Oristano 3 febbraio 2023
Cari amici,
Che l’Intelligenza
Artificiale (AI) continui ogni giorno che passa a fare passi da gigante è una
realtà incontestabile. Una recente applicazione, “OpenAI”, ha creato una straordinaria preoccupazione, tanto che il nuovo potente strumento “ChatGPT”, che risulta
capace di interagire in modo autonomo con gli utenti in modo naturale e conversazionale, appare
qualcosa di così straordinario e invasivo, tale da essere in grado di rivoltare
la vita dell’uomo come un calzino. Ma di cosa si tratta realmente, cosa è
davvero questa “ChatGPT”?
Per saperne di più è
necessario partire da una considerazione: ChatGPT è un’intelligenza meccanica, non
senziente, nel senso che, rispetto alla mente umana, non ha coscienza di sé, essendo,
in estrema sintesi, un puro calcolo matematico. Nessun hype (montatura
pubblicitaria) di superiorità, dunque, sulle sue reali capacità. Si tratta semplicemente
di un’applicazione di intelligenza artificiale, creata per essere in grado di fare
conversazione in modo realistico con gli esseri umani. Per quanto ovvio, l’AI per
poter fare questo è stata caricata con una quantità enorme di dati, disponibili
su internet, compresi articoli di notizie, libri, siti web, conversazioni e
altro ancora. Con quest’enorme patrimonio di dati, è stato creato un “Chatbot”,
un software progettato per simulare una conversazione con un essere umano; il
chatbot risulta in grado di conversare, quindi di rispondere alle domande poste
dall’essere umano.
Amici, ChatGPT, che in
realtà si chiama Chat Generative Pre-trained Transformer, è l’ultimo nato nella
famiglia OpenAI, co-fondata da Elon Musk e attualmente presieduta dall’A.D.
Sam Altman. È un chatbot estremamente intelligente, lanciato il 30 novembre
2022, ed è in grado di sostenere conversazioni complesse grazie a un
sofisticato modello di machine learning che c’è dietro. Indubbiamente il suo potenziale
appare straordinario: con una potenza che sfrutta 175 miliardi di parametri su
una rete neurale (ospitata sul cloud di Microsoft) tramite deep learning. Ora,
a meno di sessanta giorni trascorsi dal lancio di ChatGPT, tutti ne parlano, tanto che se accedi ora al sito chat.openai.com/ trovi un bell’alert: «ChatGPT
is at capacity right now». Già in tanti lo usano, tanto che i server sono
costantemente intasati. Si parla già di un prezzo per utilizzarlo: 42 dollari
al mese, per la versione pro che permetterà di usare il chatbot anche nei
momenti di maggior traffico.
Insomma, amici, ChatGPT è già famosa, in quanto tanti la stanno
già usando. A chi non piace l’idea di poter conversare con un’AI da cui possiamo farci generare dei testi, dei codici (funzionanti) di ogni tipo e persino delle
amorevoli poesie? A Google, di sicuro NO! Difatti, visto il pericolo
chiamato ChatGPT, il signor Sundar Pichai – CEO del principale motore di
ricerca al mondo, che processa oltre 40mila query al secondo, 3 miliardi e
mezzo al giorno: quasi il 92% di tutte le ricerche al mondo, un monopolio di
fatto – ha richiamato d'urgenza Larry Brin e Sergey Page. Sono questi i due che fondarono Google,
il 4 settembre 1998 a Menlo Park, California. Una missione segreta: mentre
Google licenziava 12mila dipendenti, i due guru dovevano trovare una soluzione
al principale attentatore al loro monopolio. Una roba, insomma, terribilmente seria.
Ora sembra che Google
sia pronto ad accettare la sfida: sta lanciando oltre 20 nuovi prodotti a base di intelligenza
artificiale, più un Chatbot tutto suo di cui si sa già il nome: Sparrow, in
italiano “passero”. Si basa sull’AI di DeepMind e sfrutta un modello
Chinchilla, su 70 miliardi di parametri (ChatGPT ne sfrutta 175 miliardi). Ma
non è una guerra a chi ha il modello più grosso: «Più raddoppi le dimensioni,
più raddoppiano anche i token necessari per addestrare il sistema». Ergo,
meglio un modello meno performante ma meglio addestrato. Bingo. Qualità anziché
quantità.
Amici, che questi
ultimi passi avanti fatti dall’AI preoccupino molti settori, a partire da
quello dell’informazione, è pura verità, in quanto si teme non poco per la perdita di posti di lavoro, sottratti dall'AI. In realtà credo che l’uomo sia in
grado, comunque di trovare la giusta soluzione per non soccombere. Le capacità umane,
anche secondo me, non saranno sopraffatte dall’AI. Domani potremo anche chiedere
a ChatGPT di produrre un romanzo come lo produrrebbe Hemingway ma se non
conosciamo il suo stile e la sua cultura non saremo mai in grado di capire e dare il giusto valore a quanto prodotto da ChatGPT. La stessa cosa se gli chiedessimo di realizzare un
quadro con lo stile di Van Gogh, ma se non siamo esperti d’arte non
capiremo mai la qualità del quadro realizzato dall’AI, sicuramente fatto con una tecnica senz'anima.
Cari lettori, l’uomo dovrà solo adeguarsi
al cambiamento, e, a mio avviso, la soluzione sarà quella, in futuro, di coniugare la cultura umanistica tradizionale
col culto del digitale: la strada è già tracciata ed ha già un nome: Digital
Humanities, che sarà in grado di dare scacco matto a ChatGPT ed a tutte le future
innovazioni dell’AI.
A domani.
Mario
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