Oristano 17 giugno 2019
Cari amici,
L’occasione per scrivere
questo post me l’ha data la recente manifestazione “L’Olimpiade dei giochi
dimenticati”, organizzata a Cagliari, Domenica 26 maggio, alle Saline Conti
Vecchi di Assemini (CA). L'interessante Fil Rouge della giornata era quello di riscoprire i giochi e i
passatempi del passato, trascorrendo insieme, giovani e meno giovani, una
giornata in famiglia immersi nella natura, nella splendida cornice delle Saline
Conti Vecchi di Assemini.
Una bellissima idea,
quella di trascorrere una domenica primaverile insieme, iniziativa che ha consentito, dalle ore 13
alle 18, a grandi e piccini la possibilità di fare un viaggio nel tempo,
divertendosi tutti insieme con i giochi tipici della antica tradizione sarda, quella agro
pastorale, ben diversa da quella attuale super tecnologica. Allora i
protagonisti non erano le play station, i videogiochi, le partite elettroniche
al computer, gli smartphone, ma la trottola di legno, su barralliccu, le biglie,
e i giochi di abilità e di forza tra ragazzi, solo per citare i giochi più noti.
Ebbene amici, un esempio,
quello di Cagliari, che dovrebbe essere imitato, in quanto confrontare la vita
di oggi con quella di ieri potrebbe risultare molto utile ai ragazzi di oggi, che
crescono nella noia e nella totale incapacità inventiva, trovando quanto desiderato già tutto
pronto, a portata di mano. Invece, provare a “costruirsi” i giocattoli, trovando le
giuste soluzioni, costringe il cervello a sviluppare la creatività, che certamente
alberga in ciascuno di noi. Personalmente consiglio ai genitori di questa generazione, come primo
approccio, di portare i loro figli nei diversi “Musei del giocattolo” (in Sardegna ce ne sono diversi),
dove essi potrebbero mostrare e spiegare come si usavano i giocattoli di un tempo; prendere visione degli strumenti giocosi che hanno fatto
crescere le generazioni precedenti la loro potrebbe risultare molto utile.
È giusto che essi sappiano
che i bambini, una volta, vivevano molto di più all’esterno, all’aria aperta, dove
erano molto più dediti ai giochi di gruppo; in questo modo essi sviluppavano la
loro fantasia che, messa insieme a quella degli altri, riusciva a concretizzare
giochi sempre rinnovati, stimolando di continuo la fantasia di ciascuno. Oggi dei
vecchi giochi sopravvive il solo pallone, mentre negli anni passati questo
sport era solo uno dei tanti passatempi.
Si giocava con la
trottola di legno, con le biglie, con i vecchi cerchi ormai ovalizzati di bicicletta,
a “luna monta”, a nascondino, così come ci si esercitava con esercizi di precisione, lanciando
tappi di bottiglie (al posto delle monete…che non c’erano) il più vicino
possibile ad una riga, per mostrare la maggiore abilità di ciascuno. Anche il
gioco del quadrato, uno spazio suddiviso in tante celle numerate da 1 a 7 da
percorrere a zig zag con un solo piede, impegnava non poco, con sfide lunghe e tanta
gioia per la vittoria.
Anche per quanto riguarda il
gioco del pallone, c’è anche da dire che era difficile pensare di giocare con
un pallone vero, di cuoio! Molti dei ragazzini usavano un pallone fatto con dei
ritagli di stoffa di lana infilati con forza dentro una calza, che alla fine veniva
cucita, in modo tale da diventare una specie di pallone. Il gioco del cerchio, invece,
consisteva nello spingere un vecchio cerchio di bicicletta con un bastoncino di
legno o ferro, cercando di fargli fare un percorso lineare e, quando giocato in
gruppo, la sfida era arrivare primi, vincendo in velocità. Le bambine giocavano invece tra di
loro con le “bamboline di pezza”, fatte, con l'aiuto delle mamme, con diversi ritagli di stoffa inutilizzata.
Cari amici, in quei tempi
a farla da padrone era soprattutto la fantasia. In un contesto economico ben
diverso da quello attuale, i giocattoli e qualsiasi altro passatempo per i
bambini erano oggetti frutto di pura e semplice invenzione giovanile, anche se a volta
portata avanti con l’aiuto dei grandi. Ma, credetemi, divertirsi mettendo a
frutto la fantasia, l’inventiva, era un grande stimolo per il nostro cervello,
costretto ad ingegnarsi per trovare soluzioni che a volte sembravano proprio impossibili.
Il gioco collettivo,
inoltre, creava anche un altro importante vantaggio: oltre che stimolare il
cervello di ogni partecipante con l’inventiva, lo stare fisicamente insieme,
facendo squadra, creava spirito di corpo, coesione, solidarietà, tutte
condizioni positive che poi si sarebbero rivelate molto utili negli anni
successivi, una volta diventati “grandi”. Credo che basti un solo esempio per far capire ciò che
dico, e lo faccio riferendomi ad un mio fatto personale.
In una primavera ormai lontana, del periodo
dei miei anni giovanili, diciamo intorno ai 10/12 anni, con altri 2 amici
riuscimmo a costruire un piccolo carretto (su carruzzu) di legno capace
anche di sterzare, sul quale si saliva uno per volta e che si muoveva sotto la spinta di altri 2 compagni;
in discesa era fantastico, anche se le cadute non mancavano. Costruito con assi
di legno di recupero e chiodi, aveva una ruotina anteriore sterzante, incassata
in un manico di robusto legno (ricavata da un cuscinetto di recupero) e due
ruotine posteriori, anch’esse furtivamente recuperate (ricordo che sottraemmo 2 rotelle di
scorrimento dei cavi del passaggio a livello della vicina ferrovia). Senza
dilungarmi troppo vi confermo che io e i miei 2 amici eravamo diventati famosi,
finiti sulla bocca di tutti i ragazzi del paese, inviadiati non poco per essere riusciti in una grande impresa! Insomma, eravamo diventati famosi come dei veri costruttori!
Amici, se i ragazzi di
oggi si rendessero conto che, anziché oziare con lo smartphone, oppure stare isolati in casa
attaccati al PC, potrebbero, invece, uscire di casa, fare gruppo all’aria aperta mettendosi a giocare insieme (in tanti modi) come una volta con i loro amici, sono sicuro che vivrebbero molto meglio…
A domani.
Mario
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