Oristano 25 novembre 2021
Cari amici,
Robinson Crusoe |
Isolarsi dal resto del
mondo, diventare volontariamente un Robinson Crusoe nel millennio che attraversiamo,
sembra quasi una favola d’altri tempi. Eppure è una concreta realtà. A volte la
vita, per le ragioni più disparate, può cambiarci in modo incredibilmente
diverso, in particolare se la nostra mente metabolizza un fatto fortemente
traumatico, che porta il nostro IO a rifiutare in modo totale la presenza degli
altri, isolandoci dal resto del mondo. È quello che è accaduto 40 anni fa a Ken Smith, un
operaio inglese allora di 34 anni, la cui storia oggi voglio raccontare anche a
Voi.
Derbyshire |
40 anni fa Ken Smith,
un giovane inglese originario del Derbyshire, lavorava costruendo caserme per i
vigili del fuoco. Era una persona tranquilla che amava il suo lavoro, considerato
che aveva iniziato a lavorare all’età di 15 anni. La sua vita cambiò bruscamente
quando di anni ne aveva 26, dopo aver subito un’aggressione da parte di una
banda di delinquenti che lo picchiarono selvaggiamente; le ferite riportate
erano talmente gravi che rimase privo di conoscenza per ben 23 giorni. I medici
furono concordi nel dichiarare che difficilmente si sarebbe ripreso, che non
avrebbe più parlato e camminato, ma non fu così.
Ken lentamente si riprese
e, considerata la violenza subita, decise che da allora in poi avrebbe vissuto “a
modo suo”, alle sue condizioni, senza accettare interferenze da parte di
nessuno. Dopo aver ripreso con fatica a camminare cominciò a vagare senza una meta precisa, studiando così il
modo per riprendere in mano la sua vita. Camminando notte e giorno percorse ben
22mila miglia, attraversando perfino il territorio canadese dello Yukon fino ai
confine con l’Alaska. Al suo ritorno in patria fece l’amara scoperta che i suoi
genitori erano morti: lui purtroppo non lo aveva saputo in tempo perché nessuno
era riuscito a rintracciarlo. Neppure questo immenso dolore, però, riuscì a
fermarlo, anzi, forse, contribuì ad elaborare la sua nuova strategia di vita.
Rannoch |
Riprese con buona lena a
camminare nel suolo inglese natio, fermandosi a riflettere in quel di Rannoch. Qui
metabolizzò il suo dolore, ripensando fortemente ai suoi genitori che non
c’erano più, dando così sfogo al suo grande dolore. Riprese ancora a camminare
meditando e piangendo, vagando senza meta in mezzo alla natura selvaggia. La
sua mente iniziava a immaginare che il suo destino sarebbe stato quello di allontanarsi
per sempre dalla comunità umana, per vivere una vita solitaria, isolato da
tutto e da tutti.
Mentre camminava continuava
a pensava: “dov'è il posto più isolato in Gran Bretagna?”. Poi
arrivò il momento in cui restò incantato da un bosco che lo affascinò; era collocato
in un luogo assolutamente privo di persone e abitazioni, lontano da ogni
traccia di civiltà. Lì decise di
fermarsi: smise di piangere e pose fine al suo vagabondare. Per ripararsi dal
freddo e dalle intemperie iniziò subito a costruire con dei tronchi una capanna,
preparandosi a vivere in modo spartano, come un sopravvissuto.
Si procurava la legna
tagliandola nel bosco e con quella riusciva a riscaldarsi durante la notte; inizialmente
mangiava le bacche del bosco, poi iniziò a coltivare ortaggi e foraggi, ma la
sua principale fonte di cibo la trovò nel vicino lago ricco di pesci. Per Ken questo
fu l’inizio di un’esistenza nuova, indubbiamente fuori dai canoni dei nostri tempi:
ovvero una vita da eremita, senza nessuna agevolazione tecnologica dell’era
moderna. Questo succedeva a Ken quarant’anni fa, e, nonostante le difficoltà
non gli siano mai mancate, ancora permane.
Lizzie McKenzie |
Nel 2019, infatti, Ken ebbe
un ictus mentre d’inverno era al lavoro nella neve; fortuna volle che fosse
entrato in possesso, di recente, di un localizzatore personale GPS, strumento che
gli era stato dato poco tempo prima dalla regista della BBC della Scozia Lizzie McKenzie,
che lo aveva raggiunto nel suo rifugio solitario per girare un documentario
sulla sua vita da “eremita del terzo millennio: “The Hermit of Treig”.
Una volta attivato un SOS con il GPS, arrivarono i soccorsi: Ken fu trasportato
in aereo all'ospedale di Fort William dove trascorse sette settimane prima di
riprendersi. I medici cercarono di convincerlo a tornare alla civiltà, ma senza
successo.
Ken infatti tornò, appena
ristabilitosi, tornò nella sua solitaria capanna, dove, pur senza chiederlo (in tanti,
ormai, sapevano della sua avventura) qualche aiuto arrivò. Il capo delle guardie ambientali che si occupavano
del bosco dove Ken aveva posto la sua solitaria residenza, iniziò a portargli
del cibo ogni due settimane, acquistandolo di tasca propria con la sua
pensione. L’anno successivo Ken rischiò ancora la vita: un mucchio di tronchi gli
crollò addosso, ma nonostante gli ulteriori acciacchi, non si disamorò dal
continuare a vivere nella sua capanna. "Mi fermerò qui fino alla fine
dei miei giorni, sicuramente. Io spero di arrivare a 102 anni", disse
ancora orgogliosamente a quelli che cercavano di distoglierlo.
Cari amici, questa storia
credo che faccia riflettere un po’ tutti noi. La vita violenta di oggi, quella
che sacrifica tutti per adorare il dio denaro, porta l’uomo all’isolamento, al
distaccarsi dalla vita sociale. Ken ha avuto una reazione forte, che pochi sono capaci di avere, ma lui è contento così. Ormai 74enne, pesca, si nutre di bacche, coltiva
le sue verdure e lava i suoi vestiti in un vecchio bagno all’aperto. È felice
di vivere in assoluta armonia con la natura che lo circonda, lontano dalla
cattiveria degli uomini. “È una vita bellissima quella che ho scelto” -
sostiene Ken con un sorriso - “Tutti desiderano e sperano di essere in
grado di farla, ma in realtà nessuno ci prova”.
Credo che ogni ulteriore commento
a questa storia sia davvero superfluo. A domani cari lettori.
Mario
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