venerdì, giugno 30, 2023

SARDEGNA: ECCO COME RICONVERTIRE LE MINIERE, DOPO LA FINE DELL'ESTRAZIONE DEL CARBONE. LA CARBOSULCIS LANCIA 4 PROGETTI, ALCUNI DA FINANZIARE CON IL PNRR.


Oristano 30 giugno 2023

Cari amici,

Voglio dedicare l'ultimo post del mese di Giugno alla nostra Sardegna, isola che ha da sempre avuto un enorme potenziale di sviluppo ma che, per mille ragioni, è rimasto latente o poco sfruttato, ma soprattutto da chi ci ha colonizzato.  La Sardegna, cari lettori, è storicamente una delle terre più ricche d’Europa dal punto di vista minerario. Nell’isola si trovano praticamente tutti i minerali, anche se alcuni in quantità limitate. Parlando del carbone, il sito minerario di Monte Sinni in località Nuraxi Figus, territorio di Gonnesa (Sulcis Iglesiente) fu inaugurato negli anni '30 del XX secolo, era fascista, con il nome di Littoria Prima, rimanendo attivo fino al 2019. Fu prima di proprietà della Carbosarda e poi della Carbosulcis. Con la lenta ma inesorabile chiusura delle miniere di carbone, a restare per ultima fu proprio la miniera di Nuraxi Figus che cessò la sua attività, come detto, nel 2019.

Come per altre miniere dell’isola, la chiusura creò situazioni terrificanti, dal punto di vista del lavoro, con interventi che non riuscirono certo a rasserenare le numerose famiglie coinvolte nel dramma della perdita dei posti di lavoro. Dopo la massiccia iniezione di sostegni da parte pubblica, ora, però, il sito minerario dismesso di Nuraxi Figus potrebbe trasformarsi, rinascere a nuova vita, cercando di sopravvivere a sé stesso e all'epopea leggendaria che lo connotò per lungo tempo. Insomma, nel Sulcis minerario, si riaffaccia ora un futuro possibile per l'ultima miniera.

Si, amici, è proprio di questi giorni la notizia che, sul fronte della rigenerazione di aree industriali dismesse, c’è un futuro anche per la miniera di Nuraxi Figus. In un articolo apparso sul Sole 24 Ore del 3 giugno titolato “Carbosulcis lancia 4 progetti per far rivivere le miniere nell’era del post carbone”, il cronista Davide Madeddu ha illustrato i quattro progetti che l’azienda Carbosulcis – concessionaria della miniera di Monte Sinni nel Sulcis (Iglesias) – ha messo a punto per sostituire l’estrazione del carbone, ormai da tempo dismessa, con attività del tutto diverse, legate alla ricerca scientifica e alla innovazione tecnologica.

Quattro progetti capaci di rilanciare la ex miniera di carbone nell’era del post carbone. Seppure l’attività estrattiva sia terminata, restano disponibili le tante infrastrutture costruite nel corso degli anni e ancora funzionanti. Alla luce di questa disponibilità, la Carbosulcis, azienda controllata dall’Assessorato regionale dell’Industria e titolare della concessione mineraria, intende portare avanti nel sito di Monte Sinni nel Sulcis le nuove iniziative compatibili con i tempi attuali. I programmi, tutti destinati a creare attività alternative all’estrazione del carbone, si avvalgono, per la realizzazione, anche dell’utilizzo sia dei fondi europei del “Just transition fund”, (che assegnano al Sulcis una dote di 367 milioni di euro), e/o quelli del PNRR.

Uno dei quattro progetti riguarda l’utilizzo della verticale del grande pozzo minerario, che si spinge sino a 500 metri di profondità; è questo il “Progetto Aria”. Il progetto prevede l'installazione di una torre pilota che, "infilata" in 400 metri di profondità, dovrà consentire la separazione delle componenti fondamentali dell'aria. Il sistema funziona attraverso una sorta di alambicco che dovrebbe servire a distillare l’aria e ricavare quindi gli isotopi; come l'argon- 40, essenziale nella ricerca della materia oscura portata avanti dall'Infn nei laboratori sotto il Gran Sasso, o come l'ossigeno-18 e il carbonio-13 utilizzati nello screening medico e nelle tecniche diagnostiche per la lotta al tumore.

