Oristano 14 marzo 2022
Cari amici,
Secondo la definizione
della IUPAC (Unione internazionale di chimica pura e applicata, in
inglese International Union of Pure and Applied Chemistry, acronimo IUPAC), le “Terre
Rare” (in inglese "rare-earth elements" o "rare-earth
metals") sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica,
precisamente scandio, ittrio e i lantanoidi. Scandio e ittrio sono considerati
"terre rare" poiché generalmente si trovano negli stessi depositi
minerari dei lantanoidi e possiedono proprietà chimiche simili.
Senza l’uso delle “terre
rare” il mondo moderno non potrebbe esistere! Questi elementi chimici, come detto ben 17,
sono infatti una risorsa essenziale per l’industria ad alta tecnologia; risultano fondamentali
per la produzione di chip, come anche nell'industria aerospaziale e in quella
militare! Insomma, le “terre rare”, sono la chiave che consentirà all’umanità di
evolvere tecnologicamente. Il nome, “terre rare” potrebbe erroneamente far
pensare che si tratti di elementi scarsamente disponibili, ma non è così.
Queste terre, in realtà, sono piuttosto abbondanti in natura, ma la loro
distribuzione geografica, e il processo di estrazione ad alto impatto
ambientale, fanno sì che abbiano costi elevatissimi. La loro importanza non è
connessa soltanto alle intrinseche proprietà fisiche e chimiche possedute, ma anche alla
capacità che hanno di alterare quelle di altri minerali.
Ebbene amici, visti i
costi altissimi, e considerata anche la nuova via intrapresa, quella del “recupero”,
si è pensato a come poter recuperare questi preziosissimi prodotti dai rifiuti
RAEE. Nei laboratori della Rice University, Istituto con sede a Houston
(Texas), si sta testando una nuova tecnologia, che potrebbe aprire al mondo
nuove prospettive. I preziosi 17 elementi chimici super ricercati dalle
industrie tecnologiche (Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Samario,
Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio, Lutezio,
Ittrio, Promezio e Scandio), potrebbero essere recuperati anche dal riciclo dei
rifiuti (non solo RAEE), recuperando i tanti soldi necessari per l’acquisto
delle materie prime.
Il chimico James Tour,
responsabile dello studio della Rice University, ha fatto sapere di essersi servito di un processo di
riscaldamento dei rifiuti denominato “flash Joule”. Questo sistema, usato in
passato per la produzione di grafene contenuto all’interno di un qualsiasi
materiale costituito almeno in parte di carbonio solido, consentirebbe di
recuperare buona parte delle terre rare presenti nelle ceneri volanti di
carbone, nei residui di bauxite e nei rifiuti elettronici.
Il metodo usato dal chimico Tour,
come si legge sulle pagine della rivista Science Advances, risulterebbe
meno impattante sull’ambiente rispetto a quello utilizzato in precedenza con lo
stesso scopo, che prevedeva, invece, l’uso di acidi. Il flash Joule
sfrutta un surriscaldamento estremamente violento dei materiali, che vengono
portati a una temperatura di circa 3 mila gradi centigradi in meno di un
secondo. La disgregazione delle parti inerti avviene in questo modo
rapidamente, lasciando intatti i metalli “preziosi”.
Negli Stati Uniti molte
società si erano già lanciate nel business del recupero di questi materiali,
fondamentali per l’industria ad alta tecnologia, ma il precedente processo di
estrazione portava inevitabilmente alla produzione di elementi radioattivi
difficili da gestire, oltre che costosi da smaltire. “Ora - evidenzia l’esperto
- ci sono consistenti incentivi per il riciclo e disponiamo di montagne di
polveri di carbone provenienti dagli impianti industriali. Dobbiamo trovare un
modo per recuperare i metalli che ci servono estraendoli da lì e da altri tipi di rifiuti:
possiamo recuperare silicio, alluminio, ferro, ossidi di calcio e altri
materiali interessanti. E se con metodi tradizionali si usano soluzioni con 15
moli di acido nitrico, a noi basta lo 0,1 per ottenere risultati migliori”.
Cari amici, il metodo flash Joule, è stato sostenuto in modo entusiasta dal capo della sperimentazione, il
professor Deng Bing; lo studioso ha fatto notare che questo nuovo processo può essere
applicato a tanti tipi di rifiuti, come ad esempio quelli legati alla
dismissione delle apparecchiature elettroniche, o alla bauxite derivante dalla
lavorazione dell’alluminio. Credo, amici, che con i nuovi sistemi di riciclo si possano davvero
utilizzare al meglio le risorse di questa terra, evitando sempre e comunque di continuare con gli
sprechi!
A domani.
Mario
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