venerdì, giugno 17, 2022

LA RESILIENZA DELLA NATURA: SEPPURE DEVASTATO DALLE FIAMME L’OLEASTRO MILLENARIO DEL MONTIFERRU HA RIPRESO A VEGETARE, MOSTRANDO I PRIMI GERMOGLI.


Oristano 17 giugno 2022

Cari amici,

È passato quasi un anno dal terrificante incendio che per circa quattro giorni bruciò il Montiferru e la Planargia, distruggendo oltre 20mila ettari di foreste, campi, pascoli e strutture agro pastorali e industriali. Il tristissimo simbolo di quella devastazione fu l'olivastro millenario di Tanca Manna violentato dal fuoco, per secoli simbolo degli abitanti di quella terra operosa che ha per capitale Cuglieri e che, nonostante i tempi, si dedicano ancora all’agricoltura e all’allevamento. La malevola mano distruttiva, che praticamente aveva quasi portato alla tomba quell’oleastro con migliaia di primavere, ebbe reazioni forti in tutta l’Isola, tanto che per giorni il triste fatto riempì le pagine dei giornali e degli altri media.

Tutta la Sardegna rimase colpita dalle immagini di quell’albero annerito e violentato dalle fiamme, andato in coma profondo; un albero sacro, che da secoli testimoniava la tradizione dell'olivicoltura nella zona, tanto di essere diventato un’icona, un vivente monumento naturale. Dopo il terribile rogo, gli interventi per salvare "il Patriarca" cominciarono subito, anche se le speranze di riportarlo in vita non erano molto confortanti. Al suo capezzale sono arrivati i migliori esperti di botanica, tra cui il professor Gianluigi Bacchetta che dopo averlo osservato a lungo si appresto a cercare di salvarlo. 

Il professore, docente di Botanica e Direttore dell'Orto Botanico dell'Università di Cagliari, fin dalla scorsa estate cominciò ad andare avanti e indietro da Cagliari a Cuglieri, per rendersi conto dei terribili danni che l’incendio aveva creato al Patriarca. I danni parevano irreparabili, tanto che pochi credevano in una possibile ripresa dell’albero. Il professore, però, per circa 10 mesi continuò a fare la spola tra Cagliari e Cuglieri, nella segreta speranza che con le giuste cure l’albero si sarebbe salvato. Il professore, con tanta speranza, lo definì: "Un grande esempio di resilienza".

Con costanza, le cure subito iniziate sono state portate avanti con molta pazienza: dalla pacciamatura all'irrigazione di emergenza, dalla somministrazione degli amminoacidi levogiri per il ripristino della funzionalità radicale, alla protezione del tronco con i teli di juta, fino alla sua copertura, a simulare la chioma che era andata perduta". Per salvare quest’albero millenario non si mobilitò soltanto l'equipe scientifica: tutta la Comunità, nell’intento di evitare che i curiosi vanificassero le azioni di recupero messe in atto calpestando il terreno intorno all'olivastro, si rimboccò le maniche: chi si è occupato di fare i turni, vigilando che nessuno si avvicinasse all'albero, chi si diede da fare per mantenere umido il terreno intorno all’albero.

Ebbene, dopo tante cure, il miracolo è avvenuto! Nei giorni scorsi l'Università di Cagliari, dove il professor Bacchetta svolge la sua attività, ha annunciato che gli sforzi dei botanici e le attenzioni della popolazione hanno vinto la sfida, riuscendo a mantenere in vita quel che rimaneva dell'olivastro, dal quale sono ora spuntati, ben visibili, i primi germogli.

Non è stato possibile in autunno, perché si è trattato di una stagione molto siccitosa – ha detto il professor Bacchetta – l’albero non avrebbe sprecato energie d’inverno, con i rigori tipici e le giornate corte, ma ha atteso la primavera, quando le condizioni si sono mostrate ideali. Già dal Venerdì Santo avevo visto che in una porzione della ceppaia c’era un’attività vegetativa e si stava realizzando sotto corteccia attività di fotosintesi clorofilliana. I segnali c’erano tutti, e per questo abbiamo mantenuto costantemente umida la porzione della ceppaia che si mostrava essere l’unica in grado di riprodurre germogli. E questo è stato, a dispetto di quanti non credevano più nell’olivastro millenario e già da tempo dicevano che sarebbe stato bene eliminare completamente il tutto”.

Amici, non pensate, però, che il lavoro sia concluso. “Come Banca del germoplasma della Sardegna continuiamo a coltivare i semi dell’olivo millenario”, ha aggiunto il professore, quale direttore dell’Orto botanico dell’Università di Cagliari, “perché potranno essere utili, e come Orto Botanico – in base alla convenzione con il Comune di Cuglieri e in accordo con l’associazione Montiferru – proseguiamo nelle attività di monitoraggio e di salvaguardia del Patriarca nella speranza che possa diventare esempio di resilienza anche per una comunità che, a distanza di un anno, soffre ancora gli effetti nefasti del rogo che c’è stato e attende ancora gli aiuti del Governo regionale, che ancora non sono stati erogati”.

Il sindaco di Cuglieri, Andrea Loche, ha parlato di “grande soddisfazione per questi polloni che rappresentano un primo momento di rinascita, anche perché non ci credeva quasi più nessuno che il Patriarca potesse riprendersi. Non sarà certo la stessa pianta, non riavremo più quell’oleastro millenario, ma ciò che crescerà rappresenterà la rinascita dalle ceneri, un simbolo a cui tutti i cuglieritani guarderanno con grande attenzione”.

Cari amici, quei tre bellissimi polloni spuntati nei giorni scorsi dall’apparato radicale del Patriarca, il nome con cui è più conosciuto in Sardegna e anche fuori dall’Isola, sono un segno inequivocabile di “RESILIENZA”, quella grande forza che i sardi, nei secoli hanno certamente appreso proprio dalla natura. Come ha avuto modo di dire il professor Bacchetta con un pizzico di commozione, «L’oleastro di Sa Tanca Manna, nei suoi millenni di vita, ha subito tanti incendi, sperimentato annate siccitose, potature eccessive e persino l’abbandono, ma non si è mai arreso», così sono i sardi veraci, quelli che mai si arrendono di fronte alle avversità della vita. Che il Patriarca sia di grande esempio per tutti!

A domani.

Mario

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