Oristano 12 Giugno 2019
Cari amici,
L'anomalo andamento climatico quest'anno ha ulteriormente moltiplicato l'invasione di insetti, cosa che, unita alla sempre maggiore disattenzione di chi dovrebbe provvedere alle disinfestazioni (causa principale la mancanza di fondi), aggrava ancor più i problemi che essi creano. Le zanzare in particolare sembrano essersi moltiplicate all'infinito, e fra queste c'è da temere in particolare la zanzara tigre.
La “Zanzara tigre” (il suo nome scientifico è Aedes albopictus), la cui presenza in Italia fu segnalata per la prima volta nel 1990, è un insetto molto pericoloso, che espone chi viene colpito dal suo doloroso morso alla possibile contrazione di serie infezioni (causate da virus come Zika, Dengue e Chikungunya). L’insetto, di provenienza asiatica, ben diverso dalla zanzara comune in quanto più grande e riconoscibile dalle striature bianche sul corpo nero, si è diffuso con rapidità in tutta Italia, e, data la sua pericolosità, molte sono le soluzioni tentate per debellarla, ricorrendo di recente anche a nuove tecnologie d’avanguardia.
La “Zanzara tigre” (il suo nome scientifico è Aedes albopictus), la cui presenza in Italia fu segnalata per la prima volta nel 1990, è un insetto molto pericoloso, che espone chi viene colpito dal suo doloroso morso alla possibile contrazione di serie infezioni (causate da virus come Zika, Dengue e Chikungunya). L’insetto, di provenienza asiatica, ben diverso dalla zanzara comune in quanto più grande e riconoscibile dalle striature bianche sul corpo nero, si è diffuso con rapidità in tutta Italia, e, data la sua pericolosità, molte sono le soluzioni tentate per debellarla, ricorrendo di recente anche a nuove tecnologie d’avanguardia.
Di norma questa
pericolosa specie viene combattuta irrorando di insetticidi i luoghi dove essa
si riproduce (le larve vengono depositate nelle acque stagnanti), anche se, purtroppo, i prodotti usati risultano molto
tossici (spesso anche inutili), in quanto particolarmente dannosi per la salute
umana, come diversi convegni effettuati hanno dimostrato senza ombra di dubbio. Le
irrorazioni, infatti, se da un lato possono far morire le zanzare direttamente colpite
dall’insetticida, quelle sopravvissute, di qualunque specie siano, compresa quindi
la Tigre, diverranno più resistenti ai prodotti chimici. Inoltre, essendo gli insetticidi utilizzati
veleni ad ampio spettro, essi causano la morte anche di altre
creature, decimando, tra gli altri, gli stessi predatori delle zanzare che,
senza antagonisti naturali, aumenteranno sempre di più.
Appare ovvio, allora, cercare di ricorrere
a metodi di difesa il più possibile biologici, in modo che non vengano alterati
gli equilibri naturali, perchè, mantenendo il più possibile l’habitat originario in modo consono, esso riuscirebbe
ad autoregolarsi, e quindi a tenere sotto controllo anche la Zanzara tigre. Tante le ipotesi formulate e molte le soluzioni allo studio, nella cerca di contrastare la
proliferazione delle diverse specie di zanzare, partendo in primis dalla prevenzione e intervenendo
sui focolai larvali con metodi ecologici e alternativi agli insetticidi, come da
tempo chiedono le diverse associazioni ecologiche come la LIPU, il WWF e altre.
La più recente e innovativa
idea, nata per combattere la diffusione della pericolosa zanzara tigre, è quella studiata
dall’ENEA, l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo
economico sostenibile. L’ENEA ha sviluppato un metodo biotecnologico per limitare
la riproduzione delle femmine di zanzara tigre, contrastandone la capacità di
trasmissione dei virus tropicali.
Quanto alla pericolosità di quest’insetto,
Maurizio Calvitti, ricercatore ENEA della Divisione Biotecnologie e
Agroindustria, ha di recente dichiarato: “la zanzara tigre è un vettore di diversi
virus patogeni per l’uomo e la sua presenza nelle regioni mediterranee ci
espone al rischio di trasmissione, come confermano le epidemie di Chikungunya
in Emilia Romagna nel 2007, con oltre 200 casi di infezione nell’uomo, a cui
solo l’anno scorso si sono aggiunti altri 300 casi tra Lazio e Calabria”.
Il nuovo metodo messo a
punto dai ricercatori e che potrebbe aiutare un giorno a prevenire epidemie, consiste
nell’introduzione in esemplari di zanzara tigre italiane e tropicali dei ceppi
specifici del batterio Wolbachia, un batterio innocuo per l’uomo e comune a
molti insetti.
“Il metodo” spiega il ricercatore ENEA Riccardo Moretti “non
si basa su modificazioni genetiche ma sulla manipolazione della naturale flora
batterica dell’apparato riproduttivo degli insetti, utilizzando ceppi batterici
già comunemente diffusi nell’ambiente e assolutamente innocui per l’uomo. In
pratica, attraverso la somministrazione di un antibiotico, il batterio
Wolbachia viene rimosso dalle cellule del tessuto riproduttivo della zanzara
tigre e sostituito, tramite microiniezione embrionale, da varianti diverse
dello stesso batterio prelevate, nel nostro caso, dalla zanzara comune e dal
moscerino della frutta”.
I primi risultati sono
stati accolti con soddisfazione dai ricercatori: nelle femmine si è registrato
un azzeramento della trasmissione del virus Zika ed una riduzione a meno del 5%
di quella dei virus di Dengue e Chikungunya, mentre gli
esemplari maschi, dopo l’accoppiamento, hanno anche reso sterili le femmine
selvatiche, compromettendone, così, la capacità riproduttiva.
Il metodo è stato
testato nell’ambito del progetto europeo Infravec
2 in collaborazione con il Dipartimento di virologia dello Institut Pasteur di Parigi, i cui
risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PLoS Neglected Tropical Diseases. Questo procedimento presenta un interessante
risvolto ecocompatibile, in quanto costituisce una vera ‘alternativa pulita’ ai
tradizionali insetticidi che, in particolare in zone affollate, hanno un
impatto particolarmente negativo sull’ambiente e sugli organismi viventi, oltre
a dar luogo a fenomeni di sviluppo di resistenza da parte delle zanzare
superstiti.
Cari amici, quest’ultima
scoperta potrebbe essere davvero la “chiave di volta” capace di rallentare il
continuo inquinamento del pianeta, in quanto perfeziona le lotte bio
compatibili che non danneggiano l’ambiente. La European Chemical Agency, l’agenzia europea per le sostanze
chimiche, ha classificato il metodo biotecnologico dell’ENEA come biocida,
assimilandolo, così, a sostanze, miscele e metodi impiegati per il controllo di
organismi nocivi, mentre, in Italia, il nostro Ministero della Salute ha dato
il via libera per una sua sperimentazione in aree controllate.
C’è da sperare bene! A
domani.
Mario
Ricercatrice dell'ENEA al lavoro
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