrario, venivano accentuate con il colore rosa o rosso: piccole sfere rosate sono visibili nella parte alta dei visi delle donne cinesi e giapponesi, come fanno anche oggi le famose geishe. 
Le sopracciglia, in passato, venivano completamente rasate, così da rendere il viso un insieme monocromatico. Oggi invece vengono delineate con una matita nera, che le disegna in maniera sottile e delicata. Le labbra, segno distintivo del particolare make up, venivano e vengono ancora colorate con un rosso intenso e, allo stesso tempo, ridimensionate, rendendole piccole e simili a cuoricini.
Un cuore rosso, esterno, simbolo del grande cuore che batte, nascosto, dentro il petto.
A questa preparazione esteriore della bellezza femminile si doveva aggiungere la particolare profumazione: il corpo doveva essere molto profumato, tanto che nelle famiglie più abbienti si usava dare alle figlie, sin dall’età di due o tre anni, delle bevande aromatiche particolari nella speranza che crescessero belle e profumate. Il Giappone in particolare offre una gran varietà di profumi: da quello dei fiori di ciliegio a quello dei boschi, dall’aroma dell’incenso al profumo del tè verde, la bevanda più diffusa nel Paese, di un intenso dolce e amaro insieme. La cultura orientale vede, in particolare le donne, conoscere e praticare perfettamente l’arte dei fiori, l’Ikebana.
Cari amici, secondo la disciplina Zen, “Aria pura, acqua limpida e buon riso maturo”, sono i fattori che influenzano la bellezza di una donna orientale. Passano i secoli, ma i canoni di questa bellezza femminile non sono cambiati: la tradizione vuole la figura femminile pallida e snella, con lunghi capelli di seta, ingentilita da un buon portamento e dalla perfetta conoscenza dell’ikebana, l’arte dei fiori. Sotto la loro pelle di loto le donne nascondono la loro bellezza più intima, dote preziosa da proteggere e rivelare lentamente, in un sensuale gioco di seduzione che attira molto più di quanto non possa fare la semplice ostentazione.
L’Oriente, oggi come ieri, è sempre un luogo pieno di misteri…
Grazie amici, a domani.
Mario

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