Un altro studio interessante è il progetto “Alga spirulina”, che punta a sfruttare l’acqua calda che risale dal sottosuolo, alquanto utile per la coltivazione dell’alga Spirulina. In questo caso, il progetto (finanziato dalla Regione) ha previsto la costruzione, messa in marcia e sperimentazione di un fotobioreattore per la coltivazione di alghe azzurre.

Non meno importante, e strettamente collegato al programma di decarbonizzazione e al processo di transizione energetica, è “Energy storage”, un progetto che intende immagazzinare energia prodotta da varie fonti rinnovabili, per poi fornirla alle utenze energivore. l’Energy Storage è un modello integrato che «cattura l’energia discontinua delle Fonti Energetiche Rinnovabili, l’accumula in maniera efficiente e la fornisce alle utenze energivore».

Quarto ed ultimo progetto in corso è il progetto “Lisciviazione”, che utilizza gli enormi depositi di carbone inutilizzato all’esterno della miniera per la produzione di fertilizzanti per l’agronomia biologica. Quest’ultimo progetto riutilizzerebbe ancora il carbone, seppure in minima parte. Si tratta di un processo, di cui è stato depositato un brevetto internazionale, per la desolforazione di carbone di medio e basso rango, un processo che permette di produrre fertilizzanti per la bio-agronomia.

Come commenta Francesco Lippi, amministratore unico della Carbosulcis, «Sicuramente la decisione di riavviare il processo di riconversione di questa struttura mineraria lascia ben sperare; progetti innovativi come quello della realizzazione della torre criogenica voluta dall’Istituto Nazionale di fisica nucleare per la produzione di isotopi stabili, oltre agli altri, possono indubbiamente essere considerati un ottimo investimento per il futuro, oltre al felice recupero dell’area».

Cari amici, un'ulteriore dimostrazione che "nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma"!

A domani.

Mario

 

giovedì, giugno 29, 2023

UNIONI MATRIMONIALI SEMPRE MENO DURATURE. ECCO QUANDO, NEI MATRIMONI CON RITO CATTOLICO, SI CHIEDE L'INTERVENTO DELLA SACRA ROTA.


Oristano 29 giugno 2023

Cari amici,

Il MATRIMONIO, definito come l’unione fisica tra un uomo e una donna, è un’istituzione che risale all’antica Roma. Ovviamente in quei tempi il matrimonio era celebrato con forme e regole alquanto diverse, come sempre avviene nel corso del tempo. Parlando del matrimonio religioso, come lo conosciamo noi oggi, possiamo dire che esso nasce nel 1215, durante il concilio Lateranense IV; il matrimonio diventa così "un sacramento, sacro e indissolubile". Nel 1791, in Francia, durante la grande rivoluzione, fu istituito, invece, il matrimonio civile. Questo tipo di unione inizialmente si affermò nei Paesi protestanti, fino ad estendersi poi in tutta l’Europa. In Italia la nascita del matrimonio civile risale al 1865, e aveva la precedenza sul rito religioso. Vediamo ora cosa succede quando un matrimonio, invece, può essere oggetto di annullamento.

Nell’Ordinamento giuridico italiano il contratto matrimoniale può essere annullato sia davanti al giudice civile sia davanti al giudice ecclesiastico. L’annullamento del matrimonio nell’Ordinamento giuridico italiano è di certo ben più noto di quello previsto dal Diritto Canonico, per cui oggi mi limiterò a parlarvi del possibile annullamento da parte del giudice ecclesiastico. Quando tra due coniugi, uniti in matrimonio religioso, si verificano particolari condizioni di dissenso, ovvero si arriva alla richiesta di volerlo sciogliere, i coniugi (o anche uno solo) possono, nell'intento di sciogliere il vincolo contratto, rivolgersi al Tribunale ecclesiastico. Ovviamente, è necessario mettere in atto una serie di procedure per avviare la richiesta e cercare così di fargli perdere la validità.

