Oristano 27 novembre 2021
Cari amici,
Olivastro di Luras |
Non furono certo i
numerosi conquistatori, che per secoli arrivarono in Sardegna per dominarla, a
portare e coltivare l’olivo, necessario per soddisfare sia le necessità
alimentari che le altre collegate. È dimostrato che questa pianta risultava già
presente in Sardegna fin dal periodo nuragico e forse anche pre-nuragico. Basterebbero
ad evidenziarlo, oltre i ritrovamenti archeologici di noccioli di olive in diversi
villaggi nuragici, le analisi effettuate sull’olivastro di Luras, un vero, straordinario
monumento vegetale, a cui la scienza attribuisce tra i 4 e i 5 mila anni. Si,
amici non furono né i fenici né i romani a portare in Sardegna questa pianta insegnandoci
a coltivarla, in quanto già presente ben nota!
A conferma della presenza
dell’ulivo e dell’olivastro nella nostra isola, ci sono anche gli antichi
toponimi di numerose località a dimostrare che la storia dell’ulivo in Sardegna affonda
le sue radici in epoche ben precedenti a quelle fenicie e latine. Toponimi
sardi in cui l’accento tonico cade sull’ultima vocale, cosa che non trova
riscontro, per esempio, nella lingua latina; Olevà (Buddusò), Olloè
(Villagrande Strisaili), Oloè (Oliena), Olovà (Benetutti, Olbia); Ollovè, Olobò
(Urzulei). Anche Massimo Pittau, un vero esperto di storia sarda, ritiene che
la conoscenza degli ulivi in Sardegna risalga a due millenni prima di Cristo e
che, sommati a quelli dopo Cristo, risalga dunque ad almeno 4.000 anni fa!
Macina manuale (disegno di Francesco Corni) |
In Sardegna si ignora
l’epoca esatta della prima apparizione dell'Olea europea, ferma restando la
certezza della presenza millenaria nell’Isola dell’olivastro, la cui presenza è
tutt’ora visibile; alcuni ritengono che l’olivo poteva essere già presente in
Sardegna, in forme selvatiche spontanee, ben prima, dunque, dell’arrivo delle
civiltà greche e fenicie. Gli esemplari di ulivi e olivastri millenari ancora
presenti il Sardegna, seppure rari e isolati, fanno ipotizzare che questa
pianta ed il suo prodotto, l'olio d’oliva, fossero presenti ed in uso fin
dall'epoca nuragica. Questa presunzione è supportata anche dal fatto che
risultano ben conosciute, in epoca nuragica, le tecniche di estrazione
dell’olio di lentischio, usato anche per l’illuminazione, proveniente dalla
flora spontanea che ricopriva e ancora ricopre vaste aree della nostra Isola.
Olivastro di S. M. Navarrese |
L'antichissima presenza
sul territorio della Sardegna di ulivi e olivastri è ben comprovata anche
dall'archeologia, che ha scoperto la presenza di pollini dell'olea europea e/o
di olivastro già nell'era post glaciale. La coltivazione di olivi e olivastri è
poi proseguita, rinvigorendola, da parte dei monaci e degli spagnoli in epoche più
recenti; consuetudine, comunque, ben radicata almeno dall'età nuragica, tanto
che a dimostrarlo ci sono i “giganti verdi”, la cui età è di almeno tre o quattro millenni (ad esempio l’olivastro a Luras , e quelli di Santa Maria Navarrese e
Sarule). Inoltre, anche i ritrovamenti di noccioli d’oliva in almeno in due
contesti nuragici (Duos Nuraghes a Borore e nel villaggio nuragico di Su Putzu
a Orroli), confermano l’utilizzo antichissimo della preziosa drupa. Inoltre, tracce
della pratica dell'estrazione dell'olio nel periodo nuragico sono state
scoperte in diverse località: macine, manuali e in granito, che probabilmente
erano utilizzate per olive, o olivastro, e lentisco.
Amici, l'olio, che si
ricava sia dall’ulivo che dall’olivastro, da tempo immemorabile fa parte a
pieno titolo della “Triade sacra”, assieme al grano e alla vite. Olio,
grano e vino hanno da sempre caratterizzato rituali, credenze e
rappresentazioni religiose; rituali perpetuati nel tempo e arrivati fino ai
giorni nostri, visto che anche nella attuale simbologia cristiana i tre
elementi sono sempre presenti e complementari tra loro: il pane e il vino sono
corpo e sangue del nostro Dio , mentre l’olio d’oliva e i rami della pianta
sono il simbolo della pace e della purificazione.
La dimostrazione che i simbolismi
che gravitano su questa sacra pianta e sul suo olio non sono di esclusiva
competenza religiosa (prima ebraica e poi cristiana), ci viene dai rituali pre
cristiani, praticati quando si adorava il dio sole o quello della luna; l’olio,
infatti, alimentava le lampade accese in onore delle divinità. Nella tradizione
popolare, poi, le preziose gocce di olio d’oliva venivano usate anche a scopo
terapeutico, oppure per preparare pozioni magiche, come togliere i colpiti da
energie negative (il malocchio) o addirittura per creare malefici. In alcuni
rituali dell’isola, le foglie venivano usate anche come portafortuna e per
predire il futuro.
Cari amici, ancora oggi
l'ulivo ha un posto di primissimo piano nell’economia agricola dell’Isola.
Pianta rispettata e maniacalmente curata, anche ora che il suo prodotto non è
più quel simbolo di ricchezza che era sino a metà del '900. Le grandi invasioni
di oli industriali, non esattamente genuini e naturali, hanno infatti portato a
un grave deprezzamento dell’olio sardo, una volta orgogliosamente definito
"oro liquido". Ma il sardo, però, è cocciuto e testardo, essendo rimasto
molto attaccato ad usi e antiche tradizioni; caparbio e resiliente, non si perde facilmente d'animo, e continua
imperterrito a curare i suoi oliveti come da millenni hanno fatto i suoi
progenitori.
A domani.
Mario
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