Oristano 14 novembre 2021
Cari amici,
Si è chiuso in modo triste e sconsolato. Indubbiamente, che il
summit di Glasgow “COP26” potesse avere successo, mettendo d’accordo
Paesi con diversissime esigenze economiche, era praticamente solo un’utopia. Le
speranze erano, comunque, quelle di mettere
insieme patti e condizioni stringenti, anche di diversa elasticità, ma ciò non
è avvenuto. Sono bastate poche ore, nello stesso giorno dell’apertura, a capire
che la strada per raggiungere un accordo che potesse consentire di azzerare le
emissioni nel 2050 è era proprio in salita.
Il leader cinese Xi
Jinping, non si è presentato al summit, ha mandato un messaggio scritto, chiaro e
forte, tuonando anche verso gli Usa che in passato avevano inquinato più di 8
volte i livelli attuali della Cina; ma
anche la Russia e soprattutto il premier
indiano Modì hanno gelato il forum. Il problema è apparso davvero serio, considerato
che con la ripresa delle attività
economiche, le emissioni pericolose nell’atmosfera sono tornate crescere,
andando anche oltre i livelli pre-Covid.
La ha ribadito con
fermezza il Premier Mario Draghi, tracciando il percorso che tutti avrebbero dovuto intraprendere, insieme, per dare risposta al serio problema del riscaldamento
globale. Un problema, ha ribadito, “che non possiamo risolvere da soli: un
singolo Paese non può rispondere a questi problemi e questa forse è la più
importante iniziativa collettiva diretta a questo fine. Prima si ignorava
completamente il problema, ora c'è una crescente consapevolezza sul clima. Quello
che rende molto complicato il negoziato è che i vari Paesi hanno condizioni di
partenza diverse tra loro".
Il Presidente americano Joe
Biden ha detto: "Faremo quello che è necessario o faremo soffrire
le future generazioni? Questo è il decennio decisivo sul clima, e la finestra
si sta chiudendo rapidamente. Glasgow deve dare il calcio di inizio al
cambiamento; nella lotta ai cambiamenti climatici nessuno può farcela da solo,
agire è nell'interesse di tutti. Dobbiamo investire nell'energia pulita, ed è
quello che faremo negli Usa, ridurremo le emissioni entro il 2030".
Il “padrone di casa” Boris
Johnson si è soffermato soprattutto sulla urgente necessità di bloccare la
deforestazione. “Fermare entro il 2030 ‘il massacro delle motoseghe’, è
della massima urgenza - ha tuonato - perché da anni la deforestazione sta
falcidiando i polmoni verdi della Terra, barriere vitali contro l'effetto di
quei cosiddetti gas serra che minacciano di renderla invivibile, contribuendo
al surriscaldamento”. Il tema della deforestazione è quello che ha trovato
le più ampie adesioni, essendo stato condiviso da 110 nazioni, per mettere fine,
già in questo decennio, alla sistematica "devastazione" di alberi per
milioni di ettari. Quanto, invece, relativo alla dismissione dei combustibili fossili, in gran parte è stato ignorato.
Le foreste, come le ha
definite Boris Johnson, sono "cattedrali
della natura", in quanto permettono il respiro della Terra. Un
progetto, quello che nascerà, grazie
alla promessa di finanziamenti da 15 miliardi di sterline (quasi 20 miliardi di
dollari): 8,7 coperti da fondi pubblici, 5,3 da investimenti privati. Impegni
destinati ad andare anche a beneficio di "popolazioni indigene e
comunità locali" che di quelle foreste sono "custodi", ha
giurato BoJo, non senza esaltare l'adesione a questo accordo di leader i cui
Paesi coprono l'85% del patrimonio forestale del globo: dalla sterminata Russia
di Vladimir Putin all'Indonesia, dal Congo alla Colombia e, più importante di
tutti, il Brasile, il cui Presidente attuale, Jair Bolsonaro, si è guadagnato,
peraltro, negli anni del suo mandato l'ostilità della gente, avendo
accresciuto, non certo attenuato, il disboscamento senza tregua della colossale
foresta pluviale amazzonica.
Amici, lotta alla deforestazione
significa anche “Riforestazione”, ovvero piantare nuovi alberi, non solo
dove si è tagliato; piantare milioni di nuovi alberi, ricreando quelle foreste che oggi sono
solo una lontana memoria, è qualcosa da fare subito. Il patto della
Cop26 ha ipotizzato di investire da subito 20 miliardi di euro per salvare le
foreste; i Paesi che firmeranno l'intesa, tra i quali Brasile, Russia, Cina,
Indonesia e Repubblica Democratica del Congo, coprono circa l'85% delle foreste
mondiali. Per piantare e far sviluppare nuovi alberi è assolutamente necessario
coinvolgere le popolazioni locali, in quanto le attività di piantumazione non possano
prescindere da esse. I progetti di piantumazione destinati al successo sono
soltanto quelli realizzati in collaborazione con le comunità locali. Piantare
alberi deve essere un’opportunità per le persone che vivono in quel luogo e che
saranno i migliori custodi degli alberi.
Amici, indubbiamente
Cop26 a qualcosa sicuramente è servito, ma non abbastanza; lo hanno ribadito i
rappresentanti dell'Amazzonia, presenti anche loro a Glasgow, come lo hanno
dichiarato Greta Thunberg e gli altri
manifestanti che hanno protestato in continuazione fuori dai locali dei lavori.
Anche Papa Francesco ha unito la sua voce a quella della regina Elisabetta per
ammonire che "non c'è più tempo" per le mezze misure, che
occorre dar prova d'uno spirito di cooperazione internazionale da ricostruzione
post bellica. E lo stesso Boris Johnson non è andato oltre un "cauto
ottimismo" a fine summit.
Cari amici, personalmente
sono rimasto molto deluso, convinto che il risultato, se proprio non è stato un
flop, è stato davvero molto scarso, ovvero come dicono i giovani "solo un bla bla bla". È tanta “la strada che resta ancora da fare" per
arrivare al risultato sperato: quello di zero emissioni e contenimento in 1,5
gradi della temperatura del pianeta. Malgrado gli impegni per 100 miliardi di
dollari complessivi, messi sul piatto della conferenza, e il contributo
"senza precedenti" del grande business privato. Nella suddivisione
delle spese, gli USA per bocca di Joe Biden, faranno la parte del leone con 9
miliardi di dollari solo per la lotta alla deforestazione; mentre l'UE, per
bocca di Ursula von der Leyen, ha garantito un miliardo di euro e il Regno
Unito, giocando in casa, ha preso un impegno da 1,5 miliardi di sterline
spalmato in 5 anni. Bezos, a Glasgow, ha dichiarato di essere pronto a tirare
fuori ben 2 miliardi di dollari per ridar vita ai terreni degradati
dell'Africa.
Saremo sulla buona strada
per la salvezza del pianeta? C’è solo da sperarlo, anche se il magro risultato di Glasgow non appare confortante!
A domani.
Mario
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