Per tentare di sciogliere il matrimonio religioso, ovvero per far dichiarare nullo il precedente contratto matrimoniale, risulta competente il Tribunale ecclesiastico noto come “SACRA ROTA”, dicastero della Curia romana e Tribunale della Santa Sede. Innanzitutto, è necessario precisare che, rispetto alla cessazione del matrimonio (divorzio) deliberata dal giudice civile, che pone fine ai diritti civili del matrimonio (restano inalterati quelli religiosi, in quanto per la Chiesa il matrimonio resta valido), con l’annullamento deliberato dalla Sacra Rota, invece, si pone fine a tutti gli effetti del contratto di matrimonio. Vediamo allora meglio come funziona questa procedura di annullamento da parte del tribunale ecclesiastico e quando è possibile utilizzarla.

Secondo le norme del diritto canonico si può ottenere l’annullamento del matrimonio rivolgendosi alle diverse strutture che fanno capo alla Sacra Rota, ovvero ai tribunali ecclesiastici inferiori, presenti nelle Diocesi. La Sacra Rota, infatti, assume il ruolo di tribunale d’appello, ed è chiamata ad esprimersi sulle decisioni prese dai tribunali inferiori. Passando ai motivi, per i quali è possibile chiedere l’annullamento del matrimonio, questi devono essere solidi e verificabili. Ecco i principali motivi: 1. mancanza del consenso da parte di almeno uno dei coniugi; 2. uno dei due coniugi non ne rispetta i vincoli, tra i quali la fedeltà o la volontà di procreare; 3. mancata consumazione del matrimonio; 4. episodi dimostrati di violenza fisica o psicologica messi in atto da parte di uno dei due coniugi.

Per quanto già espresso prima, le motivazioni a comprova dell’annullamento debbono essere verificabili e comprovate, anche con l’ausilio di testimoni. Vediamo ora l’iter per accedere alla richiesta di annullamento. Il (o la) richiedente, inizia l’iter rivolgendosi al tribunale della diocesi del luogo in cui l’unione è stata celebrata, oppure presso il tribunale della diocesi del domicilio dell’altro coniuge. Ogni diocesi ha un proprio tribunale e, per accedervi, esistono tre procedimenti da scegliere a seconda del caso specifico.

Il primo procedimento, chiamato processo ordinario, presuppone l’invio di una richiesta, redatta con il supporto di un avvocato, elencante le ragioni che la motivano; può essere presentata anche da uno solo dei coniugi. Il Vicario Giudiziale, designerà, poi, un Collegio giudicante che esaminerà le prove portate a supporto e, se la richiesta risulterà fondata, il tribunale ecclesiastico dichiarerà l’annullamento. Oltre al processo ordinario esistono altri due processi: il “processo breve” e il “processo per accordo tra le parti”.

Il processo breve non coinvolge un collegio giudicante e può essere invocato solamente nei seguenti casi: 1. è dimostrato che almeno uno dei due coniugi non ha la fede, 2. uno dei coniugi ha nascosto all’altro la propria sterilità, 3. uno dei due ha nascosto il proprio passato negativo di carcerato, 4. uno dei coniugi ha nascosto di essere genitore di figli avuti in precedenza, 5. uno dei coniugi tradisce abitualmente l’altro.

Il “processo per accordo tra le parti”, è invece utilizzato quando entrambi i coniugi sono d’accordo tra di loro di presentare alla Sacra Rota la richiesta di annullamento, per l’evidenza dei motivi esistenti che non necessitano di ulteriori indagini. In questi due ultimi casi, il Vicario giudiziale del tribunale della Diocesi, espletati gli adempimenti di rito, consegna le risultanze al Vescovo che decreta l’annullamento del matrimonio.

Cari amici, le sentenze del Tribunale Ecclesiastico hanno conseguenze importanti anche sul piano civile. L’annullamento del matrimonio dichiarato dalla Sacra Rota, viene successivamente trasmesso con una particolare procedura al tribunale civile (procedura nota come delibazione), con la richiesta di riconoscerne la validità. Il risultato è che, al di là di casi particolari, decade il dovere di mantenimento dell’ex coniuge economicamente più debole.

A domani, amici lettori.

Mario

 

mercoledì, giugno 28, 2023

CASA, DOLCE CASA! L’ABITAZIONE NON È UN SEMPLICE RIFUGIO, MA UN LUOGO CAPACE DI AGEVOLARE IL NOSTRO STAR BENE IN SALUTE.


