Oristano 28 aprile 2020
Cari amici,
La storia dell’intelligenza
artificiale comincia nei primi anni del secolo scorso. Uno dei pionieri fu certamente
Alan Turing, considerato uno dei padri dell’informatica moderna. Era il 1936,
quando mise le basi per sviluppare i concetti di calcolabilità e computabilità,
dando vita alla prima macchina che prese il suo nome. La macchina di Turing,
primo embrione dell’intelligenza artificiale, contribuì a sviluppare, come
disciplina scientifica, tutta la materia fin dagli anni Cinquanta del secolo
scorso. Fu quello un periodo di grande fermento scientifico, e, dopo la
macchina di Touring, si concretizzarono gli studi sui calcolatori e il loro
utilizzo per avere sistemi intelligenti non umani. Era l'inizio di un'epoca nuova, che avrebbe avuto un impatto incredibile sulla civiltà dell'epoca che contava in tutto e per tutto sull'intelligenza emana e sulla forza lavoro fisica dell'uomo; Era il seme di una rivoluzione che non si sarebbe più fermata!
Nel 1950 lo stesso
Turing, scrisse l’articolo intitolato “Computing machinery and intelligence”,
in cui proponeva quello che sarebbe divenuto noto come “test di Turing”.
Secondo il test, una macchina poteva essere considerata intelligente se il suo
comportamento, osservato da un essere umano, fosse considerato indistinguibile
da quello di una persona. Grazie al suo lavoro, il tema dell’Intelligenza
Artificiale fu recepito dalla Comunità scientifica, che sviluppò fortemente la
logica matematica (per la dimostrazione di teoremi e l’inferenza di nuova
conoscenza) e successivamente le reti neurali (nell’ultimo decennio la loro
tecnologia è stata implementata non poco e oggi vengono applicate nell’ambito
del Deep Learning, un ramo del Machine Learning).
Se la seconda parte del
secolo scorso fu importante perché mise le basi dell’attuale sviluppo dell’intelligenza
artificiale, in questo inizio di secolo e di millennio, molto si è
concretizzato delle iniziali idee partite da Turing. Oggi sono un’immensità i
miliardi investiti in progetti che prevedono una rivoluzione tecnologica
incredibilmente futuristica. Dopo il grande sviluppo dei progetti avvenuti in
particolare nella Sylicon Valley, la terra dei filantropi, delle start up
scalabili e della solida work ethic, la fantasia avanza prepotente e nulla
potrà essere d’ora in poi come prima.
L’intera cultura della
Valley è costruita attorno a sentimento ben preciso: la FOMO (o meglio
the Faer Of Missing Out), ovvero la paura di perdersi qualcosa di importante.)
Grazie alla FOMO giovani founders raccolgono milioni senza avere un prodotto
concreto, grazie alla FOMO si dà spazio a tecnologie ben lontane dall'essere
commercializzabili e grazie alla FOMO, a volte, nascono enormi imperi come
Facebook o Uber. La storia e l’evolversi dell’intelligenza artificiale è un
lungo alternarsi di periodi di delusione ed eccitazione, quest'ultima rafforzata
dalla irrazionale paura di non trovarsi sul carro del vincitore.
Questa avventurosa corsa
verso un futuro sconosciuto, ci spinge a ricordare quanto, in tempi
lontanissimi, scrisse il grande Tucidide: “Conoscere il passato per
comprendere il presente e progettare il futuro”. Come consiglia lo storico
greco è meglio partire con calma, con i piedi ben saldi a terra e con una forte
curiosità osservare cosa successe in passato. La rilettura della storia,
certamente è un aiuto importante! Correva l’anno 1954 quando il primo
esperimento di “machine translation”, oggi lo chiameremmo il primo Google
traduttore, ebbe un certo successo. Usando un dizionario di 250 parole i
ricercatori dimostrarono come una macchina fosse in grado di tradurre
dall'inglese al russo senza un uomo al suo fianco!
Da questo primo evento
prese il via una catena di progetti sempre più complessi, che, tra successi e insuccessi, ci ha portato fino ai nostri giorni. Oggi possiamo sorridere, perché la
complessità del perfezionamento dell’intelligenza artificiale ha fatto cadere
molte teste e tanti insuccessi misero in dubbio la possibilità che una autonoma
intelligenza artificiale potesse essere realizzata. Ma gli studi proseguirono
con grande caparbietà.
Dopo un periodo di assoluto silenzio, negli
anni ’80 l’entusiasmo si riaccese. Geoffrey Hilton e il suo team di scienziati
riscoprono il ‘backpropagation algorithm’ e lo applicano ai nuovi neural
network. Il governo Giappone stanziò una cifra esorbitante per costruire il
nuovo Computer di Quinta Generazione, visti i recenti expert system,
applicazioni più o meno di successo in campi come lo speech recognition e il
riconoscimento del testo scritto (…solo ora, 2020, abbiamo applicazioni
soddisfacenti in questo campo). Sempre in quegli anni ‘Deep Blue’ di IBM
sconfigge per la prima volta il campione mondiale di scacchi (1989), fatto che
assestò un vero e proprio colpo mortale agli scettici, e che mise al centro dell’attenzione
l’intelligenza delle macchine.
Gli scienziati si convinsero
di aver trovato l’uovo di Colombo: i Robot, attraverso l’intelligenza
artificiale, diedero l’idea di poter conquistare il mondo sostituendo l’uomo. Gli
investimenti in questo settore aumentarono spaventosamente: le grandi aziende tech,
in preda ad una paura di folle di non rimanere al passo e perdersi il prossimo
trend tecnologico, spesero miliardi per accaparrarsi l’investimento migliore. Le
start up più innovative in questo settore vennero inglobate dalle aziende per
il team di persone e il know how posseduto. L’intelligenza artificiale è considerata
ormai una tecnologia estremante versatile, e ogni settore d’applicazione ne può
usufruire.
Ma non è tutto oro quello
che luccica. Se è pur vero che i successi non sono mancati, non illudiamoci di
aver raggiunto il Paradiso! Certo, abbiamo macchine che si guidano davvero da sole,
robot sanitari che trovano soluzioni per curare le malattie rare e molto altro.
Tuttavia il passato ci deve insegnare la massima cautela, in quanto i rischi,
spesso enormi, sono dietro l’angolo! Siamo sicuri di aver valutato bene tutto?
Siamo sicuri che le ricadute su economia, occupazione, e gestione sociale
saranno tollerabili? Siamo sicuri che l’autonomia totale che vogliamo dare alle
macchine non creerà danni irreversibili all’uomo?
L’uomo spesso continua a
giocare a fare il Dio! È successo in passato e succederà ancora! La mente
umana, il miglior computer esistente al mondo, è meglio che si renda conto che
dovrà sempre governare le sue creazioni, prima che queste, diventate troppo
autonome, lo rendano succube e robot-dipendente, arrivando magari anche alla
sua estinzione.
Credo, amici, che ci sia da riflettere non poco!
Credo, amici, che ci sia da riflettere non poco!
A domani.
Mario
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