Oristano
16 Agosto 2018
Cari amici.
È passato un secolo
dalla costruzione della diga di Santa Chiara di Ula Tirso. Era il 1918 e la “Grande
Guerra” era appena terminata. L’Italia si apprestava a riprendere vita,
cercando di sanare le ferite inferte dal conflitto e rimboccandosi le maniche
per migliorare la situazione economica, con particolare riferimento all’agricoltura.
La Sardegna, come sappiamo, è sempre stata ciclicamente siccitosa e il Governo, per cercare di dare sicurezza e
respiro alle vaste pianure che partivano dal Centro Sardegna estendendosi nel
Campidano di Oristano, stabilì che era necessario creare un lago artificiale, sbarrando il
fiume Tirso.
Si avvicinava la fine del primo ventennio del Novecento e le forze politiche ed
economiche che governavano l’Italia (liberali e socialiste) misero mano al progetto concreto che risolvesse il
problema dell'approvvigionamento idrico del Centro Sardegna disponendo la
costruzione di una diga di grande ampiezza che, sbarrando il fiume Tirso all’altezza
di Santa Chiara di Ula Tirso, creasse un invaso in grado di spegnere la grande sete
dei campi e fornire anche una buona quantità di energia elettrica. Fra i grandi
che portarono avanti il progetto Nitti, Turati e Omodeo, che mobilitarono
capitali pubblici e privati, imprese e tecnologia.
Il grande cantiere
costruito a Santa Chiara mobilitò circa 16.000 persone che vi lavorarono per
circa 6 anni; ne fecero parte anche donne, braccianti e capomastri, scalpellini
e tecnici, prigionieri di guerra (austro-ungarici) e reduci di Caporetto. Un
lavoro che richiese anche il sacrificio di vite umane (fra queste anche una
sorella di Antonio Gramsci, Emma) e la perdita anche di fertili
ettari di terra che vennero sommersi dal nuovo ampio invaso. Un paese intero finì sotto il lago. Nel
1923 il borgo di Zuri fu completamente sommerso e l’intero paese ricostruito più a monte. La
piccola chiesa medievale di San Pietro fu smontata e rimontata pezzo per pezzo.
Sotto le acque del lago giacciono anche i resti di un'antica foresta
pietrificata.
La grande diga che
prese il nome dell’ingegner Angelo Omodeo che la progettò e ne diresse i lavori,
fu per l’epoca un’opera colossale, un capolavoro dell’ingegneria e del lavoro
dell’uomo. Quest’opera costituì per la Sardegna l’inizio di una prima modernizzazione,
che cercava di cambiare il volto di un’Isola siccitosa e trascurata. L'opera,
per quel tempo considerata ciclopica, diede origine al bacino più grande d'Europa, con
una capacità d’invaso di 402 milioni di m³ e che, con i suoi 70 metri di
altezza, fu per diverso tempo la diga più alta del mondo.
Ebbene, per festeggiare
questo “Centenario” domani, Venerdì, 17 Agosto, ad Ula Tirso prenderanno il
via una serie di manifestazioni per ricordare l’evento che cambiò in modo
radicale il precedente status dei luoghi. Il Comitato organizzatore nella
serata che prenderà il via alle 19,00, ha previsto la presentazione al
pubblico di dieci gigantografie dell’archivio Costamagna che verranno
installate permanentemente nel centro storico del paese e verranno illustrate
ai presenti attraverso un percorso di conoscenza, guidato da Simone Cireddu. Il percorso verrà
accompagnato dalle sonorità dell’Orchestra di Fiati Eleonora d’Arborea di
Oristano e dagli allievi della Scuola Civica di Musica Guilcer Barigadu.
Nella stessa serata, alle
21,00 verrà proiettato il documentario “Adiosu, diga addio”, girato nel 1998 da
Franco Taviani, che ricostruisce la storia della diga di Santa Chiara con
filmati d’epoca, immagini e interviste ai lavoratori che contribuirono alla sua
costruzione e ne raccontano la storia. Al termine del documentario verranno
proiettate le interviste raccolte per strada in un corto dal titolo “La mia
diga”.
Cari amici, trascorso
un secolo dalla realizzazione di quell’opera per allora grandiosa, molte cose
sono cambiate, anche nella zona di Santa Chiara. Verso la fine degli anni '60 venne
riscontrata nella diga la presenza di importanti lesioni in alcuni punti
critici dello sbarramento, in particolare in prossimità dei contrafforti. Gli
studi di stabilità della diga portarono all’imposizione all'Ente gestore di
ridurre la capacità dell'invaso, che venne limitato a 162 milioni di metri
cubi, con una perdita secca di oltre il 50% della sua capacità utile iniziale.
Una riduzione che
vanificava il beneficio che la diga aveva portato, per cui si arrivò alla
decisione di costruire un nuovo sbarramento, situato qualche chilometro più a
valle della diga di Santa Chiara, in località Cantoniera. In questo modo la
raccolta delle acque del Tirso sarebbe aumentata ampiamente, arrivando a garantire
una raccolta d'acqua di quasi 800 milioni di mc e capace di soddisfare, anche
in prospettiva futura, le richieste idriche del territorio.
Il 23 Gennaio del 1997
venne inaugurata la nuova imponente diga, intitolata alla giudicessa Eleonora
d'Arborea, che innalzava di alcuni metri il livello del lago raddoppiandone la
capacità. Conseguentemente, dopo oltre 70 anni di esercizio, la diga di Santa
Chiara venne dismessa e ora giace semisommersa nel lago che essa stessa aveva
creato. Oggi a ricordare la vecchia diga centenaria restano fuori dall’acqua il
villaggio di Santa Chiara, alcune villette liberty e i ponti dismessi, che i
frequentatori della zona guardano a volte con nostalgia; un peccato, pensano in molti, tenere
questi ricordi in totale abbandono, come certi villaggi fantasma del far West.
Il Sindaco di Ula Tirso
Ovidio Loi, pensa che sia un errore considerare questi “ricordi” qualcosa da
rottamare, ipotizzando invece un recupero ed una valorizzazione. Secondo Loi, “Anche su questo essere rimasti ai margini
di un processo che pure hanno contribuito a innescare, le comunità di Ula Tirso
e del Barigadu vogliono riflettere in occasione del Centennale”;
aggiungendo poi che è necessario, invece, “Recuperare
luoghi, architetture, strade, memoria, radunare gli archivi dispersi, per
ricostruire un’identità”.
Cari amici, sono
perfettamente d’accordo con il Sindaco Loi. Il passato non va gettato via, ma
deve essere sempre fonte di riflessione e di confronto con il presente; vivere il
futuro con le radici che affondano nel passato, significa dargli maggiore
certezza e stabilità.
A domani, amici.
Mario
Veduta del Lago Omodeo
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