domenica, luglio 02, 2023

LA PIANTA DEL FICO D'INDIA: FONTE D IISPIRAZIONE DEGLI SCIENZIATI NELLO STUDIO PER PRODURRE OSSIGENO IN MANIERA GREEN.


Oristano 2 luglio 2023

Cari amici,

Il FICO D'INDIA O FICODINDIA (Opuntia ficus-indica ((L.) Mill., 1768), è una pianta ben nota in Sardegna, diffusa da Nord a Sud, da Ovest a Est. Su questa pianta succulenta, appartenente alla famiglia delle Cactacee, originaria del Centroamerica ma naturalizzata in tutto il bacino del Mediterraneo, ho avuto occasione di scrivere un lungo post su questo blog in data 3 ottobre 2011 (chi volesse andare a leggere quanto scrissi, può cliccare sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2011/10/una-pianta-apparentemente-povera-e.html).

È una pianta indubbiamente dalle tante risorse, e, in particolare in passato, ha consentito di migliorare l’alimentazione delle zone più povere dell’isola, come si può rilevare dal pezzo che ho scritto nel blog. Altra capacità sorprendente del ficodindia è quella di assorbire altissime quantità di CO2. L’Opuntia ficus-indica è infatti in grado di fissare (e quindi eliminare dall’atmosfera) circa cinque tonnellate di anidride carbonica per ettaro di coltivazione, uno dei valori più alti tra le specie vegetali conosciute. E non solo, perché il fico d'India fa anche di più: tollera un ambiente con alte concentrazioni di anidride carbonica, e anzi vi prospera.

Insomma, è davvero una pianta straordinaria! Ebbene, amici, oggi voglio parlare con Voi di questa pianta alquanto spinosa ma utile, per il fatto che è stata anche una bella fonte di ispirazione per un gruppo di scienziati che si occupano della ricerca nella produzione di ossigeno in maniera green. Si, amici, Lo studio della struttura delle così dette “foglie” del fico d’india, è risultata per gli scienziati una grande fonte di ispirazione per migliorare la produzione di ossigeno in maniera green. Ma andiamo a scoprire insieme come.

A focalizzare l’attenzione degli scienziati su questa pianta è stata la grandezza dei suoi “Cladodi”, che non sono le foglie della pianta, come molti pensano; i cladodi (o pale, impropriamente chiamate foglie) costituiscono il fusto e si raggruppano formando ramificazioni. Essi sono ricoperti da una pellicola cerosa che protegge la pianta dall'eccessivo calore, impedendo la traspirazione e proteggendola da un possibile attacco da parte dei predatori. Ebbene, l’ampiezza di questi Cladodi ha stupiti gli studiosi proprio per la straordinaria superficie, rispetto ad altre piante di origine desertica. Questo particolare, magari per noi insignificante, è diventato, invece, un’ottima fonte da copiare per la realizzazione di un nuovo catalizzatore per l’elettrolisi, il procedimento usato per la produzione di ossigeno.

Al giorno d’oggi riuscire a realizzare degli elettro catalizzatori che siano allo stesso tempo sostenibili ed economici oltre che efficienti, è di grande importanza. Però, al momento i catalizzatori in uso nei diversi dispositivi utilizzano il platino, un materiale alquanto costoso e anche raro. Alcuni studiosi dell’Università del Texas sostengono, però, che In realtà le cose potrebbero cambiare, in quanto a El Paso hanno scoperto che si può produrre idrogeno anche senza platino, utilizzando il nichel come catalizzatore.

Il NICHEL è certamente un prodotto ben più economico del platino; quindi, usare come catalizzatore il nichel rappresenterebbe una soluzione ideale. Tuttavia, bisogna comunque dire che, da solo, il nichel non vanta di certo le stesse capacità del platino per la reazione di evoluzione dell’idrogeno, in quanto è molto più lento del platino. Si comprende quindi che, necessariamente, gli studiosi si sono trova davanti al bisogno di trovare una soluzione, traendo guarda caso ispirazione proprio dai Cladodi del ficodindia!

Gli scienziati hanno scoperto, infatti, che esiste la possibilità di migliorare le prestazioni del nichel aumentando la superficie catalitica attiva. Per arrivare a questa soluzione hanno preso spunto proprio dalle piante di fico d’india! Il ricercatore Navid Attarzadeh ha spiegato che ogni giorno passa davanti alla stessa pianta di ficodindia, e per questo ha iniziato a collegarla al problema del catalizzatore. “Ciò che ha attirato la mia attenzione – ha detto il ricercatore - è stata la grandezza delle foglie (pale) e dei frutti rispetto ad altre piante del deserto: il fico d’india ha una superficie straordinaria!”

Amici, entrando nei dettagli, le piante di ficodindia possiedono sia grandi spine come tutti gli altri cactus, sia un grappolo di spine sottili e appuntite che si chiamano glochidi; la loro struttura particolare consente dunque di raccogliere con grande facilità l’umidità dell’aria. Gli scienziati, proprio prendendo ispirazione dell’aspetto dei fichi d’india, sono riusciti a progettare un catalizzatore 3D a base di nichel, realizzato “a forma di cladodo di fico d’india”! Nello specifico, gli esperti sono stati in grado di strutturare la superficie del catalizzatore su scala nanometrica in modo tale da renderla più ampia e dunque capace di contenere più reazioni elettrochimiche. Questo significa che tale oggetto risulta ben più capace di produrre idrogeno, seppure senza usare il platino.

Cari amici, Il professor Ramana Chintalapalle, che ha guidato questo rivoluzionario studio, è convinto che di certo porterà grandi vantaggi in futuro, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ambientale. Per ora è stato testata ripetutamente la capacità del nuovo catalizzatore di dividere l’acqua, e il risultato è stato accolto con soddisfazione. Chi l’avrebbe detto che la moderna tecnologia avrebbe potuto trarre ispirazione dal ficodindia?

A domani.

Mario

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