Oristano 10 Giugno 2023
Cari amici,
Che le PAROLE siano
sempre state uno strumento comunicativo con un’enorme potere persuasivo è noto e
riconosciuto fin dagli albori della nostra esistenza. Le parole sono in grado
di osannarci, di farci sentire orgogliosi di noi stessi, quindi di farci
sentire bene, così come sono in grado di denigrarci, di precipitarci negli
abissi del dolore e della tristezza! Parola taglienti come coltelli, che ci fanno stramazzare al suolo,
distruggendoci come oggetti inanimati. Il dialogo tra noi e gli altri in realtà non è mai
asettico, perché ogni parola lascia un segno su di noi, che può essere una
carezza così come una ferita.
Nel corso della nostra
esistenza ciascuno di noi si può trovare di fronte ad una crisi economica, professionale
o sentimentale, oppure di fronte ad una malattia; poco cambia, comunque,
perché in ogni caso il dialogo assume un’importanza basilare. Ebbene, il peso
che le parole scambiate in questi casi assumono, portano sicure conseguenze, sia di
natura positiva che negativa. Parole che potrebbero essere di incoraggiamento, positive
ed empatiche, capaci di infonderci coraggio, gioia, rassicurazione e forza per
il futuro, in sintesi, in grado di lenire il nostro sconforto, la nostra ansia e la nostra
solitudine; ma anche, al contrario, capaci di darci una mazzata, atterrandoci e
distruggendoci con la loro freddezza, taglienti come la lama di un coltello.
Amici, le parole positive
hanno un alto valore terapeutico, perché capaci di curare chi soffre, sia
psicologicamente che fisicamente. Prima degli psicofarmaci, infatti, a
curare certi mali erano le parole pronunciate con empatia, calore, fiducia e
speranza; esse, a volte meglio degli psicofarmaci, sono in grado di attivare le
stesse vie biochimiche seguite dai farmaci, come antidepressivi, ansiolitici e
morfina. In questo modo le parole sono in grado di agire a livello sinaptico
sui neurotrasmettitori. Il cervello inizia così a produrre degli antidolorifici
naturali, le endorfine, che donano una sensazione di benessere alleviando il
dolore; la stessa sensazione che si prova dopo una lunga camminata rigenerante,
quando si è a contatto con la natura, così come quando si è coccolati dalla
persona che si ama.
Si, amici, le parole,
come cura, sono nate ben prima degli psicofarmaci, se pensiamo che un grande
come Platone sosteneva che “non si può curare il corpo senza prima curare
l'anima”. Nel riportare il colloquio tra Carmide e Socrate (Carmide,
155b-157c, in Opere complete, vol. IV, Laterza, Bari 1971.), Platone, che era
appena tornato dalla battaglia di Potidea (una delle battaglie più importanti
per le quali si scatenò la Guerra del Peloponneso), racconta che a Socrate, mentre
era nella palestra di Taurea, fu presentato Carmide, un giovane ammirato da
tutti per la bellezza che possedeva e la grande intelligenza; in quell’occasione
il giovane chiese a Socrate se conosceva un rimedio per il mal di testa di cui
soffriva, e Socrate gli rispose che “Prima di tutto bisognava curare l’anima”.
Amici, indubbiamente le
parole che usiamo in continuazione non sono tutte uguali! Le parole davvero
importanti sono quelle che rivolgiamo con amore agli altri, capaci di
rasserenare e di curare; sono quelle accompagnate dal linguaggio non verbale,
come uno sguardo empatico, un sorriso o un abbraccio, gesti capaci di infondere
coraggio e speranza. Sono parole e gesti impregnati d’amore verso gli altri,
ricchi di quella dimensione affettiva ed emotiva in possesso di chi le parole
le usa come un dono. Ecco il pensiero di due grandi: “La parola è per
metà di colui che parla, per metà di colui che l’ascolta”. (Michel de
Montaigne); “Non esiste una magia come quella delle parole”.
(Anatole France).
Amici, le parole positive sono davvero
un farmaco capace di curare, in quanto ridanno speranza, stimolano e alimentano
il desiderio di ripresa, migliorando in chi le riceve l’aspettativa che il
futuro sarà migliore del presente; parole che alimentano la motivazione a
guarire, ad intraprendere la terapia, a tollerare la sofferenza, a considerare
la sofferenza emotiva o il disagio anche in una chiave di lettura positiva,
come un’opportunità per conoscere e comprendere meglio se stessi e gli altri. Lo
stesso Buddha sosteneva che le parole “quando sono sincere e gentili
possono cambiare il mondo”!
Cari amici, indubbiamente
le parole sono un’arma potentissima, come una scure a doppio taglio: con una
straordinaria potenza positiva ed un’altra fortemente negativa. Ci sono parole orribili,
pesanti come macigni, che creano paura, rabbia, senso di colpa, vuoto,
solitudine, frustrazione; parole forti, che fanno stare male anche solo a
pensarle, e, ciò nonostante, rovesciate a valanga, ogni giorno, in una società
sempre più egoista, individualista e vessatrice nei confronti dell’altro. Le
parole, amici miei, sono uno strumento potentissimo: possono guarire o
uccidere, essere speranza o condanna, rotolarci addosso come pesanti macigni, oppure
aiutare a ricostruirci, come solide "PIETRE D'ANGOLO"!
A domani.
Mario
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