mercoledì, novembre 03, 2021

GIOVANI E PREVIDENZA. IL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO CONDANNA I GIOVANI: OGGI AL PRECARIATO E DOMANI A PENSIONI DA FAME.


Oristano 3 novembre 2021

Cari amici,

Quella che è in corso nei palazzi di governo è una riforma che certamente non privilegia i giovani. La recente analisi pubblicata, fatta dal quotidiano La Repubblica, ha messo in evidenza il triste destino di tanti giovani lavoratori, gli under 40, che, oggi precari, potranno andare in pensione oltre i 70 anni e con l’alta probabilità di avere un assegno molto basso (per via delle condizioni di precariato in cui versano le nuove generazioni), che certamente non consentirà loro di affrontare una vecchiaia serena.

Nel governo rimbalza il tira e molla delle “quote”: si discute di Quota 102, Quota 104, dell'addio a Quota 100, e anche del possibile  ritorno alla “Fornero”, cosa che terrorizza un po' tutti. I sindacati sono agitati e dissentono, la Lega, seppure parte dell’attuale governo, minaccia le barricate, chiedendo scivoli, mentre il Partito Democratico chiede che sia fatta una distinzione privilegiando i lavori gravosi, con un'attenzione particolare alle donne. Insomma, il tema pensioni tiene fortemente banco, è non si sa ancora come andrà a finire. Nel frattempo, una penalizzata generazione di giovani, svilita da un precariato che non dà speranze per il futuro, non sa a che santo votarsi.

Indubbiamente il problema di far “quadrare” lavoro, stipendi e pensioni esiste ed è alquanto drammatico; visto che i posti di lavoro scarseggiano, all’INPS le entrate contributive diminuiscono e se si aggiunge l'aumento dell'aspettativa di vita, con gli scarsi salari percepiti le nuove generazioni rischiano di andare in pensione (forse) oltre i settant'anni, con assegni dimezzati rispetto all'ultimo stipendio e quindi di trascorrere una vecchiaia al limite della sopravvivenza.

Un'analisi fatta da Repubblica, circa il futuro di quella che viene chiamata generazione della Quota Zero, quella relativa a chi ha cominciato a lavorare almeno alla fine degli anni '90 e perciò si trova in un sistema contributivo puro, che si incrocia con il progressivo aumento della flessibilità del mercato del lavoro e quindi del “precariato” appare davvero sconcertante. I calcoli fatti mettono in evidenza le possibili (spaventose) prospettive per quattro classi di lavoratori: di 25, 30, 35 e 40. Considerando un reddito netto tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese, se cominciano a versare i contributi a 25 anni – con lo stipendio che cresce dell'1,5% l'anno e il Pil dello 0,3% – si troveranno ad andare in pensione tra i 68 e i 72 anni. Sempre che non verranno rigettati dal mercato del lavoro a una certa età.

Per quanto riguarda il calcolo dell'assegno, infatti, molto dipende dalla stabilità del rapporto di lavoro, che come sappiamo bene oggi non è più una garanzia come in passato. Una carriera continua porterebbe gli under 40 lavoratori dipendenti di oggi ad andare in pensione con un assegno tra il 62% e il 64% rispetto all'ultimo stipendio, che però crollerebbe tra il 43% e il 45% in caso di una carriera precaria. Per gli autonomi le previsioni sono ancora più fosche: 55-56% per chi avrà una carriera continua, 38-40% per i precari. Immaginate come viene vissuta dai giovani questa triste prospettiva!

In realtà , senza correttivi, la spesa pensionistica corre veloce, oltre le previsioni, e per i trentenni si allontana sempre di più l’età di pensionamento e restano alti i rischi, per chi ha avuto una carriera incerta, da precario, di dover allungare ulteriormente il momento del ritiro con un assegno Inps adeguato. Servirebbero paracaduti di sicurezza: un taglio del cuneo fiscale, per rendere più stabili le carriere lavorative fin dall’inizio, così come il rafforzamento delle politiche attive del lavoro, ma la corsa della spesa pubblica è rivolta ad altri canali, che continuano a sottrarre risorse: tutto a favore della previdenza e poco per le politiche attive. Con un mercato del lavoro che viaggia su tassi di disoccupazione al 17,4% tra i 25 e i 34 anni contro il 6,2% degli over 50 (Istat, giugno 2017).

Cari amici, il problema è certamente serio e credo che risolvere il problema dei pensionati e quello del lavoro delle nuove generazioni sia da portare avanti ”tutti insieme”, senza lotte fratricide tra politici di diversa colorazione. “L’alleanza tra le generazioni è una condizione per uscire dallo stallo che il Paese ha vissuto”, ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, aggiungendo che “la marginalità del mondo giovanile è sempre stata ragione di indebolimento delle società e delle economie”. Parole importanti, che segnalano la volontà dello Stato di occuparsi finalmente di una delle categorie più spesso dimenticate. “In una stagione di innovazione così accelerata come è quella attuale - ha detto il Presidente - sarebbe una menomazione ancor più insopportabile. Non dobbiamo permetterlo”.

Amici, il nostro egoismo, quella della generazione “senior” di oggi, non deve mettere in gioco la sopravvivenza delle generazioni future.

A domani.

Mario

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