Oristano 9 novembre 2021
Cari amici,
Nel nostro Paese l’obbligo
dell’etichettatura, valido come ricorda la Coldiretti, per diversi prodotti, come
pasta, riso, pomodoro in conserva, latte (nelle confezioni di latte uht), formaggi
e la carne di maiale nei salumi, iniziò a funzionare nel 2018; l’obbligo fu successivamente
assorbito dall’entrata in vigore del Regolamento europeo 2018/775 sull'origine
dell'ingrediente primario. Ora, con la scadenza dal prossimo 31 dicembre 2021
dell'obbligo di etichettatura dell'origine del grano utilizzato per la
fabbricazione della pasta, esiste il pericolo di dover dire addio alla “pasta 100% italiana”, con possibile
grave danno per il made i Italy, che vede la pasta italiana come la più gradita
al mondo.
Le nuove regole, che
prevedono comunque indicazioni sulla provenienza degli ingredienti principali
(se diversi da quello che la confezione lascia intendere), risultano meno stringenti
di quelle ancora vigore in Italia fino a fine anno, con una maggiore,
pericolosa flessibilità, circa l’origine della materia prima. L’attuale obbligo
prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia debbano indicare il
nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura e se
proviene o è stato macinato in più Paesi possono essere utilizzate, a seconda
dei casi, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi Non UE; inoltre, se il grano
duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia,
si può usare la dicitura: Italia e altri Paesi UE e/o non UE.
Questa stringente normativa
che ora sta per scadere, ha consentito all’Italia di aumentare notevolmente le vendite
di pasta italiana. «È una misura, come sostiene la Coldiretti, che ha
portato gli acquisti di pasta con 100% grano italiano a crescere quasi 2 volte
e mezzo, spingendo le principali industrie agroalimentari a promuovere delle
linee produttive con l’utilizzo di cereale interamente prodotto sul territorio
nazionale. Un trend sul quale, però, ora potrebbe scatenarsi una tempesta
perfetta, con la scadenza dell’obbligo dell’origine in etichetta che si
aggiunge al caro prezzi determinato dagli aumenti delle quotazioni
internazionali del grano legati al dimezzamento dei raccolti in Canada».
Il Canada, infatti, «è il
principale produttore mondiale – continua la Coldiretti – e fornitore di
un'Italia che è costretta oggi ad importare circa il 40% del grano di cui ha
bisogno ed è dunque particolarmente dipendente dalle fluttuazioni e dalle
speculazioni sui mercati. Il tutto nonostante in Canada sia consentito
l'utilizzo del glifosato in preraccolta, modalità vietata sul territorio
nazionale. Il grano italiano c’è anche da dire che viene pagato ora circa il
20% in meno rispetto a quello importato, nonostante le maggiori garanzie di
sicurezza e qualità, mentre i nostri produttori si trovano, peraltro, a
fronteggiare l’aumento esponenziale dei costi di produzione legati all’aumento
senza fine dei mezzi tecnici utili alla coltivazione, dal gasolio ai concimi».
Nonostante tutto, la
materia prima italiana resterà comunque centrale nella produzione di pasta Made
in Italy: non solo i pastai italiani acquistano tutto il grano duro italiano
adatto alla pastificazione, ma – sottolineano da Unione Italiana Food – con un
protocollo d'intesa siglato nel 2017 con i principali attori della filiera
(agricoltori, cooperative, aziende sementiere e di stoccaggio, industria di
trasformazione), hanno certificato unità di intenti per renderla più
competitiva nel segno di qualità, sicurezza e corretta ripartizione del valore.
E infatti, da quando è stato siglato il protocollo grano-pasta è boom dei
contratti di coltivazione tra pastai e mondo agricolo e cooperativo, il numero
dei contratti di filiera tra agricoltori e pastai è più che raddoppiato. «Questi
accordi hanno garantito all'industria della pasta il grano “giusto” per la
pastificazione e agli agricoltori italiani un'equa remunerazione, al riparo
dalle oscillazioni del mercato, con premi di produzione legati al
raggiungimento di specifici parametri qualitativi e di sostenibilità», hanno
concluso i pastai.
Cari amici, in Italia si
producono 3,9 milioni di tonnellate di pasta, con una filiera che conta 120
imprese, oltre 10mila addetti e quasi 200mila aziende agricole italiane
impegnate a fornire grano duro di altissima qualità. Nel corso del tempo sono
aumentati esponenzialmente anche i formati della pasta, che sono ormai arrivati
a quota 300, mentre alle varietà tradizionali si sono aggiunte quelle fatte con
l'integrale, il gluten free, quelle con farine alternative e legumi. Nonostante
i pericoli derivanti dalla nuova normativa, nessuno dei nostri produttori pare comunque disposto ad arrendersi,
e cercherà di fare caparbiamente la sua parte!
A domani.
Mario
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