Oristano 28 giugno 2023

Cari amici,

La casa fin dagli albori dell’umanità (inizialmente era una grotta) è nata come rifugio, come protezione da pioggia e freddo, da bestie feroci o nemici, insomma un baluardo difensivo che assicurava tranquillità e protezione. Col passare dei secoli e dei millenni, la casa è diventata qualcosa di più: un luogo più consono, perfettamente attrezzato, dove trascorrere le ore del riposo, invitare gli amici e trovare quella pace che ristora dalle molteplici fatiche quotidiane. Si, amici, col trascorrere del tempo la casa è diventata qualcosa di molto più importante del semplice, iniziale, luogo protetto in cui vivere.

La casa, dunque, luogo ideale, “luogo fatato”, che ci accoglie e ristora dopo una intensa giornata di lavoro. Si, la casa è quel luogo in cui ci rifugiamo ogni sera, stanchi e stressati, dove in pace possiamo finalmente ricaricare le batterie; un luogo davvero magico, in cui ritroviamo tutti i nostri affetti più cari. Non esiste un luogo più intimo della casa, un luogo in cui ci sentiamo non solo protetti ma circondati da affetto e amore. È proprio in questo luogo unico e insostituibile che troviamo quella serenità che durante la lunga giornata lavorativa ci è certamente mancata.

Si, amici, possiamo dire che la nostra casa, resa accogliente con le cose che più ci piacciono, può essere definita un vero e proprio farmaco, un luogo che agevola e migliora la nostra salute mentale, costantemente provata da ansia, stress e super lavoro. La casa dunque, “come nostra personale clinica di benessere”, assolutamente insostituibile, che ci consente di affrontare la vita e le sue preoccupazioni nel modo migliore possibile. Fabrizio Caramagna, un famoso e spesso citato scrittore di aforismi, ha così definito la casa come angolo di benessere: “La casa? È castello e isola, torre e caverna, miracolo e quotidianità, ordine e calore, è la voce delle cose che ci aspettano ogni giorno al nostro rientro” (Fabrizio Caramagna).

Cari amici lettori, nel famoso film il Mago di Oz, Dorothy, parlando della casa, così commenta: "Nessun posto è bello come casa mia", frase che sintetizza perfettamente ciò che ognuno di noi pensa quando rientra nella propria abitazione, grande o piccola che sia, dopo una giornata di lavoro o di studio. Chiudersi la porta alla spalle, amici, significa lasciare fuori le preoccupazioni, la stanchezza, lo stress e ritrovare quel piacevole, unico luogo personale, ricco di tutte quelle cose familiari che ci fanno sentire davvero bene!

La nostra casa, dunque, luogo unico e straordinario, dove invitiamo i nostri amici, con i quali trascorriamo insieme sereni momenti di aggregazione, gioiosi e rilassanti, in compagnia di un buon piatto e di un sapido bicchiere di vino; un luogo "riservato" dove le nostre conversazioni più intime restano segrete, dove cresciamo i figli e dove trascorriamo tutti gli attimi belli o anche meno belli della nostra vita. Per questo soffriamo così tanto quando i malfattori violano la nostra privacy e la nostra intimità, non solo rubando i nostri preziosi ma anche la nostra serenità. C’è uno stretto legame fra psiche e ambiente abitativo, come molti studi a riguardo hanno dimostrato!

Negli Stati Uniti, ad esempio, già molti anni fa l’Academy of Neuroscience for Architecture, ha cominciato ad approfondire la relazione fra lo stato mentale di ogni essere umano e l’ambiente in cui vive al fine di promuovere un’architettura il più possibile compatibile con atteggiamenti positivi. La casa e i suoi spazi hanno, infatti, un ruolo psicologico importante, tanto che la sua collocazione, singola o in condominio, può risultare sia alquanto gradevole, con ambienti e spazi ben curati, così come, al contrario, negativa se non consona con il nostro stile di vita.

Cari amici, la casa, dunque, fermo punto di forza del nostro percorso di vita, luogo irrinunciabile e personalizzato secondo il nostro stile personale, dove trascorrere i momenti più sereni del nostro vivere. In questo luogo fatato, poi, ciascuno di noi ha un “suo angolo preferito”; un luogo speciale, scelto e arredato personalmente e dedicato al relax e alla tranquillità. Un angolo di meditazione con cuscini e candele, magari con un piccolo mini giardino interno o un'accogliente biblioteca, dove, anche se per un breve momento, possiamo isolarci e staccare da tutto e da tutti, allontanando preoccupazioni e stress e ricaricandoci così alla grande!

