martedì, gennaio 11, 2022

LA TRISTE STORIA DEGLI INDIANI NATIVI D’AMERICA: MASSACRATI NEL PIÙ GRANDE GENOCIDIO DELLA STORIA DEL GENERE UMANO. IL 29 DICEMBRE DEL 1890 IL MASSACRO FINALE DI WOUNDED KNEE.


Oristano 11 gennaio 2022

Cari amici, poco più di 130 anni fa, si concludeva tragicamente la storia degli indiani nativi d’America, un popolo definitivamente fatto scomparire con la forza dai conquistatori arrivati in America da altri lidi; popoli emigrati nel Nuovo Mondo, che oggi sono i grandi padroni degli Stati Uniti e del Canada. Una storia quella dei nativi indiani d'America di grande tristezza, un genocidio praticato in modo scientifico, che ha spogliato un popolo della sua terra, della sua cultura e della sua civiltà, relegando i pochissimi soggetti eredi degli indiani in animalesche riserve. 

Che nel mondo le conquiste per il possesso di nuove terre siano sempre avvenute in modo cruento è ben noto, ma ci sono   storie e situazioni ben diverse, alcune delle quali appaiono certamente ben più violente di altre. Nel caso degli indiani d’America, gli studiosi hanno stimato che, prima della ‘scoperta’ delle Americhe da parte degli europei, la popolazione dei “Nativi americani” poteva contare diversi milioni di persone.

L’antropologo ed Etno-storico americano Henry F. Dobyns, noto per la sua ricerca sugli Indiani d’America, ha stimato in più di cento milioni le persone che abitavano nelle Americhe prima dell’arrivo degli europei; di questi circa 18 milioni abitavano una zona a nord del Rio Grande. Addirittura William M. Denovan, Professore Emerito di Geografia presso l’Università del Wisconsin-Madison, ritiene che in quella zona ci fossero addirittura circa 54 milioni di abitanti.

La forza e la supremazia dei conquistatori, lo sappiamo, non ha mai risparmiato i popoli presenti sul territorio.  Popoli, come in questo caso,  che non erano analfabeti né poco istruiti,  in quanto in possesso conoscenze avanzate, sia nella medicina che nello studio del cosmo, oltre che in altri campi. Ma gli Europei invasori fin dal “primo contatto” iniziarono a decimare la popolazione indigena senza ritegno.

Violenza che, in poco tempo, ridusse drasticamente il numero dei nativi americani portandoli rapidamente a circa la metà. Le cause furono di vario genere: malattie portate dagli europei, la guerra, la schiavitù (commercio di schiavi indiani), oltre ad una invasione-perturbazione dei sistemi sociali degli indigeni, violenza, quest'ultima,  che ebbe un effetto devastante. Amici, un vero, cruento genocidio, se pensiamo che una popolazione di circa cento milioni di persone si ridusse a poche centinaia di migliaia nel 1900.

Lo storico americano e professore di Studi Americani presso l’Università delle Hawaii, David Stannard, nel suo libro L’Olocausto americano rivela che gli indigeni sono stati catturati e massacrati subendo le più crudeli atrocità e barbarie, che provocarono la distruzione del 95 per cento delle popolazioni indigene. Lui e molti altri hanno sottolineato che i responsabili dell’Olocausto americano si sono mossi con le stesse ideologie degli architetti dell’Olocausto nazista.

Il periodo cruciale della distruzione del popolo indiano d’America va dal 1860 al 1890: fu questo il trentennio della "soluzione finale" del problema indiano, che si concluse con la distruzione della cultura e della civiltà dei pellerossa. È in questo periodo che nascono tutti i grandi miti del West: un'epopea, però, raccontata ad esclusivo beneficio degli uomini bianchi. I racconti dei commercianti di pellicce, dei missionari, dei cercatori d'oro, delle Giacche Blu, degli avventurieri, dei costruttori di ferrovie e di città, crearono nell’opinione pubblica una fitta “coltre di nebbia” che nascose la reale versione indiana sulla conquista europea del West.

L’atto finale della disfatta fu quello del 29 dicembre del 1890, con il massacro avvenuto nella valle di Wounded Knee, coperta di neve. Un gruppo di Lakota Sioux, i Miniconjoudi, marciava al comando di Piede Grosso, un capo tribù che aveva deciso di recarsi a Pine Ridge per riunirsi alle forze di Nuvola Rossa. La morte di Toro Seduto, avvenuta pochi giorni prima durante un concitato arresto da parte di alcuni agenti federali, aveva allarmato tutti i capi pellirosse. Il pericolo paventato da molti capi tribù, era che il governo degli Stati Uniti, terrorizzato da quella strana "danza degli spiriti" praticata dalla popolazione nativa, iniziasse ad arrestare e uccidere le personalità più importanti delle riserve.

Era, questa danza, la Ghost Dance, la Danza degli spiriti inventata da Wovoka, un santone pellerossa noto anche con l'appellativo anglofono di Jack Wilson, una danza rituale che prometteva il ritorno dei nativi alle proprie terre e la scomparsa dell'uomo bianco. Sta di fatto però, che quel nuovo strano culto che univa animismo e qualche elemento cristiano, preoccupava gli statunitensi a tal punto che questi iniziarono a punire violentemente chiunque si avvicinava a questi rituali, e a disarmare le tribù dove avvenivano queste danze, incomprensibili e selvagge per le milizie americane.

Quella di Wounded Knee, più che una battaglia fu una carneficina. I nativi, che avevano al comando il capo tribù Piede Grosso, erano praticamente senz’armi, e, seppure avevano sventolato bandiera bianca, furono massacrati dai soldati; questi spararono su donne, madri con i figli tra le braccia, vecchi, giovani disarmati, cavalli, cani. Un massacro che lasciò sul campo centinaia di vittime, alcune delle quali furono rincorse al solo scopo di trucidarle.

Lo storico Dee Brown, autore del libro "Seppellite il mio cuore a Wounded Knee", stima che i morti siano stati 300 tra i nativi e circa 25 tra i "visi pallidi", molti dei quali morti per fuoco amico. Due giorni dopo la carneficina, il generale Nelson A. Miles scrisse alla moglie una lettera in cui definì quanto avvenuto a Wounded Knee come "il più terrificante e criminale errore militare e un orribile massacro di donne e bambini". I cadaveri vennero poi sepolti in una fossa comune mentre i pochi sopravvissuti furono trasportati a Pine Ridge.

Cari amici, la storia, spesso, è fatta di terribili misfatti. I pellerossa costituivano l'anti-storia, l'ostacolo al trionfo della nuova civiltà arrivata dall’Europa; per di più non volevano accettare la cultura e la lingua dei bianchi. Eppure la loro fievole voce non è andata perduta del tutto: alcuni ricordi hanno resistito al tempo in virtù della tradizione orale o per mezzo delle pittografie; dai verbali degli incontri ufficiali è possibile desumere illuminanti testimonianze; nelle rarissime interviste raccolte da giornalisti sono reperibili suggestive ricostruzioni di celebri e sanguinosi avvenimenti, e da sperdute pubblicazioni dell'epoca l'opinione dei pellerossa è potuta così giungere fino a noi. Una grande, brutta storia!

Credo che ogni ulteriore commento sia superfluo.

A domani.

Mario

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