Oristano 10 gennaio 2021
Cari amici,
La traduzione più consona del termine inglese “SLUT SHAMING”, può essere quella di “Far
vergognare qualcuno relativamente all’esposizione del proprio corpo, o,
comunque, al suo aspetto fisico”. Non esiste una peculiarità specifica: il body shaming riguarda qualsiasi comportamento
esteriore o d’aspetto che risulti consono e che non si
allinei all'immagine sociale condivisa. Insomma,
il body shaming è quel vile giudizio posto in essere nei confronti una donna (a volte
anche di un uomo) facendola sentire sbagliata, inferiore, colpevole per i suoi
atteggiamenti o per presunti desideri sessuali.
Comportamenti che sono dei
veri e propri ‘insulti sessuali’, che vengono rivolti alle donne quando hanno
un comportamento più libero rispetto alla morale comune, come il modo di
vestirsi e di porsi verso gli altri. Sempre più spesso quando una donna, assume
comportamenti che si discostano dalle comuni aspettative di genere e dai bias sociali
e morali, ciò provoca commenti e giudizi alquanto negativi. Ad esempio: vestirsi in
modo troppo sexy, quindi diverso da ciò che è socialmente accettato, avere relazioni
sociali libere, o comportamenti ritenuti
trasgressivi rispetto ai codici di
condotta ritenuti sessualmente accettabili, crea il biasimo che
viene brutalmente espresso con il body shaming.
La realtà è che anche oggi nel Terzo Millennio una donna
non può vivere liberamente la propria vita sociale e sessuale. Una
donna che vive la propria sessualità in libertà, ancora oggi è soggetta a tanti
giudizi negativi per via degli stereotipi e dei pregiudizi che la società
impone. Giudizi negativi che peraltro vengono espressi sia da uomini che da
donne, in particolare sui social, dove le persone, “protette” da uno schermo,
attaccano e giudicano gli altri con molta facilità, tanto che il fenomeno dello slut
shaming è in costante aumento. Questa particolare violenza psicologica non viene
esercitata solo dai partner violenti e psicologicamente instabili, ma anche da
genitori, familiari e coetanei.
Le diverse varietà di
critiche che arrivano addosso alla donna che viene ritenuta “trasgressiva”, vengono
mosse più frequentemente relativamente al tipo di abbigliamento usato,
giudicato poco consono, o propedeutico
ad una certa libertà sessuale. Lo slut shaming porta la donna oggetto di queste
critiche a sentirsi colpevole o
inferiore per i presunti comportamenti anomali, ritenuti in contrasto con l'ideale
femminile. Un ideale che risente delle arcaiche aspettative di genere
tradizionali, che concede da sempre all'uomo una certa libertà sessuale e che, invece, alla
donna non è mai permessa.
È l’antica logica della
preminente libertà sessuale maschile, dove un comportamento più libertino nell’uomo
è ammesso, mentre è severamente vietato in una donna. Permane, insomma, una
evidente lotta di genere, che, dal punto di vista sessuale, si riassume nella
dicotomia sgualdrina/dongiovanni: ragazzi con molte esperienze risultano
socialmente apprezzati, mentre le ragazze vengono etichettate negativamente. La
tendenza, infatti, è quella di giudicare e biasimare chi non rientra nei canoni
di quella che è vista come normalità, vietando così ad
ogni donna di sentirsi libera di esprimersi come meglio crede, senza temere di
dover essere sottoposta al giudizio altrui.
Amici, come accennato le offese alle
donne ritenute trasgressive non arrivano solo dagli uomini; molte ragazze,
spesso con estrema leggerezza, usano questi insulti per giudicare i
comportamenti e la vita sessuale delle loro coetanee. Questo linguaggio
sessuale degradante diventa una forma di bullismo, anche sui social. In casi
estremi, purtroppo, lo slut shaming è stato usato anche nei confronti di donne che hanno
subito uno stupro. Frasi come “vestita
così sembra proprio una poco seria”; “se va in giro così, è normale che la
stuprino”; “quella si veste così per farsi vedere”, sono le più usate, oltre a
molte altre ben più crude e violente.
Su questo fronte un po’
tutto il mondo è paese! Per cercare di contrastare questo fenomeno, è nato un
movimento di protesta internazionale che ha organizzato delle manifestazioni in
forma pacifica, per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema: le slutwalk. Il primo raduno si è svolto a Toronto nel 2011, in quanto, a seguito di uno stupro
subito da una ragazza di un college, un agente di sicurezza dichiarò al
processo che la vittima avrebbe potuto in qualche modo evitare l'accaduto se
fosse stata vestita in modo meno provocante. Successivamente sono state
organizzate altre slutwalk anche in altri Paesi; la prima in Italia si è svolta
a Roma nel 2013.
Cari amici, come cercare
di contrastare lo slut shaming? Indubbiamente con l’educazione, che deve partire
fin dall’età infantile e proseguire senza pausa; educare alla tolleranza e, in
particolare, alla parità di genere, è qualcosa di cui non si può più fare a meno. Ciò che va contrastato in particolare
è il pregiudizio, che nemmeno il passare dei secoli è riuscito ad eliminare; frutto
avvelenato di retaggi primordiali, il pregiudizio è ancora presente in molte menti
distorte, fatto di opinioni preconcette, concepite non per conoscenza
precisa e diretta dei fatti o delle persone, ma sulla base di credenze, voci e arcaiche
opinioni. E' tempo di cambiare!
A domani.
Mario
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