A domani.

Mario

 

 

martedì, giugno 27, 2023

UN FASTIDIOSO INQUILINO DELLE NOSTRE CASE: IL PESCIOLINO ARGENTATO. ALCUNI CONSIGLI SU COME ELIMINARLO IN MODO NATURALE.


Oristano 27 Giugno 2023

Cari amici,

Chissà a quanti di noi, cercando un libro o degli appunti nei cassetti della scrivania, è capitato di incrociare uno di questi insetti, noti come pesciolini d'argento (credo siano chiamati così per la loro forma che ricorda proprio quella di un pesciolino argentato), che, in modo velocissimo ha cercato rifugio scomparendo dalla nostra vista. Si, amici, praticamente in tutte le case ci ritroviamo questo curioso insetto che, anche se apparentemente innocuo, di danni ce ne può fare proprio tanti! Il suo nome scientifico è “Lepisma saccharina”, anche se è ben più noto come pesciolino argentato; è un insetto molto comune, che trova il suo habitat preferito nelle nostre case. Sebbene sia innocuo per l’uomo, quando si diffonde in casa può provocare molti danni.

È un insetto abilissimo a nascondersi e a mimetizzarsi, in qualsiasi ambiente della casa: dalla cucina al salone, dallo studio al bagno, tutti ambienti dove combinano molti guai. La presenza dei pesciolini d'argento in casa è segnalata da macchioline giallastre, particolarmente evidenti soprattutto sulla biancheria, da cui è alquanto difficile rimuoverle anche utilizzando i migliori rimedi; lasciano dei segni irregolari, simili a incisioni evidenti, in particolare sui libri. Abilissimi, come i pesci, sgusciano via in un istante, dimostrando di essere praticamente inafferrabili. A differenza di quasi tutti gli altri insetti, i pesciolini d'argento sono molto longevi; hanno, infatti, una vita media di 3 anni, e sono particolarmente prolifici, una femmina può deporre fino a 20 uova al giorno. Inoltre, possono resistere mesi senza cibo.

Il nome scientifico dato a questo insetto sta ad indicare praticamente di cosa si nutre: principalmente di sostanze che contengono amido e saccarina. Grandi non più di un centimetro, si nutrono di zuccheri e, precisamente, di amidi che sono presenti nel nostro cibo, ma anche di tantissimi oggetti: carta di qualsiasi tipo, giornali e giornalini, libri (in particolare quelli antichi e pregiati), stampe, foto, francobolli, cartoline ma anche carta da parati, legno, colla, guarnizioni e tessuti di diverse fibre (sintetici, lino, cotone, seta e pelle). Per la loro voracità, la preoccupazione di averli in casa è tanta, e in tanti ci arrovelliamo la mente per cercare una soluzione per potercene liberare. Scartando a priori una disinfestazione fatta con agenti chimici e tossici, si può, però, pensare ad utilizzare dei metodi casalinghi, con l’uso di prodotti naturali, cercando di allontanarli dal nostro ambiente domestico. Come eliminarli, dunque, con i metodi “fai da te”? Ecco alcuni suggerimenti.

1-Un sistema semplice è quello della bottiglia. Essendo ghiotti di amido, non resistono alle patate o al pane, per cui usando una bottiglia, preferibilmente di vetro perché non consente attrito in risalita per la fuga, o anche una ciotola di ceramica dai bordi alti con dentro molliche di pane o pezzetti di patate e l’aggiunta di un po’ di zucchero, dovremo aver realizzato una trappola perfetta. Da provare!

2-Anche arieggiare spesso e deumidificare i locali, porta a positivi risultati; essi amano l’umidità e l’acqua stagnante ma odiano la luce, per cui risulta fondamentale arieggiare frequentemente la casa. A seconda delle situazioni, potrebbe essere utile installare un deumidificatore.

