mercoledì, giugno 12, 2019

LA ZANZARE TIGRE: I SISTEMI PER SCONFIGGERLA SENZA IL PERICOLOSO USO DEGLI INSETTICIDI. DI RECENTE ALCUNI STUDI…


Oristano 12 Giugno 2019
Cari amici,
L'anomalo andamento climatico quest'anno ha ulteriormente moltiplicato l'invasione di insetti, cosa che, unita alla sempre maggiore disattenzione di chi dovrebbe provvedere alle disinfestazioni (causa principale la mancanza di fondi), aggrava ancor più i problemi che essi creano. Le zanzare in particolare sembrano essersi moltiplicate all'infinito, e fra queste c'è da temere in particolare la zanzara tigre.
La “Zanzara tigre” (il suo nome scientifico è Aedes albopictus), la cui presenza in Italia fu segnalata per la prima volta nel 1990, è un insetto molto pericoloso, che espone chi viene colpito dal suo doloroso morso alla possibile contrazione di serie infezioni (causate da virus come Zika, Dengue e Chikungunya). L’insetto, di provenienza asiatica, ben diverso dalla zanzara comune in quanto più grande e riconoscibile dalle striature bianche sul corpo nero, si è diffuso con rapidità in tutta Italia, e, data la sua pericolosità, molte sono le soluzioni tentate per debellarla, ricorrendo di recente anche a nuove tecnologie d’avanguardia.
Di norma questa pericolosa specie viene combattuta irrorando di insetticidi i luoghi dove essa si riproduce (le larve vengono depositate nelle acque stagnanti), anche se, purtroppo, i prodotti usati risultano molto tossici (spesso anche inutili), in quanto particolarmente dannosi per la salute umana, come diversi convegni effettuati hanno dimostrato senza ombra di dubbio. Le irrorazioni, infatti, se da un lato possono far morire le zanzare direttamente colpite dall’insetticida, quelle sopravvissute, di qualunque specie siano, compresa quindi la Tigre, diverranno più resistenti ai prodotti chimici. Inoltre, essendo gli insetticidi utilizzati veleni ad ampio spettro, essi causano la morte anche di altre creature, decimando, tra gli altri, gli stessi predatori delle zanzare che, senza antagonisti naturali, aumenteranno sempre di più.
Appare ovvio, allora, cercare di ricorrere a metodi di difesa il più possibile biologici, in modo che non vengano alterati gli equilibri naturali, perchè, mantenendo il più possibile l’habitat originario in modo consono, esso riuscirebbe ad autoregolarsi, e quindi a tenere sotto controllo anche la Zanzara tigre. Tante le ipotesi formulate e molte le soluzioni allo studio, nella cerca di contrastare la proliferazione delle diverse specie di zanzare, partendo in primis dalla prevenzione e intervenendo sui focolai larvali con metodi ecologici e alternativi agli insetticidi, come da tempo chiedono le diverse associazioni ecologiche come la LIPU, il WWF e altre.
La più recente e innovativa idea, nata per combattere la diffusione della pericolosa zanzara tigre, è quella studiata dall’ENEA, l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. L’ENEA ha sviluppato un metodo biotecnologico per limitare la riproduzione delle femmine di zanzara tigre, contrastandone la capacità di trasmissione dei virus tropicali. 
Quanto alla pericolosità di quest’insetto, Maurizio Calvitti, ricercatore ENEA della Divisione Biotecnologie e Agroindustria, ha di recente dichiarato: “la zanzara tigre è un vettore di diversi virus patogeni per l’uomo e la sua presenza nelle regioni mediterranee ci espone al rischio di trasmissione, come confermano le epidemie di Chikungunya in Emilia Romagna nel 2007, con oltre 200 casi di infezione nell’uomo, a cui solo l’anno scorso si sono aggiunti altri 300 casi tra Lazio e Calabria”.
Il nuovo metodo messo a punto dai ricercatori e che potrebbe aiutare un giorno a prevenire epidemie, consiste nell’introduzione in esemplari di zanzara tigre italiane e tropicali dei ceppi specifici del batterio Wolbachia, un batterio innocuo per l’uomo e comune a molti insetti.  
“Il metodo” spiega il ricercatore ENEA Riccardo Moretti “non si basa su modificazioni genetiche ma sulla manipolazione della naturale flora batterica dell’apparato riproduttivo degli insetti, utilizzando ceppi batterici già comunemente diffusi nell’ambiente e assolutamente innocui per l’uomo. In pratica, attraverso la somministrazione di un antibiotico, il batterio Wolbachia viene rimosso dalle cellule del tessuto riproduttivo della zanzara tigre e sostituito, tramite microiniezione embrionale, da varianti diverse dello stesso batterio prelevate, nel nostro caso, dalla zanzara comune e dal moscerino della frutta”.
I primi risultati sono stati accolti con soddisfazione dai ricercatori: nelle femmine si è registrato un azzeramento della trasmissione del virus Zika ed una riduzione a meno del 5% di quella dei virus di Dengue e Chikungunya, mentre gli esemplari maschi, dopo l’accoppiamento, hanno anche reso sterili le femmine selvatiche, compromettendone, così, la capacità riproduttiva.
Il metodo è stato testato nell’ambito del progetto europeo Infravec 2 in collaborazione con il Dipartimento di virologia dello Institut Pasteur di Parigi, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PLoS Neglected Tropical Diseases. Questo procedimento presenta un interessante risvolto ecocompatibile, in quanto costituisce una vera ‘alternativa pulita’ ai tradizionali insetticidi che, in particolare in zone affollate, hanno un impatto particolarmente negativo sull’ambiente e sugli organismi viventi, oltre a dar luogo a fenomeni di sviluppo di resistenza da parte delle zanzare superstiti.
Cari amici, quest’ultima scoperta potrebbe essere davvero la “chiave di volta” capace di rallentare il continuo inquinamento del pianeta, in quanto perfeziona le lotte bio compatibili che non danneggiano l’ambiente. La European Chemical Agency, l’agenzia europea per le sostanze chimiche, ha classificato il metodo biotecnologico dell’ENEA come biocida, assimilandolo, così, a sostanze, miscele e metodi impiegati per il controllo di organismi nocivi, mentre, in Italia, il nostro Ministero della Salute ha dato il via libera per una sua sperimentazione in aree controllate.
C’è da sperare bene! A domani.
Mario
 Ricercatrice dell'ENEA al lavoro

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