Oristano 17 giugno 2023
Cari amici,
Pensare che 4 bambini,
alcuni piccolissimi, siano potuti sopravvivere da soli per circa 40 giorni
nella foresta amazzonica, dopo un incidente aereo dove morì la loro madre e gli
altri adulti componenti l’equipaggio, appare davvero quasi un mistero, che può essere considerato addirittura un miracolo. I quattro giovanissimi
sopravvissuti sono Lesly Jacobombaire Mucutuy di 13 anni, Soleiny di 9, Tien
Noriel di 4, e la piccola Cristin - che al momento dell'incidente non aveva ancora un anno, compiuto proprio mentre si trovava con i fratelli a vagare nella foresta amazzonica colombiana
alla ricerca di qualcuno che potesse soccorrerli. Una storia, quella che sto
per raccontarvi, che ha commosso il mondo, degna di diventare la trama di un
grande romanzo! Ma cerchiamo di ripassarla insieme.
Magdalena Mucutuy Valencia, madre di questi 4
bambini, era salita ai primi di maggio
con i figli sul Cessna 206 poi precipitato nella foresta, per ricongiungersi al
marito, Manuel Ranoque, ex governatore della riserva indigena di Puerto Sabalo,
fuggito pochi giorni prima, in seguito alle minacce di morte fattegli dai guerriglieri colombiani. Il Cessna
era partito da Araracuara, con destinazione San José del Guaviare. Mentre l’aereo
era metà strada (stava sorvolando Caquetá), il pilota, l'ex tassista Hernando
Murcia Morales, avvertendo di un guasto al motore lanciava un mayday; poco dopo,
però, le comunicazioni si interruppero. Scattate le ricerche, il velivolo fu
ritrovato il 15 maggio schiantato nella foresta. Dentro e intorno, i cadaveri
di tre adulti, la madre dei piccoli, il leader indigeno Yarupari Herman Mendoza
Hernandez e il pilota, ma tra i resti dell'aereo nessuna traccia dei 4 fratellini.
Le ricerche iniziarono
subito e, giorno dopo giorno, fu perlustrata un'area di 2500 km di giungla. Le
prime tracce dei piccoli furono rinvenute dall'unità Dragon 4, che aveva
individuato il primo rifugio dei piccoli, trovando dei resti di un frutto
smangiucchiato, e un paio di forbici, a tre chilometri dal rinvenimento della
carcassa dell'aereo. Questo ritrovamento, che dava nuova speranza, fece
scattare una massiccia operazione di ricerca guidata dai militari, con oltre un
centinaio di truppe delle forze speciali ed una settantina di esploratori
indigeni, che hanno setacciato l'area circostante il disastro senza sosta, lanciando anche per via aerea oltre 100
kit di sopravvivenza contenenti acqua e cibo, per aiutare i quattro bambini nei
loro sforzi per sopravvivere.
Quando finalmente i militari delle
forze speciali colombiane hanno avvistato i bambini nella giungla, hanno messo
mano alla loro radiotrasmittente gridando "miracolo": la parola in
codice concordata per indicare il successo dell'Operazione speranza, come era
stata chiamata. Erano passati quaranta giorni dalla caduta dell’aereo, che i bambini avevano trascorso nella selva amazzonica! Ai soccorritori i bambini sono apparsi
spaesati e denutriti. Uno dei membri della squadra di ricerca, Nicolas Ordonez
Gomes, ha raccontato: "La figlia maggiore Lesly, che aveva la sorellina
piccola in braccio, è corsa verso di me e mi ha detto: ho fame; uno dei due
ragazzi era sdraiato e, dopo essersi alzato, ha sussurrato: 'Mia madre è
morta''".
Subito dopo i bambini sono stati trasferiti con un
elicottero al posto di soccorso più vicino, San Jose Guaviare, dove sono stati visitati dai medici, che li hanno trovati disidratati, con
punture di insetti e ferite multiple, soprattutto ai piedi, per aver vagato
scalzi per giorni. Per sopravvivere, Lesly, Soleiny, Tien, e Cristin, si sono
lasciati guidare dalle loro "conoscenze ancestrali" trasmesse dalla
nonna. Hanno improvvisato bende per proteggersi i piedi e costruito capanne di
fortuna per ripararsi dalle piogge. Ad aiutarli a sopravvivere nei primi
giorni, è stata anche una scorta di farina di manioca che avevano portato in
viaggio. Ne avevano tre chili e ne hanno mangiato per giorni.
A contribuire in
modo determinante al ritrovamento, è stato il cane eroe Wilson, il pastore
belga che ha fiutato le tracce dei bambini ed è stato il primo a ritrovare il
gruppetto e a proteggerlo. Mentre gli scout indigeni, profondi conoscitori
della foresta e delle sue insidie, hanno orientato le forze speciali quando Gps
e bussole impazzivano, allontanando tigri, tapiri, ed altri animali selvaggi. Tuttavia, la capacità di sopravvivenza manifestata da questi bambini, appartenenti ad una civiltà ben lontana da quella che viviamo noi oggi nel mondo occidentale, fa riflettere non poco.
Il professor Alberto Villani, direttore dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, si è così espresso: "La forza dimostrata dai 4 bambini sopravvissuti da soli per ben 40 giorni dimostra la diversità di educazione ricevuta, rispetto a quella dei nostri figli allevati troppo protetti e incapaci, di conseguenza, di affrontare le difficoltà in quanto non educati a farlo. I bambini colombiani fin da piccoli sono stati addestrati a vivere in una condizione ostile, ai quali è stato insegnato a riconoscere le piante e tutto ciò che può essere utilizzato per alimentarsi; imparano a sapersi gestire in tutte le occasioni avverse, utilizzando tutte le risorse naturali possibili".
Cari amici, come sostiene con forza il professor Villani "La resilienza nasce anche dalla capacità di affrontare le difficoltà, ma si arriva ad affrontarle se si è educati a farlo! I nostri ragazzi, invece, stanno in mezzo alle "foreste" urbane abbandonati, senza sapere come cavarsela". Nella civiltà occidentale il ruolo genitoriale è cambiato tantissimo rispetto anche al secolo scorso, ai tempi della civiltà contadina, quando alla sorella maggiore era delegato il compito di occuparsi dei fratellini più piccoli. I genitori di oggi sono esageratamente iper protettivi, evitando di trasmettere ai figli, ogni giorno, le esperienze necessarie da fare per sapersela cavare nella vita. Questa la grande differenza tra l'educazione che diamo ai nostri ragazzi e quella, invece, che hanno ricevuto quei bambini felicemente sopravvissuti!
A domani.
Mario
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