3-Anche passare spesso l’aspirapolvere, soprattutto in prossimità di battiscopa di legno e angoli di muratura, e pulire frequentemente all’interno di mobili e cassetti, riesce a stanarli e farli perire. Per quanto riguarda il cibo, esso andrebbe sempre conservato recipienti di vetro o plastica, ben chiusi. Nei cambi di stagione il consiglio è quello di riporre preferibilmente gli indumenti nelle apposite buste e contenitori. Un altro consiglio è quello di utilizzare il Rosmarino e i chiodi di garofano; con gli aghi del rosmarino e i chiodi di garofano si possono realizzare dei sacchetti profumanti, da sistemare nei cassetti o nelle librerie, a salvaguardia dei libri.

4-Un altro sistema per allontanarli è quello di usare spezie e oli essenziali; i pesciolini d'argento detestano la lavanda e l’alloro, per cui questi prodotti costituiscono un ottimo rimedio naturale. Risultano efficaci anche menta piperita, citronella, lavanda e ginkgo biloba; posizionando degli spargi-essenze e dei diffusori tra i libri e nei cassetti, riusciremo nell’intento di cacciarli. Da provare anche le bucce di cedro, facendo, però, molta attenzione, in quanto possono macchiare; il consiglio è quello di tagliuzzare le bucce e sistemarle in ciotoline o vasetti, avendo cura di cambiarle ogni settimana. Potete provare anche con le bucce dei cetrioli.

5- Anche l’ammoniaca può dare una mano. Opportunamente diluita, può contribuire ad allontanare i pesciolini d’argento dalle abitazioni poiché, oltre ad eliminare lo sporco, è ottima per togliere muffe e spore dagli ambienti caldi e umidi. Usata in bagno e in cucina contribuisce a sottrarre habitat ai pesciolini argentati che saranno così costretti a spostarsi in cerca di ambienti più ospitali.

6- Il Miele. Come detto in precedenza, i pesciolini argentati sono ghiotti di amidi e zuccheri. Una trappola irresistibile può essere realizzata utilizzando un semplicissimo foglio di carta sul quale colare qualche goccia di miele o sciroppo. Sistemate i fogli in bagno, in cucina, sopra i mobili o sulle mensole: ne cattureranno molti!

7- Il Bicarbonato misto a zucchero. Questo metodo, estremamente efficace, consiste nel preparare una mistura di zucchero e bicarbonato da posizionare in casa su piattini o fogli di cartoncino. I pesciolini argentati, attratti dallo zucchero, inizieranno a mangiare il composto ingerendo anche il bicarbonato. La sostanza, innocua per gli esseri umani, è invece letale per i piccoli insetti che periranno in breve tempo.

Cari amici, spero di avervi incuriosito, con questi consigli, utili a tutti, perché praticamente in tutte le nostre abitazioni i pesciolini argentati sono di casa!

A domani.

Mario

 

lunedì, giugno 26, 2023

LA “DATURA”, NOTA ANCHE COME TROMBA DEL DIAVOLO, È UNA SOLANACEA BELLA MA PERICOLOSA! HA FIORI SPETTACOLARI, MA È DI UNA TOSSICITÀ ELEVATA.



Oristano 26 Giugno 2023

Cari amici,

La “DATURA” (datura stramonium), è una pianta selvatica di gran bell’aspetto, con dei fiori bellissimi, grandi e spettacolari; è una pianta assolutamente affascinante, ma altrettanto pericolosa. Una pericolosità che l’ha fatta definire, per i suoi fiori a tromba, addirittura “tromba del diavolo”.  Questa ‘erba del diavolo o erba delle streghe’, alquanto velenosa, in natura cresce spontanea nei terreni incolti e ai margini delle strade, ma risulta presente anche in molti dei nostri giardini. La pianta in realtà è molto velenosa in ogni sua parte, per via di un altissimo contenuto di potenti alcaloidi, in particolare la scopolamina, presenti in tutte le parti della pianta, soprattutto nei semi.

La Datura Stramonium cresce spontanea nelle regioni sub-tropicali e nei climi temperati ed è diffusa in America, Asia ed Europa. La sua origine è incerta e le sue pericolose proprietà erano già conosciute dagli indigeni sia del Nuovo che del Vecchio Mondo. Le sue proprietà narcotiche, sedative ed allucinogene erano utilizzate, sia a scopo terapeutico che nei rituali magico-spirituali, dagli sciamani di molte tribù native del Nordamerica. In Italia, questa specie si trova naturalizzata in tutte le regioni, dalle pianure alle zone sub-montane, dove cresce negli incolti, vicino ai ruderi e nei margini delle strade, dove sta diventando infestante.

