Oristano 17 marzo 2022
Cari amici,
La foresta amazzonica,
immensa e impenetrabile, costituisce un patrimonio naturale di valore
inestimabile, dal quale dipende fortemente l’esistenza stessa del nostro pianeta.
Presente in zona equatoriale ed estesa circa 7 milioni di chilometri quadrati (è
quasi interamente ricoperta da foreste pluviali per 6 circa milioni di
chilometri su 7), presenta un clima caldo umido. La superficie dell’intera
Amazzonia appartiene per la maggior parte al Brasile, in misura minore a
Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Venezuela, Suriname, Guyana e Guyana
Francese. L’Amazzonia confina a nord con il massiccio della Guiana, a est tocca
l’Oceano Atlantico, a ovest con la cordigliera delle Ande e a sud con
l’Altopiano del Brasile.
Deve l’origine del suo nome
(in portoghese Amazonas) al grande fiume che la attraversa, il Rio delle
Amazzoni, il fiume più lungo del mondo, seguito dal Nilo. A scoprire questo
luogo particolare per primi furono, tra il 1499 e il 1500, il fiorentino
Amerigo Vespucci e lo spagnolo Yanez Pinzon. Lo sfruttamento industriale delle
sue immense risorse iniziò a partire dal 1960, quando con l’appoggio della
Banca Mondiale fu avviato un disboscamento costante, che portò anche alla decimazione
delle pacifiche tribù indigene che abitavano il territorio.
Negli ultimi decenni, poi,
la sistematica distruzione della foresta continuò imperterrita, in particolare per
la produzione di legname pregiato e per la messa a coltura, nelle ampie aree
diboscate, di grandi piantagioni di soia. Le forme di sfruttamento del
territorio, perpetrate nel corso degli anni, hanno portato ora a risultati
allarmanti: il suo complesso ecosistema forestale, privato della sua più fitta vegetazione,
è andato in tilt, tanto da impoverire la biodiversità, con manifesti fenomeni
di desertificazione.
Questo grande polmone
verde della terra è considerato dagli esperti in grave pericolo, tanto che l'Amazzonia
è stata dichiarata sotto stress, in quanto per il 75% non riesce più a
reagire e a far fronte ai cambiamenti, climatici (ipotizzando l’avvicinarsi al
punto di non ritorno) e con la previsione che la foresta possa trasformarsi
presto in savana. A lanciare l'allarme è lo studio internazionale basato sui
dati dei satelliti e coordinato dall'Università britannica di Exeter e
pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. Gli ecosistemi, come la foresta
amazzonica, sono sistemi complessi che riescono di norma a mantenersi in
equilibrio anche se subiscono forti perturbazioni a causa di elementi che ne
alterano le condizioni normali, come possono essere gli incendi o periodi
siccità.
Tuttavia, la “capacità di
resistenza”, con un ritorno all'equilibrio iniziale, la cosiddetta resilienza,
può ridursi progressivamente, se si esagera con- il disboscamento, gli incendi
provocati dall'uomo e i cambiamenti climatici. A indicarlo sono i dati
satellitari, dal satellite Modis della Nasa e dalla banca dati Vegetation
Optical Depth Climate Archive (Vodca), analizzati dai ricercatori del progetto
europeo Tipes (Tipping Points in the Earth System).
Dai preoccupanti dati prima
riportati è emerso che già a partire dai primi anni 2000, la capacità di
resilienza dell'Amazzonia è andata scemando, a causa degli aumentati incendi e
disboscamenti, e la foresta ha evidenziato un minor tasso di ricrescita e una minor
capacità di ritornare alle condizioni precedenti. Una perdita che potrebbe
trasformare la foresta in savana e far scomparire un ecosistema fondamentale
per l'intero pianeta; un pericolo reale, perché l'Amazzonia "influenza
fortemente le precipitazioni in tutto il Sud America” attraverso la sua enorme
evapotraspirazione (ossia la quantità d'acqua che dal terreno passa nell'aria
sotto forma di vapore).
“Un processo
alquanto positivo per il pianeta, in quanto immagazzina enormi quantità di
carbonio che potrebbero essere, invece, rilasciate come gas serra",
ha spiegato Niklas Boers, del Politecnico di Monaco. Prevedere i tempi di
questa transizione da foresta a savana risulta ancora molto difficile ma,
concludono i ricercatori, "quando il cambiamento sarà osservabile,
sarebbe probabilmente troppo tardi per fermarlo".
Cari amici, quest’area non
può morire, perché è considerata il biosistema fondamentale per la protezione
del clima e il controllo delle variazioni climatiche del Pianeta: non
dimentichiamo che questo polmone ospita anche il 15% del totale delle specie
conosciute, delle quali ben il 75% è presente solo li. Guai se questo ‘Polmone
del Pianeta’ andasse in tilt, perché trattenendo tra 140 e i 200 miliardi
di tonnellate di carbonio, svolge un ruolo essenziale, indispensabile nella
lotta al cambiamento climatico. C’è un unico rimedio: fermare la deforestazione
e gli incendi, migliorando anche l’assistenza alle popolazioni indigene
presenti sul territorio, in quanto loro sono i migliori guardiani della foresta!
A domani.
Mario
1 commento:
Domanda di Pierino: professore, posso farle una domanda?
Risposta del professore: certo!
Domanda di Pierino: professore, le piante assorbono ossigeno e rilasciano anidride carbonica o viceversa?
Risposta del professore: le piante assorbono ossigeno e rilasciano anidride carbonica!
Risposta di Pierino: lei è bocciato! Asino! Ma chi è stato il suo insegnante?
Risposta del professore: le più grandi menti eccelse e danarose del pianeta, stupido! Bill Gates, George Soros, Hal Gore, Klaus Schwab, Mark Zukemberg ed altri multimiliardari che ti insegneranno ad essere un cretino stupido e ignorante! Ciò che essi dicono è la sola verità!
Risposta di Pierino: intanto professore, se mi permette, le consiglio di guardare fuori dalla finestra!
Risposta del professore: cos'altro c'è?
Risposta di Pierino: solo una aurora boreale alle nostre latitudini...
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