Oristano 22 luglio 2023
Cari amici,
Il terribile cancro dell'Inflazione, dopo un periodo di
stabilità, nel quale i prezzi sono rimasti stabili senza alti e bassi, ha ripreso la sua folle corsa. Brutta bestia l’inflazione! La parola INFLAZIONE
è un termine di derivazione latina e significa letteralmente “gonfiatura”; sta
infatti ad indicare un aumento prolungato e generalizzato del livello medio dei
prezzi (gonfiati, dunque) che può arrivare a mettere a soqquadro l’economia di uno o più Paesi.
In passato, in particolare in Europa dopo il 1918, cioè al termine della Prima
guerra mondiale, si scatenò un impressionante rialzo dei prezzi mai visto
prima, e riguardò soprattutto la Germania. Un terribile contagio che sconvolse in quegli anni anche gli USA. La borsa di Wall Street, infatti, crollò il 24 ottobre 1929, creando la Grande Depressione e l'economia americana faticò non poco a riprendersi.
Alla fine di una guerra
disastrosa la Germania era un Paese, dissanguato, che faceva tanta fatica a
riprendersi, non solo per l’incertezza politica ma anche per le pesanti condizioni
che il trattato di pace (il "trattato di Versailles") aveva
imposto. Questo pesante trattato, in realtà, era un diktat dei vincitori della
guerra, dominato per lo più da uno spirito di vendetta. Oltre al trasferimento
in Inghilterra e Francia di un gran numero di interi impianti industriali e di
150.000 vagoni ferroviari, la Germania perse, a causa della riduzione del suo
territorio, il 28% dei giacimenti di carbone e il 78% dei giacimenti di ferro; in
più, avrebbe dovuto pagare ai paesi vincitori della guerra, per 42 anni (in
teoria fino al 1961), delle ingenti riparazioni di guerra.
In questo clima di
terrore era evidente che, anche con tutta la buona volontà, la Germania non
sarebbe stata capace di affrontare questo gigantesco sforzo, tanto che non
riuscì ad onorare i debiti. Il governo tedesco, non sapendo cosa fare contro la
montagna di debiti, continuò a stampare sempre nuove banconote e così,
l'inflazione cominciò rapidamente ad aggravarsi, soprattutto a partire dal
1922. Il denaro perse costantemente di valore, tanto, per fare un esempio, che
prodotti come latte e patate, prima pagati con alcune migliaia di marchi, poi arrivarono a costare milioni, per arrivare infine ai miliardi e addirittura alle migliaia
di miliardi di marchi. In questo clima di incertezza successe un fatto eclatante,
che è davvero curioso e che oggi mi piace raccontare anche a Voi. È la storia
di una cambiale gigantesca, mai onorata.
Questa storia l’ha resa
nota al mondo un certo Fabio Fenaroli, erede di una famiglia di commercianti,
che negli anni Venti del secolo scorso commerciavano, fra l’altro, anche in
rottami ferrosi. "La mia famiglia – racconta Fabio – nell’Ottobre del
1923 commissionò una partita di minuterie metalliche alla società “A. Baer e
Co.” di Graben, nel land del Baden-Württemberg, in Germania. I miei avi
Fenaroli pagarono subito l’importo dovuto, ma poi restarono a bocca asciutta.
Il crack che mise in ginocchio l’economia tedesca fra il 1923 e il 1929 impedì
alla ditta di Graben di consegnare la fornitura acquistata dai Fenaroli.
Pertanto, l’azienda tedesca, a titolo di restituzione di quanto incassato, emise
una singolare cambiale lunga un metro e 30 centimetri, costellata da 50 marche
da bollo di vario valore (pensate dai 50 ai 200 milioni marchi), per una somma
complessiva pari a 500 miliardi di marchi. Questa cambiale, però, non riuscirono
mai a incassarla e quella cambiale rimase nella nostra casa a Lesmo come un
cimelio, incorniciata e appesa ad una parete".
Ecco come continua il
racconto della cambiale Fabio Fenaroli: “Mio nonno Guglielmo volle
incorniciare quella cambiale-cimelio appendendola nella nostra casa; insomma, come
ricordo di uno smacco, forse solo un ricordo agrodolce da custodire”. Le notizie,
come si sa, però volano, e nel 1959 arrivò a casa Fenaroli la SETTIMANA
INCOM, un cinegiornale distribuito settimanalmente nei cinema dal 15
febbraio 1946 al 1965. Era questo un programma di grande successo, nato nel
Dopoguerra per raccontare l’Italia attraverso servizi in gran parte incentrati
sui bisogni della ricostruzione di uno Stato macerato dalle distruzioni
belliche. La Settimana Incom immortalò anche la “famosa cambiale” appesa nel
soggiorno della famiglia Fenaroli, consegnandola alla storia di costume
italiana.
Cari amici, l’azienda
Fenaroli è comunque sopravvissuta anche al dramma di questa curiosa cambiale mai
onorata! Dal commercio di rottami ferrosi, nei decenni, molte cose per i Fenaroli
sono cambiate: ora l’azienda, giunta alla terza generazione, opera nel campo
della compravendita di immobili. Da nonno Guglielmo, a papà Franco e oggi a Fabio.
Negli anni Ottanta, fra le operazioni di maggior pregio, le case di Lesmo
Green, vendute fra gli altri ad artisti come Fausto Leali e Iva Zanicchi. "Oggi
quella cambiale non ha nessun valore economico - specifica Fabio Fenaroli
dallo studio della sua Real Immobiliare in piazza Cambiaghi - ma solo
affettivo. Un giorno la lascerò a mio figlio: sta studiando Financial
Marketing, ha 19 anni e si diplomerà quest’anno. Ecco, se un domani dovesse
portare avanti la tradizione di famiglia mi farebbe piacere".
A domani.
Mario
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