Oristano 22 febbraio 2023
Cari amici,
La diffusa convinzione che
nel nostro Paese l’elevato tasso di proprietà della casa fosse
ormai sufficiente a garantire la soddisfazione del fabbisogno abitativo, ha
fatto “dimenticare” per molti anni l'esistente e mai risolto problema casa, in particolare per le
categorie meno abbienti, che in tanti comuni italiani continuano a mendicare,
senza successo, una casa degna di questo nome. L’abbandono, poi, del problema
da parte dello Stato ha di fatto scaricato la competenza sulle politiche
abitative alle Regioni, una volta che le risorse pubbliche sono venute a mancare.
Passata la palle alle
Regioni, queste si sono trovate a gestire lo spinoso problema, considerato anche il crescente
indebitamento delle famiglie e le difficoltà connesse all’andamento delle
dinamiche salariali ed economiche, che hanno ulteriormente fatto crescere la
domanda di abitazioni in affitto a canone calmierato. Le Regioni, dunque, a
partire dal 1998, hanno avuto la responsabilità diretta di definire le proprie
politiche per la casa, pur continuando, per un primo periodo, a spendere
principalmente i fondi residui derivanti dalle riserve accumulate sui conti dei Fondi ex
Gescal e risorse derivanti da programmi nazionali.
Focalizzando l’attenzione
sulla nostra Sardegna, nel 2010 con l’approvazione del disegno di legge in
materia di edilizia abitativa e biosostenibile, la Giunta regionale sarda ha
deciso di occuparsi seriamente del problema. Nel provvedimento, che aveva previsto la
creazione di fondi immobiliari, fu inserita l’istituzione di un fondo di garanzia per i
mutui a tasso agevolato e la creazione di quartieri biosostenibili, capaci di
garantire un mix sociale. L’obiettivo era quello di sopperire al fabbisogno
abitativo per tutti i residenti in Sardegna, attraverso l’incremento ed il
recupero del patrimonio residenziale anche con il coinvolgimento di operatori
privati. Al suo interno previsti dei meccanismi di accesso al credito anche per
quella porzione, ormai sempre più ampia di lavoratori precari, che oggi non è
considerata "bancabile”.
Oggi in Italia la realtà
è che il mercato dell’housing sociale è alquanto sottosviluppato: solo
il 5% delle famiglie risiede in alloggi in locazione a prezzi calmierati. "La
media europea è del 14% - ha dichiarato Marco Nicolai direttore generale di
Finlombarda - ed il fabbisogno abitativo è costantemente in crescita per
effetto di flussi migratori consistenti e l’aumento del numero di nuove
famiglie, seppur di minor dimensione". Si stima che esista una domanda di
alloggi inevasa di circa 350.000 abitazioni. Inoltre, secondo l’Ance,
nonostante una leggera ripresa nell’ultimo trimestre, le erogazioni di
finanziamenti alle famiglie per l’acquisto della casa sono diminuite nel 2009
del 11%. Una situazione difficile e l’intervento pubblico sarà decisivo.
Nella nostra isola a
questo scopo è nato il progetto “Sardegna Social Housing”, un progetto
abitativo destinato all’Housing Sociale che prevede la realizzazione di
interventi insediativi distribuiti sul territorio della Sardegna localizzati
nelle città a maggiore domanda abitativa: Cagliari, Quartu, Oristano, Olbia, Sassari
e Alghero. Il progetto consente di accedere non solo ad un alloggio a canone
calmierato, ma di partecipare attivamente alla sperimentazione di nuove forme
dell’abitare, nelle quali gli abitanti sono chiamati alla costruzione di una Comunità sostenibile.
Un progetto alquanto
innovativo, dunque, che comprende un insieme di interventi abitativi che, oltre a
soddisfare il “bisogno di una casa”, prevede la dotazione di “spazi collettivi”, in
cui gli abitanti hanno l’opportunità di partecipare attivamente alla
co-progettazione e la gestione degli spazi comuni. Gli abitanti sono chiamati a
condividere un progetto abitativo in cui alla base dell’abitare sono presenti
attività collaborative finalizzate all’uso comune di spazi e servizi per
favorire le relazioni tra gli abitanti e forme di "abitare sostenibile" (es.
costituendo gruppi di acquisto solidale, condividendo attività educative,
ricreative, sportive etc.).
Il progetto, come detto, coinvolge
l’intero territorio della Regione Autonoma della Sardegna e prevede la
realizzazione di oltre 350 alloggi, localizzati tra i maggiori centri urbani
della Sardegna, che verranno concessi in “Locazione calmierata” (4 anni,
rinnovabili per ulteriori 4), in Patto di Futura Vendita (Locazione con opzione
di acquisto all’ottavo anno) ed in Vendita convenzionata (acquisto immediato)
al fine di intercettare i diversi bisogni abitativi legati alle esigenze della
famiglia e dell’attività lavorativa.
Cari amici, il progetto “Sardegna
Social Housing”, si pone l’obiettivo di migliorare le condizioni abitative
della cosiddetta fascia intermedia di abitanti (quelli che non riescono ad
accedere al libero mercato, ma neanche all’edilizia residenziale pubblica),
affrontando il tema della casa secondo un approccio “multi-dimensionale” in cui
gli aspetti abitativi vengono trattati insieme a quelli sociali e dei servizi,
prevedendo progetti insediativi che siano affiancati da programmi di
accompagnamento sociale e di facilitazione della convivenza attraverso la presenza
costante del Gestore Sociale. Indubbiamente un'iniziativa valida, da portare ulteriormente avanti.
A domani.
Mario
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