È una pianta erbacea annuale che nelle zone miti diventa perenne, lignificando progressivamente i fusti più vecchi. Le foglie sono grandi, ovato-lanceolate, dentato-lobate, morbide e vellutate. Da giugno a ottobre, all’ascella fogliare spuntano le nivee, trombe semplici, lunghe fino a 20 cm. Durante questo periodo, tendono a spargere un dolcissimo profumo molto apprezzato dalle falene che compiono l’impollinazione. Ne derivano curiosi frutti rotondi, grandi poco più di una noce, fitti di aculei, che a maturità si aprono a scatto, liberando qualche decina di semi simili a quelli del pomodoro.

I principali alcaloidi contenuti, fra cui la scopolamina e l’atropina, producono effetti allucinogeni, e, purtroppo, ancora oggi giovani inconsapevoli, che ricercano proprio i suoi effetti fuori dal comune, ne fanno un uso alquanto pericoloso. Con l’assunzione, infatti, compaiono delirio, allucinazioni, convulsioni e nei casi più gravi coma e morte. Le proprietà narcotiche e allucinogene di questa pianta sono utilizzate da tempo immemorabile dal popolo Rom, nella cui medicina tradizionale la Datura Stramonium occupa un posto importante.

Avere questa pianta in giardino, amici, significa dover usare la massima attenzione, in particolare se in casa ci sono bambini, che debbono essere tenuti lontani dalla pianta. Questa pianta, come detto prima, è estremamente velenosa per via dell'alto contenuto di alcaloidi che variano in concentrazione e in tossicità nelle diverse parti della pianta (radice, fiori, fusti, foglie e semi), nelle diverse stagioni, nonché da esemplare a esemplare. Questa pianta, dagli effetti tossici noti da millenni, in tempi remoti veniva spesso utilizzata anche per i suicidi, così come per gli omicidi. Il decesso avveniva con la paralisi della muscolatura respiratoria. Cari amici, indubbiamente la Datura Stramonium è una pianta molto pericolosa, da temere sotto molteplici punti di vista. Nell’antica medicina, le foglie venivano usate per alleviare l'asma bronchiale; l’utilizzo avveniva sotto forma di sigarette, contenenti anche altre erbe medicinali; purtroppo, però, furono evidenti gli effetti collaterali e la dipendenza che i pazienti subivano fumando tutti i giorni tali sigarette.

Nella fitoterapia moderna, invece, gli steroli della Datura stramonium vengono utilizzati (con grande attenzione medica) in due applicazioni: nelle paralisi agitans ed altre forme di tremor come la sindrome di Parkinson, tremor senescente, altre ipercinesie; gli effetti (sintomatici, non curativi) sono considerati buoni. Si usa la tintura, inizialmente 15 gtt. /dì aumentando man mano fino a 40-60 gtt. /dì; per trattare l'asma bronchiale, in forma di affumigature e tinture simili. USIAMO, DUNQUE, AMICI, GRANDISSIMA ATTENZIONE! 

A domani.

Mario

domenica, giugno 25, 2023

IN SARDEGNA, A SILIGO, C'È UNA ANTICA CHIESA BIZANTINA, EDIFICATA TRASFORMANDO UN PRECEDENTE EDIFICIO TERMALE ROMANO.


Oristano 25 giugno 2023

Cari amici,

Applicando, per meglio comprendere l'argomento di oggi, la famosa legge di Lavoisier “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, possiamo prendere atto che un precedente edificio termale romano è stato trasformato, incredibile ma vero, addirittura in una chiesa bizantina! Ma vediamo insieme la curiosa storia di questo edificio, ancora visibile e visitabile. La Sardegna è terra antica, che fu percorsa e dominata nei vari secoli e millenni da tante popolazioni. La dominazione romana, in particolare, durò a lungo nella nostra isola e tanti furono gli edifici, le strade, i ponti e in particolare gli edifici termali che furono costruiti (da Fordongianus a Tharros, nella nostra zona) da questi conquistatori. Tutte realizzazioni importanti, quelle effettuate dai romani, che esercitarono un importante influsso culturale, diffondendo in Sardegna la loro avanzata civiltà.

