Oristano 11 febbraio 2023
Cari amici,
Quando ai primi del
Novecento Ford diede vita alle catene di montaggio, una lunga schiera di
lavoratori (artigiani e non) si trovarono in grande difficoltà per la perdita del lavoro. Ogni
trasformazione crea dei temporanei periodi di perdite anche gravi di lavoro,
presto compensate però, dalla nascita di nuove professioni. Anche ora, con il
travolgente avanzare dell’intelligenza artificiale, che ha praticamente
delegato tutta una serie di lavori, anche di concetto, alle macchine, la domanda
che ci si poniamo è questa: Ma se il lavoro in futuro lo faranno praticamente quasi
totalmente le macchine, all’uomo cosa resterà da fare?
Il quesito non è di poco
conto. Indubbiamente il nostro modo di lavorare nei prossimi 15 anni cambierà
molto, in maniera certo radicale, e se l’uomo vorrà mantenere il ruolo centrale finora
rivestito dovrà necessariamente cambiare mentalità. L'intelligenza
artificiale ed i robot, in prospettiva, stanno cambiando il nostro modo di lavorare e di conseguenza stanno
diffondendo il timore di situazioni drammatiche dal punto di vista occupazionale; la situazione in effetti non è priva di rischi. Però, l’AI e i robot difficilmente
sostituiranno completamente l’uomo, se non in situazioni del tutto particolari.
Certo, il problema più
importante sarà quello di ricollocare o sostenere tutti gli addetti a quelle
professioni “tagliate fuori” dai robot, ma dato che in futuro si vedranno sempre più
persone lavorare assieme ai robot con intelligenza artificiale, la sfida sarà soprattutto
un’altra: far sì che la collaborazione uomo-macchina sia quanto più proficua
possibile, aumentando la produttività, la sicurezza e la qualità del lavoro. È
su questo equilibrio che i principali esperti si stanno interrogando in questa
fase.
Si amici, nei prossimi 15
anni cambierà in maniera significativa il nostro modo di lavorare; il 70% degli
adolescenti di oggi farà lavori che al momento non esistono, in quanto l’AI avrà fatto
progressi oggi ancora non immaginabili; l’uomo continuerà a lavorare
sicuramente attraverso nuove forme di collaborazione, ma una cosa è certa: se
vorrà mantenere un ruolo centrale è questo il momento di creare le condizioni
migliori, riqualificando le professioni meno specializzate, puntando sulla
formazioni continua dei dipendenti e soprattutto cambiando radicalmente il
sistema scolastico, ad oggi molto poco preparato alla velocità con cui sta
cambiando il mondo che ci circonda! E questo non è solo un problema italiano.
Anche se le statistiche
dicono che soltanto il 15% delle professioni nei prossimi 10-15 anni potrà
essere automatizzato, è bene ricordare che la tecnologia pervade già ogni ambito
professionale con esiti diversi a seconda delle situazioni; dalla medicina dove
si stanno sperimentando nuovi strumenti supportati dall’AI come i guanti
robotici in grado di ricevere impulsi direttamente dal tessuto muscolare per
poi indirizzare i movimenti degli arti, all’agricoltura dove è possibile ad
esempio stabilire la quantità di fertilizzante per ogni singolo centimetro di
terreno, passando per il settore assicurativo, in cui ad esempio, una compagnia
giapponese ha sostituito di recente 34 dipendenti con un software in grado di
svolgere il loro lavoro di definizione delle polizze e dei risarcimenti.
I “robot”, cari lettori,
già ora rendono il lavoro più efficiente e al tempo stesso esonerano le persone
dai compiti ripetitivi, poco qualificanti e usuranti, permettendo loro di
occuparsi di mansioni più gratificanti (e produttive). Dovremmo quindi essere
fiduciosi? Io credo di sì, ma a condizione di essere disposti a cambiare
radicalmente il nostro modo di pensare il lavoro. Per farlo abbiamo bisogno di
tre elementi: cultura, formazione e regole. Le competenze non saranno (e in
parte già non sono) più esclusivamente tecniche e professionali, ma soprattutto
umane. Fiducia, collaborazione, responsabilità, autonomia e creatività saranno
solo alcune delle nuove abilità richieste.
Certo, servirà del tempo
per fare maturare la nostra consapevolezza, ma non possiamo sottrarci: la sfida
riguarda tutti e la responsabilità di affrontarla nel migliore dei modi è solo
della nostra generazione. Ci vorranno coraggio, determinazione e appunto
fiducia, non abbiamo molte scelte, dobbiamo cambiare passo se non vogliamo
subire il nostro futuro ed a pensarci bene, 10-15 anni dal punto di vista
tecnologico trascorrono in un battito di ciglia. E non è tutto, cari amici,
perché il lavoro non è solo ed esclusivamente un fenomeno economico e
produttivo: esso è un fenomeno necessariamente sociale e culturale.
Noi non lavoriamo tanto o
solo per produrre risorse, ma anche (e soprattutto) per rispondere ad un nostro bisogno interiore: quello di perseguire uno scopo, di incarnare un valore e
dare senso alla nostra esistenza; inoltre, soddisfiamo anche un bisogno "esterno":
quello di appartenere ad una Comunità, e di sentirci apprezzati e riconosciuti
dagli altri. Di conseguenza, il lavoro ha anche una dimensione politica e sociale alquanto
importante. È quindi sempre più urgente ripensare il nostro sistema economico e
sociale dalle fondamenta! Certamente a partire dal lavoro, ma consapevoli che esso è un
mix economico, sociale e culturale.
Il futuro, cari amici,
quello destinato alle nuove generazioni, lo dobbiamo già iniziare a costruire noi, fin
da oggi!
A domani.
Mario
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