Oristano 18 marzo 2022
Cari amici,
Quand’ero ragazzo (parlo
degli anni a cavallo tra la prima e la seconda metà del secolo scorso) chi
percorreva la principale strada che collegava Cagliari a Sassari (con i lenti
mezzi dell’epoca), poteva osservare, sia destra che a manca, che i terreni circostanti
erano coltivati completamente: a grano, orzo, cereali, vigneti, oliveti e
quant’altro, perché nessuno spazio restava incolto. Chi effettua lo stesso percorso
oggi può osservare solo desolazione: immense superfici, una volta perfettamente
coltivate, sono ora in totale abbandono, ricoperte da infestante vegetazione
spontanea.
Indubbiamente un abbandono
risultato deleterio, frutto di una politica nefasta, che, grazie alla
globalizzazione, ha privilegiato quel perverso meccanismo di interscambio con il
resto del mondo che ha ucciso la vecchia politica agricola nazionale e locale, arrivando
persino a “pagare il proprietario della terra per non coltivare”! Ebbene, alla
fine però, i nodi stanno venendo al pettine, e si è iniziato a pagare un prezzo
altissimo per questa errata politica “che ha privilegiato il globale e non il
locale”, con pesanti ricadute sul piano economico, occupazionale ed
ecologico, in quanto l’abbandono delle campagne è la prima causa di incendi, dilavamenti
dei terreni bruciati e desertificazione.
Amici, ho fatto questa
premessa per entrare nell’argomento che voglio trattare oggi con Voi: l’impellente
necessità di “ritrovare con urgenza” quell’economia locale andata perduta,
visto che la “dipendenza dall’estero” che abbiamo disinvoltamente creato con la
globalizzazione ci ha messo spalle al muro! La crisi Russo-Ucraina ha già messo in luce l’insufficienza di grano, cereali, e prodotti alimentari, oltre che di fonti
energetiche. Nella nostra isola, da sempre considerata cenerentola dal governo
nazionale (si faccia avanti chi è ancora convinto che i sardi sono “cittadini
alla pari con quelli del resto d’Italia”), si sta iniziando a pensare di
correre ai ripari, ipotizzando il pronto recupero delle terre incolte per poterle
quanto prima riutilizzare.
È appena partito,
effettuato dal Consorzio di Bonifica dell'Oristanese, un censimento delle terre
un tempo abbandonate e ora da recuperare alle diverse coltivazioni. Superfici,
per esempio, da utilizzare come foraggere, ovvero per produrre le materie prime
necessarie all’alimentazione animale. Sarebbe una buona soluzione per
rilanciare la zootecnia sarda in grande crisi, in particolare ad Arborea, dove
sono dislocati 36mila bovini da sfamare. A scendere in campo è stata la Coldiretti,
a cui ha fatto seguito il Consorzio di Bonifica di Oristano.
Indubbiamente questa è una
strada da intraprendere quanto prima, per rispondere al caro prezzi e alla
crisi del mercato dei mangimi, accentuata proprio dalla guerra in corso tra
Ucraina e Russia, che di fatto ha spezzato il filo diretto tra l’isola e i Paesi
del Mar Nero da cui arrivava il grosso delle materie prime utilizzate per
l’alimentazione animale. Il censimento effettuato dal Consorzio ha messo in
luce una buona disponibilità di terre dove la coltivazione può facilmente e
velocemente riprendere.
Dalla prima indagine sono
risultati ben 36mila gli ettari di terra che potrebbero essere irrigati dall’Ente
consortile oristanese, ma quelli al momento utilizzati sono solo il 60%. Un
buon dato questo, il migliore nell’isola, ma i margini per crescere ancora ci
sono. Il Presidente del Consorzio di bonifica di Oristano, Dr. Carlo Corrias
si è così espresso: “La Sardegna ha a disposizione tanti terreni poco
utilizzati, basterebbe estendere le coltivazioni alle aree attrezzate dal punto
di vista irriguo, servite dai Consorzi di bonifica, per aumentare di gran lunga
la produzione in loco di mangimi e foraggio”. L’ iniziativa,
indubbiamente valida, necessità però dell’adesione degli imprenditori agricoli titolari
di quelle terre, disposti a lavorarle rimettendole in produzione, oltre ad una
chiara politica che li supporti. Centrale deve essere anche il ruolo delle
associazioni di categoria, insieme agli Enti consortili che rendono disponibile
l’acqua. Un obiettivo però da raggiungere in tempi rapidi, in modo da sopperire
all’attuale carenza dei foraggi e dei mangimi che prima venivano importati.
Il piano di recupero
delle aree irrigue, dunque c’è, e risulta anche economicamente conveniente,
considerato il grosso aumento dei costi dei prodotti. Gli agricoltori e
allevatori sardi, attendono con ansia le decisioni della Regione Sardegna, che
ha l’argomento all’ordine del giorno. Il Presidente di Coldiretti Arborea, Giancarlo
Capraro, ha così commentato: “La politica regionale deve essere capace
di mettere in campo le risorse necessarie e un opportuno apparato burocratico.
A guidarci devono essere tecnologia, efficientamento e sostenibilità. Il fine
ultimo è il raggiungimento della sovranità in campo alimentare per gli animali.
Gli agricoltori disposti a investire in questo settore ci sono. Ad Arborea ci
adopereremo per firmare accordi di filiera tra gli agricoltori, le cooperative
e le aziende zootecniche. A livello regionale il progetto deve essere stilato
con il coinvolgimento di tutti i protagonisti al tavolo. I patti di filiera
sono indispensabili”.
Cari amici, con la
capacità e il senno di poi, certamente si potranno recuperare i danni del
passato, e Arborea in questo campo sembra la zona più adatta per effettuare questo
recupero! Regione, Governo nazionale e Unione Europea, con il piano PNRR
potranno fare molto!
A domani.
Mario
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