Oristano 3 novembre 2021
Cari amici,
Quella che è in corso nei
palazzi di governo è una riforma che certamente non privilegia i giovani. La
recente analisi pubblicata, fatta dal quotidiano La Repubblica, ha messo in
evidenza il triste destino di tanti giovani lavoratori, gli under 40, che, oggi
precari, potranno andare in pensione oltre i 70 anni e con l’alta probabilità
di avere un assegno molto basso (per via delle condizioni di precariato in cui
versano le nuove generazioni), che certamente non consentirà loro di affrontare
una vecchiaia serena.
Nel governo rimbalza il
tira e molla delle “quote”: si discute di Quota 102, Quota 104, dell'addio a
Quota 100, e anche del possibile ritorno
alla “Fornero”, cosa che terrorizza un po' tutti. I sindacati sono agitati e
dissentono, la Lega, seppure parte dell’attuale governo, minaccia le barricate, chiedendo
scivoli, mentre il Partito Democratico chiede che sia fatta una distinzione privilegiando
i lavori gravosi, con un'attenzione particolare alle donne. Insomma, il tema
pensioni tiene fortemente banco, è non si sa ancora come andrà a finire. Nel
frattempo, una penalizzata generazione di giovani, svilita da un precariato che
non dà speranze per il futuro, non sa a che santo votarsi.
Indubbiamente il problema
di far “quadrare” lavoro, stipendi e pensioni esiste ed è alquanto drammatico; visto
che i posti di lavoro scarseggiano, all’INPS le entrate contributive
diminuiscono e se si aggiunge l'aumento dell'aspettativa di vita, con gli scarsi
salari percepiti le nuove generazioni rischiano di andare in pensione (forse)
oltre i settant'anni, con assegni dimezzati rispetto all'ultimo stipendio e
quindi di trascorrere una vecchiaia al limite della sopravvivenza.
Un'analisi fatta da
Repubblica, circa il futuro di quella che viene chiamata generazione della
Quota Zero, quella relativa a chi ha cominciato a lavorare almeno alla fine
degli anni '90 e perciò si trova in un sistema contributivo puro, che si
incrocia con il progressivo aumento della flessibilità del mercato del lavoro e
quindi del “precariato” appare davvero sconcertante. I calcoli fatti mettono in
evidenza le possibili (spaventose) prospettive per quattro classi di lavoratori:
di 25, 30, 35 e 40. Considerando un reddito netto tra i 1.000 e i 1.500 euro al
mese, se cominciano a versare i contributi a 25 anni – con lo stipendio che
cresce dell'1,5% l'anno e il Pil dello 0,3% – si troveranno ad andare in
pensione tra i 68 e i 72 anni. Sempre che non verranno rigettati dal mercato
del lavoro a una certa età.
Per quanto riguarda il
calcolo dell'assegno, infatti, molto dipende dalla stabilità del rapporto di
lavoro, che come sappiamo bene oggi non è più una garanzia come in passato. Una
carriera continua porterebbe gli under 40 lavoratori dipendenti di oggi ad
andare in pensione con un assegno tra il 62% e il 64% rispetto all'ultimo
stipendio, che però crollerebbe tra il 43% e il 45% in caso di una carriera
precaria. Per gli autonomi le previsioni sono ancora più fosche: 55-56% per chi
avrà una carriera continua, 38-40% per i precari. Immaginate come viene vissuta
dai giovani questa triste prospettiva!
In realtà , senza
correttivi, la spesa pensionistica corre veloce, oltre le previsioni, e per i
trentenni si allontana sempre di più l’età di pensionamento e restano alti i
rischi, per chi ha avuto una carriera incerta, da precario, di dover allungare
ulteriormente il momento del ritiro con un assegno Inps adeguato. Servirebbero
paracaduti di sicurezza: un taglio del cuneo fiscale, per rendere più stabili
le carriere lavorative fin dall’inizio, così come il rafforzamento delle
politiche attive del lavoro, ma la corsa della spesa pubblica è rivolta ad
altri canali, che continuano a sottrarre risorse: tutto a favore della
previdenza e poco per le politiche attive. Con un mercato del lavoro che
viaggia su tassi di disoccupazione al 17,4% tra i 25 e i 34 anni contro il 6,2%
degli over 50 (Istat, giugno 2017).
Cari amici, il problema è
certamente serio e credo che risolvere il problema dei pensionati e quello del
lavoro delle nuove generazioni sia da portare avanti ”tutti insieme”, senza
lotte fratricide tra politici di diversa colorazione. “L’alleanza tra le
generazioni è una condizione per uscire dallo stallo che il Paese ha vissuto”,
ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, aggiungendo che “la
marginalità del mondo giovanile è sempre stata ragione di indebolimento delle
società e delle economie”. Parole importanti, che segnalano la volontà dello
Stato di occuparsi finalmente di una delle categorie più spesso dimenticate.
“In una stagione di innovazione così accelerata come è quella attuale - ha
detto il Presidente - sarebbe una menomazione ancor più insopportabile. Non
dobbiamo permetterlo”.
Amici, il nostro egoismo,
quella della generazione “senior” di oggi, non deve mettere in gioco la
sopravvivenza delle generazioni future.
A domani.
Mario
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