Oristano 19 luglio 2023
Cari amici,
L'ANIDRIDE CARBONICA (CO2),
come ben sappiamo, è un gas composto da 2 atomi di ossigeno e 1 di carbonio12.
È un gas importante per la sopravvivenza delle piante, anche se, in quantità
eccessiva, risulta molto pericoloso per il nostro pianeta, essendo uno dei
fattori cardine dell'effetto serra. Proprio per evitare questo serio
pericolo, ormai da anni si è alla costante ricerca, in diversi Paesi del mondo,
di tecniche adeguate per cercare di limitarne la produzione e la diffusione nella
nostra atmosfera. Fino ad oggi, purtroppo, i risultati ottenuti non sempre si
sono rivelati all’altezza, ma la ricerca continua senza sosta.
Di recente sono emersi 2
importanti progetti, entrambi in studio per il contenimento di questo
pericoloso gas: uno in Oman e l’altro in Islanda. Questi studi intendono trasformare
la CO2 in roccia, ovvero incanalare questo gas all’interno di particolari
rocce, mineralizzandolo. Il sistema appare realizzabile e si presume che possa dare
il suo contributo contro il riscaldamento globale, andando così a limitare le emissioni
eccessive di gas serra nell’atmosfera. Vediamo insieme i due studi che, pur
differenziandosi, vogliono raggiungere lo stesso risultato.
Il progetto in corso
in Oman intende trasformare la CO2 in roccia, per poi passare alla
commercializzazione; l’area scelta per gli esperimenti si trova sulle montagne
dell’Hajar, in Oman. C’è già un accordo firmato tra il sultanato del Golfo e
un’azienda specializzata nella mineralizzazione della CO2, che dovrebbe portare
in tempi rapidi alla nascita del più grande impianto al mondo dedicato a questa
iniziativa. L’installazione dovrebbe consentire di processare diverse
tonnellate di CO2 al giorno, che quindi non finiranno più in atmosfera. Il
nuovo impianto sarà situato ad Al-Qabil e lavorerà con una tipologia di
rocciosa magmatica composta principalmente da olivina e pirosseno, molto
presente nelle montagne dell’Hajar, in Oman.
In questo impianto verrà
trattata la CO2 “catturata” dagli impianti industriali, che verrà disciolta in
acqua e successivamente iniettata nel suolo dove si trasformerà in roccia. Il
processo di mineralizzazione della CO2 si basa sulle naturali reazioni chimiche
che avvengono in natura, ma che vengono pianificate, ricercate e accelerate
industrialmente e gestite sulla base di precisi obiettivi e scopi. Si tratta di
un metodo di stoccaggio permanente, in grado di eliminare la CO2 dall’equazione
per tempi geologici. Una soluzione quindi, decisamente a lungo termine e, anche
per questo, certamente di grande interesse.
Anche il progetto in
corso in Islanda, noto come “CARBFIX 2”, prevede la sottrazione
della CO2 dagli impianti industriali, confinandola in serbatoi geologici
permanenti. Vediamo in che modo. Il progetto, finanziato dall’Unione Europea,
ha portato in Islanda partner industriali e accademici di alto livello, che
hanno iniziato ad avviare la sperimentazione presso la centrale geotermica di
Hellisheiði già nel 2014, con l’installazione di un impianto permanente di
cattura di CO2 e H2S. Le due specie di gas vengono separate dagli altri gas non
condensabili, e successivamente la miscela viene trasportata in un pozzo di
iniezione dove viene co-iniettato il fluido insieme alla salamoia geotermica
della centrale elettrica in un pozzo di re-iniezione (ad Húsmúli). A centinaia
di metri di profondità avviene poi la “magia”.
Nel profondo del pozzo,
dove la struttura lascia il posto ai basalti islandesi, il fluido
incontra la roccia muovendosi tra fratture, pori e intercapedini. La reazione
tra fluido ricco in CO2 ed H2S (Idrogeno solforato) e la formazione
rocciosa basaltica (per composizione ricca in calcio e magnesio), favorisce la
formazione di minerali di calcio, magnesio (calcite, dolomite, magnesite) e
solfuri, permettendo la fissazione dell’anidride carbonica e dell’idrogeno solforato
in roccia. Una reazione che, in altri contesti geologici, impiegherebbe molto
più tempo, ma che qui è accelerata dalla composizione chimica delle rocce
islandesi. Secondo i calcoli dei ricercatori, in soli 2 anni si dovrebbe riuscire
a mineralizzare oltre il 90% della CO2 iniettata. Un risultato straordinario,
che è valso al progetto il prestigioso Keeling Curve Prize (premio
dedicato alle tecnologie che contribuiscono al contrasto al riscaldamento
globale).
Amici, come dimostra il
progetto, per via della loro composizione queste rocce sono un elemento
ideale per favorire i processi di carbonatazione naturale; si tratta dunque
di uno dei più grandi serbatoi potenziali di CO2 sul Pianeta. La
mineralizzazione della CO2 è, del resto, un processo che avviene di continuo
negli ambienti vulcanici, in particolare quelli sottomarini. Il magma, infatti,
rilascia grandi quantità di anidride carbonica che risale lungo le fratture
della crosta per raggiungere la superficie. In questo volume di roccia,
specialmente lungo le dorsali oceaniche, si ha una massiccia interazione tra
anidride carbonica-acqua e basalto con una mineralizzazione di circa 40 milioni
di tonnellate di CO2 ogni anno.
Cari amici, entrambi i
progetti, a mio avviso sono di estremo interesse. L’uomo nella sua lunga
evoluzione ha certamente contribuito a modificare (in peggio) la natura, a
volte snaturandola, ma è proprio osservandola con attenzione, rendendosi conto
dei suoi collaudati processi naturali, che può cercare di porre rimedio ai
propri errori e ai danni fatti. L’uomo dovrebbe imparare non solo a rispettarla
la natura, ma ancora meglio ad “imitarla” …
A domani, amici.
Mario
1 commento:
E come fanno le piante a vivere, visto che l'anidride carbonica è fondamentale per il loro sostentamento? Misteri ecologici...
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