A comprova della capacità ingegneristica degli antichi romani, in Sardegna sono rimaste tracce di opere importanti, che hanno resistito bene al tempo e che fanno ancora bella mostra in tanti luoghi dell’Isola. Ebbene, tra queste, oggi voglio parlare con Voi di un’opera curiosa, che riguarda un particolare edificio termale, costruito nella regione del Meilogu, nei pressi dell’attuale comune di Siligo: le terme di “MESUMUNDU”. Edifici termali che, nei primi secoli del medioevo vennero addirittura trasformati in una chiesa bizantina.

Questo particolare edificio di culto, diventato noto come chiesa di “Nostra Signora di Mesumundu” (identificata anche come di Santa Maria di Bubalis), visto con l’occhio da costruttore, evidenzia a chiare lettere che è sorto su un manufatto alquanto precedente; esso presenta, infatti, un’architettura costruttiva particolare, tipica degli edifici termali romani. Col passare del tempo la struttura fu rimaneggiata in epoca romanica (XI secolo), poi, nel XIX secolo andò in rovina forse a causa del mancato utilizzo e, una volta andata in disuso si ridusse a un rudere, dopo il crollo di una parte dell’abside sud; questa parte fu poi ricostruita durante un intervento di restauro nel 1934.

Tornando ai nostri antichi dominatori Romani, questi, particolarmente amanti delle acque calde termali, percorrendo in lungo e in largo la Sardegna si resero conto che l'area intorno a SILIGO (comune posto nell'antica regione del Meilogu), precisamente nella zona nota come Mesumundu, era ricca di acque sia minerali che termali. In questo luogo ameno, in epoca tardoimperiale, essi costruirono delle belle terme alquanto frequentate. La zona anche successivamente rimase alquanto popolata; la presenza abitativa nel periodo bizantino è attestata dalle numerose sepolture che hanno restituito corredi funebri composti da monili in oro, argento e bronzo. Nell'XI-XII secolo questo luogo ospitò probabilmente un monastero benedettino cassinese.

Amici, la chiesa di Santa Maria di Mesumundu, sorta sulle ceneri delle antiche terme romane, è oggi uno dei monumenti più affascinanti dell'architettura medievale sarda, per via delle sue forme singolari e della tecnica costruttiva particolare, detta ad opus listatum, ovvero che alterna filari di rossi mattoni a corsi di piccole pietre basaltiche di colore scuro. Questa chiesa, identificata, come detto, anche come la chiesa di Santa Maria di Bubalis, fu donata nel 1065 dal giudice turritano Torcotorio Barisone I de Lacon-Gunale alla abbazia di Montecassino.

La chiesa, seppure sorta in età bizantina, come testimoniano non solo le sepolture all'intorno, ma anche le murature a filari alterni di mattone cotto e basalto, venne ampliata in età giudicale, come testimoniano le absidi in conci basaltici. Le forme architettoniche non rappresentano, comunque, l'unica particolarità di questa chiesa. L'uso di mattoni in cotto ha consentito di realizzare grandi aperture sia nel corpo centrale sia nell'abside S/O. Diversi caratteri si osservano nel lato opposto, relativo agli interventi dell'XI secolo, dove le murature sono in conci basaltici e pietra calcarea, messi in opera con tecnica cosiddetta "a sacco".

Questo particolare, splendido monumento, nella seconda metà del XX secolo divenne oggetto di interesse da parte di storici dell'arte e archeologi. Tra i primi Raffaello Delogu e Dionigi Scano, Renata Serra e Roberto Coroneo. Fra i contributi di taglio archeologico si segnalano quelli di Guglielmo Maetzke sulle preesistenze di età romana e di Roberto Caprara, che ha ascritto la chiesa all'età bizantina. Un riesame del monumento è stato proposto da Alessandro Teatini (1996).

Cari amici, la Sardegna, a saperla ben scoprire, è ricca di gioielli come questo che abbiamo radiografato oggi! Indubbiamente dovremmo essere noi sardi per primi ad essere i veri conoscitori del nostro immenso patrimonio, maturato in migliaia di anni sulla nostra terra (a partire dalla civiltà nuragica e pre-nuragica), per poi utilizzare questo grande, unico patrimonio, al fine di farlo conoscere al mondo, creando nella nostra isola ricchezza e lavoro!

A domani.

Mario