Oristano 11 gennaio 2022
Cari amici, poco più di 130
anni fa, si concludeva tragicamente la storia degli indiani nativi d’America, un
popolo definitivamente fatto scomparire con la forza dai conquistatori arrivati
in America da altri lidi; popoli emigrati nel Nuovo Mondo, che oggi sono i grandi padroni degli Stati Uniti
e del Canada. Una storia quella dei nativi indiani d'America di grande tristezza, un genocidio praticato in modo scientifico,
che ha spogliato un popolo della sua terra, della sua cultura e della sua civiltà,
relegando i pochissimi soggetti eredi degli indiani in animalesche riserve.
Che nel mondo le conquiste
per il possesso di nuove terre siano sempre avvenute in modo cruento è ben
noto, ma ci sono storie e situazioni ben diverse, alcune delle quali appaiono certamente ben più violente di altre. Nel caso degli indiani d’America,
gli studiosi hanno stimato che, prima della ‘scoperta’ delle Americhe da parte
degli europei, la popolazione dei “Nativi americani” poteva contare diversi milioni di persone.
L’antropologo ed
Etno-storico americano Henry F. Dobyns, noto per la sua
ricerca sugli Indiani d’America, ha stimato in più di cento milioni le persone che
abitavano nelle Americhe prima dell’arrivo degli europei; di questi circa 18
milioni abitavano una zona a nord del Rio Grande. Addirittura William M.
Denovan, Professore Emerito di Geografia presso l’Università del
Wisconsin-Madison, ritiene che in quella zona ci fossero addirittura circa 54
milioni di abitanti.
La forza e la supremazia
dei conquistatori, lo sappiamo, non ha mai risparmiato i popoli presenti sul
territorio. Popoli, come in questo caso,
che non erano né
analfabeti né poco istruiti, in quanto
in possesso conoscenze avanzate, sia nella medicina che nello studio del cosmo,
oltre che in altri campi. Ma gli Europei invasori fin dal “primo contatto”
iniziarono a decimare la popolazione indigena senza ritegno.
Violenza che, in poco
tempo, ridusse drasticamente il numero dei nativi americani
portandoli rapidamente a circa la metà. Le cause furono di vario genere: malattie
portate dagli europei, la guerra, la schiavitù (commercio di schiavi indiani), oltre
ad una invasione-perturbazione dei sistemi sociali degli indigeni, violenza, quest'ultima, che
ebbe un effetto devastante. Amici, un vero, cruento genocidio, se pensiamo che
una popolazione di circa cento milioni di persone si ridusse a poche
centinaia di migliaia nel 1900.
Lo storico americano e
professore di Studi Americani presso l’Università
delle Hawaii, David Stannard, nel suo libro L’Olocausto americano rivela che
gli indigeni sono stati catturati e massacrati subendo le più crudeli atrocità e barbarie,
che provocarono la distruzione del 95 per cento delle popolazioni indigene. Lui
e molti altri hanno sottolineato che i responsabili dell’Olocausto americano si
sono mossi con le stesse ideologie degli architetti dell’Olocausto nazista.
Il periodo cruciale della
distruzione del popolo indiano d’America va dal 1860 al 1890: fu questo il
trentennio della "soluzione finale" del problema indiano, che si
concluse con la distruzione della cultura e della civiltà dei pellerossa. È in
questo periodo che nascono tutti i grandi miti del West: un'epopea, però, raccontata ad
esclusivo beneficio degli uomini bianchi. I racconti dei commercianti di
pellicce, dei missionari, dei cercatori d'oro, delle Giacche Blu, degli
avventurieri, dei costruttori di ferrovie e di città, crearono nell’opinione
pubblica una fitta “coltre di nebbia” che nascose la reale versione indiana sulla conquista europea del West.
L’atto finale della disfatta
fu quello del 29 dicembre del 1890, con il massacro avvenuto nella valle di Wounded
Knee, coperta di neve. Un gruppo di Lakota Sioux, i Miniconjoudi,
marciava al comando di Piede Grosso, un capo tribù che
aveva deciso di recarsi a Pine Ridge per riunirsi alle forze di Nuvola Rossa.
La morte di Toro Seduto, avvenuta pochi giorni prima durante un concitato
arresto da parte di alcuni agenti federali, aveva allarmato tutti i capi
pellirosse. Il pericolo paventato da molti capi tribù, era che il governo degli Stati
Uniti, terrorizzato da quella strana "danza degli spiriti" praticata dalla popolazione nativa, iniziasse ad arrestare e uccidere le
personalità più importanti delle riserve.
Era, questa danza, la Ghost
Dance, la Danza degli spiriti inventata da Wovoka, un santone
pellerossa noto anche con l'appellativo anglofono di Jack Wilson, una danza
rituale che prometteva il ritorno dei nativi alle proprie terre e la scomparsa
dell'uomo bianco. Sta di fatto però, che quel nuovo strano culto che univa animismo
e qualche elemento cristiano, preoccupava gli statunitensi a tal punto che questi
iniziarono a punire violentemente chiunque si avvicinava a questi rituali, e a
disarmare le tribù dove avvenivano queste danze, incomprensibili e selvagge per le milizie americane.
Quella di Wounded Knee,
più che una battaglia fu una carneficina. I nativi, che avevano al comando il
capo tribù Piede Grosso, erano praticamente senz’armi, e, seppure avevano sventolato
bandiera bianca, furono massacrati dai soldati; questi spararono su donne,
madri con i figli tra le braccia, vecchi, giovani disarmati, cavalli, cani. Un
massacro che lasciò sul campo centinaia di vittime, alcune delle quali furono rincorse
al solo scopo di trucidarle.
Lo storico Dee Brown,
autore del libro "Seppellite il mio cuore a Wounded Knee",
stima che i morti siano stati 300 tra i nativi e circa 25 tra i "visi pallidi",
molti dei quali morti per fuoco amico. Due giorni dopo la carneficina, il
generale Nelson A. Miles scrisse alla moglie una lettera in cui definì quanto
avvenuto a Wounded Knee come "il più terrificante e criminale errore
militare e un orribile massacro di donne e bambini". I cadaveri vennero
poi sepolti in una fossa comune mentre i pochi sopravvissuti furono trasportati a Pine Ridge.
Cari amici, la storia, spesso,
è fatta di terribili misfatti. I pellerossa costituivano l'anti-storia,
l'ostacolo al trionfo della nuova civiltà arrivata dall’Europa; per di più non volevano
accettare la cultura e la lingua dei bianchi. Eppure la loro fievole voce non è
andata perduta del tutto: alcuni ricordi hanno resistito al tempo in virtù
della tradizione orale o per mezzo delle pittografie; dai verbali degli
incontri ufficiali è possibile desumere illuminanti testimonianze; nelle
rarissime interviste raccolte da giornalisti sono reperibili suggestive
ricostruzioni di celebri e sanguinosi avvenimenti, e da sperdute pubblicazioni
dell'epoca l'opinione dei pellerossa è potuta così giungere fino a noi. Una grande,
brutta storia!
Credo che ogni ulteriore
commento sia superfluo.
A domani.
Mario
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